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7. Serie di tripli inibitori di reuptake

7.1 Serie DOV

I composti basati su una struttura di tipo 3-azabiciclo[3.1.0]esano sono stati sviluppati dalla “American Cyanamid” come analgesici, intorno alla fine degli anni '70; solo successivamente sono state scoperte le loro proprietà antidepressive.19

La “DOV Pharmaceuticals” ha portato avanti lo sviluppo di alcuni di questi primi TRIs, incentrandone la progressione verso un miglior profilo antidepressivo.

Figura 25. Successive modifiche del 3-azabiciclo[3.1.0]esano

Il composto Bicifadina, è stato il primo della serie DOV a raggiungere lo stadio clinico, come possibile farmaco analgesico. In esperimenti di microdialisi, Bicifadina ha dimostrato di aumentare i livelli extra-cellulari di 5-HT, NE e DA, nelle aree cerebrali dei ratti, a seguito di una somministrazione orale a dosi associate all'azione analgesica. La sua azione ha portato all'attenuazione della sensazione dolorifica in modelli di dolore infiammatorio acuto, su topi e ratti, alla normalizzazione della soglia nocicettiva, e alla soppressione dell'iperalgesia

Nei test di fase II, il composto 1, ha dimostrato efficacia clinica nel trattamento di dolore acuto a livello dentale e a seguito di un'operazione chirurgica all'alluce, non dimostrando però efficacia d'azione nel trattamento del dolore cronico alla schiena oppure nel dolore neuropatico diabetico.

Le modifiche del gruppo arilico del composto Bicifadina hanno portato all’identificazione di altri potenziali farmaci.

Il composto DOV 216,303, studiato come racemo, ha mostrato in vivo un'affinità di legame maggiore verso il SERT, intermedia per il NET, e minore per il DAT, nei ratti. A seguito di somministrazione orale nei topi, il composto ha contrastato sia la depressione motoria che la ptosi, indotte dalla (±)-tetrabenazina, un composto che produce una deplezione delle monoamine, inclusa la dopamina, bloccandone la sintesi o l'immagazzinamento.

Nei ratti, DOV 216,303 ha dimostrato di indurre un aumento delle attività di gratificazione neuronali, rappresentando così un candidato per la terapia dell'anedonia, cioè l'incapacità di provare piacere.

È stato testato inoltre attraverso il test DRL, “differential reinforcement of low rate 72 seconds responding”, ovvero un modello comportamentale utile per evidenziare le proprietà antidepressive. Il composto ha dimostrato un significativo aumento del tasso di rinforzo a dosi intermedie, ma gli effetti prodotti sono comparabili a quelli prodotti dal Bupropione, suggerendo quindi un limitato effetto antidepressivo del composto.

In studi clinici di fase II svolti su 67 soggetti affetti da MDD, da moderata a grave, DOV 216,303 ha dimostrato una significativa riduzione, circa del 40 %, sulla scala HAM-D (Hamilton Depression Rating Scale), ovvero la scala di eterovalutazione della depressione grave con eventuale presenza di una componente psicotica. La sua efficacia a 50 mg è risultata paragonabile alla somministrazione di Citalopram (20 mg) scelto come farmaco di riferimento.

Il composto DOV 102,667 rappresenta l'enantiomero levogiro di DOV 216,303. Questo aumenta marcatamente i livelli extra-cellulari di serotonina, dopamina e noradrenalina nella corteccia prefrontale, e i livelli di 5-HT e DA nel nucleus accumbens, saggiato alla dose di 20 mg/kg di peso corporeo, nei ratti, mediante iniezione intraperitoneale.

Lo stesso composto, testato su un ceppo di topi etanolo-preferenziali, ha ridotto in modo significativo l'assunzione voluttuaria di etanolo, con minime alterazioni dell'apporto di cibo o del peso corporeo.

In un altro studio, ha prodotto una prolungata e selettiva riduzione delle reazioni indotte dall'alcol, associata ad un importante effetto antidepressivo, suggerendo che DOV 102,667 potrebbe essere utile per il trattamento della depressione associata ad AUD.

Nonostante sia entrato a far parte di studi di fase I nel 2006 per il trattamento dell’alcolismo, attualmente non sono presenti sviluppi nella sua funzione.

Il composto Amitifadina rappresenta invece l'enantiomero (+) di DOV 216,303, ed è stato sviluppato da “Euthymics Bioscience” per il trattamento dell'AUD e della dipendenza dal fumo di sigaretta.

Presenta una buona affinità per i tre trasportatori, un livello elevato di legame alle proteine plasmatiche umane, una buona permeabilità, un metabolismo realizzato dalle MAO-A degli epatociti umani ed una debole inibizione degli enzimi metabolici.

Nei ratti sottoposti al “forced swim test” ha prodotto una riduzione del tempo di immobilità a dosi di 5, 10 e 20 mg/kg senza indurre attività locomotorie alle dosi attive. Il composto 4 ha mostrato inoltre un riduzione dose-dipendente dello stimolo all’assunzione dell’alcool, ma non dell’assunzione di saccarosio, suggerendo un suo uso per la depressione associata all’alcolismo.

Un altro effetto prodotto da questo composto è una significativa riduzione del peso corporeo e dei trigliceridi a livello plasmatico, in ratti e topi con obesità indotta da un’alimentazione forzata.

L’effetto dimagrante si è protratto a lungo termine portando ad una riduzione dell’aumento di peso fino ad un anno nei cani normali, senza interferire sulla pressione sanguigna, la frequenza cardiaca, o i parametri ECG.

L’Amitifadina rappresenta quindi un ottimo candidato per il trattamento della depressione associata ad obesità. Testato attraverso studi di fase I, a dosi di 50, 100 e 150 mg, ha prodotto una riduzione statisticamente importante sia del peso corporeo che dei livelli plasmatici di trigliceridi, dimostrandosi ben tollerato ai range di dosi studiate, senza generare reazioni avverse gravi.

Infine il composto Centanafadina è un TRI NET preferenziale, sviluppato da “Neurovance” come potenziale farmaco non stimolante per il trattamento del disordine da deficit di attenzione e iperattività.

In uno studio di microdialisi, 5, ha portato all’aumento delle concentrazioni di NE e DA nella corteccia prefrontale, del 375% e 300%, rispettivamente, ad una dose di 20 mg/kg nei ratti.

Riduce inoltre, ad una dose di 3-10 mg/kg, l’immobilità nei topi sottoposti a TST, tail suspension test, un metodo sperimentale utilizzato per misurare lo stress nei roditori.

È stata testata inoltre la sua capacità di terapia per l’ADHD, con test clinici di fase II, nei quali si è dimostrato efficace ad una dose ben tollerata di 400 mg/die, con un basso tasso di insonnia e perdita di appetito, rispetto ai farmaci stimolanti.

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