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La sentenza n 269/2017: una rivoluzione nella doppia pregiudizialità (?) 115

La sentenza n. 269 del 2017 originava da due ordinanze di rimessione dubitative della costituzionalità dell’art. 10 della legge n. 287/1990, nella parte in cui prevede che tutte le imprese residenti in Italia, con un fatturato superiore a 50 milioni di euro, debbano obbligatoriamente versare un contributo monetario a favore dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato. Dopo aver dichiarato infondate tali questioni di costituzionalità, giudicando detto contributo ragionevole e conforme ai principi di uguaglianza e di progressività delle imposte contemplati dalla Costituzione, i Giudici costituzionali hanno formulato una serie di precisazioni attinenti: (i) al comportamento

2018 L. S. ROSSI, La sentenza 269/2017 della Corte costituzionale italiana: obiter ‘creativi’ (o distruttivi?) sul ruolo dei giudici italiani di fronte al diritto dell’Unione europea, in federalismi.it, 31 gennaio 2018; A.O.COZZI, Diretta applicabilità e sindacato accentrato di costituzionalità relativo alla violazione della Carta europea dei diritti fondamentali, in in Forum di Quaderni Costituzionali, 1 febbraio 2018; A.ANZON, La Corte riprende il proprio ruolo nella garanzia dei diritti costituzionali e

fa un altro passo avanti a tutela dei “controlimiti”, ivi, 28 febbraio 2018; P. MENGOZZI, Norme costituzionali e Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea: un’incomprensione temporanea tra Corte costituzionale italiana e Corte di giustizia?, in Studi sull’integrazione europea, 2018, 3, pp. 675- 690; P. FARAGUNA, Constitutional Rights First: The Italian Constitutional Court fine-tunes its “Europarechtsfreundlichkeit”, in Verfassungsblog, 14 marzo 2018. C. CHIARIELLO, Il valore costituzionale della Carta di Nizza: un problema ancora aperto anche alla luce della sentenza n. 269/2017 della Corte costituzionale, in Consulta online, Studi 2018/II, pp 377-391; G.COMAZZETTO, Cronaca di una svolta annunciata: doppia pregiudizialità e dialogo tra Corti, a un anno dalla sentenza n. 269/2017, in federalismi.it, fasc. 24/2018, 19 dicembre 2018; C.SCHEPISI, La Corte costituzionale e il dopo Taricco. Un altro colpo al primato e all’efficacia diretta?, in Diritto dell’Unione europea, Osservatorio europeo, 31 dicembre 2017; S.CATALANO,Doppia pregiudizialità una svolta “opportuna” della Corte costituzionale, in federalismi.it, fasc. 10/2019, 22 maggio 2019.

425 In questi termini si è espresso, pochi giorni prima del deposito della nota sentenza n. 269/2017, A.

BARBERA,La Carta dei diritti, cit., esprimendo la stessa logica di razionalità che pare aver diretto i retroscenza dei lavori della Corte costituzionale. Cfr. a questo proposito, Corte costituzionale, sentenza 269/2017, cit., p.to 5.3 del considerato in diritto, in cui la Consulta evidenzia esplicitamente il rischio che, in alcuni casi, «la non applicazione trasmod[i] inevitabilmente in una sorta di inammissibile sindacato diffuso di costituzionalità della legge».

426 Quanto alla qualità di principio supremo del sistema accentrato di giustizia costituzionale cfr. Corte

costituzionale, ordinanza del 17 dicembre 2015, n. 269, secondo cui al «principio del controllo accentrato della legittimità costituzionale, [...] va riconosciuta la portata di principio supremo dell’ordinamento costituzionale».

che i giudici devono tenere dinanzi a norme di dubbia compatibilità con il diritto dell’Unione; e (ii) all’applicazione della Carta di Nizza da parte dei giudici comuni.

Sotto il primo profilo, il Giudice delle leggi ha chiarito che in caso di «doppia pregiudizialità» l’obbligo per il giudice comune di dirimere preventivamente i dubbi sulla validità e l’interpretazione del diritto dell’Unione europea sussiste unicamente quando vengano in rilievo disposizioni «direttamente efficaci». Al contrario, nel caso di contrasto fra una norma interna ed una sovranazionale priva di effetti diretti spetta al Giudice delle leggi lo scrutinio della norma nazionale, tanto con riferimento ai parametri europei (così come irradiati nel nostro ordinamento per mezzo dagli articoli 11 e 117 Cost.), che con riferimento agli altri parametri individuati dal giudice rimettente.

Tale precisazione ha subito destato notevoli perplessità: non è stato chiaro, infatti, se la Corte avesse inteso limitare l’«obbligo» dei giudici comuni di procedere alla previa delibazione dei profili di diritto dell’Unione europea o se, invece, avesse voluto imporre al giudice comune un vero e proprio «divieto» di procedere in tal senso. Nel secondo caso, l’approccio prospettato dalla Corte si sarebbe posto ragionevolmente in contrasto con i principi enunciati dalla giurisprudenza della Corte di giustizia in materia di rinvio pregiudiziale.427 Ciò per tre ragioni principali: (i) in primo luogo perché, come più volte sottolineato dai Giudici sovranazionali, il dovere di sollevare una questione di legittimità costituzionale non può precludere la facoltà dei giudici comuni di rivolgersi ai Giudici europei;428 (ii) in secondo luogo poiché in caso di contrasto con una norma priva di effetto diretto il giudice comune può accertare il diritto al risarcimento del danno causato dal «legislatore recalcitrante»;429 e (iii) in terzo luogo perché la stessa

427 Ci si riferisce, in particolare, alla nota decisione CGUE, Simmenthal, cit. 428 CGUE, Melki e Abdéli, cit; CGUE, A c. B. e altri, cit.

429 CGUE, Cause riunite C-6/90 e C-9/90, Francovich, sentenza del 19 novembre 1991,

ECLI:EU:C:1991:428; CGUE, Causa C-282/10, Dominguez, sentenza del 24 gennaio 2012, ECLI:EU:C:2012:33. Cfr. a margine di tali decisioni i commenti di P.MORI, Novità in tema di tutela dei singoli nei confronti dello Stato inadempiente a direttive comunitarie: il caso Francovich e Bonifaci, in Giustizia civile, 1992, II, pp. 513-526; M. CARTABIA, Omissioni del legislatore, diritti sociali e

risarcimento dei danni. (A proposito della sentenza “Francovich” della Corte di giustizia delle Comunità europee), in Giurisprudenza costituzionale, 1992, pp. 505-519; A. CARNELUTTI, L’arrêt

“Francovich Bonifaci”. L’obligation des Etats membres de réparer les dommages causés par les violations du droit communautaire, in Revue du marché unique européen, 1992, pp. 187-192; J.COPPEL, Individual Enforcement of Community Law: The Future of the Francovich Remedy, in EUI Working Paper Law, 1993, nº 93/6, pp. 1-45; R.CARANTA, La responsabilità oggettiva dei pubblici poteri per violazioni del diritto comunitario, in Giurisprudenza italiana, 1992, I, Sez. I, pp. 1169-1186. L’espressione «legislatore recalcitrante» è mutuata da A. PREDIERI, Il legislatore recalcitrante e il

questione di stabilire se una norma europea abbia efficacia diretta può determinare la necessità di chiedere chiarimenti alla Corte di Giustizia dell’Unione europea.430

Le considerazioni della Consulta circa il ruolo dei giudici comuni in relazione all’applicazione della Carta di Nizza hanno posto criticità ancor più significative. Le precisazioni svolte dal Giudice delle leggi a questo riguardo sono fondate sulla premessa per cui il riconoscimento del valore dei Trattati alla Carta dei diritti dell’Unione europea avrebbe ampliato le possibilità che una norma nazionale «infranga allo stesso tempo la Costituzione e la Carta di Nizza».431 Da questa constatazione il Giudice delle leggi deduce la necessità che tali violazioni siano arginate con «intervent[i] erga omnes» della stessa Corte costituzionale che «giudicherà alla luce dei parametri interni ed eventualmente di quelli europei [...] anche al fine di assicurare che i diritti garantiti dalla citata Carta dei diritti siano interpretati in armonia con le tradizioni costituzionali comuni, pure richiamate dall’art. 6 del TUE e dall’art. 52 comma 4 della CDFUE».

Anche questo ulteriore ordine di considerazioni, a seconda del diverso significato attribuibile alle parole della Consulta, avrebbe potuto porsi in contrasto con i principi sanciti dalla Corte di giustizia in materia di rinvio pregiudiziale. Ebbene, l’eventuale affermazione di un sindacato accentrato e contestuale sulla conformità delle norme di diritto interno alla Costituzione e alla Carta di Nizza si sarebbe posta ragionevolmente in contrasto con il diritto dell’Unione. Nessuna Corte costituzionale gode della facoltà di riservarsi il potere di interpretare la Carta di Nizza unilateralmente perché è solo nel dialogo con la Corte di Giustizia che i valori di ciascun ordinamento costituzionale possono assurgere a tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri. Per tale ragione una limitazione del potere dei giudici comuni di rivolgersi alla Corte di giustizia per

430 Com’è noto, i Trattati enunciano espressamente la sola categoria della «diretta applicabilità». Per

tutte le altre fonti, a cominciare dagli stessi Trattati, la fonte che ne stabilisce l’«efficacia diretta» è la giurisprudenza della Corte di giustizia.

431 Un’autorevole dottrina ha sottolineato come tale premessa appaia storicamente inaccurata; di per sé,

l’entrata in vigore della Carta dei diritti fondamentali e la sua equiparazione ai Trattati in virtù dell’art. 6 TUE, non ha comportato alcuna significativa innovazione rispetto al previgente sistema di tutela dei diritti fondamentali. In particolare, la Carta dei diritti fondamentali non ha innovato il contenuto di tali diritti, già assicurati attraverso lo strumento dei principi generali del diritto europeo; né essa ha modificato l’ambito di applicazione di essi, definito dalla giurisprudenza della Corte di giustizia. La Carta non ha innovato, di per sé, le metodologie di rilevamento e ricostruzione dei diritti, né le tecniche di bilanciamento con altri valori e interessi antagonisti, che emergono dall’ordinamento europeo ovvero dagli ordinamenti degli Stati membri; né, infine, essa ha innovato sul piano dei rapporti con altri cataloghi di diritti fondamentali, sul piano europeo e nazionale. Cfr., così, E.CANNIZZARO,I valori

chiarimenti sull’interpretazione della Carta di Nizza avrebbe contrastato con la sentenza

Simmenthal432 e con il principio di leale cooperazione sancito dall’art. 4(3) TUE. Al contrario, ove la Consulta non avesse inteso pregiudicare il potere dei giudici nazionali di applicare la Carta di Nizza, così come interpretata dalla Corte di giustizia, la sentenza n. 269/2017 sarebbe stata ragionevolmente conforme ai principi elaborati dalla Corte di giustizia in materia di rinvio pregiudiziale. La decisione della Corte costituzionale si sarebbe così limitata ad eliminare, anche con riferimento alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione, l’«obbligo» di procedere alla previa valutazione degli aspetti sovranazionali prima di poter instaurare un giudizio di legittimità costituzionale. In questo senso hanno militato fin da subito: (i) il fatto che la Corte abbia evocato «un quadro costruttivo di leale cooperazione fra i diversi sistemi di garanzia [...] affinché sia assicurata la massima salvaguardia dei diritti a livello sistemico»;433 (ii) la circostanza che la Consulta abbia citato esplicitamente le sentenze Melki e A. c. B.,434 in cui la Corte di giustizia ha ammesso la possibilità per gli Stati membri di stabilire il carattere prioritario del giudizio di costituzionalità, purché i giudici comuni restino liberi di sollevare rinvii pregiudiziali alla Corte di giustizia in qualunque fase del procedimento; e (iii) infine, il fatto che la stessa Corte costituzionale abbia confermato che «laddove una legge sia oggetto di dubbi di legittimità tanto in riferimento ai diritti protetti dalla Costituzione, quanto in relazione a quelli garantiti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea in ambito di rilevanza comunitaria, debba essere sollevata la quesitone di legittimità costituzionale, fatto salvo il ricorso al rinvio

pregiudiziale per le questioni di interpretazione o invalidità del diritto dell’Unione».435