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Le sentenze gemelle del 2017: la terza sezione contraddice le Sezion

Sezione II – La difficile integrazione della clausola claims made

5. Le sentenze gemelle del 2017: la terza sezione contraddice le Sezion

Circa un anno dopo l’arreté delle Sezioni Unite, la terza sezione della Corte di Cassazione torna ad occuparsi della clausola claims made con due sentenze gemelle (145) offrendo degli importanti spunti in tema di giudizio di meritevolezza.

La giurisprudenza di merito, cui era nel frattempo stato demandato l’onere di scrutinare in concreto la meritevolezza delle clausole claims made “spurie” ha dato vita, come prevedibile, ad un orientamento oscillante tra chi ha sostenuto la piena validità di siffatte clausole (146) e chi invece ne ha ritenuto l’immeritevolezza (147). Le sentenze gemelle del 2017 confermano i principi già enunciati dalle Sezioni Unite, segnatamente:

(143) MAZZOLA, ibidem.

(144) ROMEO, Vessatorietà, atipicità e dubbia meritevolezza delle clausole claims made, in www.dirittocivilecontemporaneo.com, 2016, 3.

(145) Cass. Civ., Sez. III, 28 aprile 2017, n. 10506 e 10509.

(146) Trib. Milano, 18 maggio 2017; Trib. Bologna, 12 agosto 2016; App. Torino, 14 luglio 2016; Trib. Napoli, 20 giugno 2016; Trib. Genova, 1 giugno 2016.

(147) Trib. Roma, 25 gennaio 2017; Trib. Roma, 19 dicembre 2016; Trib. Genova, 27 luglio 2016; Trib. Monza 16 giugno 2016; Trib. Treviso 10 giugno 2016.

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- L’esclusione della vessatorietà della clausola claims made poiché limitativa dell’oggetto del contratto e non della responsabilità dell’assicuratore;

- Il principio per cui, tramite il modello on claims made basis, è possibile attuare una copertura retroattiva del rischio contrattuale senza che ciò comporti la nullità dell’intera pattuizione per l’inesistenza del rischio assicurato.

La sentenza passa quindi a trattare di giudizio di meritevolezza ribadendo l’insegnamento del maggio 2016: si afferma così che ‹‹La clausola claims made … potrebbe tuttavia risultare in singoli casi specifici non diretta a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico, ai sensi dell’art. 1322 c.c.; quest’ultima valutazione va svolta in concreto e non in astratto››. Si dovrà in particolare valutare:

- Se la clausola claims made sia pura o impura; - La qualità delle parti;

- L’attitudine della clausola ad esporre l’assicurato a buchi di garanzia. Il contributo di maggiore interesse delle pronunce gemelle del 2007 si riscontra al punto 3.1., ove si enuncia la questione della meritevolezza in relazione alle clausole claims made che ‹‹esclud[ono] il diritto all'indennizzo per i danni causati dall'assicurato in costanza di contratto›› rispetto cui il terzo danneggiato ha chiesto il pagamento dopo la scadenza del del medesimo (la Cassazione le definisce “richieste postume”). Intorno a questa problematica ruota la ratio decidendi delle sentenze de quibus. In particolare, dopo aver enunciato che la clausola claims made costituisce una pattuizione atipica, sottoponibile in quanto tale al giudizio di meritevolezza degli interessi, chiarisce come quest’ultimo investa ‹‹non il contratto in sé, ma il risultato con esso perseguito›› che non si esaurisce nel sindacato di liceità della causa ma che va oltre.

Si fornisce così una nozione “dinamica” del vaglio giudiziale di meritevolezza atta a ponderare i molteplici interessi del caso concreto e gli esiti che le parti si sono poste il fine di conseguire.

Infine, il Supremo Consesso, pur non fornendo una precisa definizione di immeritevolezza, attraverso il riferimento ad alcuni importanti precedenti, enuclea tre criteri fondamentali funzionali alla definizione di quest’ultima categoria. Segnatamente, è immeritevole di tutela il contratto atipico:

- Che attribuisce ad una delle parti un vantaggio ingiusto e sproporzionato, senza contropartita;

- Che pone uno dei paciscenti in una posizione di indefinita soggezione nei confronti dell’altro;

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- Che costringe uno dei contraenti a tenere delle condotte contrastanti con i superiori doveri di solidarietà sociali imposti dalla Costituzione (148).

In forza dei parametri appena citati si compie il passo finale e si traggono le seguenti conclusioni: ‹‹la clausola claims made che esclud[e] le richieste postume›› è immeritevole di tutela poiché attribuisce all’assicuratore un vantaggio ingiusto e sproporzionato, senza alcuna contropartita per l’assicurato. All’indomani della decisione, una parte della dottrina ha – in maniera piuttosto condivisibile – rilevato che la decisione della terza sezione della Suprema Corte, seppur in maniera cauta, contraddice le Sezioni Unite le quali avevano ritenuto la tendenziale validità delle clausole pure e che avevano subordinato l’operatività, o meglio la meritevolezza, di quelle “spurie” ad una serie di elementi quali l’estensione della garanzia al rischio pregresso, il premio pagato ed il “grado” di asimmetria informativa (149). Con le pronunce gemelle tutti questi elementi cedono il passo al vulnus che si viene a creare per l’assicurato con riferimento alle richieste postume, il quale diviene in questo modo parametro fondamentale e metro incontrovertibile del giudizio. Siffatta prospettazione andrebbe però opportunamente ridimensionata. Sembrerebbe cioè ragionevole, dal momento che la fattispecie concreta oggetto del giudizio origina da un’ipotesi di malpractice sanitaria, che i tre parametri enunciati per lo scrutinio di meritevolezza siano funzionali alla sola valutazione delle clausole claims made relative alla responsabilità del medico e non a qualsivoglia genere di responsabilità professionale (150). A sostegno di questa tesi deporrebbero alcuni espliciti riferimenti della Corte all’incompatibilità del modello on claims made basis ‹‹con il tipo di responsabilità professionale cui può andare incontro il medico››.

L’esplicito riferimento alla figura del medico direzionerebbe i parametri alla cui stregua operare il vaglio giudiziale di meritevolezza degli interessi alle sole ipotesi in cui venga vagliata la responsabilità di questo specifico professionista con l’esclusione pertanto di altre figure professionali che, in ossequio alla vigente prassi assicurativa, ricorrono alla clausola claims made al fine di assicurare il rischio che deriva dallo svolgimento delle rispettive attività.

Questa conclusione è però criticabile sotto vari profili.

Sul fronte sistemico, sembra violare il principio di uguaglianza poiché attribuisce una tutela maggiore ad una particolare specie di professionista (il medico) tralasciando il fatto che anche altre figure professionali ricorrono

(148) 3.4. Viene richiamata la ben nota pronuncia 14343/09 di cui si dirà ampiamento nel capitolo successivo.

(149) CARNEVALI, La clausola claims made e le sue alterne vicende nella giurisprudenza di legittimità, in Contratti, 2017, 4, 383 ss.

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all’assicurazione del rischio, derivante dallo svolgimento delle loro attività, per tramite del modello on claims made basis.

In secondo luogo non sembra possibile circoscrivere l’operare di una clausola generale in ragione del solo fatto di venire applicata una tantum ad una determinata fattispecie concreta. Si finirebbe infatti per negargli l’attributo della generalità.