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6. MATERIALI E METODI

6.3. Preparazione campioni

6.3.4. Sezionamento dei gamberi e prelievo dei campioni

Protocollo

Il protocollo di tesi prevedeva la ricerca dei patogeni in varie porzioni anatomiche del gambero per le diverse caratteristiche biologiche di alcuni organi. In particolare è stato deciso di esaminare le branchie per la loro funzione di filtro e quindi per la loro plausibile capacità di trattenere eventuali microrganismi patogeni presenti nell’acqua; il tubo intestinale in quanto nella maggior parte delle specie animali risulta essere la regione del corpo più popolata da batteri (che spesso risultano essere innocui per i loro ospiti abituali, ma patogeni per l’uomo). Infine è stata scelta la parte muscolare della coda, in quanto unica porzione edibile del gambero, che quindi risulterebbe particolarmente pericolosa per l’uomo nel caso in cui risultasse contaminata da agenti zoonotici. Inoltre, il rinvenimento di agenti patogeni all’interno del tessuto muscolare

potrebbe far sospettare del ruolo di Procambarus clarkii quale portatore di malattia e non solo come vettore meccanico di microrganismi.

Strumenti utilizzati

Gli strumenti utilizzati per sezionare i gamberi ed effettuare i prelievi di organi e tessuti, sono stati fondamentalmente un paio di forbici Mayo con punte acuta e smussa, e un paio di pinze anatomiche (6.3.10). Prima di ogni operazione gli strumenti sono stati immersi in alcol etilico e flambati.

Foto: 6.3.10 (foto personale)

Procedure sezionamento

Tutte le operazioni sono state eseguite sotto cappa microbiologica a flusso laminare e indossando guanti in lattice. I gamberi da sezionare venivano posti singolarmente all’interno di piastre Petri (foto 6.3.11) con l’ausilio delle pinze anatomiche. Tutte le fasi del sezionamento venivano eseguite all’interno delle piastre, sostituite ogni volta per ogni esemplare.

1. Per prima cosa venivano prelevate le branchie. Il metodo migliore per effettuare questa operazione è quello di posizionare il gambero su un fianco, afferrare con le pinze il margine ventrale (libero) dell’opercolo branchiale (foto

pereiopodi così da creare sufficiente spazio per poter accedere con le forbici e tagliare lungo il margine dorsale della camera branchiale. A questo punto, la camera branchiale risultava aperta e le branchie erano completamente esposte (foto 6.3.12). In seguito le branchie venivano afferrate con le pinze e tagliate. Infine le branchie venivano riposte all’interno di sacchettini per omogeneizzatore (stobag) in attesa delle fasi successive.

Foto 6.3.11: Esemplare di P. clarkii dopo l’abbattimento, posizionato sul fianco in piastra Petri. La freccia indica il margine ventrale dell’opercolo branchiale. (foto personale)

Foto 6.3.12: Esemplare di P. clarkii dopo l’apertura della camera branchiale, le branchie son ben visibili. (foto personale)

2. La seconda fase consisteva nel prelievo le tubo intestinale. Per facilitare l’operazione, con l’ausilio delle forbici, si procedeva alla separazione del cefalotorace dalla coda (foto 6.3.13), si afferrava solo quest’ultima e si separava anche il telson (il ventaglio caudale) (foto 6.3.14) in modo da liberare il tubo intestinale sia cranialmente che caudalmente, che in questo modo poteva essere facilmente sfilato con le pinze. Nel caso in cui non si riuscisse a visualizzare il tubo intestinale, si procedeva alla rimozione di una striscia di carapace nella parte dorsale della coda, in modo da esporlo completamente (foto 6.3.15). Infine anche i tubi intestinali venivano sistemati in un sacchetto Stomacher sterile in attesa delle fasi successive.

Foto 6.3.13 Foto 6.3.14

Foto 6.3.15

3. Come ultima cosa veniva prelevato un piccolo campione di muscolo caudale, che in questa fase del sezionamento risultava già essere ampiamente esposto (foto 6.3.16). Era quindi sufficiente afferrarne una piccola porzione (foto 6.3.17) con l’ausilio delle pinze, tagliarlo ed adagiarlo nel sacchetto Stomacher sterile insieme agli altri campioni di muscolo.

Foto 6.3.16

Foto 6.3.17

6.3.5. Omogeneizzazione in Stomacher

Una volta prelevati tutti i campioni venivano aggiunti 5 ml di soluzione fisiologica ad ogni sacchettino ed in seguito sottoposti ad omogeneizzazione in Stomacher (foto 6.3.18) per circa 15 secondi ciascuno. I campioni a questo punto erano pronti per la semina (foto personali, 6.3.19; 6.3.20; 6.3.21).

Foto 6.3.18 Stomacher Foto 6.3.19 Omogeneizzato di tubi intestinali

Foto 6.3.20 Omogeneizzato di branchie Foto 6.3.21 Omogeneizzato di muscolo

In seguito, 1 ml del campione è stato impiegato per la ricerca di Salmonella spp., 1 ml per la ricerca di Vibrio spp. e 1 ml per la ricerca di Leptospira spp., con metodica colturale. Inoltre un’aliquota dell’omogenato di circa 1,5 ml è stata posta in eppendorf sterili per le successive indagini molecolari.

6.4. Indagini batteriologiche

6.4.1. Ricerca di Salmonella spp.

I campioni sono stati analizzati seguendo il protocollo in uso presso il Laboratorio di Malattie Infettive del Dipartimento di Scienze Veterinarie dell’Università di Pisa.

• Pre-arricchimento non selettivo: semina del campione in 10 ml di Acqua Peptonata Tamponata (OXOID, Milano) e incubazione a 37°C per 24 ore; • Arricchimento selettivo: trasferimento di 1 ml di brodocoltura in 10 ml di

Selenite Broth (Biolife, Milano) e di 0,1 ml in 10 ml di Rappaport Vassiliadis Broth (OXOID), incubazione a 42°C per 24 ore;

• Semina su terreni solidi selettivi e differenziali: semina per strisciamento superficiale di un’ansata da entrambi i brodi di arricchimento sui seguenti terreni, Salmonella-Shigella Agar (Biolife) e Brilliant Green Agar (OXOID), incubazione a 37°C per 24 ore;

• Caratterizzazione biochimica delle colonie tipiche presunte: semina per infissione di una colonia pura su terreno Triple Sugar Iron Agar (TSI) (OXOID) e incubazione a 37°C per 24 ore; in caso di profilo tipico suggestivo di Salmonella su TSI, conferma con test dell’ureasi in Urease Broth (OXOID) e test ONPG (Orto-Nitro-Phenil-Galattopiranoside) con ONPG Disc (OXOID);

• Conferma sierologica: test di agglutinazione rapida su vetrino con antisieri polivalenti OMA, OMB, OMC (Bio-Rad, Milano).

6.4.2. Ricerca di Vibrio spp

I campioni sono stati analizzati seguendo il protocollo in uso presso il Laboratorio di Malattie Infettive del Dipartimento di Scienze Veterinarie dell’Università di Pisa.

• Arricchimento: semina del campione in 10 ml di Alkaline Peptone Water (Biolife) e incubazione a 42°C per 24 ore;

• Semina su terreno solido selettivo e differenziale: semina per strisciamento di un’ansata dal brodo di arricchimento su TCBS Agar (Agar Tiosolfato-Citrato- Bile-Saccarosio) (Difco) incubazione a 37°C per 24 ore;

• Caratterizzazione biochimica delle colonie tipiche: subcoltura di 1/3 colonia pura per campione su TSA (TRYPTIC SOY AGAR) (OXOID) e incubazione a 37°C per 24 ore, Caratterizzazione a mezzo di colorazione di Gram e test dell’ossidasi con OXIDASE Strip (OXOID);

• Conferma genotipica: gli isolati Gram Negativi e ossidasi postivi sono stati sottoposti a estrazione del DNA per bollitura e successivamente a PCR genere specifica secondo il protocollo descritto da Dalmasso et al. (2009).

6.4.3. Ricerca di Leptospira spp.

I campioni sono stati analizzati seguendo il protocollo in uso presso il Laboratorio di Malattie Infettive del Dipartimento di Scienze Veterinarie dell’Università di Pisa.

• Filtrazione della sospensione di organo sottoposta ad omogeneizzazione mediante filtri da batteriologia del diametro di 0.45 µm;

• Semina di 0.5 ml di sospensione filtrata in 5 ml di terreno Ellinghausen McCullough Johnson Harris (EMJH) (Difco), allestimento di due subculture ottenute ciascuna passando 0,5 ml dalla coltura precedente in 5 ml di terreno EMJH, incubazione a 30°C;

• Verifica settimanale dell’eventuale crescita di leptospire analizzando un’ ansata di brodocoltura al microscopio in campo oscuro, fino a 3 mesi dalla data della semina;

• Eventuale caratterizzazione degli isolati attraverso Test di Micro Agglutinazione (MAT) in campo oscuro utilizzando antisieri noti diretti contro le principali sierovarianti di Leptospira spp. circolanti sul territorio italiano.

6.4.4. Indagini molecolari

Il DNA dai vari campioni è stato estratto a partire da 200 μl di omogenato utilizzando un Kit commerciale, DNeasy Blood & Tissue Kit (Qiagen) seguendo le istruzioni fornite dal produttore.

Ricerca tramite PCR dei seguenti microrganismi:

• Francisella thularensis: ricerca del gene tul4 utilizzando i primers e seguendo il protocollo riportato da Michelet et al. (2013) (Tabella 6.4.1);

• Leptospira interrogans: ricerca del gene 23s utilizzando i primers e seguendo il protocollo riportato da Woo et al. (1997) (Tabella 6.4.1);

Tabella 6.4.1

Batterio Gene Primers Sequenza Prodotto atteso

(pb) F. tularensis tul4 FT393 ATGGCGAGTGATACTGCTTG 248 FT642 GCATCATCAGAGCCACCTAA L. interrogans 23s F1 GAACTGAAACATCTAAGTA 115

Ri

CAGCGAATTAGATCTG

Ogni miscela di PCR era così composta: volume di reazione 50 μl contenenti 25 μl di HotStarTaq Master Mix (Qiagen), 0,5 μM di ciascun primer, 3 μl di DNA e ddH2O per portare a volume; le PCR sono state eseguite in termociclatore automatico (Gene- Amp PCR System 2700, Perkin–Elmer, Norwalk, Connecticut, USA), impostando cicli specifici come suggerito dagli Autori. Per evidenziare i prodotti ottenuti è stata effettuata una elettroforesi del prodotto di PCR su gel di agarosio al 1,5%, a 100V per 50 minuti e successiva osservazione e lettura dei risultati con trans illuminatore UV.

7. RISULTATI

Le indagini batteriologiche condotte per l’isolamento di Leptospira spp e Salmonella spp., non hanno condotto all’isolamento di nessun microrganismo.

E’stato invece possibile isolare 20 ceppi riconducibili al genere Vibrio a partire dai campioni riportati in tabella 7.1.

Tabella 7.1

Le indagini molecolari eseguite tramite PCR specie-specifiche per la ricerca di

Leptospira interrogans e Francisella tularensis non hanno invece consentito di

evidenziare il segmento genomico ricercato per nessuno dei due microrganismi in esame. Pool N° N °Zona di provenienza Data campionamento

Branchie Intestino Muscolo Sesso

35 4 04/04/2017 + Maschi 45 5 10/04/2017 + + Maschi 46 5 10/04/2017 + + Maschi 47 5 10/04/2017 + + Maschi 48 5 10/04/2017 + + Maschi 49 5 10/04/2017 + + Femmine 50 5 10/04/2017 + + + Femmine 51 5 10/04/2017 + + Femmine 52 5 10/04/2017 + Femmine 54 5 12/04/2017 + Maschi 55 5 12/04/2017 + Maschi 63 5 12/04/2017 + Femmine

8. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI

In considerazione dei risultati sia degli esami colturali che molecolari effettuati sui campioni prelevati nel corso di questa indagine è possibile affermare che nell’area oggetto di studio, Procambarus clarkii non sembrerebbe rivestire alcun ruolo nell’epidemiologia di Leptospira spp., Salmonella spp e Francisella tularensis. Questo risultato apparentemente incoraggiante deve però essere valutato tenendo conto di alcuni aspetti fortemente limitanti che non consentono di poter trarre delle conclusioni definitive. Dobbiamo infatti in primo luogo tenere in considerazione che il numero di esemplari di P. clarkii esaminati è relativamente contenuto e soprattutto che le catture sono state eseguite in un’area molto ristretta rispetto all’estensione della riserva. Inoltre è da considerare che i campionamenti sono stati eseguiti in una stagione non favorevole e particolarmente gelida, al punto che nei mesi di dicembre e gennaio non è stato possibile rivenire nessun esemplare di P. clarkii. Non è quindi da escludere che il fattore temperatura abbia influenzato anche la presenza di vari microrganismi e, conseguentemente, la probabilità di isolamento.

Per quanto concerne Leptospira spp., nonostante la presenza del patogeno in questo

habitat sia documentata in diverse specie animali (cinghiali, ratti e nutrie) (Fratini et

al., 2015; Ebani et al., 2003), c’è da considerare il fatto che questo microrganismo presenta scarsa resistenza ambientale e risulta quindi difficile che P. clarkii possa rappresentare per esso un efficace vettore competente e/o un veicolo per la sua diffusione. Infatti i crostacei presentano organi strutturalmente molto diversi da quelli che Leptospira spp. ha come bersaglio nei mammiferi.

Per quanto concerne Salmonella spp., in considerazione delle caratteristiche epidemiologiche e di resistenza nell’ambiente di questo microrganismo era lecito attendersi l’isolamento di una percentuale significativa di ceppi. Queste enterobatteriacee sono infatti ampiamente diffuse e le caratteristiche ambientali ed ecologiche dell’area del Padule di Fucecchio ne avrebbero giustificato la presenza. Infatti, le numerose specie aviare presenti, gli ungulati selvatici, i roditori e i vicini allevamenti di bovini da carne, sono tutte plausibili fonti di salmonelle.

Il mancato isolamento di Salmonella spp. potrebbe attribuirsi sia ad una presunta minor contaminazione ambientale dovuta alle rigide temperature invernali sia ad una possibile azione antibatterica da parte di componenti attive prodotte dal gambero stesso o dal suo microbiota e comunque presenti a livello di tutti i suoi tessuti.

Sul territorio oggetto di studio si riscontra una notevole presenza di Sylvilagus

floridanus (minilepre), altra specie alloctona introdotta in Italia a scopo venatorio.

Negli Stati Uniti, Paese d’origine della minilepre, sono stati condotti degli studi sul ruolo di questo lagomorfo nell’epidemiologia di Francisella tularensis, ed è risultato essere un ospite fondamentale per il mantenimento e la propagazione del patogeno (Petersen e Molins, 2010). Sembra plausibile quindi, che anche le popolazioni di

Sylvilagus floridanus presenti sul territorio del Padule di Fucecchio, possano essere

portatori di questo agente zoonotico. F. tularensis inoltre, è stata isolata da alcuni esemplari di P. clarkii in seguito ad un focolaio di tularemia verificatosi in Spagna (Anda, 2001). In considerazione di quanto sopra esposto è stata inoltre indagata la presenza di F. tularensis in Procambarus clarkii. L’assenza di positività alle indagini molecolari non deve sorprendere dal momento che i focolai di tularemia sul nostro territorio nazionale sono decisamente sporadici. Tuttavia, in considerazione dell’importanza della lepre e dei lagomorfi in genere nell’epidemiologia di questa infezione, sembrerebbe comunque opportuno monitorare periodicamente tutti i possibili vettori/veicoli di Francisella tularensis.

L’isolamento di 20 ceppi riconducibili al genere Vibrio (rispettivamente pari al 19,04% di positività rispetto ai pool esaminati e al 10,52% rispetto ai campioni singoli) rappresenta un dato di un certo rilievo. Studi condotti in precedenza dimostrano infatti come Vibrio spp., sia presente in crostacei marini e di acqua dolce, tra cui anche P.

clarkii (Dong et al., 2016; Rossi et al. 2001; Thune, 1991). Considerando inoltre che

l’attuale popolazione di gamberi presente nel Padule di Fucecchio ha probabilmente origine da alcuni esemplari provenienti dalla costa Toscana (Parco Migliarino, San Rossore, Massaciuccoli), si hanno i presupposti per pensare che questi gamberi siano stati portatori di Vibrio spp., in quanto in uno studio svolto proprio nel Lago di Massaciuccoli sono state isolate le specie V. parahaemoliticus e V. anguillarum (Rossi et al. 2001). Al momento i ceppi isolati sono in corso di identificazione per cui non è possibile fare alcun commento in merito alle specie isolate.

Nel dettaglio, dei 20 ceppi isolati, 19 provenivano dalla zona 5 (Mappa 6.1.10) e da due diverse giornate di campionamento; l’area a cui si fa riferimento è di fatto la zona più interna tra quelle campionate, caratterizzata dalla presenza di acqua stagnante, meno soggetta a ricambio rispetto alle altre. Relativamente ai tessuti dai quali sono stati effettuati gli isolamenti, nello specifico dei 20 Vibrio spp isolati, 8 provenivano dall’intestino, 6 dal tessuto muscolare e 6 dalle branchie. Da un pool è stato possibile l’isolamento da tutti e 3 i tipi di campione; da 4 pool è stato possibile isolare Vibrio solo dall’intestino e da 1 pool solo dal tessuto muscolare. Di particolare interesse sembrerebbe proprio la presenza di questi microrganismi nel muscolo che, fatta salva una peraltro poco probabile contaminazione dal carapace nel corso delle operazioni di sezionamento, sarebbe suggestiva di una loro disseminazione sistemica.

In conclusione, se da una parte Procambarus clarkii è responsabile di gravi danni ecologici sconvolgendo gli equilibri di flora e fauna degli habitat in cui è stato impunemente introdotto, dal punto di vista sanitario sembrerebbe non essere coinvolto nella diffusione di importanti agenti responsabili di zoonosi quali Salmonella,

Leptospira e Francisella. Tuttavia il riscontro di un significativo numero di ceppi

riconducibili al genere Vibrio, isolati peraltro anche dal tessuto muscolare, deve far riflettere sul potenziale ruolo di Procambarus clarkii come possibile fonte di tossinfezioni alimentari. Alla luce di queste osservazioni sembra quanto mai opportuno sensibilizzare quanti accidentalmente o intenzionalmente vengano in contatto con questi crostacei d’acqua dolce a prestare particolare attenzione nella loro manipolazione; inoltre, a tutti coloro che intendessero cibarsi delle loro carni si raccomanda di assicurare una adeguata cottura in modo da ridurre al minimo i rischi dovuti alla presenza di vibrionacee eventualmente presenti sul prodotto sia per contaminazione crociata che per diretta presenza nel tessuto muscolare.

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