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I sessi nel pensiero di Cristo

Il pensiero di Cristo sui sessi. Lo possiamo enucleare bene vedendone l‟impostazione logica, che risulta nella sua presa di posizione sul divorzio e nella successiva classificazione degli eunuchi.

La sua posizione sul divorzio non è quella del cattolico “moderno”, che passa una vita diffratta in cento battaglie (divorzio, pornografia, aborto, bioetica, razzismo, diritti civili, volontariato, ambiente, carceri, povertà, pace, globalizzazione…), e che al referendum sul divorzio stringe i denti e vota contro. Lui non tanto vota contro il divorzio (in seconda battuta) quanto (in prima battuta) vota per il successo del rapporto uomo-donna, perfino contro i propri seguaci che, nel testo, concludono che allora per l‟uomo non conviene il legame con una donna ossia, aldilà anzi aldiqua del divorzio, lo anticipano rinnegando il legame.

A rinforzo, il successivo discorso sulle tre specie di eunuchi, in cui è indubbia la ripugnanza del pensiero di Cristo per la produzione delle prime due specie (produzione violenta, una hard l‟altra soft, una

materiale l‟altra psichica). Ora, “eunuco” significa fallimento – per ragioni oggettive o soggettive – del rapporto o legame uomo-donna.

Fin qui c‟è conferma della sua asserzione della possibilità di successo di tale rapporto, che nell‟epoca di civiltà che stiamo attraversando è una presa di posizione unica: per questa civiltà (letteratura, cinema, poesia, canzone, musica perfino, ma lo sostenevano già Dante e, da un‟altra posizione, Leopardi; si aggiunga l‟irresistibile impatto a ogni livello del pensiero gay) la relazione uomo-donna può soltanto fallire salvo, come ironizzava un mio maestro, episodi più o meno felici di co-it-erazione. Quando si regge malgrado tutto, è soltanto per dignitosa pateticità, rammento la canzone: “Je t’aime moi non plus, Ti amo neanch‟io”.

In fondo la riuscita del rapporto uomo-donna è anche una tesi pro domo sua: infatti, non è stato proprio Lui, come Verbo co-produttore con suo Padre, che “uomo e donna li creò”? Il fallimento di uomo-donna è un fallimento teologale. E il cristianesimo fallisce (ora e escatologicamente) se fallisce uomo-donna. Se il Diavolo esiste, è questo il suo punto di aggressione tattica nel peccato originale: nel racconto del quale la parte giocata da Adamo è quella di dare la colpa alla donna, cioè di rompere il rapporto (divorzio). É attaccando i sessi che si attaccano insieme – simultaneità non solo cronologica ma logica – Dio e uomo (uomo-donna). Se ne accorgeva sant‟Alberto Magno, che tra le forme di verginità individuava anche la “verginità diabolica”, home made.

Ma ecco che Cristo fa piombare sulla terra, anche come sasso nello stagno, la terza specie di eunuchi, quella che ha messo in crisi ogni ermeneutica. É la specie di chi si fa tale, di propria iniziativa, “per il regno dei cieli” (che per definizione è il mondo del successo, dell‟andar-bene, del portare a buon termine o soddisfazione, anche tra uomo e donna). É una soluzione, e perfino un consiglio (di cui è facile pensare Cristo come primo praticante).

Che sia vero che è pazzo? Contraddizione?, tanto più in un pensiero come il suo che non cede mai sul principio di contraddizione (nel pensiero di Cristo non ci sono paradossi).

L‟epilogo del discorso, “Chi ha orecchie per intendere intenda”,

mostra che sa cosa dice, e che sa che difficilmente troverà orecchie e menti preparate, paratae come lo sono le giovani nubende della parabola.

Quale pensiero implicito, e non contraddittorio, inferirne? Eccolo.

In uno senza istinto come lui – non senza sesso –, se non si è troppo servi della superstizione che esistano “istinti” (che è una superstizione schiavista: la Teoria che la natura ci renderebbe schiavi di istinti, eccolo un delirio, comunissimo d‟altronde), è facile ricavarlo: fatevi eunuchi della superstizione stessa, dell‟”istinto” sessuale, cioè

“castrate” (come l‟eunuco) il vostro pensiero non il vostro corpo, tagliatene via la falsa Teoria causale della vita sessuale in cui il preteso “istinto” consiste, e al quale è stato dato per esempio il nome tradizionale “concupiscenza” (o in greco epizumìa). O anche, fatevi eunuchi della “sessualità”, che è solo un altro nome, non di una causalità naturale (che porrebbe in atto la relazione tra i sessi) che semplicemente non esiste, ma di una Teoria che corrompe, prima che i costumi, il pensiero (e l‟universo).

Alla “sessualità” come Teoria e errore segue poi, logicamente (maestro Platone: l‟amore platonico), l‟omosessualità (secondo l‟adagio stoico: ex vero sequitur verum, ex falso sequitur quod libet) addotta come specie di un genere – la “sessualità” – di cui l‟eterosessualità sarebbe un‟altra specie. Da decenni la dottrina morale cristiana, sulla base della fallacia dell‟avere ammesso da tempo la

“sessualità” o l‟ “istinto sessuale” come natura, non sa come cavarsela con l‟omosessualità (l‟errore è plurisecolare). In fondo il movimento gay fa il verso – poco gaio – al vecchio errore: in quanto la secolarizzazione non lo è di idee cristiane bensì di errori dei cristiani.

Dunque: eunuchi non dei sessi ma di una pretesa (Teoria) giustificata come “natura”. De Sade e il tardo “libertinismo” l‟hanno detta lunga su questa pretesa, ricordo il “diritto al godimento” del corpo dell‟altro.

Tra le anomalie (zizzanie) della storia del cristianesimo, c‟è la non individuazione dell‟errore di pensiero in quanto tale, e anzitutto di questo (eppure il caso sarebbe formalmente previsto: “peccavi … cogitazione” cioè nel pensiero). In generale, ha dello sbalorditivo il fatto che nella dottrina morale plurisecolare, e nella pratica del

confessionale, non figuri la perversione. Forse la pecca storica del cristianesimo è tutta qui (la “zizzania”). E dev‟essere cominciata proprio dall‟oscuramento posto sul pensiero di Cristo: del resto, che altro è la perversione se non il rinnegamento del pensiero?

Dunque: i peccati sono anzitutto di pensiero, data la praticità del pensiero (“premeditazione”). Del resto, è il caso primario del peccato originale, che è una Teoria (del “bene” e del “male” come coppia di valori astratti: alto/basso, sinistra/destra, rosso/nero, superficiale/profondo, +/-, 0/1, bene/male) riferita anzitutto a Dio:

sarebbe Dio a voler tenere per sé – avarizia – l‟albero del bene e del male, a volersi come principio di comando.

Non l‟astinenza dall‟atto ma dall‟errore del pensiero, ecco ciò che Gesù suggerisce nel terzo eunuco, e come purità. O come “verginità”

riferita a ambedue i sessi: la caduta dell‟errore riguardante i sessi.

Notevole torna a essere la parabola delle vergini: che tali sono non per sottrazione all‟atto, ma per non avere fatto del proprio sesso la fonte di una pretesa autonoma fondata sul sesso (Teoria-istinto), ossia di una possibile obiezione al “Signore” che può venire. “Verginità” è il fatto che i sessi fanno silenzio in capitolo (nel capitolo dei rapporti, nel capitolo del pensiero), e ciò e solo ciò li rende vivibili. Una pretesa-obiezione, fondata su una Teoria, che “normalmente” sta alla base sia delle morali che dei comportamenti sessuali, e che è la premessa dei disastri amorosi che costellano la vita di uomini e donne come conseguenze del pensiero appunto disastroso che hanno del loro rapporto. Non stupisce che ne risultino disastrati anche i figli.

Nella storia alcuni uomini e donne hanno spinto soluzione e consiglio fino a farne ciò che in certe “vocazioni” si chiama un “voto”. Lo chiamerei un caso di esercizio non obbligatorio della logica:

dalla premessa che non c‟è tempo che basti per la correzione universale di quell‟errore, per ognuno come per l‟universo umano (la guerra di Troia ne ha preso inizio),

alcuni possono concludere di tenere in sospeso quell‟iniziativa (non causata proprio perché iniziativa cioè iniziante) che afferirebbe a questo punto di gusto, fino a nuovo ordine (“Regno dei cieli”). Gusto, quale? A onorare anche con questo mezzo il corpo dell‟altro. Di solito

lo si disonora, poi ci si giustifica dandone la colpa all‟istinto cioè rinforzando la Teoria, continuando a disonorare così anche il proprio pensiero.

Il pensiero di Cristo non comporta rinuncia se non a ciò che comporta rinuncia. A comportare rinuncia sono anzitutto gli errori del pensiero (Ideali, Teorie tra le quali quella dell‟istinto e della sessualità). Il peccato è anzitutto cogitatione, a partire da quello originale. Cristo non ha mai rinunciato a nulla – il deserto non è stato rinuncia bensì regolamento di conti e poi riattivazione del modo di produzione dell‟appetito –, e la croce non è stata rinuncia ma prezzo pagato per farla finita con la causalità della rinuncia (“peccato”).

La vita sessuale, nulla la causa e nulla la proibisce. Penso allora di potere prestare al pensiero di Cristo una battuta (logica, come ogni battuta): “Ma se non avete istinti cioè una causalità naturale per la vita sessuale, come farete a far‟lo‟?” senza il peccato sessuale cioè la Teoria dell‟istinto?

Salvo – ma qui c‟è un‟altra ripugnanza del pensiero di Cristo – attribuirgli un pensiero utopico (come nell‟Utopia di Moro o La città del sole di Campanella), secondo il quale “lo” si fa per comando dei Capi, o almeno con la loro condiscendenza. In questo caso il comando prende il posto di un‟assente causalità naturale.

Acquista allora un senso nuovo Mt 5, 28: “Chi guarda una donna per desiderarla /‟concupiscenza‟) ha già peccato nel suo cuore” (“cuore”:

il modo in cui è costituito il suo desiderio, bene o male). Almeno per rispetto del nostro intelletto, non continuiamo nella cattiva civiltà dell‟attribuire a Cristo un pensiero da cattivo Rettore di collegio per educandi.

Attribuire a Cristo la pur minima svalutazione della vita sessuale è improponibile: lui ha proposto una Civiltà in cui non si concepisca più l‟idea falsa di uno stato di natura dei sessi. Nel pensiero di Cristo non c‟è posto per uno stato di natura comunque inteso.

Ma se non c‟è istinto cioè desiderio bruto presupposto nella natura (il desiderio presupposto è un errore del pensiero), allora il pensiero si può aprire a un altro e nuovo pensiero: quello del desiderio non più come presupposto al rapporto, bensì come prodotto dal rapporto, la

sua prima fecondità. La donna già bersaglio del non-rapporto (“concupiscenza”) passa da oggetto – d‟uso o di contemplazione, ciò è secondario – a partner con il quale nessuna iniziativa possibile è esclusa, a eccezione di quella che lo abolirebbe come partner (si vede come sono qui riuniti il 5° e il 6° Comandamento: “impuro” è l‟atto che uccide la partnership nel corpo del partner).

Dio stesso cessa finalmente di essere un oggetto, l‟Oggetto finale di una concupiscenza alta dopo “La donna” come oggetto transitorio. E che come tale deve morire per l‟Oggetto finale dopo esserne stata un‟allusione ideale. Dio torna libero – finalmente – dall‟essere incatenato al posto dell‟Oggetto della contemplazione come sorta di istinto o concupiscenza superiore. O anche: la si fa finita con la concezione feticistica di Dio. La frase di Cristo allora ha potenza logica più ampia: “Anche chi guarda o concepisce Dio con concupiscenza ha già peccato”.

Il carattere perverso (feticistico) della pura contemplazione dell‟oggetto si estende dunque dalla donna (astratta e asessuata: amor cortese) a Dio (reso non meno astratto e, in Cristo, asessuato:

dovremmo forse inventarci la “carità cortese” come la virtù del Paradiso?)

Da un punto di vista logico potremmo pensare, con le stesse parole del Padre nostro, che è per non indurci in tentazione perversa che Dio si mantiene nell‟invisibilità fino a nuovo ordine: un nuovo ordine in cui la perversione non sia più possibile. Fino allora preferisce non farsi…

vedere, prima, per non rischiare di farsi contemplare, poi.

La “concupiscenza” o istinto o desiderio presupposto non è soltanto un errore quanto al sesso: è un errore quanto al rapporto, perché lo abolisce.

Non è paradossale bensì logico che nell‟esperienza millenaria la prima conseguenza della Teoria dell‟istinto sessuale sia la ripugnanza – nonché l‟angoscia – per i sessi in quanto differenti. L‟omosessualità ormai teorizzata (cultura gay anticipata da Platone), la perversione a ogni livello, sono i giudici non innocenti dell‟errore millenario.

La “verginità”, o il terzo eunuco, è tagliare via non i sessi ma l‟artificio della Teoria della loro legge naturale (“istinto”). Che è

l‟”impurità” designata dal 6° comandamento. Alla quale presiede l‟8°, quello della menzogna pubblica (“falsa testimonianza”).

Una tale verginità si oppone a ogni altra pretesa - e patologica - verginità.

La verginità in Cristo è la ianua della possibilità stessa della vita d‟universo di uomini e donne, confermati tali in ogni loro possibilità:

e proprio in quanto esclude l‟esistenza di pretese sessuali nella natura.

Bisognerebbe ridisegnare tutte le mappe morali.

(Vedo che questa nota è lunga, ma è sempre più breve della lentezza dei millenni almeno su questo punto. Cristo ha cercato di imprimere un‟accelerazione, ma non abbiamo ancora ben meditato sul senso del fatto che restiamo ancora nel regime della lentezza. Chi aveva detto che siamo nel mondo dell‟accelerazione?).

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