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Tra agosto e settembre, la diplomazia italiana si ritrovò a discutere sulla probabilità della costruzione di una “Locarno orientale”, nel tentativo evidente di cercare una soluzione alternativa a quegli

equilibri diplomatici che dopo Versailles e Washington, sembravano non essere più gestibili dal

sistema diplomatico incarnato dalla Società delle Nazioni. I documenti disponibili su questo

argomento sono solo due e significativamente, oltre al rapporto di Auriti da Tokyo, datato al 10

agosto, anche l’ambasciatore italiano da Mosca diede il suo riscontro sulla questione. Questa, nel

testo redatto da Auriti, la visione giapponese sull’eventualità di un simile progetto:

“ Atteggiamento del Giappone nei riguardi Locarno orientale. I negoziati per la conclusione di una “Locarno orientale”, oggetto di vari telegrammi di codesto R. Ministero, hanno avuto finora scarsa eco qui, limitandosi la stampa a riportare brevi notizie dall’estero. Per la prima volta il 5 agosto scorso il Nichi Nichi vi ha fatto specifico riferimento, esponendo quello che sarebbe il pensiero del ministro degli affari esteri al riguardo. Secondo il giornale il Gaimusho seguirebbe l’iniziativa di Barthou con vivo interesse e per due ragioni: anzitutto dato che il proprio accordo, rientrando nel sistema societario, faciliterebbe l’ammissione dei Soviet alla Lega delle Nazioni e forse il ritorno della Germania a Ginevra, ne risulterebbe un accentuato isolamento per il Giappone; d’altro canto tale accordo, assicurando alla Russia tranquillità sul fronte occidentale,

203 Ibidem.

204 Telegramma n. 5672 da ambasciatore Auriti, a Ministero Affari Esteri, Roma, in data 6 giugno 1934, in ASMAE,

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l’incoraggerebbe ad una politica più forte in estremo oriente. Alla prospettiva di concludere il patto in progetto attribuirebbe questo ministero degli esteri il recente irrigidimento dei Soviet nei riguardi del Giappone, irrigidimento che il giornale qualifica addirittura di “avanzata aggressiva”. Essa si sarebbe manifestata nei più diversi modi. In primo luogo con frequenti voli di aeroplani russi sopra il territorio del Manciukuo nonostante le ripetute proteste nipponiche, e con attacchi da parte di truppe sovietiche a battelli fluviali mancesi lungo il Sungari; più recentemente con il rifiuto di accettare la proposta conciliativa per la cessione al Manciukuo della C. E. R. (China Eastern Railway, N.d.C.) presentata da Hirota a questo ambasciatore dell’U.R.S.S.; con il diniego di visto al passaporto del signor Takamaru, rappresentante delle imprese pescherecce giapponesi nei mari di Okhotsk e Kamciatka, che avrebbe dovuto recarsi a Mosca per partecipare alle trattative colà in corso per la fissazione delle rata di cambio rublo-yen nella nota controversia relativa alle aste delle zone di pesca; ancora con il rifiuto di intraprendere negoziati per estendere i termini delle ricerche petrolifere nell’isola di Sackaline. Infine, nei giorni scorsi, qualche giornale di Mosca avrebbe pubblicato articoli insolenti contro il Giappone e asserito fra l’altro che l’antico spirito nipponico è ormai in decadenza. Anche perché la sincerità e la buona fede almeno di alcuni dei predetti appunti mossi all’U.R.S.S. appaiono discutibili, sarebbe difficile per questa R. Ambasciata di constatare se da parte sovietica vi sia stato negli ultimi tempi un effettivo irrigidimento nei riguardi del Giappone e di porlo eventualmente in rapporto con le trattative in corso per un patto dell’Europa orientale (le comunicazioni del R. Ambasciatore a Mosca qui giunto finora sembrerebbe escluderlo). Certo è tuttavia che l’atteggiamento di questo governo di fronte ad una “Locarno orientale” che dia alla Russia libertà di movimenti verso il Pacifico – quale viene riportato dal Nichi Nichi – si presenta come logico e verosimile. Il Giappone tutto ha da guadagnare dal perpetuarsi delle discordie e delle rivalità europee.”205.

Il 4 ottobre, il Ministero degli Affari Esteri ritrasmetteva al Ministero della Marina, e alle ambasciate

di Berlino, Londra, Mosca e Parigi, un ulteriore aggiornamento sulla questiona navale, redatto da

Auriti pochi giorni prima:

Hirota mi ha detto che non ha alcun progetto concreto per accordo politico antibellico con Stati Uniti e Inghilterra. Se però per giungere disarmo navale che Giappone proporrà si rendessero necessari accordi del genere, Giappone sarebbe pronto concluderli sia con quelle Potenze sia con a tre. Hirota mi ha poi confermato progetto giapponese disarmo navale di cui a mio precedente telegramma [non individuato, N.d.C.]. Hirota ha soggiunto che il Giappone proponendo assegnamento ciascuna Potenza tonnellaggio complessivo Potenza stessa sarebbe libera disporne come meglio credesse anche circa incrociatori e sommergibili.”206.

La seconda metà dell’anno vide l’emergere del terzo attore di quello che entro la fine del decennio

sarebbe divenuto l’Asse, ossia la Germania. A ottobre, Auriti informò Roma di quanto a Tokyo era

emerso su possibili accordi nippo-tedeschi:

Che in genere una certa identità di situazione nei riguardi della Russia e altresì dell’Europa, abbia avvicinato Giappone e Germania anche senza intesa speciale è possibile e il R. Addetto navale dice che il suo collega tedesco vede e sa più degli altri. Che in seguito abbiano a venire qui tecnici e commissioni dalla Germani è anche possibile e così pure questa mandi qui aeroplani (sembra ne siano già stati inviati di grande potenza) per quanto sia sistema giapponese il comperare qualche modello all’estero e di copiarselo in segreto e con comodo a domicilio; pare che la Germania faccia in Manciuria largo acquisto di soia e simili apparecchi ne potrebbero rappresentare il pagamento. E’ anche possibile che la Germania mediti infine d’attrarre almeno Giappone nella sua per quanto mio collega tedesco fino a pochi mesi fa me ne escludesse anche solo soltanto intenzione; ma situazione internazionale della Germania è da allora peggiorata e il collega è diventato meno espansivo. Ma

205 Telespresso n. 627/385 da ambasciatore Auriti a Ministero Affari Esteri, in data 10 agosto 1934 in ASMAE, Affari

politici (1931-1945) Giappone, b. 6, fasc. “Rapporti politici ”.

206 Telegramma n. 1328/C-R da ambasciatore Auriti a Ministero Affari Esteri, Roma in ASMAE, Affari politici (1931-1945), Giappone, b. 6, fasc. “Rapporti politici”.

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quello che mi sembra poco probabile è che il Giappone non dico abbia concluso ma sia anche solo in principio non avverso a concludere qualche accordo politico con la Germania, di natura da fargli correre pericolo di essere tratto in quell’ingranaggio dei contrasti europei che Hirota dice temere e volere ad ogni costo evitare. Giappone ha interesse a non stipulare impegni politici positivi tali da potere ostacolare o ridurre la sua libertà d’azione allorché i contrasti europei divenissero minacciosi per la pace e precisamente quando la situazione internazionale gli si presentasse perciò favorevole a ulteriori sviluppi della sua politica in questa parte del mondo”207.

Il 30 ottobre, giunse un riscontro da Berlino, redatto dall’Incaricato d’Affari della locale ambasciata

italiana, come riscontro di quello di Auriti:

“Ringrazio Vostra Eccellenza per la cortese comunicazione del telegramma del R. Ambasciatore in Tokio circa i rapporti fra Germania e Giappone. L’osservazione della situazione da Berlino conduce alle stesse conclusioni alle quali è giunto il R. Ambasciatore in Tokio, che cioè pure esistendo un certo parallelismo di interessi fra la Germania e il Giappone, specie per quanto concerne l’attività politica nei riguardi dell’U.R.S.S., sia tuttavia da escludersi almeno per ora l’esistenza di qualche concreto accordo di natura politico-militare. Non è dubbio che il mutamento verificatosi nei buoni rapporti una volta esistenti fra la Germania e l’URSS abbia spinto il Governo del Reich a seguire con maggiore interesse l’andamento delle relazioni fra l’URSS e il Giappone e fatto intravvedere a questa opinione pubblica la possibilità di un’azione comune, o almeno contemporanea, il giorno in cui la situazione in Estremo Oriente dovesse aggravarsi, con minaccia di giungere sino ad un conflitto armato. Come è noto, a seguito del patto decennale stipulato con la Polonia si è fatto circolare con insistenza la voce che esso sia stato completato con un accordo segreto di carattere politico militare, per una sistemazione della situazione territoriale ai confini orientali della Germania e per un’azione militare segreto con la Polonia si è giunti facilmente, per via d’induzione, a sospettare la probabilità di un analogo accordo col Giappone, o meglio di un accordo a tre: Germania, Polonia e Giappone. E in relazione a tale eventuale accordo merita di essere ricordata la presenza di ufficiali giapponesi alle recenti manovre dell’esercito finlandese e la rinnovata attività diplomatica che va svolgendo in Finlandia il Giappone, come ha recentemente segnalato il R. Ministero in Helsinki. E’ stato anche rilevato come, a differenza delle altre Grandi Potenze europee e degli Stati Uniti, la Germania si sia astenuta dal compiere alcun passo a Tokio presso il Governo di Tokio a proposito delle dichiarazioni giapponesi dello scorso aprile riguardo alla Cina, mentre fra le potenze europee la Germania è certo una di quelle che i maggiori interessi in Cina, che esporta attualmente importanti partite di armi e munizioni in Cina e che ha ora a Nankino una numerosa missione di istruttori e consiglieri militari presieduta dal Generale von Seeckt, missione che non è certo vista di buon occhio dal Giappone. La politica della Germania e del Giappone avrebbe inoltre un altro punto di contatto: il comune abbandono della Società delle Nazioni. Ma le ragioni dell’abbandono da parte della Germania sono del tutto differenti da quelle che hanno motivato il ritiro del Giappone e non sembra che le due Potenze intendono seguire lo stesso atteggiamento identico nei confronti dell’istituzione ginevrina e che l’eventualità di un ritorno a Ginevra possaformare base per un’intesa comune. Ricordo ad ogni buon fine come con la voluta esistenza di rapporti politici particolarmente intimi e cordiali contrasterebbe anche l’atteggiamento di completo disinteresse assunto dal Giappone di fronte alle lagnanze tedesche per la situazione nel territorio di Memel, questione questa che sta molto a cuore alla Germania. Ho visto infine sulla stampa francese qualche notizia, desunta da pubblicazioni apparse sui giornali russi e cinesi, di una nuova manifestazione di cordialità fra Germania e Giappone, con la promessa fatta dalla Germania di investire degli importanti capitali nel Manciukuo, mentre il Giappone da parte suo fornirebbe alla Germania grandi quantità di prodotti alimentari a prezzo molto ridotto. Ma queste notizie non sembrano verosimili dato che la Germania non dispone in questo momento di nessun capitale per investimenti all’estero e non si comprende quali prodotti alimentari il Giappone potrebbe importare in Germania. L’importazione di prodotti alimentari giapponesi in Germania è stata infatti sempre di proporzioni molto modesta e va ogni giorno diminuendo. E tutto l’andamento delle relazioni commerciali fra i due paesi non corrisponde del resto alla supposta cordiale intimità di rapporti politici. Quest’Incaricato di affari del Giappone, che conosco fin da quando era in servizio presso la Ambasciata in Roma, mi diceva appena qualche giorno fa che il commercio giapponese incontra ogni giorno nuove difficoltà in Germania e che esso è in

207 Telespresso n. 233060 da ambasciatore Auriti a Ministero Affari Esteri, Roma, in data 16 ottobre 1934, in ASMAE,

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continua diminuzione. La concorrenza giapponese che si è scatenata sul mercato mondiale da alcuni anni a questa parte, principalmente in seguito alla svalutazione della valuta nipponica, non ha avuto infatti favorevoli conseguenze per quel che riguarda le importazioni giapponesi in Germania. Al contrario, per il fatto della introduzione in Germania della disciplina del commercio delle divise e di mancati accordi speciali di clearings col Giappone, le importazioni giapponesi sono passate da 41 milioni di marchi nel 1930, a 29,8 milioni nel 1931, a 18,8 nel 1932, a 15, 9 nel 1933 e a 11,3 nei primi 6 mesi del 1934. […] Il Giappone è infatti il solo Paese fuori d’Europa con il quale la Germania ha una bilancia commerciale notevolmente attiva. Da questo punto di vista quindi il Giappone rappresenta ancora oggi per la Germania una importante posta favorevole per la sua bilancia dei pagamenti. Ma se la concorrenza giapponese non ha potuto aver presa sul mercato interno essa ha causato a causa alla Germania notevoli danni sui suoi mercati esteri. Ciò nonostante se la stampa germanica si è sempre mostrata piuttosto riservata nelle critiche in merito ai metodi adottati dal Giappone per forzare le sue esportazioni, ciò dipende, a mio avviso, non da ragioni di indole politica, ma semplicemente perché come è stato spiegato più sopra, gli scambi commerciali fra i due paesi sono ancora oggi nettamente favorevoli alla Germania.”208.

Di lì a un mese, in novembre, messa da parte per quell’anno l’eventualità di accordi nippo-tedeschi,

la diplomazia italiana a Berlino proseguiva a indagare invece sull’eventualità di un “Patto Orientale”,

in un telespresso che sarebbe stato inoltrato tra le altre rappresentanze, anche a Tokyo:

Il R. Ambasciatore a Berlino, in data 8 corrente, riferisce quanto segue.

Il Signor von Bulow mi disse ieri che da veri mesi non aveva più sentito parlare del Patto Orientale, cosicchè riteneva che fosse sepolto. Aveva solo chiesto notizie in proposito il Sig. Yoshida, Ambasciatore del Giappone a Roma, il quale si trovava da un paio di giorni a Berlino e aveva avuto colloqui all’Auswartiges Amt. Alla mia domanda quale fosse lo scopo del viaggio del Signor Yoshida von Bulow rispose che pareva trattarsi di una di quelle missioni d’informazione generale che il Governo giapponese suole affidare di tanto in tanto ai propri diplomatici, soprattutto quando per essere a disposizione del Ministero appare opportuno allontanarli per qualche tempo da Tokio. […] Oltre ad informarsi dello stadio in cui si trovava il Patto Orientale il Signor Yoshida aveva menzionato l’assicurazione che egli aveva dato al Signor Litvinov che il Giappone non pensa affatto a compiere preparativi militari diretti contro l ‘U.R.S.S. Il Signor von Bulow osservò meco essere probabile che tali assicurazioni non avessero convinto il Commissario del Popolo per gli Affari Esteri.”209

.

Tuttavia, come aveva auspicato l’ambasciatore Auriti nel rapporto del 6 giugno, i rapporti diplomatici

italo-giapponesi sembravano proseguire verso una progressiva e sempre più solida definizione. Se ne

ricava conferma dalla stampa giapponese, tramite le rassegne mensili tradotte in italiano di cui

l’ambasciata si avvaleva. L’aspetto che li rende rilevanti, a questa fase della ricerca, è la forte

popolarità del Duce in Giappone, di cui si può leggere sia a marzo del 1934 in alcuni editoriali redatti

alla conclusione degli accordi italo-austro-ungheresi, ma anche nei mesi successivi, in giugno, poche

settimane dopo il rapporto del capo-missione italiano, seguendo quindi a quanto aveva accennato

Auriti sull’immagine positiva di Mussolini diffusa in Giappone.