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Progettazione di nuove strutture quali potenziali farmaci per il trattamento della depressione

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Academic year: 2021

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DIPARTIMENTO DI FARMACIA

Corso di Laurea Magistrale in Farmacia

Tesi di Laurea

PROGETTAZIONE DI NUOVE STRUTTURE QUALI

POTENZIALI FARMACI PER IL TRATTAMENTO

DELLA DEPRESSIONE

Relatore:

Anna Maria Marini

Candidata:

Paola Venturini

(2)

Ai miei genitori, per avermi dato

la possibilità di studiare e

realizzare i miei sogni

(3)

Indice generale

1. Introduzione

...

4

2. Monoamine

...

7

2.1 Dopamina e Noradrenalina ... 7

2.2 Serotonina ... 13

3. Antidepressivi esistenti e loro limitazioni

...

17

4. Il ruolo della dopamina nella patofisiologia della depressione

...

21

4.1 Studi preclinici ... 21

4.2 Studi clinici ... 23

5. Inibitori del reuptake di serotonina, dopamina e noradrenalina

(SNDRIs)

...

27

5.1 Potenziale terapeutico in altre patologie ... 30

5.2 Potenziali prospettive di sviluppo ... 34

6. Scoperta e sviluppo dei TRIs

...

38

7. Serie di tripli inibitori di reuptake

...

40

7.1 Serie DOV ... 40

7.2 Serie Neurosearch ... 45

7.3 Serie Sepracor/ Sunovion ... 49

7.4 Serie GlaxoSmithKline ... 57 7.5 Serie AMRI/BMS ... 64 7.6 Serie PRC ... 67 7.7 Serie Roche ... 69 7.8 Serie Takeda ... 74 7.9 Serie Luye ... 78 7.10 Serie D ... 80 7.11 Serie miscellanei ... 83

8 Conclusioni e prospettive future

...

90

(4)

1. Introduzione

Il disturbo depressivo maggiore, noto anche come depressione clinica, è una patologia psichiatrica o disturbo dell'umore, per la quale si stimano 350 milioni di persone affette nel mondo, un numero in costante crescita.

WHO, World Health Organisation, ha dichiarato che nel 2020 la depressione sarà la più diffusa al mondo tra le malattie mentali, ed in generale la seconda malattia più diffusa dopo le patologie cardiovascolari. La depressione è più comune nelle donne, il 5,1% delle donne ne è affetta, contro il 3,6% degli uomini; inoltre le fasce di età più colpite sono quella tra i 55 ed i 74 anni, e quella di bambini e adolescenti sotto i 15 anni.

Figura 1. Prevalenza globale del disordine depressivo, per età e sesso (%)

La depressione è un disordine mentale cronico e progressivo con eziologia e sintomi eterogenei e rappresenta uno dei maggiori fattori di rischio per i suicidi, ed una comorbilità per quanto riguarda lo sviluppo di gravi malattie croniche, come

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Esistono varie cause che portano all'instaurarsi di tale malattia: si può avere una depressione di tipo reattivo, cioè dovuta ad un evento scatenante come un lutto, una violenza psicofisica, una delusione sentimentale o professionale, le cui cause sono quindi da ricercare nell'ambito di fattori ambientali e sociali; oppure si possono avere fattori scatenanti che riguardano l'ambito familiare, genetico e biologico. Da studi moderni, è emerso che lo sviluppo della malattia è riconducibile ad una complessa interazione di fattori sia sociali, che psicologici che biologici.

Figura 2. Depressione, cause genetiche, fisiologiche e ambientali.

Il DDM, disturbo depressivo maggiore, è caratterizzato da sensazioni di tristezza e disperazione intense, rallentamento dei processi mentali e perdita della concentrazione, pessimismo, perdita del desiderio, auto-deprecazione e agitazione variabile o ostilità.

Oltre a queste modificazioni psichiche si presentano anche alterazioni fisiche, soprattutto in soggetti con depressione grave, come ad esempio insonnia o ipersonnia, diminuzione della forza fisica e della libido, e modifiche dei ritmi di attività, della temperatura corporea, o di molte funzione endocrine, dei normali ritmi circadiano e ultradiano.

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Si hanno inoltre alterazioni nell'alimentazione come anoressia ed eccessiva perdita di peso, perdita di appetito, oppure manifestazioni opposte, che sfociano nell'eccessivo consumo di cibo. Si aggiungono inoltre altri sintomi secondari come vertigini, tremori, mal di testa, nausea, stanchezza e tachicardia.

Attualmente la cura farmacologica per le manifestazioni depressive è basata su una carenza di monoamine come causa scatenante la malattia.1,2 Questa ipotesi è

stata sviluppata intorno al 1960, in cui è stato osservato un effetto antidepressivo associato agli antidepressivi triciclici (TCA) ed agli inibitori della monoamina ossidasi (MAOI).

I neuroni monoaminergici sono di tre tipi: serotoninergici, noradrenergici e dopaminergici. Questi si trovano nel mesencefalo e proiettano a quasi tutte le aree del cervello andando ad influenzare molte funzioni cerebrali come il controllo dell'umore, l'apprendimento, l'appetito, il sonno e il processo di gratificazione.

Sono stati quindi progettati farmaci volti all'innalzamento del livello sinaptico di dopamina, 5-idrossitriptamina o serotonina, e/o di noradrenalina, che realizzano il loro effetto tramite un'inibizione dei rispettivi trasportatori DAT, SERT e NET.

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2. Monoamine

2.1 Dopamina e Noradrenalina

Dopamina e noradrenalina sono due neurotrasmettitori appartenenti alla classe chimica delle catecolamine, in quanto contengono il gruppo catecolo, cioè un difenolo vicinale, presente anche nell'adrenalina.

Mentre la dopamina svolge la sua funzione solo a livello centrale, la noradrenalina ha invece azione su recettori presenti sia a livello centrale che periferico.

La noradrenalina, a livello centrale, è localizzata soprattutto in neuroni che originano dal locus coeruleus, dal tegmento laterale e dal nucleo del tratto solitario, dove svolge un ruolo importante nel controllo del ciclo sonno-veglia, del comportamento alimentare e del tono dell’umore. La dopamina è invece presente in grandi quantità nei gangli della base, soprattutto nel telencefalo, nell'accumbens, nel tubercolo olfattorio, nel nucleo centrale dell'amigdala, nell'eminenza mediana e in alcune zone della corteccia frontale.

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Derivano da una comune via biosintetica a partire dall'aminoacido tirosina, introdotto con la dieta e utilizzato come tale, oppure sintetizzato dall'aminoacido fenilalanina, che viene trasformata in tirosina dall'enzima fenilalanina idrossilasi.

La tirosina viene idrossilata dalla tirosina idrossilasi a 3-4 diidrossifenilalanina (DOPA). L’enzima viene attivato da stimolazione dei nervi adrenergici.

Figura 4. Biosintesi delle catecolamine

La DOPA è quindi decarbossilata a dopamina ad opera della DOPA decarbossilasi; nei neuroni dopaminergici la biosintesi termina qui.

All'interno dei neuroni noradrenergici la dopamina viene invece idrossilata a noradrenalina dalla dopamina β-idrossilasi. Mentre le precedenti reazioni avvengono nel citoplasma, quest’ultima si verifica dentro le vescicole sinaptiche in cui si accumula la dopamina citoplasmatica.

In alcuni neuroni e nella midollare del surrene la reazione prosegue fino all'adrenalina. Il metabolismo di questi due neurotrasmettitori avviene per opera delle MAO, che ossidano -CH2 a -CHO, e delle COMT, catecol-o-metiltransferasi,

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La dopamina agisce su due recettori, D1 e D2, che sono recettori accoppiati a proteine G, di tipo stimolante i primi, e di tipo inibitorio i secondi.

Il neurotrasmettitore viene immagazzinato all'interno di vescicole sinaptiche, che all'arrivo dell'impulso nervoso, per effetto dell'onda di depolarizzazione, si fondono con la membrana del neurone presinaptico e rilasciano la dopamina nel vallo sinaptico.

Questa andrà quindi ad agire sui propri recettori post-sinaptici.

L'azione della dopamina viene interrotta da un sistema di reuptake, che attraverso un trasportatore specifico, riaccumula la dopamina nel neurone presinaptico.

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A livello encefalico segue tre vie principali:

• le vie mesolimbiche e mesocorticali; la prima collega l'area tegmentale ventrale (VTA) del mesencefalo al sistema limbico, passando attraverso il nucleus accumbens, ed è responsabile di fenomeni di reward (dipendenza), controlla la sfera emotiva e il tono dell'umore; la seconda via, invece, collega il mesencefalo alla corteccia, andando a regolare l'attenzione e il comportamento;

• la via nigrostriatale, proietta dalla substanzia nigra ai gangli della base, ed è implicata nel controllo del sistema extrapiramidale e quindi del movimento volontario;

• la via tubero-infundibulare, rilascia la dopamina dai neuroni che originano a livello ipotalamico e proiettano alla ghiandola pituitaria, andando a controllare il rilascio di ormoni come la somatostatina e il PIF, fattore inibente la prolattina.

La noradrenalina agisce invece sui recettori α e β, distribuiti sia a livello centrale che periferico, e preferenzialmente su entrambi i sottotipi α, 1 e 2, e sul sottotipo β1.3 I recettori α1 si trovano in grandi quantità a livello dei vasi sanguigni; la

noradrenalina agendo su di essi provoca vasocostrizione, aumento della resistenza periferica e aumento della pressione sanguigna; inoltre si avranno anche effetti secondari come midriasi, aumento della chiusura dello sfintere della

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I recettori α2 sono invece recettori presinaptici, quindi non sono effettori, ma hanno un'azione di controllo negativo sulla liberazione di noradrenalina; svolgono quindi un meccanismo di feedback negativo, in quanto la noradrenalina liberata nel vallo sinaptico agirà sia sui recettori post-sinaptici, sia sugli α2 presinaptici, che determineranno una inibizione della liberazione di altra noradrenalina.

I recettori β1 sono presenti prevalentemente a livello cardiaco ed hanno alcune funzioni metaboliche, come ad esempio il controllo della glicolisi; provocano tachicardia, aumento della contrattilità del miocardio e aumento della secrezione di renina. Il rilascio di noradrenalina è quindi importante in condizioni di stress fisiologico, in quanto ha un effetto antidepressivo ed energizzante, che consiste nell'aumentare la potenza e frequenza cardiaca per facilitare lo spostamento di risorse e l'apporto di ossigeno al cervello, nel provocare il rilascio di zuccheri dalle riserve di energia per supportare lo sforzo fisico e psicologico e nell'aumentare il flusso di sangue nei muscoli scheletrici.

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Una volta che il mediatore è sintetizzato, viene immagazzinato in una sorta di vescicole, in cui è legato all'ATP e agganciato ad una matrice proteica colorata, la cromogranina. Questa parte depositata, che costituisce il pool profondo o stabile, è in equilibrio con il pool citoplasmatico o superficiale, in cui il mediatore è più disponibile per eventuali reazioni cellulari; quest'ultima quota è a sua volta in equilibrio con il pool vescicolare, in cui la noradrenalina è contenuta all'interno di vescicole che con l'arrivo dello stimolo si fondono alla membrana neuronale, e rilasciano il mediatore nel vallo sinaptico.

Il pool vescicolare è quindi quello di più rapida funzione.

Una volta nel vallo sinaptico il neurotrasmettitore andrà ad agire sui recettori post-sinaptici, ma anche su quelli presinaptici.

La noradrenalina liberata subisce un fenomeno di reuptake da parte di un trasportatore, e un fenomeno di catabolismo che la inattiverà. Il pool labile andrà a reintegrare la quota nelle vescicole, e il pool stabile a reintegrare la quota citoplasmatica.

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2.2 Serotonina

La 5-idrossitriptamina è un neurotrasmettitore sia centrale che periferico.3

A livello centrale si trova soprattutto nei neuroni del nucleo del rafe, una regione sulla linea mediana del tronco dell'encefalo.

A livello periferico si dispone all'interno delle cellule enterocromaffini della parete intestinale, dove è localizzato circa il 90% della serotonina totale, e dove questa viene sintetizzata e immagazzinata in granuli; inoltre è presente all'interno delle piastrine che non sono in grado di produrla, ma la accumulano con sistemi di trasporto attivo durante il passaggio nell'intestino e dove svolge un ruolo di mediatore cellulare.

La biosintesi della serotonina parte dall'aminoacido triptofano.

Figura 7. Biosintesi serotonina

La sintesi avviene in due tappe. L'encefalo capta il triptofano grazie ad un trasportatore, che trasporta anche altri grandi aminoacidi naturali.

La concentrazione di triptofano nell'encefalo è quindi influenzata sia dalla sua concentrazione plasmatica, sia dalle concentrazioni plasmatiche degli altri aminoacidi che competono per il legame con il trasportatore.

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La triptofano 5-monoossigenasi, è un'ossidasi a funzione mista che necessita di ossigeno molecolare e tetraidropteridina per essere attivato e, una volta attivo, va ad idrossilare in posizione 5 il triptofano.

Il secondo enzima coinvolto è la decarbossilasi degli L-aminoacidi aromatici, che è ampiamente distribuita ed ha molta affinità per il substrato.

La via metabolica principale della 5-HT è costituita dalle MAO, monoaminoossidasi. L'azione è svolta preferibilmente dalla MAO A, che attua una deaminazione ossidativa, trasformando la serotonina in 5-idrossiindoloacetaldeide, che viene poi ossidata ad acido 5-idrossiindolacetico, escreto con le urine.

Un altro metabolismo è svolto dalle sulfotransferasi che coniugano l'-OH in 5 con il solfato, portando ad una 5-HT inattiva.

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Esistono 7 tipi di recettori 5-HT (1-7), che sono a loro volta sottotipizzati.

I recettori sono espressi in vari punti dell'organismo, a livello delle cellule enterocromaffini, delle piastrine, dell'apparato cardiovascolare, del tubo digestivo e del sistema nervoso centrale.

Figura 9. Ruolo patogenetico dei recettori serotoninergici

Nel tubo digestivo la serotonina è localizzata all'interno delle cellule enterocromaffini, ubicate nella mucosa soprattutto duodenale, dove 5-HT viene sintetizzata e rilasciata, o fisiologicamente, a seguito di peristalsi intestinale, con la funzione di stimolare a sua volta la peristalsi (release modulato).

Può venire rilasciata anche a seguito di un'intossicazione da sostanze citotossiche, che lisano le cellule producendo un rilascio massivo di serotonina, che andrà ad agire sui recettori 5-HT3 stimolando il centro del vomito.

Nelle piastrine la serotonina ha azione antacoide con risposta autocrina; quando si ha una lesione endoteliale si ha un'esposizione dei tessuti subendoteliali che rilasciano fattori emostatici.

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Le piastrine andranno ad aderire all'endotelio lesionato e a liberare sostanze che stimolano la loro aggregazione, e come effetto secondario anche a liberare serotonina.

Quest'ultima andrà a stimolare a sua volta l'aggregazione piastrinica, e a stimolare vasocostrizione a livello locale, ostacolando il flusso sanguigno.

A livello del sistema nervoso centrale, una delle vie di propagazione è quella che dai nuclei del rafe proietta a livello corticale, va così ad influenzare il sonno, il comportamento sessuale, l'umore, le secrezioni ormonali e l'aggressività.

Le terminazioni nervose serotoninergiche contengono tutte le proteine necessarie per la sintesi della 5-HT, che viene poi accumulata in vescicole sinaptiche.

Quando uno stimolo nervoso arriva al neurone, la serotonina viene rilasciata nel vallo sinaptico e andrà così ad agire sui propri recettori post-sinaptici.

Nel vallo sinaptico subirà reuptake, grazie all'azione di un trasportatore sodio dipendente, che riporta la serotonina nel neurone presinaptico, sopprimendo la sua azione. La MAO, localizzata nella zona post-sinaptica, inattiverà rapidamente la 5-HT che non ha subito ricaptazione.

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3. Antidepressivi esistenti e loro limitazioni

Figura 10. Esempi di antidepressivi triciclici e MAO inibitori come antidepressivi di prima

generazione

La prima generazione di inibitori triciclici, Desipramina e Imipramina, e i MAO inibitori come la Tranilcipromina, sono stati introdotti nel mercato degli antidepressivi negli anni '50, in quanto aumentavano la neurotrasmissione monoaminergica, o bloccandone il reuptake oppure il metabolismo.4

L'uso di questi farmaci è stato con il tempo largamente ristretto, vengono utilizzati solo in casi gravi o refrattari di depressione, in quanto sono poco tollerati.

In generale, provocano effetti avversi a livello cardiovascolare, effetti anticolinergici ed effetti sedativi, a causa di azioni farmacologiche off-target, come ad esempio sui recettori muscarinici e istaminici.

Inoltre gli IMAO provocano interazioni con alimenti ed altri farmaci, con conseguenze che possono essere letali.

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Figura 11. Blocco dei trasportatori delle monoamine da parte di inibitori esistenti

di singolo o doppio reuptake

La ricerca di farmaci antidepressivi si è quindi evoluta fino alla scoperta di farmaci selettivi per l'inibizione del reuptake della serotonina (SSRI), che inibiscono selettivamente il reuptake della 5-HT nei neuroni serotoninergici.

Questi hanno rappresentato un grande passo avanti nella cura della depressione, mostrando un buon profilo di sicurezza e tollerabilità.

Studi successivi riguardanti gli effetti provocati da un blocco selettivo del reuptake della noradrenalina, hanno portato alla scoperta dei farmaci NRI (inibitori del reuptake della norepinefrina).

L'evoluzione naturale di questi farmaci è stata quella di combinare entrambe le inibizioni, arrivando ai farmaci SNRI, inibitori del reuptake di serotonina e noradrenalina.

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Questa seconda generazione di farmaci, SSRI e SNRI, costituisce attualmente la cura standard per questa patologia.

Figura 12. Strutture di inibitori di singolo o doppio reuptake

Nonostante abbiano un profilo di sicurezza e tollerabilità migliori, non sono superiori agli inibitori triciclici o ai MAO inibitori, in termini di efficacia e tempo di latenza della comparsa d'azione.

(20)

Anche il Bupropione, un inibitore del reuptake di noradrenalina e dopamina, è stato approvato per la cura della depressione; possiede la caratteristica di agente promuovente il rilascio di NA e DA, inoltre il suo metabolita principale, l'idrossibupropione, presenta anche un'azione inibente sul trasportatore di noradrenalina. La Nomifensina è un altro NDRI che è stato approvato per la cura della depressione, ma è stato successivamente ritirato dal commercio per ragioni di sicurezza.

Nonostante nel corso degli anni siano stati fatti numerosi passi avanti nella cura di questa malattia, sussistono ancora molti problemi clinici per quanto riguarda il tasso di risposta, l'inizio della risposta alla terapia, i sintomi residui e il profilo di effetti collaterali.

Soltanto un terzo dei pazienti trattati guarisce usando un singolo tipo di antidepressivo, mentre un altro terzo di pazienti guarisce solo dopo diversi mesi di terapia multipla.

I farmaci antidepressivi, in generale, presentano un'azione di innalzamento del tono dell'umore solo dopo 2-4 settimane dall'inizio del trattamento, nonostante la loro azione farmacologica si presenti già dopo poche ore dall'assunzione, con un tasso di morbilità e di mortalità molto alto nel periodo finestra, che va dall'inizio della cura all'inizio dell'effetto. Inoltre, un altro aspetto negativo molto importante, sono le ricadute o le recidive che i pazienti possono sperimentare dopo un iniziale trattamento a breve termine. Infine, una scarsa aderenza al trattamento oppure un uso discontinuo di questi farmaci da parte dei pazienti, è spesso dovuto ai loro effetti collaterali, in quanto SSRI e SNRI portano a effetti sgraditi come disfunzione

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4. Il ruolo della dopamina nella patofisiologia della

depressione

Come abbiamo visto, la dopamina svolge, all'interno del sistema nervoso centrale, un ruolo fondamentale in diverse funzioni cerebrali.1,2

La regolazione del trasportatore di dopamina (DAT), la molecola preposta al suo reuptake, nei topi, ha dimostrato di portare a cambiamenti nelle attività fisiche, farmacologiche e comportamentali, come ad esempio, iperattività, alterazioni del sonno e perdita di peso.

Tutti questi effetti possono essere dovuti ad un aumento dei livelli di DA extra-cellulari, una riduzione della sintesi presinaptica di DA e dei livelli di enzimi di sintesi della DA, e ad una modifica del numero e della funzione dei recettori post-sinaptici.

L'alterazione della funzione o della densità del trasportatore, risulta implicata in diversi disturbi, come depressione, ansia e malattia di Parkinson.5

4.1 Studi preclinici

Studi condotti su diversi tipi di roditori hanno evidenziato che, un aumento della neurotrasmissione dopaminergica porta al manifestarsi di sintomi antidepressivi, mentre una soppressione di tale neurotrasmissione porta a sintomi simili a quelli presenti nella depressione.6

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I topi DAT knockout (KO), nei quali è stato soppresso il trasportatore di dopamina per far sì che abbiano un incremento cronico di DA, hanno mostrato un fenotipo antidepressant-like in svariati modelli comportamentali.

Recentemente, un’inibizione delle cellule neuronali dopaminergiche nell’area tegmentale ventrale, effettuata con metodo optogenetico (una tecnica che combina tecniche ottiche e genetiche per controllare l'attività dei neuroni in animali liberi di muoversi, e per studiarne gli effetti sul loro comportamento), ha dimostrato di indurre un fenotipo depression-like; al contrario, un'attivazione fasica dei neuroni dopaminergici dell’area tegmentale ventrale, porta ad una inversione del comportamento depression-like.

La co-somministrazione di NDRI, inibitori del reuptake di noradrenalina e dopamina, come il Bupropione, a dosi subattive, insieme ad altri antidepressivi, come Citalopram, Paroxetina, Venlafaxina e Fluvoxamina, a dosi inattive, diminuisce il tempo di immobilità dei topi sottoposti al “forced swim test”.

Questo test viene comunemente utilizzato come modello per la valutazione degli antidepressivi, e consiste nel porre un ratto o un topo, in uno spazio ristretto e senza possibilità di scappare, dove inizialmente nuoterà vigorosamente nel tentativo di fuga, fino poi a rinunciare ad ulteriori tentativi e a rimanere immobile, compiendo solo i movimenti essenziali per tenere la testa fuori dall'acqua.

La riduzione del tempo di immobilità prodotta da questa co-somministrazione suggerisce che il Bupropione possa accrescere l'efficacia dei farmaci SSRI e SNRI.

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Figura 13. Forced swim test per un roditore

4.2 Studi clinici

Sull’uomo sono stati fatti due studi diversi, uno sul fluido cerebrospinale di pazienti depressi, ed uno invece su cervelli post-mortem; nonostante questi due studi non siano concordanti, dimostrano una forte probabilità che il principale metabolita della dopamina, l’acido omovanillico, possa essere usato come biomarker nella malattia della depressione.7

Confrontati con soggetti normali, i pazienti depressi mostrano una più bassa concentrazione di acido omovanillico nel fluido cerebrospinale, nella vena giugulare interna e nel plasma.

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La dopamina è associata ad un comportamento appetitivo; i pazienti affetti da disturbo depressivo maggiore sembrano avere una disfunzione del processo di gratificazione, che si manifesta con fatica, perdita di energia e ridotta capacità di sforzo.

Questa è un'altra evidenza clinica che collega potenzialmente la dopamina alla malattia.

La depressione si manifesta con alta prevalenza, circa il 35%, in pazienti affetti da malattia di Parkinson, con anedonia (l'incapacità di provare appagamento o interesse per attività comunemente ritenute piacevoli) come sintomo principale; un'ulteriore osservazione che supporta la correlazione tra depressione e disfunzione dopaminergica.

Ulteriori studi sono stati condotti attraverso tecniche di neuroimaging funzionale, che misurano il metabolismo cerebrale al fine di analizzare e studiare la relazione tra l'attività di determinate aree cerebrali.

Questi studi hanno indicato la prevalenza di uno stato dopaminergico alterato, con alterazioni nella sintesi della DA, nell'espressione dei suoi recettori e del suo trasportatore, in pazienti depressi, anche se sono stati ottenuti dei risultati contraddittori, molto probabilmente a causa dell'eterogeneità della malattia.

Diversi studi clinici che coinvolgono un'acuta riduzione della sintesi di dopamina attraverso una deplezione delle catecolamine DA e NA, hanno portato ulteriore supporto al potenziale collegamento tra livelli di dopamina e depressione.

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La somministrazione di α-metil-para-tirosina, un inibitore della tirosina idrossilasi, enzima coinvolto nella biosintesi delle catecolamine, ha portato ad un aumento o una ricomparsa di sintomi depressivi in pazienti in via di remissione.

Su questi ultimi, una deplezione del triptofano, ha causato uno stato depressivo più profondo e sentimenti aggravati di sfiducia e tristezza, rispetto alla deplezione delle sole catecolamine, mentre questa causa più alti livelli di inattività, stanchezza, problemi di concentrazione e ansia a livello somatico, rispetto alla deplezione di tirosina.

Questo suggerisce ruoli comuni e non, per la tirosina e le catecolamine, nella patofisiologia della depressione.

Figura 14. Agenti che causano la deplezione delle monoamine, inclusa dopamina,

bloccandone la sintesi o l'immagazzinamento

A conferma di quanto detto si osserva che la Tetrabenazina, un agente di deplezione delle monoamine e un farmaco approvato per la cura della malattia di Huntington, presenta, come effetto collaterale maggiore, la capacità di indurre depressione.

La Reserpina, un altro agente di deplezione monoaminergica, è stata segnalata in quanto induce depressione clinica.

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Diversi tipi di farmaci, come i MAO inibitori, gli antidepressivi triciclici atipici (es. Amineptina), NDRI, agonisti del recettore della dopamina e psicostimolanti, tutti farmaci che aumentano la neurotrasmissione della dopamina, sono stati suggeriti come possibili farmaci attivi per il trattamento del disordine depressivo maggiore. Ad esempio, l'NDRI, Buproprione, è il trattamento preferenziale per i pazienti affetti da disturbo depressivo maggiore, che non tollerano i farmaci SSRI e SNRI. Viene anche frequentemente utilizzato insieme a questi ultimi, per aumentarne l'efficacia o ridurne gli effetti collaterali.

Rispetto ai farmaci SSRI, il Bupropione mostra un profilo migliore di risoluzione della sensazione di fatica e stanchezza nei pazienti in remissione.

Gli agonisti del recettore della dopamina, che svolgono la loro azione andando a legarsi a questi recettori e mimando l'azione del neurotrasmettitore, come gli alcaloidi dell'ergot, come Bromocriptina e Pergolide, oppure gli agonisti non ergolinici, come Pramipexolo e Ropinirolo, in diversi trials clinici, presentano effetti antidepressivi nel trattamento del disordine depressivo maggiore e della depressione resistente ai trattamenti.

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5. Inibitori del reuptake di serotonina, dopamina e

noradrenalina (SNDRIs)

La prevalenza o l'induzione di una ipofunzione della dopamina, hanno dimostrato di essere correlati con i sintomi della depressione. Una correzione di tale ipofunzione con agenti terapeutici che portano ad un potenziamento della dopamina attraverso meccanismi diversi, oppure con agenti che modulano i recettori post-sinaptici della dopamina, direttamente o indirettamente, porta al manifestarsi di effetti antidepressivi in vari modelli animali e in trials clinici.8

I farmaci SSRI ed SNRI, che costituiscono attualmente la cura preferenziale, oltre a non avere un effetto farmacologico significativo a livello della neurotrasmissione dopaminergica, possono portare addirittura ad una inibizione o ad una riduzione del rilascio di dopamina, attraverso un'azione indiretta sui suoi recettori.9

Ad esempio, possono provocare una riduzione della velocità di rilascio di dopamina nei neuroni dell'area tegmentale ventrale, effetto causato dal Citalopram, attraverso un'attivazione dei recettori 5-HT2C.

La co-somministrazione di SSRI ed SNRI con il Bupropione o con antipsicotici atipici ha dimostrato di migliorare il tasso di risposta e/o ridurre gli effetti collaterali di questi farmaci.

Mentre il miglioramento nel tasso di risposta può essere attribuito agli effetti aggiuntivi della neurotrasmissione dopaminergica, che alleviano i sintomi depressivi, la riduzione degli effetti collaterali è molto probabilmente dovuta all'effetto contrastante, indotto dalla dopamina, sugli effetti farmacologici prodotti da una inibizione cronica del SERT, trasportatore della serotonina.

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Per esempio, l'iperprolattinemia, che causa impotenza, si presenta più difficilmente in pazienti che assumono anche Bupropione, poiché la dopamina si oppone al rilascio di prolattina promosso dalla serotonina, normalizzando quindi le funzioni sessuali. L'NDRI Bupropione, è infatti utilizzato spesso come terapia aggiuntiva, per ridurre la disfunzione sessuale associata al trattamento con SSRI.

È quindi importante ricercare un singolo farmaco antidepressivo, che riesca ad aumentare simultaneamente tutte e tre le amine biogene, mitigando così le limitazioni degli inibitori di reuptake duali. Poiché la depressione è una sindrome multifattoriale, che vede l'instaurarsi di sintomi diversi nei pazienti, i TRIs costituiscono una potenziale strategia di aumento dell'efficacia antidepressiva, in quanto vengono interconnesse le tre vie di neurotrasmissione.10

Nonostante l'effetto dei TRIs possa essere raggiunto anche combinando ad esempio un SNRI + un inibitore del reuptake della dopamina, oppure un SNRI + un inibitore del reuptake di noradrenalina e dopamina, questo potrebbe portare ad una farmacocinetica confusa e a problemi di compliance.

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Una monoterapia con i TRIs ridurrebbe la necessità di combinare più antidepressivi, per i quali c'è una carenza di dati sull'efficacia, una debole compliance dovuta alla complessità da parte dei pazienti di attenersi a prescrizioni difficili, il rischio di interazioni tra i vari farmaci, ed infine, la possibilità di una tossicità cumulativa dei farmaci.

I MAO inibitori, che aumentano i livelli di tutte e tre le monoamine, prevenendone il metabolismo, rappresentano un approccio alternativo di tripla azione, che rafforza la tesi dei TRIs.

L'inibitore reversibile delle MAO-A Moclobemide ha dimostrato una buona efficacia antidepressiva, con minori effetti avversi sulle funzioni sessuali rispetto agli SSRI. La Selegilina, un inibitore irreversibile delle MAO-B, appartiene al gruppo delle fenetilamine, e più precisamente è un derivato della Metamfetamina, con un gruppo propargile sull'atomo di azoto; è utilizzato nel trattamento della malattia di Parkinson, nella demenza senile, ed è stato approvato anche per il trattamento del disturbo depressivo maggiore, utilizzandolo come cerotto transdermico.

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5.1 Potenziale terapeutico in altre patologie

Gli inibitori tripli potrebbero essere utilizzati anche in altre patologie, oltre alla depressione, in quanto la carenza di monoamine è implicata in molti altri disturbi che coinvolgono il sistema nervoso centrale. Gli inibitori selettivi SSRI e NRI, e quelli duali SNRI e NDRI, sono già stati approvati per il trattamento di sintomi come ansia, dolore, disordini di tipo alimentare e nella dipendenza di sostanze di abuso.

Disturbi Inibitori di reuptakecommercializzati

Disturbo d'ansia generalizzato SSRI,SNRI Disturbo ossessivo-compulsivo SSRI

Fibromialgia SNRI

Dipendenza da nicotina NDRI

Obesità SNRI, NDRI

Bulimia nervosa SSRI

ADHD NRI, NDRI

I TRIs potrebbero essere utili per il trattamento di patologie come:

• Disturbo da deficit di attenzione/iperattività : anche se è una patologia ad eziologia ancora non completamente compresa, sembra che una carenza di catecolamine sia implicata nella sua insorgenza. Tre TRIs, Centanafadina, NS2359 e Dasatrolina, sono stati oggetto di trials clinici per valutarne un potenziale effetto nella cura dell’ADHD.11

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Figura 17. TRIs implicati nel trattamento delll'ADHD

• Dolore : circa il 75% dei pazienti che soffrono di disturbo depressivo maggiore presentano sintomi che implicano uno stato doloroso,12

suggerendo una alta comorbidità e una comune implicazione neuronale tra il dolore e la depressione. È infatti noto che la dopamina è coinvolta nel controllo del dolore e che L-Dopa può avere attività analgesica nel dolore neuropatico. In aggiunta alle varie classi di antidepressivi, il derivato TRI Bicifadina ha dimostrato effetti antinocicettivi in diversi modelli preclinici e clinici di dolore. Il suo analogo Amitifadina ha la capacità di invertire la depressione acido-indotta nei ratti, dimostrandosi un potenziale analgesico per il trattamento della depressione associata a dolore.

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• Disturbi di dipendenza da sostanze:

◦ Il composto NS2359 è stato oggetto di una ricerca per un suo potenziale utilizzo nel trattamento della dipendenza da cocaina, dimostrando in studi clinici la capacità di ridurre il livello di gratificazione di una dose di cocaina da 20 o 40 mg;13

◦ Amitifadina, invece, è in grado di indurre una significativa diminuzione dei livelli di auto-somministrazione di nicotina nei topi, ad una dose di 30 mg/kg, ed un mantenimento dell'effetto con un trattamento cronico per due settimane ad una dose di 10 mg/kg, seguito da astinenza forzata dalla nicotina per una settimana, suggerendo che questo composto potrebbe essere utile nella disassuefazione da fumo;14

◦ Amitifadina, insieme a DOV 102,677, sono stati testati per il trattamento dei disturbi legati all'abuso di alcol (AUD), dimostrando una attenuazione del bisogno di bere, della quantità di alcol assunta e dell'impulsività, in topi con una forte preferenza per l'alcol, con buone prospettive per il trattamento dell’alcolismo;15

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• Disordini metabolici e alimentari: molti studi hanno evidenziato l'importanza del sistema dopaminergico nella regolazione dell'assunzione di alimenti, e il suo contributo nella prevenzione dell'obesità.16 I TRIs Amitifadina e

Tesofensina hanno evidenziato effetti di riduzione del peso corporeo in studi clinici, suggerendone un potenziale utilizzo per il trattamento dell'obesità e della depressione che si sviluppa in seguito a questa patologia. La perdita di peso ottenuta a seguito dell'assunzione di Tesofensina, è molto più significativa rispetto a quella prodotta dai farmaci antiobesità attualmente in commercio, e sembra dovuta ad una pronunciata diminuzione dell'appetito e ad un lieve aumento del metabolismo corporeo; una associazione di Tesofensina e Metoprololo è attualmente in fase di studi clinici per il trattamento del diabete di tipo 2.

Figura 20. Combinazione di farmaci per il trattamento di malattie metaboliche

La Sibutramina, un farmaco prescritto per il trattamento dell'obesità, svolge la sua azione farmacologica mediante i suoi due metaboliti, che hanno recentemente dimostrato di essere potenziali TRIs, sia in vitro che in vivo;

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Figura 21. Metabolismo della Sibutramina

5.2 Potenziali prospettive di sviluppo

Un aspetto significativo nello sviluppo dei TRIs per il disturbo depressivo, è rappresentato dall'individuazione di livelli ottimali di inibizione di SERT, NET e DAT, tali da provocare un effetto antidepressivo e limitare gli effetti collaterali.

Mentre alti livelli di inibizione di NET sono associati a effetti collaterali a livello cardiovascolare, come aumento della pressione sanguigna e della frequenza cardiaca, un'estensiva inibizione di DAT è associata ad un potenziale rinforzamento dell'effetto e ad un conseguente stato di dipendenza.

Quindi, lo sviluppo dei TRIs deve volgere verso un profilo di inibizione maggiore per il SERT rispetto al NET, e piuttosto modesto per il DAT.

Nelle fasi di sviluppo è importante tenere in considerazione anche la variabilità presente tra gli studi in vitro e quelli in vivo, in quanto nell'uomo l'attività di questi composti dipende anche da fattori come le proprietà farmacocinetiche, la permeabilità della barriera emato-encefalica, e il legame con le proteine plasmatiche.

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L'impatto dei TRIs sui singoli trasportatori può essere valutato tramite esperimenti di microdialisi, che valutano indirettamente l'aumento di ogni monoamina, oppure tramite l'occupazione del trasportatore, che dà invece una misura diretta.17

L'occupazione del trasportatore in vivo è preferibile per due motivi: può essere determinata sia sull'uomo che sugli animali, e permette, tramite una tomografia a emissione di positroni (PET), di stimare la correlazione tra l'esposizione e l'occupazione del target; inoltre non presenta le ambiguità di risposta date dagli esperimenti di microdialisi, associate ai diversi livelli di DA, 5-HT e NA nelle diverse regioni cerebrali.10

Studi PET condotti in pazienti affetti da depressione maggiore, hanno rivelato un valore efficace di occupazione del NET intorno al 50-70 %; contrariamente, l'effetto terapeutico è raggiunto con circa il 30 % di occupazione del DAT, come mostrano gli studi PET effettuati a dosi terapeutiche di Bupropione.

Da questi dati si possono quindi stimare i valori ottimali di occupazione dei recettori: ≥ 80 % SERT, 50-70 % NET e ≤ 30 % DAT, in modo da minimizzare gli effetti collaterali.

Farmaci con un'inibizione troppo marcata del DAT sono associati a effetti stimolanti e ad abuso, come dimostrato dalla cocaina.

Essendo la cocaina, oltre ad una droga d'abuso, anche un TRI, è importante ricercare farmaci TRIs con un basso potenziale di indurre dipendenza, perché ciò ne limiterebbe molto le potenzialità terapeutiche e commerciali.

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entrambe le sostanze penetrano nel cervello rapidamente (meno di 10 minuti dopo somministrazione per endovena), ma la clearance dal cervello è più veloce per il metilfenidato (t1/2: 20 minuti) rispetto alla cocaina (t1/2: 90 minuti).

La velocità del tasso di clearance del (±)-metilfenidato è direttamente correlata all'aumento del numero di somministrazioni nei soggetti tossico-dipendenti, rispetto a quelle della cocaina, arrivando fino ad una somministrazione ogni 20-30 minuti, dimostrandosi così una droga con potenziale d'abuso maggiore rispetto alla cocaina.

Figura 22. Esempi di composti oggetto di studi PET

Lo sviluppo dei TRIs deve quindi volgere verso composti con un profilo farmacocinetico di lento assorbimento e lunga emivita, in modo da rallentare la ricomparsa dell'effetto, ed in tal modo il loro potenziale d'abuso.

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Un esempio di composto che ha recentemente dimostrato un basso potenziale di indurre un uso eccessivo è Centanafadina. Questo, testato in uno studio su soggetti umani, ha mostrato un potenziale minore rispetto alla d-amfetamina ed alla lisdexamfetamina, entrambi substrati del trasportatore della dopamina, con azione psicostimolante.

Figura 23. Amfetamina e suo derivato

I soggetti trattati con Centanafadina hanno sperimentato un'acuta insorgenza di avversione nei confronti del composto, a singole dosi di 400 e 800 mg/die, al contrario di quelli trattati con amfetamina.

Questi risultati suggeriscono che i TRIs, con appropriati profili di azione sui tre trasportatori e profili farmacocinetici, possono essere sviluppati con caratteristiche minime di dipendenza.

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6. Scoperta e sviluppo dei TRIs

La ricerca farmaceutica ha portato allo sviluppo di diverse serie di composti con un profilo TRI, sulla base di chemiotipi strutturalmente differenti.

Queste scoperte hanno aperto la strada allo sviluppo di più di dieci candidati farmaci per studi clinici e di numerosi composti per studi preclinici, per il trattamento della depressione e di altri disturbi.

La progettazione dei TRIs è stata soprattutto basata sul ligando, con l'utilizzo dei mono e doppi inibitori del reuptake come punto di partenza, sui quali basarsi per

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In alcuni casi, invece, la cocaina, l'Amitifadina e la trans-Sertralina, sono stati sfruttati per successive ottimizzazioni delle loro caratteristiche farmacocinetiche e farmacodinamiche, per generare così nuovi composti con diversi rapporti di inibizione dei tre trasportatori.

Le caratteristiche fondamentali del farmacoforo di un TRI tipico sono: una porzione di molecola carica positivamente, due o tre regioni idrofobe, tra cui un gruppo aromatico, ed una zona capace di instaurare un legame a idrogeno.92

Figura 24. Esempio del farmacoforo di un TRI

Il requisito fondamentale per possedere un'attività inibitoria nei confronti di tutti e tre i trasportatori, DAT, SERT e NET, sembra essere la presenza di un'ammina basica, preferibilmente secondaria o terziaria.

L’attività sembra inoltre potenziata dalla presenza di sostituenti sull'anello aromatico, i gruppi 3,4-diclorofenile e 2-naftile sono stati identificati come la miglior porzione lipofila.

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7. Serie di tripli inibitori di reuptake

7.1 Serie DOV

I composti basati su una struttura di tipo 3-azabiciclo[3.1.0]esano sono stati sviluppati dalla “American Cyanamid” come analgesici, intorno alla fine degli anni '70; solo successivamente sono state scoperte le loro proprietà antidepressive.19

La “DOV Pharmaceuticals” ha portato avanti lo sviluppo di alcuni di questi primi TRIs, incentrandone la progressione verso un miglior profilo antidepressivo.

Figura 25. Successive modifiche del 3-azabiciclo[3.1.0]esano

Il composto Bicifadina, è stato il primo della serie DOV a raggiungere lo stadio clinico, come possibile farmaco analgesico. In esperimenti di microdialisi, Bicifadina ha dimostrato di aumentare i livelli extra-cellulari di 5-HT, NE e DA, nelle aree cerebrali dei ratti, a seguito di una somministrazione orale a dosi associate all'azione analgesica. La sua azione ha portato all'attenuazione della sensazione dolorifica in modelli di dolore infiammatorio acuto, su topi e ratti, alla normalizzazione della soglia nocicettiva, e alla soppressione dell'iperalgesia

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Nei test di fase II, il composto 1, ha dimostrato efficacia clinica nel trattamento di dolore acuto a livello dentale e a seguito di un'operazione chirurgica all'alluce, non dimostrando però efficacia d'azione nel trattamento del dolore cronico alla schiena oppure nel dolore neuropatico diabetico.

Le modifiche del gruppo arilico del composto Bicifadina hanno portato all’identificazione di altri potenziali farmaci.

Il composto DOV 216,303, studiato come racemo, ha mostrato in vivo un'affinità di legame maggiore verso il SERT, intermedia per il NET, e minore per il DAT, nei ratti. A seguito di somministrazione orale nei topi, il composto ha contrastato sia la depressione motoria che la ptosi, indotte dalla (±)-tetrabenazina, un composto che produce una deplezione delle monoamine, inclusa la dopamina, bloccandone la sintesi o l'immagazzinamento.

Nei ratti, DOV 216,303 ha dimostrato di indurre un aumento delle attività di gratificazione neuronali, rappresentando così un candidato per la terapia dell'anedonia, cioè l'incapacità di provare piacere.

È stato testato inoltre attraverso il test DRL, “differential reinforcement of low rate 72 seconds responding”, ovvero un modello comportamentale utile per evidenziare le proprietà antidepressive. Il composto ha dimostrato un significativo aumento del tasso di rinforzo a dosi intermedie, ma gli effetti prodotti sono comparabili a quelli prodotti dal Bupropione, suggerendo quindi un limitato effetto antidepressivo del composto.

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In studi clinici di fase II svolti su 67 soggetti affetti da MDD, da moderata a grave, DOV 216,303 ha dimostrato una significativa riduzione, circa del 40 %, sulla scala HAM-D (Hamilton Depression Rating Scale), ovvero la scala di eterovalutazione della depressione grave con eventuale presenza di una componente psicotica. La sua efficacia a 50 mg è risultata paragonabile alla somministrazione di Citalopram (20 mg) scelto come farmaco di riferimento.

Il composto DOV 102,667 rappresenta l'enantiomero levogiro di DOV 216,303. Questo aumenta marcatamente i livelli extra-cellulari di serotonina, dopamina e noradrenalina nella corteccia prefrontale, e i livelli di 5-HT e DA nel nucleus accumbens, saggiato alla dose di 20 mg/kg di peso corporeo, nei ratti, mediante iniezione intraperitoneale.

Lo stesso composto, testato su un ceppo di topi etanolo-preferenziali, ha ridotto in modo significativo l'assunzione voluttuaria di etanolo, con minime alterazioni dell'apporto di cibo o del peso corporeo.

In un altro studio, ha prodotto una prolungata e selettiva riduzione delle reazioni indotte dall'alcol, associata ad un importante effetto antidepressivo, suggerendo che DOV 102,667 potrebbe essere utile per il trattamento della depressione associata ad AUD.

Nonostante sia entrato a far parte di studi di fase I nel 2006 per il trattamento dell’alcolismo, attualmente non sono presenti sviluppi nella sua funzione.

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Il composto Amitifadina rappresenta invece l'enantiomero (+) di DOV 216,303, ed è stato sviluppato da “Euthymics Bioscience” per il trattamento dell'AUD e della dipendenza dal fumo di sigaretta.

Presenta una buona affinità per i tre trasportatori, un livello elevato di legame alle proteine plasmatiche umane, una buona permeabilità, un metabolismo realizzato dalle MAO-A degli epatociti umani ed una debole inibizione degli enzimi metabolici.

Nei ratti sottoposti al “forced swim test” ha prodotto una riduzione del tempo di immobilità a dosi di 5, 10 e 20 mg/kg senza indurre attività locomotorie alle dosi attive. Il composto 4 ha mostrato inoltre un riduzione dose-dipendente dello stimolo all’assunzione dell’alcool, ma non dell’assunzione di saccarosio, suggerendo un suo uso per la depressione associata all’alcolismo.

Un altro effetto prodotto da questo composto è una significativa riduzione del peso corporeo e dei trigliceridi a livello plasmatico, in ratti e topi con obesità indotta da un’alimentazione forzata.

L’effetto dimagrante si è protratto a lungo termine portando ad una riduzione dell’aumento di peso fino ad un anno nei cani normali, senza interferire sulla pressione sanguigna, la frequenza cardiaca, o i parametri ECG.

L’Amitifadina rappresenta quindi un ottimo candidato per il trattamento della depressione associata ad obesità. Testato attraverso studi di fase I, a dosi di 50, 100 e 150 mg, ha prodotto una riduzione statisticamente importante sia del peso corporeo che dei livelli plasmatici di trigliceridi, dimostrandosi ben tollerato ai range di dosi studiate, senza generare reazioni avverse gravi.

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Infine il composto Centanafadina è un TRI NET preferenziale, sviluppato da “Neurovance” come potenziale farmaco non stimolante per il trattamento del disordine da deficit di attenzione e iperattività.

In uno studio di microdialisi, 5, ha portato all’aumento delle concentrazioni di NE e DA nella corteccia prefrontale, del 375% e 300%, rispettivamente, ad una dose di 20 mg/kg nei ratti.

Riduce inoltre, ad una dose di 3-10 mg/kg, l’immobilità nei topi sottoposti a TST, tail suspension test, un metodo sperimentale utilizzato per misurare lo stress nei roditori.

È stata testata inoltre la sua capacità di terapia per l’ADHD, con test clinici di fase II, nei quali si è dimostrato efficace ad una dose ben tollerata di 400 mg/die, con un basso tasso di insonnia e perdita di appetito, rispetto ai farmaci stimolanti.

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7.2 Serie Neurosearch

La serie Neurosearch è costituita da derivati tropanici derivati dalla cocaina, che presenta una peculiare funzione TRI.

Figura 26. Serie Neurosearch

Le modifiche apportate alla cocaina sono state indirizzate verso un miglioramento sia della tripla inibizione del reuptake, sia della stabilità in vivo, portando all'individuazione di almeno due candidati clinici.

Il composto Tesofensina è in fase di sviluppo da “Saniona AB” come monoterapia per il trattamento dell'obesità, oppure come terapia combinata al Metoprololo per il trattamento del diabete di tipo 2.

È stato originariamente progettato come farmaco anti-Parkinson oppure come terapia dell'Alzheimer, ma senza un'efficacia adeguata nei primi test clinici.

Ha mostrato invece una riduzione significativa del peso corporeo in pazienti obesi, con una riduzione anche del 10,6% del peso corporeo, somministrato ad una dose di 1,0 mg/die per 6 mesi.

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Il composto 6 ha però mostrato effetti avversi a livello cardiovascolare, andando ad aumentare la frequenza cardiaca e la pressione sanguigna.

Per ridurre questi effetti collaterali è stata formulata la combinazione con Metoprololo, agente antipertensivo, che ha permesso di prevenire gli effetti simpaticomimetici a livello cardiovascolare, senza influire sull'effetto inibitorio dell'assunzione di cibo prodotto sui ratti.

Nei ratti DIO, diet-induced obesity, Tesofensina ha prodotto una significativa e dose-dipendente riduzione di peso, a seguito di una somministrazione orale per 28 giorni.

In uno studio PET, in cui è stato utilizzato [11C]βCIT-FE, il composto 6 ha indotto un

blocco dose-dipendente del DAT, con un'occupazione compresa tra 18% e 77%, per somministrazione orale di 0,125-1 mg, suggerendo che l'effetto di riduzione del peso fosse dovuto ad una upregulation della neurotrasmissione di dopamina, attraverso il blocco dei DAT.

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Il composto NS2359 è stato studiato per il trattamento di MDD e ADHD.

In due studi randomizzati, doppio cieco, su pazienti affetti da MDD e su pazienti affetti da MDD con anedonia, rispetto a gruppi di controllo con placebo, il composto 7 non ha dimostrato un'efficacia rilevante ad una dose di 1-2 mg/die. Questo composto ha inoltre dimostrato una bassa tollerabilità, inducendo effetti avversi a livello psichiatrico, come insonnia e ansia, a livello gastro-intestinale, come secchezza della bocca, ed a livello cardiovascolare, con un aumento della frequenza cardiaca e della pressione sanguigna.

In un studio clinico di fase II si è dimostrato ben tollerato ad una dose di 0,5 mg/die, ma senza riuscire ad indurre l'effetto sperato di miglioramento dei sintomi di ADHD.

In uno studio SPECT, tomografia ad emissione di singolo fotone, condotto su soggetti sani, una dose di 0,5 mg di composto NS2359, ha mostrato un incremento di DA del 35%, valore compreso nel range degli altri composti utilizzati per il trattamento di ADHD.

Uno studio PET, su volontari sani, ha mostrato affinità SERT/DAT nell’ordine del 55-60% alla dose di 1mg, e 75/80% alla dose di 2 mg.

Questo composto è stato quindi sviluppato dalla “Saniona AB” per il trattamento della dipendenza da cocaina.

Un ulteriore studio della relazione struttura-attività, con la sostituzione dell'arile con un anello benzopiranico, e l'eliminazione della catena laterale alcossialchilica, ha portato ad una nuova serie di derivati tropanici, tra cui il composto NS18283.20

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Questo composto aumenta notevolmente le concentrazioni extra-cellulari di 5-HT, NE e DA nella corteccia cingolata anteriore dei topi trattati con Oxaliplatino, soggetti quindi a dolore neuropatico, dimostrando a dosi di 10 mg/kg un'attività antinocicettiva.

È inoltre in grado di contrastare l'ipersensibilità meccanica indotta da Oxaliplatino e l'allodinia al freddo, ma non ha effetto invece sull'iperalgesia al freddo.

Questo composto ha dimostrato anche un'attività antidepressiva nei topi trattati con Oxaliplatino con fenotipo depressivo-ansioso.

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7.3 Serie Sepracor/ Sunovion

Il composto Dasotralina, che era stato precedentemente studiato per il trattamento dell'MDD, è stato sviluppato da “Sunovion Inc” per il trattamento di ADHD e BED, il disturbo da alimentazione incontrollata.

Questo composto deriva da successive trasformazioni chimiche della cis-sertralina, che ha subito inizialmente uno switch diasteroisomerico, con la trasformazione nel composto diasteroisomero trans, sul quale è stata effettuata una N-demetilazione, per accrescere l'attività NET/DAT, portando alla formazione del composto 8; questo è stato sviluppato intorno alla fine degli anni '80 dalla Pfizer, e recentemente è stato rivalutato a seguito del rinnovato interesse per i TRIs.21

Figura 28. Trasformazioni chimiche della cis-sertralina

Il composto 8 ha dimostrato una significativa riduzione del tempo di immobilità nei topi FST a dosi di 10 e 30 mg/kg, con un'efficacia maggiore dell'Imipramina. Nonostante questo, Dasotralina non è riuscita a superare i test clinici di fase II svolti su 514 pazienti affetti da MDD.

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L'esposizione sistemica, alle dosi testate di 0,5 e 2,0 mg, è stata molto minore di quanto previsto, sulla base dei profili di esposizione ottenuti in diversi studi di fase I. Un successivo test PET su soggetti sani, ha mostrato un'occupazione SERT del 2-14% e DAT del 33-49% ad un range di dosi di 8-16 mg.

In pazienti affetti da ADHD, il composto Dasotralina ha mostrato una lunga emivita, t1/2: 47 h, con uno stato stazionario di concentrazione plasmatica raggiunto dopo

10 giorni, ed un miglioramento dei sintomi ottenuto già a dosi di 4 mg/die.

In studi clinici di fase II/III per il BED ha invece ottenuto risultati importanti alla dose di 4-8 mg/die.

Recentemente, trans-sertralina è stata sfruttata come punto di partenza per la formazione di regioisomeri.

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In questi composti è stato ricollocato l'ammino-gruppo sull'anello saturo, omologando lo spazio tra il sistema biciclico e il gruppo amminico, mediante un linker CH2 o CH2-CH2.22La stereochimica S del centro chirale che presenta come

sostituzione il 3,4-diclorofenile, ha impartito una inibizione del SERT molto più alta rispetto alla chiralità R.

Lo spostamento dell'ammino gruppo in posizione 1, alla posizione 2, è ben tollerato, ed ha portato al composto 19, nel quale si ha un miglioramento della potenza sul SERT.

Uno spostamento invece in posizione 3 ha prodotto il composto 17, tollerato per SERT/DAT, ma poco tollerato per il NET.

In tutti i successivi stereoisomeri, i composti 18-29, si ha un'aumento progressivo dell'efficacia sul SERT, nell'ordine NMe2 ≥ NHMe ≥ NH2, mentre NHMe ha

mostrato una maggiore efficacia su NET e DAT rispetto agli altri due gruppi.

Inoltre, gli isomeri trans 18 e 19 con configurazione (2R,4S), hanno mostrato una maggiore efficacia nell'inibizione del triplo reuptake, rispetto a tutti gli altri stereoisomeri.

L'introduzione di uno spaziatore metilenico nelle ammine primarie 18, 21, 24 e 27, ha facilitato un miglioramento dell'azione, come evidente per gli omologhi 30, 32, 34 e 36, ad eccezione della potenza sul NET associata al composto 34.

Le ammine primarie e secondarie che sono state valutate per le loro proprietà ADME, sia in vitro che in vivo, mostrando una buona stabilità microsomiale sia nell'uomo che nei topi, con un tempo di emivita, nella maggior parte dei composti, maggiore di 300 minuti.

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Il composto 25, che ha mostrato il miglior profilo ADME in termini di stabilità microsomiale, ed inibizione del CYP2D6 e dell'hERG, è stato analizzato anche in vivo, mostrando una significativa e dose-dipendente riduzione del tempo di immobilità nei topi TST a dosi di 10-30 mg/kg, con una alta concentrazione nel SNC.

A seguito di successive modifiche del composto Amitifadina, contenente un anello ciclopropilico, sono stati sintetizzati composti biciclici, come il 3-ariloctaidrociclopenta[c]pirrolo e il 3-aril-octaidro-1H-isoindolo.23

Figura 30. Derivati del 3-azabiciclo[3.1.0]esano

I composti 101 e 102 presentano, come sostituzione, un 3,4-diclorofenile, mentre i composti 103 e 104, un 2-naftile, che rappresentano le sostituzioni aromatiche preferenziali sull'anello biciclico.

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Nella serie di composti octaidro-1H-isoindolici, sono state apportate due modifiche, che hanno portato alla presenza di un N-alchile (Me o Et) e di un arile (fenile, fenile sostituito, e 1- o 2-naftile); tra i composti di questa serie, quello con un potenziale d'azione maggiore è risultato essere il 48.

I composti indolici trans 42 e 43 hanno mostrato una azione TRI più bassa rispetto ai loro corrispondenti isomeri cis, 40 e 41, suggerendo che l'anello a configurazione cis sia fondamentale per un'azione adeguata.

In termini di stabilità microsomiale, le ammine secondarie sono favorite rispetto alle terziarie, e risultano più stabili i derivati con gruppi 3,4-diclorofenili rispetto a quelli 2-naftil sostituiti.

Sulla base della potenza d'azione e delle caratteristiche ADME, 38, 44 e 48 sono stati testati in vivo; il composto 38 si è distinto per un eccellente profilo ADME, con moderata inibizione CYP e hERG.

Nei topi TST, ha mostrato un'efficacia statisticamente importante a dosi di 10 e 30 mg/kg, senza aumentare significativamente l'attività locomotrice spontanea, suggerendo che la sua efficacia non sia legata a questa attività.

Un profilo di efficacia simile è stato osservato per gli N-metilanaloghi 44 e 48, ma con un importante aumento del numero dei metaboliti N-demetilati, ritrovati nel tessuto neuronale.

È stata inoltre evidenziata un'attività TRI nei derivati dell'amfetamina, gli 1-aril-1-aminometilcicloesani.

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Figura 31. Derivati dell'amfetamina ad azione TRI

Nonostante i composti N,N-dimetilati del set iniziale dessero la maggiore attività, erano tuttavia caratterizzati da un rapido metabolismo in vitro e in vivo, a dare i metaboliti N-monometilici 50 e 51. Per evitare questo problema sono stati quindi introdotti gruppi adiacenti ingombranti per ottenere un impedimento sterico.

Un'analisi dei gruppi arile e α-alchile, considerati come racemi, ha evidenziato come componenti arilici preferenziali il 3,4-diclorofenile e il 2-naftile, e come gruppo metilico il sostituente α-alchile. I singoli enantiomeri sono poi stati separati e analizzati singolarmente.

I composti più rappresentativi 53, 54 e 57 hanno mostrato una debole inibizione di hERG e CYP ed una riduzione dose-dipendente del tempo di immobilità nei topi TST, ad un dosaggio di 3-30 mg/kg. A dosi efficaci, i livelli cerebrali dei trasportatori erano molto più elevati dell'IC50.

(55)

Figura 32. Ottimizzazione della serie dell'1-arilcicloesilmetilammina

Mentre il prototipo 58 ha dimostrato una scarsa attività di inibizione del triplo reuptake, l'inversione della porzione del carbinolo terziario ha portato al composto 59, con attività maggiore, e la successiva N-metilazione, ai composti 60 e 9, con ulteriore aumento di attività.

La sostituzione del diclorofenile del composto 9 con un 2-naftile ha portato al composto 61, con una maggiore attività sul SERT, ma ridotta sul DAT.

Recentemente, uno studio esplorativo condotto sul composto 9, su volontari sani, trattati con 300 mg/die di composto, ha mostrato, al quattordicesimo giorno di trattamento, una tmax di 4 ore e un tempo di emivita di 18 ore nel liquido

cerebrospinale.

Il composto 9 ha portato ad un aumento di NE nel liquido cerebrospinale, accompagnato da una importante riduzione della quantità di DHPG, diidrossifenilglicole, un metabolita della noradrenalina e biomarker dell'inibizione NET, confermando l'attività del composto.

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Al contrario, SEP-228432 non è riuscito ad aumentare i livelli di 5-HT, come confermato da una mancata riduzione di quelli di acido idrossiindolacetico, 5-HIAA, nel liquido cerebrospinale.

Questi risultati mostrano che una riduzione clinicamente significativa di SERT e DAT con il composto 9 è improbabile; quindi la mancanza di correlazione tra i risultati in vitro e quelli in vivo potrebbe suggerire una mancanza di efficacia del composto nel trattamento di MDD.

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7.4 Serie GlaxoSmithKline

Micheli et al. hanno studiato la possibilità di introdurre una catena laterale sul sistema 3-azabiciclo[3.1.0]esanico, per riuscire a rafforzare il legame con le proteine target.24

Queste modifiche hanno portato alla scoperta di una nuova serie di composti basati sul chemiotipo 1-(aril)-6-[alcossialchil]-3-azabiciclo[3.1.0]esano con l'introduzione di una sostituzione in posizione 6 del sistema ciclico, in quanto studi precedenti, avevano già dimostrato l'assenza di miglioramenti con una sostituzione in posizione 5.

Figura 33. Introduzione di una catena laterale nel composto 4

L'introduzione di un gruppo CH2OMe ha portato alla identificazione del composto

63, molecola “lead”, che ha mostrato una grande affinità per SERT e NET, ed una moderata affinità per DAT. Gli eso-isomeri 63 e 64 hanno mostrato una maggiore affinità rispetto all'endo-isomero 62, in accordo con il modello farmacoforo elaborato precedentemente.

(58)

L'enantiomero più attivo, il composto 63, ha mostrato un’affinità a livello nanomolare sia per SERT che per NET, ed ancora migliore per DAT.

Successivamente, sono state testate molte altre sostituzioni in posizione 6, tra cui CH2OR, con R: Et, CH2CF3, n-Pr, i-Pr, ciclopropile, butile, pentile, mentre sono stati

mantenuti in posizione 1 i gruppi 3,4-diclorofenile o 2-naftile.

Gli studi condotti su questi composti hanno indicato come gruppo preferenziale il CH2OEt, presente nel composto 66, in quanto questo è associato ad una

maggiore attività inibitoria, rispetto al composto 63, e ad un miglior profilo di inibizione del CYP2D6.

Questo composto presenta un'azione caratterizzata da un inizio lento ed un incremento dei livelli di 5-HT, NE e DA duraturo. 66 è inoltre in grado di ridurre significativamente il tempo di immobilità nei topi FST a dosi di 3 e 10 mg/kg.

Ha inoltre mostrato un'importante attività locomotrice alla dose di 10 mg/kg, in accordo con un incremento della neurotrasmissione dopaminergica.

Un ulteriore allungamento della catena CH2OMe, con un CH2, ha portato al

composto 69, con un'attività 2-5 volte maggiore rispetto al 63.

Un'altra variazione è stata lo spostamento del sostituente 3,4-diclorofenile dalla posizione 1 alla 6, ottenendo il composto 71, con una minore potenza sul NET, e l'endo-isomero 72, con una riduzione drastica dell'affinità.

Altre ottimizzazioni strutturali hanno portato alla identificazione di una terza serie di composti, basata sui due regioisomeri: 1-(aril)-6-[alcossialchil]-3-azabiciclo[4.1.0]eptano e 6-(aril)-1-[alcossialchil]-3-1-(aril)-6-[alcossialchil]-3-azabiciclo[4.1.0]eptano, che

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Figura 34. Omologazione dell'anello del composto 4 e successive modifiche

Fra i due regioisomeri 75 e 76, il composto 75 ha mostrato una maggiore potenza sul SERT e sul DAT. Una modifica ulteriore del composto 75, con l'introduzione di un gruppo CH2OMe, ha conferito una maggiore affinità.

Lo spostamento della catena laterale dalla posizione 1 alla posizione 7, come nei composti 79 e 80, è risultata in una riduzione dell'attività TRI, suggerendo che la posizione 1 sia quella ottimale.

Il regioisomero 79, sostituito in posizione 6, ha mostrato una maggiore potenza sul SERT, ma minore sul NET e DAT, rispetto al regioisomero 84, che presenta lo stesso sostituente in posizione 1.

La sostituzione del CH2OMe nel composto GSK1360707, con un CH2OEt, ha

portato ai composti 77 e 78, che hanno mostrato un profilo d'azione quasi sovrapponibile. Il composto 10 ha mostrato una attività inibitoria a valori nell’ordine del basso nanomolare, una buona selettività, ed una buona farmacocinetica nei ratti.

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Questo eleva significativamente i livelli di 5-HT, NE e DA nella corteccia prefrontale e nel nucleus accumbens, a dosi di 3 mg/kg nei ratti. Nei topi FST, riduce sensibilmente il tempo di immobilità alle tre dosi testate di 3, 10 e 30 mg/kg. In uno studio di occupazione ex-vivo, ha mostrato un incremento dose-dipendente dell'occupazione SERT nella corteccia dei ratti, mentre in un esperimento autoradiografico condotto su ratti, il composto ha mostrato un'occupazione SERT massimale in quasi tutte le aree cerebrali, alla dose di 10 mg/kg.

In uno studio PET, la concentrazione plasmatica misurata nell'uomo, per un'occupazione corrispondente alla metà di quella massimale, è stata valutata a valori di 6,8 e 18 nM per SERT e DAT rispettivamente. Questo conferma la capacità di penetrazione del composto 10 attraverso la barriera emato-encefalica e l'azione TRI in vivo.

In uno studio clinico di fase I, il composto 10 si è dimostrato ben tollerato alla dose di 150 mg/die. Il suo sviluppo per il disturbo di depressione maggiore è stato però discontinuo per ragioni economiche.

Micheli et al. hanno successivamente studiato altre modifiche strutturali con la sostituzione del gruppo CH2OMe con gruppi eteroarilici, anche distanziati da un

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Figura 35. Rimpiazzo della catena laterale del composto 10 con (metilen)eteroarili

Il composto 85, che presenta un sostituente eteroarilico a 5 termini, ha mostrato una minor affinità SERT, ed una maggiore affinità NET e DAT rispetto al composto 77. La sostituzione dell'atomo di ossigeno nel composto 85, con un atomo di zolfo, un più debole accettore di legami a idrogeno, ha portato al composto 86, che ha esibito una maggiore potenza ed un'attività sub-nanomolare, in proporzione SERT/ NET/DAT 3:3:1.

L'enantiomero 87, che presenta un profilo di inibizione del triplo reuptake bilanciato, ha mostrato una debole inibizione del CYP ed una moderata clearance intrinseca nei microsomi epatici.

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