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Indagine sul ruolo epidemiologico di Procambarus clarkii quale vettore di zoonosi ad eziologia batterica

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Academic year: 2021

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UNIVERSITA’ DI PISA

Dipartimento di Scienze Veterinarie

Corso di Laurea Magistrale in

Medicina Veterinaria

Indagine sul ruolo epidemiologico di

Procambarus clarkii quale vettore di

zoonosi ad eziologia batterica

Candidato: Relatori:

Inzaina Andrea Dott. Filippo Fratini

Dott. Fabrizio Bertelloni

(2)

INDICE

RIASSUNTO ... 5

SUMMARY ... 5

INTRODUZIONE ... 6

1. I GAMBERI D’ACQUA DOLCE ... 8

1.1. Generalità... 8

1.2. Il gambero di fiume (Austropotamobius pallipes) ... 9

1.3. Il gambero di fiume europeo (Astacus astacus) ... 11

1.4. Il gambero di torrente (Austropotamobius torrentium) ... 13

1.5. Il gambero turco o pontico o di Galizia (Astacus leptodactylus) ... 14

1.6. Il gambero americano (Orconectes limosus) ... 16

1.7 Il gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii) ... 17

1.8 Il gambero segnalatore (Pacifastacus leniusculus) ... 19

2. BIOLOGIA DI PROCAMBARUS CLARKII ... 22

2.1. Sistematica del gambero rosso della Louisiana ... 22

2.2. Caratteristiche principali di P. clarkii ... 23

2.3. Caratteristiche morfologiche e anatomia di P. clarkii ... 26

2.3.1. Generalità ... 26 2.3.2. Apparato respiratorio ... 31 2.3.3. Apparato circolatorio ... 32 2.3.4. Apparato digerente ... 33 2.3.5. Sistema neuromuscolare ... 33 2.3.6. Apparato escretore ... 34 2.3.7. Organi sensoriali ... 34

2.4. Apparato riproduttore e strategia riproduttiva di P. clarkii ... 35

2.4.1. Generalità ... 35

2.4.2. Strategia riproduttiva ... 38

2.4.3. Riconoscimento del sesso ... 39

2.5. Alimentazione di P. clarkii ... 42

2.6. Predatori ... 43

2.7. Impatto sull’ambiente e sulla vegetazione ... 44

2.8. Le tane di P. clarkii ... 45

2.9. Impatto su altri invertebrati e vertebrati nelle aree colonizzate ... 46

2.10. Problematiche relative alla presenza di P. clarkii in Italia ... 48

(3)

3.1. P. clarkii quale portatore di patologie potenzialmente letali per altri gamberi

d’acqua dolce ... 51

3.1.1. Aphanomyces astaci ... 51

3.2. P. clarkii quale potenziale veicolo di agenti patogeni e zoonotici ... 52

3.2.1. P. clarkii e Francisella tularensis. ... 52

3.2.2. Vibrio spp in P. clarkii ... 53

3.2.3. P. clarkii e Listeria spp. ... 55

3.2.4. P. clarkii e Spiroplasma spp. ... 55

4. EZIOLOGIA ED EPIDEMIOLOGIA DEI MICRORGANISMI RICERCATI ... 57

4.1. Leptospira spp. ... 57 4.1.1. Introduzione e classificazione ... 57 4.1.2. Eziologia ... 57 4.1.3. Epidemiologia ... 58 4.2. Francisella tularensis ... 61 4.2.1. Introduzione ed eziologia ... 61 4.2.2. Epidemiologia ... 62 4.3. Salmonella spp. ... 63

4.3.1. Generalità, classificazione, eziologia... 63

4.3.2. Epidemiologia ... 64

4.4. Vibrio spp. ... 66

4.4.1. Generalità, classificazione ed eziologia ... 66

4.4.2. Epidemiologia ... 67

5. SCOPO DEL LAVORO ... 70

6. MATERIALI E METODI ... 71 6.1. Piano di campionamento ... 71 6.1.1. Zone di cattura ... 71 6.1.2. Zona di cattura N°1 ... 72 6.1.3. Zona di cattura N°2 ... 73 6.1.4. Zona di cattura N°3 ... 74 6.1.5. Zona di cattura N°4 ... 75 6.1.6. Zona di cattura N°5 ... 76

6.2. Metodo di cattura dei gamberi ... 77

6.3. Preparazione campioni ... 78

6.3.1. Macellazione umanitaria ... 79

6.3.2. Abbattimento dei gamberi: metodo e strumenti ... 79

(4)

6.3.4. Sezionamento dei gamberi e prelievo dei campioni ... 83 6.3.5. Omogeneizzazione in Stomacher ... 88 6.4. Indagini batteriologiche ... 90 6.4.1. Ricerca di Salmonella spp. ... 90 6.4.2. Ricerca di Vibrio spp ... 90 6.4.3. Ricerca di Leptospira spp. ... 91 6.4.4. Indagini molecolari ... 92 7. RISULTATI ... 93 8. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI ... 94 BIBLIOGRAFIA ... 97

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RIASSUNTO

Procambarus clarkii, crostaceo d’acqua dolce diffuso in tutto il mondo è originario

della Louisiana. In Italia è noto come “gambero killer” ed è stato introdotto nelle province di Pisa e Lucca all’inizio degli anni ‘90 diffondendosi poi rapidamente nel resto della Toscana e nel resto d’Italia. Se da un lato questo crostaceo è stato ampiamente studiato per gli aspetti negativi che la sua diffusione ha avuto sulla flora e sulla fauna autoctone, poco è stato indagato in merito al suo coinvolgimento come portatore di malattie ad eziologia batterica. Da alcuni studi è emerso però un suo potenziale coinvolgimento nella trasmissione di Francisella tularensis, di alcuni microrganismi appartenenti al genere Vibrio, nonché di Listeria. In considerazione però del suo ciclo vitale, delle caratteristiche dell’habitat in cui vive, delle sue attitudini e abitudini alimentari ci è sembrato interessante indagare il suo possibile ruolo nella trasmissione anche di altri agenti zoonotici. In questo studio sono stati analizzati esemplari di P. clarkii che abitano le acque del Padule di Fucecchio. Gli agenti zoonotici ricercati sia con tecniche colturali che di biologia molecolare sono stati: Leptospira spp., Salmonella spp., Vibrio spp. e Francisella tularensis. Dopo aver stabilito un programma di campionamento, sono stati catturati i gamberi nel periodo compreso tra ottobre 2016 e aprile 2017. I gamberi sono stati abbattuti seguendo le linee guida del National Aquaculture Council Inc..e sono stati ottenuti pool dai seguenti tessuti: branchie, intestino e muscolo. Questi, previa omogeneizzazione, sono poi stati sottoposti alle indagini di laboratorio. Per quanto riguarda Leptospira,

Salmonella e Francisella i risultati di ogni campione hanno dato esito negativo, mentre

per quanto riguarda Vibrio è stato possibile isolare in coltura pura 20 ceppi che al momento sono in corso di identificazione per la specie di appartenenza.

SUMMARY

Procambarus clarkii, freshwater crayfish spread all over the world, comes originally from the state of Luosiana. In Italy, it is known as "killer shrimp" and was introduced in the early 1990s in the provinces of Pisa and Lucca, spreading quickly in the rest of Tuscany and the rest of Italy. While this crayfish has been extensively studied for the negatives aspects that its spread has had on native flora and fauna, little has been investigated about its involvement as a carrier of bacterial diseases. However, some studies have shown its potential implication in the transmission of Francisella tularensis, some microorganisms belonging to genus Vibrio spp. and Listeria spp.. However, considering its life cycle, the characteristics of the habitat in which it lives, its attitudes and eating habits, it felt like interesting to investigate its potential role in the transmission of other zoonotic agents as well. In this study, were analyzed specimens of P. clarkii that inhabit the waters of Fucecchio Marshes. The zoonotic agents searched by both cultivation techniques and molecular biology were: Leptospira spp., Salmonella spp., Vibrio spp. and Francisella tularensis. After establishing a sampling plan, crayfishes were caught in the period between October 2016 and April 2017. Crayfishes were slaughtered following the guidelines of the National Aquaculture Council Inc. obtaining pools from the following tissues: gills, intestines and muscle. These, after homogenization, were undergone to laboratory investigations. As for Leptospira spp., Salmonella spp. and Francisella T., the results of each sample have turned out negative, while in Vibrio spp. it was possible to isolate in pure culture 20 strains that are currently being identified for the species of belonging.

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INTRODUZIONE

Procambarus clarkii, conosciuto comunemente in Italia come “Gambero Killer”, è

originario della Louisiana e grazie ad alcune sue pregevoli caratteristiche è stato esportato in tutto il mondo per la produzione di alimenti. In Italia sembra che sia stato introdotto nel 1990, in seguito all’avviamento di un’attività di astacicoltura nei pressi del Parco Migliarino, San Rossore, Massaciuccoli. Nel 1993 il fallimento dell’attività ha spinto i proprietari a disfarsi dei gamberi in esubero liberandoli nel vicino Lago di Massaciuccoli. Da qui, grazie alle sue capacità adattative ed invasive, si è diffuso in tutta la Toscana, trovando rifugio e abbondanti risorse trofiche in qualsiasi bacino o corso d’acqua, giungendo in breve tempo a colonizzare anche il Padule di Fucecchio. La Riserva Naturale del Padule di Fucecchio è la palude interna più ampia presente sul territorio italiano con i suoi 2.000 ettari di superficie. Questa riserva si estende principalmente su territori compresi nelle province di Pistoia e di Firenze. E’ di notevole interesse per la ricchezza della flora e della fauna che ospita e rappresenta una valida soluzione per chi cerca tranquillità o per chi vuole farsi una passeggiata all’aria aperta in mezzo alla natura. Da quando Procambarus clarkii ha raggiunto questo grande bacino d’acqua lo ha invaso nel breve volgere di poche stagioni determinando notevoli cambiamenti nell’ecologia dell’habitat naturale e creando non pochi problemi sia all’ambiente (scavando profonde tane) che alle diverse specie autoctone (competizione per le nicchie trofiche).

In una qualunque giornata primaverile o estiva, passeggiando lungo i sentieri del Padule di Fucecchio, non è infrequente imbattersi in qualche esemplare di gambero che tranquillamente se ne va in giro fuori dall’acqua. E quando con noi c’è anche il nostro cane, è ancor più facile scovare fra l’erba questi crostacei. Il cane, incuriosito, spesso si avventa sui gamberi, un po’ per gioco un po’ per difesa, ma finisce che questi crostacei, per niente intimoriti, si difendano con qualche colpo di chela. Ancora più spesso accade di ritrovare lungo il percorso alcuni gamberi morti, a volte per cause ignote, altre volte con i segni di probabili lotte avvenute con i conspecifici. Inoltre è frequente che alcuni uccelli, in genere ardeidi, li predino dall’acqua nel tentativo di mangiarli, ma poi, non riuscendoci, magari perché troppo grossi, li abbandonino sugli argini. E’ inutile dire che un cane appena sente l’odore di un gambero al sole tenta di

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In considerazione della frequenza con cui si verificano questi episodi ed anche alla luce della scarsità di indagini in merito al potenziale coinvolgimento di questo crostaceo alloctono nella diffusione di agenti zoonotici, abbiamo deciso di indagare sulla possibilità che questo gambero ormai così diffuso possa veicolare alcuni patogeni responsabili di zoonosi probabilmente presenti nel Padule di Fucecchio.

(8)

1. I GAMBERI D’ACQUA DOLCE

1.1. Generalità

I gamberi (Crustacea, Decapoda, Astacidae) sono tra gli invertebrati più grandi ad abitare ambienti d’acqua dolce e sono spesso considerati “specie chiave” di questi habitat (Momot 1995; Dorn e Wojdak, 2004). Inoltre vengono anche definiti come “ingegneri dell’ecosistema” (Creed e Reed 2004; Edwards et al., 2009) a causa del loro forte impatto sulla struttura fisica dell’ambiente nonché sulle interazioni biologiche. Molti fattori hanno influenzato la distribuzione dei gamberi in Europa nel passato tra cui l’attiva introduzione di gamberi adatti al consumo da parte dell'uomo (Holdich 2002; Füreder et al., 2006; Holdich et al., 2009). I gamberi d’acqua dolce infatti erano noti all’uomo fin dall’epoca preistorica, quando venivano utilizzati come fonte primaria di proteine animali. Ad esempio, in Australia sono stati rinvenuti frammenti di carapace di gambero, probabilmente resti di un pasto che risalgono a 28.000 anni fa. Nel Nord America, l’abbondante sfruttamento delle ricche popolazioni di gamberi presenti nella regione dei Grandi Laghi, nel bacino del Mississippi e lungo le coste del Pacifico iniziò con l’immigrazione di popolazioni europei, provenienti in particolare da Francia e Svezia. In Europa i gamberi d’acqua dolce erano già apprezzati come alimento durante l’impero romano, ma la maggior parte delle informazioni a disposizione risalgono al medioevo, quando, per esempio, gli alchimisti assegnavano a questi animali “misteriosi” il segreto della trasmutazione (Mazzoni et al., 2004). Oggi i gamberi d’acqua dolce sono intensamente allevati e commercializzati in alcuni Paesi, come gli Stati Uniti, la Cina e l’Australia. Alcune specie però possiedono diverse caratteristiche biologiche (elevata fecondità e alta variabilità genetica), ecologiche (politrofismo e resistenza a condizioni ambientali estreme) e comportamentali (elevata competitività e rapida dispersione), che le rendono potenzialmente invasive. Sono quindi specie che possono minacciare l’equilibrio dell’ecosistema delle aree in cui vengono introdotti (Mazzoni et al., 2004). Alcune specie hanno una vita breve, ma sono dotate di elevata fecondità (Mazzoni et al., 2004) arrivando a produrre oltre 500 uova per ciclo riproduttivo; crescono rapidamente e possono raggiungere la maturità sessuale in periodo di tempo che varia dai pochi mesi a un anno di vita. In altre specie, come Austropotamobius pallipes, la maturità sessuale

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viene raggiunta più tardivamente (a circa due anni), ma la durata di vita è relativamente lunga, infatti possono raggiungere i 15 anni di età. Una caratteristica peculiare dei gamberi dulciacquicoli è lo sviluppo diretto, ovvero, alla schiusa delle uova escono piccoli gamberetti strutturalmente simili agli adulti e non larve, come nella maggior parte degli altri decapodi.

Sono al momento descritte oltre 540 specie di gamberi, la maggior parte delle quali è presente in Nord America e in Australia. I generi maggiormente rappresentati (e più rilevanti per le attività umane) sono Procambarus, Pacifastacus, Orconectes e

Cambarus in Nord America e Cherax in Australia. L’Europa presenta un numero di

specie limitato, con un totale di sei specie indigene appartenenti alla famiglia degli

Astacidae e a due generi (Astacus e Austropotamobius): Astacus astacus, Astacus leptodactylus, Astacus pachypus, Austropotamobius pallipes, Austropotamobius torrentium e, se verrà confermato, Austropotamobius berndhauseri (Mazzoni et al.,

2004).

L’applicazione delle recenti tecniche di biologia molecolare ha condotto a nuove importanti scoperte. In primo luogo, si è visto che in parte l’attuale distribuzione delle specie indigene in Europa è il risultato dell’azione di traslocazione operata dall’uomo.

1.2. Il gambero di fiume (Austropotamobius pallipes)

Austropotamobius pallipes (Lereboullet, 1858): specie della famiglia degli Astacidae

tipica dell’Europa occidentale. Il gambero di fiume (Foto 1.2.1) è in rarefazione in tutto il suo areale di distribuzione; in Italia è presente in tutto il territorio nazionale ad esclusione di Puglia e isole. Il tipico habitat di Austropotamobius pallipes è rappresentato dalle acque correnti, limpide, fresche e ben ossigenate. Colonizza preferibilmente torrenti con fondali duri ricoperti di limo, ma si adatta anche a fondali fangosi e ad ambienti lacustri. Non sopporta a lungo temperature superiori ai 24-25°C. Predilige acque dure ricche di carbonati di calcio. Si tratta di una specie con abitudini notturne, essenzialmente zoofaga, ma può assumere in caso di necessità anche detriti e vegetali. Il periodo riproduttivo va dal tardo autunno (fecondazione) alla fine della primavera (schiusa delle uova). È una specie assai sensibile all’inquinamento ed alla peste del gambero (Mazzoni et al., 2004).

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Foto 1.2.1: Austropotamobius pallipes (Foto originale di Erick Vigneux) Dal libro Atlas of Crayfish in Europe, Publications Scientifiques du Muséum Nationel

d'Histoire Naturelle, (Souty-Grosset et al.2006).

Distribuzione di Austropotamobius pallipes (gambero dai piedi bianchi), incluse popolazioni di A. pallipes e di A. italicus, in Europa. (Kouba, 2014)

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1.3. Il gambero di fiume europeo (Astacus astacus)

Astacus astacus (Linneo, 1758) è una specie appartenente alla famiglia degli Astacidae

tipica dell’Europa centro-orientale (dalla Francia fino alla Scandinavia e ai Paesi Baltici) che è stata introdotta in Spagna, Portogallo e Gran Bretagna. In Italia è presente solo in alcune zone di confine del Friuli Venezia Giulia. Il gambero di fiume europeo (foto 1.3.1; 1.3.2) vive in corsi d’acqua lentici, laghi e stagni, sia su substrati fangosi che duri (pietre e ciottoli). Specie assai sensibile all’inquinamento e alla scarsa qualità dell’acqua, in particolare soffre le basse concentrazioni di ossigeno e temperature superiori ai 25°C. È sensibile ad Aphanomyces astaci l’agente eziologico della cosiddetta peste del gambero. Di abitudini prettamente notturne, il gambero di fiume europeo ha un regime alimentare basato sui vegetali, ma non disdegna anche detriti organici, molluschi, larve di insetti ed altre piccole prede (Mazzoni et al., 2004).

Foto 1.3.1: visione dorsale

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Foto 1.3.2: visione ventrale

Foto 1.3.2; 1.3.3: Astacus astacus (Foto originale di Erick Vigneux)

Dal libro Atlas of Crayfish in Europe, Publications Scientifiques du Muséum Nationel d'Histoire Naturelle, (Souty-Grosset et al.2006).

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1.4. Il gambero di torrente (Austropotamobius torrentium)

Austropotamobius torrentium (Schrank, 1803) è una specie della famiglia degli Astacidae (foto 1.4.1) diffusa in Europa centro orientale e nei Balcani centro orientali.

Questa specie è rappresentata in Italia da un numero esiguo di popolazioni peraltro minacciate (Morpurgo et al., 2010), localizzate in provincia di Udine (De Luise, 2006). Secondo Machino e Füreder (2005), almeno una delle tre popolazioni di A. torrentium in provincia di Udine è prossima all’estinzione o addirittura già estinta al momento della pubblicazione di questa referenza.

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Distribuzione di A. torrentium da "Atlas of Crayfish in Europa" pub. MNHN, Paris. (Kouba, 2014).

La distribuzione del taxon autoctono più ampiamente diffuso sul territorio italiano,

Austropotamobius pallipes complex, appare notevolmente contratta rispetto al secolo

scorso, mentre A. torrentium e Astacus astacus sono ridotte ad un numero limitato di popolazioni (Morpurgo et al, 2010). In Italia le specie alloctone in espansione sono rappresentate da Astacus leptodactylus.

1.5. Il gambero turco o pontico o di Galizia (Astacus leptodactylus)

Il gambero turco (Eschscholtz, 1823) è una specie appartenente alla famiglia degli

Astacidae (foto 1.5.1) proveniente dai paesi dell’Europa orientale (Russia, Romania,

Bulgaria e Turchia settentrionale). Abita i grandi fiumi che sfociano nel Mar Nero e nel Mar Caspio (Don, Volga e Danubio). È stata introdotta in Francia, Germania e Gran Bretagna. In Italia ha una distribuzione ancora contenuta, sebbene normalmente importata e stoccata in bacini prima di essere commercializzata. È stata segnalata

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anche in acque libere (Mazzoni et al., 2004). Il gambero turco è una specie tipica di acque a lento scorrimento, caratterizzate sia da substrati fangosi che da substrati duri. È un gambero vigoroso ed adattabile; vive anche in acque a basso contenuto di ossigeno e sopporta temperature moderatamente elevate (fino a 25°C). Riesce a colonizzare acque salate sopportando livelli di salinità del 14 per mille. Presenta un rapido accrescimento, una maturità sessuale precoce ed una capacità riproduttiva relativamente elevata (fino a 800 uova per femmina). Come tutte le specie europee, è

sensibile alla peste del gambero (Mazzoni et al., 2004).

Foto 1.5.1: Astacus leptodactylus (Mazzoni et al., 2004).

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1.6. Il gambero americano (Orconectes limosus)

Orconectes limosus (Rafinesque, 1817) è una specie appartenente alla famiglia dei Cambaridae, originaria della costa est degli Stati Uniti. Introdotto in Europa alla fine

del 1800, si è diffuso in gran parte del continente (Polonia, Russia, Francia e Germania). In Italia è stato introdotto accidentalmente con l’importazione di stock di pesci contenenti gamberi vivi da altri Paesi europei. È stato segnalato in diverse regioni del Centro-Nord (Lazio, Emilia-Romagna, Piemonte e Lombardia) (Mazzoni et al., 2004). Il gambero americano (foto 1.6.1) occupa corsi d’acqua lentici, laghi e stagni, anche con acqua di proprietà scadenti o inquinata. Preferisce fondi melmosi, ma si adatta anche a fondi di ghiaia e ciottoli. Sembra essere resistente ad Aphanomyces

astaci e per questo è un potenziale diffusore della malattia. Si tratta di una specie molto

aggressiva e dinamica. Se catturato assume un atteggiamento caratteristico con l’addome ripiegato e le chele distese fino a toccare la punta del telson. (Mazzoni et al., 2004).

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Distribuzione di Orconectes limosus in Europa. (Kouba, 2014).

1.7 Il gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii)

La specie Procambarus clarkii (Girard, 1852) appartiene alla famiglia dei

Cambaridae, originaria del sud degli Stati Uniti; è stata introdotta in tutto il continente

americano, in Europa ed in Asia. In Italia è la specie alloctona più diffusa, essendosi acclimatata in gran parte del centro-nord Italia (Mazzoni et al., 2004). L’habitat naturale del gambero rosso della Louisiana (foto 1.7.1) è rappresentato da stagni e acquitrini soggetti a cambiamenti stagionali del livello idrico, ma questa specie si adatta a vivere anche in fiumi e laghi. Vive in acque dolci e salmastre, preferisce acque calde pur sopportando anche temperature molto fredde e riesce a sopravvivere in carenza di ossigeno respirando con le branchie umide fuori dall’acqua. Predilige fondali melmosi; per fronteggiare periodi siccitosi o temperature rigide, scava buche profonde (40-90 cm) negli argini e sul fondo. Può essere considerata una specie onnivora, pur privilegiando nella dieta vegetali e detriti organici. Il gambero rosso della Louisiana è resistente alla peste del gambero e all’inquinamento.

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Foto 1.7.1: Procambarus clarkii (foto di Erick Vigneux; dal libro "Atlas of Crayfish in Europe", Publications Scientifiques du Muséum Nationel d'Histoire Naturelle,

(Souty-Grosset et al., 2006).

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1.8 Il gambero segnalatore (Pacifastacus leniusculus)

Il gambero segnalatore, Pacifastacus leniusculus (Dana, 1852), appartiene alla famiglia degli Astacidae, originario del Nord America. È stato introdotto in Europa nel 1860, stabilendosi in Svezia, Finlandia, Francia, Spagna, Russia e Isole Britanniche. Nella gran parte dei casi è subentrato alla specie autoctona Astacus astacus. In Italia è stato rinvenuto in acque libere nella provincia di Bolzano, mentre tentativi di allevamento sono riportati in provincia di Alessandria ed in Calabria (Mazzoni et al., 2004). Il gambero della California (foto 1.8.1; 1.8.2) colonizza corsi d’acqua a lento scorrimento, corsi d’acqua di grandi dimensioni, laghi di pianura ed alpini; tollera anche acque a bassa salinità. La maturità sessuale precoce, la prolungata carriera riproduttiva e la rapidità di crescita ne hanno fatto un gambero ideale per l’allevamento. Resistente alla peste, è considerato il vettore principale di questa patologia nelle acque europee (Mazzoni et al., 2004).

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Foto 1.8.2: visione ventrale

Foto 1.8.1; 1.8.2: Pacifastacus leniusculus (foto di Erick Vigneux). Dal libro "Atlas of Crayfish in Europe", Publications Scientifiques du Muséum Nationel d'Histoire Naturelle,

(Souty-Grosset et al. 2006).

Recentemente sono state introdotte in Europa ed in Italia altre due specie di gamberi d’acqua dolce di origine australiana. Benché non siano mai state segnalate in acque libere, queste specie potrebbero, in condizioni favorevoli, adattarsi all’ambiente naturale ed aggiungersi al numero di specie esotiche già presenti nel nostro territorio. Risulta perciò opportuno trattare brevemente queste due potenziali specie alloctone.

• Cherax tenuimanus (Smith, 1912): specie appartenente alla famiglia dei

Parastacidae originaria del Sud-Ovest dell’Australia ed esportata in Europa ed in Italia

per attività di acquacoltura sperimentale. L’ambiente tipico del Marron (nome comune di questa specie di gamberi) è costituito da bacini con acqua e fondale sabbioso, ricco di detriti organici e rifugi. Non tollera un’elevata salinità. È il terzo gambero al mondo per dimensioni (Mazzoni et al., 2004).

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• Cherax destructor-albidus (Clark, 1936): specie della famiglia dei Parastacidae originaria del continente australiano, esportata in Europa ed Italia per sperimentazioni in acquacoltura. Lo Yabby, come viene chiamato comunemente questa specie di gambero nelle zone d’origine, colonizza una grande varietà di habitat, dai fiumi, ai torrenti, ai bacini naturali ed artificiali, prediligendo fondali fangosi. Preferisce acque con alto tenore in ossigeno ed abbondante vegetazione; resiste ad elevati livelli di salinità. Come Procambarus clarkii scava buche fonde negli argini in risposta a condizioni ambientali sfavorevoli (siccità, temperatura, ecc.) (Mazzoni et al., 2004).

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2. BIOLOGIA DI PROCAMBARUS CLARKII

Procambarus clarkii, conosciuto anche come “Gambero Rosso della Louisiana”, noto

in Italia con il nome di “Gambero Killer”, (Red swamp crayfish (Ing), Louisiana-Flusskrebs (Ger), Ecrevisse rouge de marais (Fr), Cangrejo de río rojo, Cangrejo de las marismas (Spa) (Mazzoni et al. 2004), è un crostaceo d’acqua dolce originario del nord America. E’ stato importato in molti Paesi del mondo per la sua adattabilità ai vari ambienti e per la sua elevata prolificità, tanto che al momento rappresenta la specie più cosmopolita di gamberi.

2.1. Sistematica del gambero rosso della Louisiana

Procambarus clarkii presenta la classificazione sistematica di seguito riportata

(Hobbs, 1974). PHYLUM: Arthropoda SUBPHYLUM: Crustacea CLASSE: Malacostraca SOTTOCLASSE Eumalacostraca SUPERORDINE: Eucaridea ORDINE: Decapoda INFRAORDINE: Astacidea SUPERFAMIGLIA: Astacoidea FAMIGLIA: Cambaridae SOTTOFAMIGLIA: Cambarinae GENERE: Procambarus SPECIE: clarkii

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2.2. Caratteristiche principali di P. clarkii

P. clarkii è un gambero molto resistente sia agli insulti fisici che a quelli biologici,

motivo per cui è stato ampiamente importato in Europa, dove le popolazioni autoctone di gamberi erano state decimate dalla “peste del gambero”. Si pensa che questa malattia sia arrivata in Italia intorno al 1860, probabilmente attraverso il rilascio di gamberi infetti nelle acque di zavorra di una nave proveniente dal Nord America (Ackefors, 1989). Questa patologia è causata da Aphanomyces astaci, micete al quale il gambero rosso di palude risulta resistente. In natura, il ciclo biologico di P. clarkii solitamente non va oltre i 12-18 mesi (Souty-Grosset et al., 2006). Procambarus

clarkii ha quindi una vita molto breve rispetto ai gamberi europei, ma è l’alta prolificità

a fare la differenza, infatti per ogni ciclo riproduttivo, il numero di uova schiuse fra i pleopodi (arti addominali) varia dalle 450 alle 550 unità (Gutiérrez-Yurrita e Montes 1999). Inoltre questo crostaceo è caratterizzato da un rapido accrescimento, che varia in base alla temperatura dell’acqua, e da un precoce raggiungimento della maturità sessuale (raggiunta a 3-5 mesi di vita e ad una lunghezza totale di 55-125 mm (De Luise, 2010).

La capacità di scavare profonde tane sul fondo dei fiumi o degli specchi d’acqua stagni, laghi ecc.) o lungo le rive degli stessi, causando talvolta il collasso degli argini, permette a P. clarkii di sopravvivere durante le stagioni più siccitose, ma anche durante quelle più fredde. Gli esemplari di questa specie di gambero possono inoltre sopravvivere per molto tempo fuori dall’acqua (purché le branchie siano sufficientemente umide), capacità che consente loro di spostarsi da uno stagno all’altro o da un canale all’altro senza problemi. Durante le piogge più intense l’innalzamento del livello dell’acqua dei fossati o dei canali, che arriva ad allagare campi o strade, permette un facile spostamento dei gamberi contribuendo largamente alla loro diffusione. P. clarkii varia le sue abitudini alimentari in base alle disponibilità dell’ambiente (De Luise 2010), si tratta quindi di una specie opportunistica e politrofica(Salvi 1999; Ilhéu e Bernardo 1993; Momot 1995; Gutierrez-Yurrita et al. 1998); la sua alimentazione è basata principalmente su detriti vegetali, pesci morti, altri crostacei oppure su uova di altre specie. Per tutti i motivi elencati il ciclo biologico di P. clarkii, decisamente plastico, rispecchia il ciclo idrogeologico ed i cambiamenti di temperatura dell’acqua delle zone invase (Gutiérrez-Yurrita e Montes

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1999). Diverse altre caratteristiche rendono questo crostaceo particolarmente adattabile: la sopportazione di stress ambientali quali temperature estreme (Gherardi et al., 1999); la tolleranza alla mancanza d’acqua superficiale, alla salinità e alle ridotte concentrazioni di ossigeno nonché la presenza di agenti inquinanti; la resistenza all’esposizione all’aria; l’uso di gallerie, come risorsa indispensabile in alcune fasi delicate del ciclo vitale (muta e riproduzione) ed in condizioni ambientali avverse (disseccamento ed elevate temperature) (De Luise, 2010); la supremazia competitiva nei confronti delle specie indigene (maggiori dimensioni, chele più grandi ed efficaci e maggiore aggressività) (Gherardi e Cioni, 2004); il politrofismo, la rapida crescita, l’alta fecondità e la resistenza alle malattie (Huner e Lindqvist 1999). L’insieme di tutte queste caratteristiche fanno di questo gambero la miglior scelta per ripopolare le zone colpite dalla peste o per avviare un eventuale allevamento. Il gambero rosso della Louisiana è quindi un crostaceo assai rustico, a rapido sviluppo, tipico di corpi idrici lotici e lentici, dove si è adattato a sopravvivere anche in periodi nei quali le acque possono mancare per molti mesi dell’anno. Per questo motivo le paludi che sono allagate anche solo stagionalmente, i terreni agricoli ad inondazione periodica come le risaie, il fondo melmoso di corpi idrici regolarmente in secca, ed anche i canali di bonifica risultano i suoi habitat ideali. Questo non esclude però, che P. clarkii non possa vivere in corsi d’acqua perenni, anche di grandi dimensioni (De Luise, 2010). E’ stato confermato che, quando presente, questo crostaceo ha la tendenza a dominare gli altri animali presenti nell’ecosistema acquatico, sia crostacei, sia pesci non predatori, salendo in breve tempo ai più alti livelli della catena alimentare (anche per l’assenza di predatori naturali specifici). Nella famiglia dei Cambaridi, una volta raggiunta la pubertà, si può notare (a differenza dei gamberi d’acqua dolce appartenenti alla famiglia degli Astacidi) l‘alternanza di due aspetti morfologici diversi, denominati forma I (F1) e forma II (F2). La prima (F1) è propria del gambero sessualmente attivo che la mantiene nell’arco dell’intero periodo riproduttivo; con questa forma si possono notare delle rilevanti variazioni morfologiche, manifestate particolarmente nel maschio soprattutto se si osservano le chele che si accrescono e si fortificano (fig. 2.2.6, 2.2.7) (De Luise, 2010). La colorazione generale del corpo, appare dapprima caratterizzata da toni leggeri tendenti al grigiastro, talvolta dal marrone cangiante al verde (De Luise, 2010); nella forma F1 Procambarus clarkii diventa uniformemente di color rosso scuro, talvolta raggiungendo tinte vicine al

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modificazioni non sono così evidenti, infatti si assiste solamente ad un ingrossamento delle chele (foto 2.2.6) In seguito all’accoppiamento, in presenza di condizioni climatiche ed ambientali adeguate, il gambero muta, passando dalla forma F1 (sessualmente attivo) alla forma F2, sessualmente inattiva. Dopo questo passaggi possiamo notare che le chele si accorciano e si assottigliano, la colorazione ritorna meno evidente, scompaiono gli uncini, ed i gonopodi del maschio risultano scarsamente sclerificati. Il passaggio tra le due fasi avviene, come già accennato, attraverso una muta, ma non sono oggigiorno spiegate le cause che spingono i maschi sessualmente maturi a cessare la loro attività riproduttiva per un determinato lasso di tempo (De Luise, 2010). La temperatura ideale per questo crostaceo varia tra i 21°C ed i 27°C, ma quando questa scende al di sotto dei 12 °C si assiste ad un arresto dell’accrescimento (Ackefors, 1999); non riesce però a tollerare temperature superiori a 35°C, soglia massima per la sua sopravvivenza. Alcuni esperimenti eseguiti in ambiente controllato hanno evidenziato la capacità del gambero rosso della Louisiana di restare in vita e conservare elevati tassi di crescita a temperature nettamente superiori rispetto a quelle sopportate dal gambero autoctono Austropotamobius

pallipes, denotando una maggior capacità da parte del gambero alloctono di invadere

anche habitat colpiti da inquinamento termico (Paglianti e Gherardi, 2004). Il gambero rosso della Louisiana può spostarsi per lunghe distanze (anche 3 km in una notte), muovendosi senza alcun problema anche fuori dall’acqua durante le ore diurne (De Luise, 2010). La facilità con cui questa specie colonizza nuovi habitat è inoltre dovuta ad una loro specifica strategia denominata “a sviluppo ritardabile”, a differenza dei gamberi nostrani che seguono un percorso di sviluppo biologico ben definito imposto dalla temperatura dell’acqua. Anche per quanto riguarda il pH questa specie può infatti sopportare un ampio range di valori (fra 5.6 e 10.4) (De Luise, 2010). P. clarkii è stato rinvenuto anche in ambienti asfittici, con una concentrazione di ossigeno disciolto inferiore ad 1 mg/l, questo grazie alla sua capacità di respirare anche l’ossigeno atmosferico purché sia presente nella camera branchiale una piccola quantità d’acqua (Huner e Barr, 1984). Questo spiega come P. clarkii riesca a sopravvivere per periodi prolungati all’interno delle proprie tane, nonostante la mancanza di acqua, utilizzando solamente l’umidità del suolo.

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2.3. Caratteristiche morfologiche e anatomia di P. clarkii

2.3.1. Generalità

P. clarkii viene considerato un gambero medio-grande, in quanto i soggetti adulti

raggiungono dimensioni che variano dai 10 ai 20 cm. I maschi generalmente sono più grandi delle femmine. Per quanto riguarda i soggetti adulti, il colore è molto variabile, possiamo trovare gamberi rosso brillante ed altri rosso scuro, a volte possono presentarsi con riflessi bluastri, soprattutto nei soggetti che hanno da poco effettuato la muta. Le forme giovanili invece si presentano con diverse varietà di grigio (Mazzoni et al., 2004).

Il gambero “Killer”, come le altre specie appartenenti allo stesso ordine presenta un corpo interamente coperto da un esoscheletro chitinoso-proteico originato dal tegumento e reso rigido dall’infiltrazione di sali di calcio (che possono rappresentare fino al 40% del peso secco dell’animale) (Mancini, 1986). Le strutture anatomiche principali sono: il cefalotorace (fusione tra testa e torace) caratterizzato da 14 segmenti (sei segmenti compongono la testa e otto il torace) e l’addome composto da sei metameri e terminante con un telson (coda a ventaglio). In totale il corpo del gambero è diviso in 20 segmenti riuniti in tre regioni principali: capo, torace e addome (foto 2.2.1).

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Foto. 2.2.1: visione dorsale di P. clarkii. (“Guida al riconoscimento di gamberi d’acqua dolce”) (Mazzoni et al., 2004).

Il cefalotorace è una struttura data dalla fusione della testa e del torace; il punto di fusione è messo in evidenza dal solco cefalico (foto 2.2.1) (Mazzoni et al., 2004). L’intero corpo, escluse le articolazioni, è rivestito da un esoscheletro piuttosto spesso, ma allo stesso tempo flessibile, che periodicamente viene abbandonato per permettere l’accrescimento dell’animale attraverso il processo conosciuto come muta o ecdisi. Il carapace (porzione di esoscheletro che riveste il cefalotorace) presenta una superficie ruvida, per la presenza di piccoli granuli. Il carapace di P. clarkii presenta un solo paio di creste post-orbitali (figura 2.2.1), utili per il riconoscimento, in quanto alcune specie ne possiedono due paia.

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Foto 2.2.2 Foto 2.2.3.

Foto 2.2.2; 2.2.3: Porzioni anatomiche del carapace di P. clarkii (“Guida al riconoscimento di gamberi d’acqua dolce”) (Mazzoni et al, 2004).

Inoltre, le aree laterali presentano molte spine e solchi brachiocardici congiunti nella linea mediana (solco brachiocardico). Ogni segmento del corpo ha un paio di appendici modificate in base alle funzioni per le quali sono predisposte. Il capo è compreso tra il prolungamento anteriore detto rostro ed il solco cefalico. Esso sostiene sei paia di appendici: occhi, antennule, antenne e tre appendici masticatorie (mandibola, prima e seconda mascella) (Mazzoni et al., 2004). In Procambarus clarkii il rostro presenta bordi divergenti dall’apice alla regione oculare; manca la cresta mediana ed i denti laterali sono di ridotte dimensioni (foto 2.2.2). Il torace risulta invece compreso tra il solco cefalico ed il primo segmento addominale; esso porta otto paia di appendici: tre con funzione masticatoria (primo, secondo e terzo massilipede) e cinque atte alla locomozione (primo e quinto pereiopode). Il primo pereiopode porta una chela molto sviluppata e granulosa, di dimensioni maggiori negli individui maschi e con margine interno estremamente irregolare con denti e curvature; presentano una spina sul carpo (foto 2.2.4). Il secondo ed il terzo pereiopode sono dotati di piccole chele, mentre il quarto ed il quinto ne sono privi. La chela è costituita da una porzione mobile

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(dattilopodite) e da una fissa (propodite) articolata su un segmento detto carpo (Mazzoni et al., 2004). Ai lati del cefalotorace, riparate dal carapace e demarcate dorsalmente dal solco brachiocardico, sono presenti le camere branchiali contenenti le lamelle branchiali. Sul lato ventrale del torace sono siti gli sbocchi dell’apparato genitale. L’addome è incluso tra il torace ed il telson ed è composto da sei segmenti a forma anulare, formati da una parte superiore (tergite) ed una inferiore (sterno). Esso porta cinque paia di arti addominali (pleopodi) poco sviluppati; nei maschi le prime due paia di pleopodi sono modificate in organi copulatori (gonopodi), mentre nelle femmine il primo paio è piuttosto semplificato. Il sesto paio di appendici addominali (uropodi), di grandezza superiore ed a forma di paletta, definiscono, assieme al telson, il ventaglio caudale con funzione natatoria (foto 2.2.5). Caratteristiche sono le bande scure presenti sulla parte dorsale dell’addome (foto 2.2.4) (Mazzoni et al., 2004).

Foto 2.2.4 Foto 2.2.5

Foto 2.2.4; 2.2.5: Porzioni anatomiche P. clarkii (“Guida al riconoscimento di gamberi d’acqua dolce”) (Mazzoni et al. 2004).

Questo crostaceo presenta dimensioni medio-grandi, variabili dai 10 ai 20 cm. I maschi tendono avere dimensioni maggiori.

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Foto 2.2.6 Chela di maschio adulto in muta F1 (foto personale)

Foto 2.2.7 Chela di maschio adulto in muta F2 (foto personale)

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2.3.2. Apparato respiratorio

Gli scambi gassosi con l’acqua avvengono all’interno delle camere branchiali (foto 2.3.2), delimitate dal cefalotorace. Il flusso d’acqua nella camera branchiale ha una direzione postero-anteriore: l’acqua entra tramite i margini liberi del carapace e successivamente esce da due fori posti ai lati della bocca (Mancini, 1986). Per evitare che le camere vengano sporcate o otturate da detriti, sono presenti particolari strutture filamentose e filtranti site alla base dei pereiopodi. Il flusso dell’acqua attraverso le camere branchiali è imposto principalmente dal movimento dell’esopodite della seconda mascella, lo scafognatite, e l’acquisizione dell’ossigeno avviene mediante le branchie. Sono identificabili 18 appendici branchiali ben strutturate: due prendono origine alla base degli ultimi due massillipedi, quattro alla base dei primi quattro arti toracici, 11 attaccate alla membrana delle articolazioni tra le appendici e il corpo e, infine, una pleurobranchia attaccata alla parete del torace, all’altezza del terzo segmento (Mancini, 1986); non sempre sono presenti tutte le serie di branchie. La collocazione protetta degli organi deputati alla respirazione rende più lento il prosciugamento e la derivante perdita di funzionalità; si spiega la capacità dei gamberi di sopportare periodi di emersione piuttosto lunghi (ore e persino giorni) purché le branchie siano sempre inumidite (Nardi e Razzetti, 1998).

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Foto 2.3.2 (foto personale)

Foto 2.3.1 visione laterale di cefalotorace di P. clarkii; foto 2.3.2 visione laterale di cefalotorace di P. clarkii dopo rimozione dell’opercolo branchiale.

2.3.3. Apparato circolatorio

La circolazione sanguigna è di tipo aperto-lacunare, in quanto manca un circuito venoso che permetta il ritorno del sangue al cuore e agli organi respiratori attraverso un sistema di vasi chiusi. L’emolinfa rifluisce alle branchie mediante membrane e fasci muscolari e da lì avanza verso il seno pericardico (Mancini, 1986). Il liquido circolatorio è dotato di un pigmento respiratorio, l’emocianina, associato alla frazione liquida (plasma). Il cuore, collocato nel seno pericardico, è munito di tre aperture riceventi fornite di valvole che ostacolano il riflusso dell’emolinfa; da esso si dipartono frontalmente un’arteria oftalmica (al cervello), un paio di arterie antennali (organi genitali, occhi, antenne, mandibole) e un paio di arterie epatiche, sul retro un’arteria addominale posteriore (muscoli addominali e intestino) e una arteria sternale (appendici toraciche e addominali) (Mancini, 1986).

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2.3.4. Apparato digerente

Il cibo viene portato alla bocca mediante le chele. Nella zona adiacente la cavità orale sono presenti molteplici peli tattili che hanno lo scopo di intercettare le particelle alimentari. All’articolato apparato boccale, costituito dalla bocca e dalle appendici boccali, seguono un breve esofago ed uno stomaco molto esteso. Esso è ripartito da una costrizione in uno stomaco cardiaco ed in uno pilorico. Il primo, più ampio, è rivestito sulla mucosa interna da numerose formazioni cuticolari calcificate simili a denti che costituiscono il cosiddetto “mulino gastrico”; queste, con l’aiuto degli enzimi digestivi secreti nella cavità cardiaca dall’epatopancreas e di numerosi microrganismi, completano la triturazione del cibo già sminuzzato a livello boccale. Il cibo, già abbondantemente triturato, passa quindi allo stomaco pilorico dove viene sottoposto all’azione dei succhi gastrici che lo rendono assimilabile; le particelle più grosse passano nell’intestino e quindi fuoriescono dall’ano, posto nella faccia inferiore del telson (Mancini, 1986).

2.3.5. Sistema neuromuscolare

Il sistema nervoso è di tipo gangliare, costituito da un paio di gangli per ciascun segmento, unificati trasversalmente da una commettitura e longitudinalmente uniti alle coppie adiacenti da una connessura (Mancini, 1986). I gangli sono collocati sulla linea mediana della parte ventrale del corpo, appoggiati al tegumento e sono connessi ai muscoli ed alle appendici da insiemi di fibre nervose. Nell’addome sono presenti sei gruppi di gangli che innervano i muscoli motori della coda; sono muscoli estensori e flessori che anteriormente si inseriscono nel cefalotorace e posteriormente sui tegumenti solidi dei segmenti addominali (Mancini, 1986). Pure nel torace si riscontrano sei serie di gangli pari, collegati da doppie giunture; quelle che si staccano dalla parte più anteriore volgono in avanti arrivando al ganglio cerebrale o cervello subesofageo composto da tre masse gangliari. A questo punto i gangli innervano le appendici anteriori (occhi, antenne ed antennule). La massa viscerale dipende da un sistema simpatico (Arrignon, 1996).

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2.3.6. Apparato escretore

L’osmoregolazione e l’escrezione sono regolate essenzialmente dalle ghiandole verdi, site a livello dell’articolo basale delle antenne. Esse sono costituite da un sacculo terminale e da un complesso labirinto distinto in due zone, l’una reticolata, l’altra tubuliforme, spugnosa ed in comunicazione con un canale efferente allargato in vescica, a sua volta comunicante con l’esterno mediante un poro escretore. L’urina espulsa è ipotonica in confronto all’emolinfa, ma i gamberi di acqua dolce hanno una certa abilità di controllarne la concentrazione. Inoltre, pure le branchie hanno un ruolo considerevole nell’escrezione e nell’eliminazione delle sostanze di scarto (Arrignon, 1996; Mancini, 1986).

2.3.7. Organi sensoriali

Gli occhi risultano peduncolati e di tipo composto, posti ai lati del rostro. Il globo oculare è formato da un insieme di ommatidi (centinaia) congiunti all’estremità del nervo ottico; questa struttura consente al gambero una vista a mosaico che diventa, però, una visione continua in condizioni di ridotta luminosità (Mancini, 1986). Nel suo insieme, l’organizzazione strutturale dell’occhio permette una visione a 180°, concedendo all’animale di riconoscere forma, dimensione e anche colore degli oggetti. Il senso olfattivo e quello tattile sono ben sviluppati grazie alla presenza di un vasto sistema di setole sensitive estese sulla totalità del corpo ed in particolar modo in prossimità degli arti, del telson, della bocca, delle antenne e delle antennule (Mancini, 1986). Non si hanno tuttavia prove certe delle capacità uditive di questi animali, però il fatto che essi generino con lo sfregamento delle chele suoni a scopo intimidatorio o riproduttivo rappresenta una prova a favore della loro capacità di cogliere tali vibrazioni (Romanò e Riva, 2002).

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2.4. Apparato riproduttore e strategia riproduttiva di P. clarkii

2.4.1. Generalità

Come la maggior parte dei gamberi d’acqua dolce P. clarkii ha una riproduzione sessuata. L’apparato riproduttore, sia maschile che femminile, dei gamberi appartenenti alla famiglia dei Cambaridi non differisce di molto tra i vari generi. Le femmine sono caratterizzate dalla presenza di due ovaie collocate nella zona dorsale della regione toracica, le quali convergono caudalmente fino a fondersi. Continuano l’apparato riproduttore due ovidutti che, attraverso un percorso piuttosto breve, arrivano a livello del terzo paio di pereiopodi dove sboccano all’esterno tramite due gonopori(Andrews, 1905). A completare l’apparato riproduttore femminile abbiamo l’annulus ventralis che ha la funzione di accogliere i gonopodi maschili.

L’apparato riproduttore maschile è composto da due testicoli situati nella stessa posizione delle gonadi femminili che, come queste, si fondono caudalmente andando a formare una “Y”. Da ogni testicolo parte un dotto deferente lungo e ad andamento tortuoso, e il loro decorso termina in prossimità della papilla genitale a livello del quinto paio di pereiopodi. Durante l’accoppiamento lo sperma viene espulso dai gonopori e trasportato dai gonopodi all’annulus ventralis della femmina (Chidester, 1912). Gli spermatozoi sono contenuti in una spermatofora (una sorta di capsula atta a contenere i gameti maschili) che vengono mantenuti dalla femmina all’interno della spermateca (ricettacolo seminale). Quest’ultimo non possiede collegamenti anatomici con l’ovaio, infatti la fecondazione è apparentemente esterna (McLay e Greco, 2011). Il ricettacolo seminale e il suo contenuto vengono persi quando le femmine mutano alla fine della stagione riproduttiva, impedendo così alle spermatofore di essere conservate per anni (Scalici e Gherardi, 2006). Come già accennato la maturità sessuale in P. clarkii sopraggiunge precocemente, a 4 mesi di vita circa, quando i soggetti raggiungono una lunghezza totale di 55-125 mm (De Luise, 2010). Gli esemplari maturi, a latitudini tropicali, si accoppiano 2 o 3 volte in un anno, invece nelle zone temperate, Italia compresa, una o al massimo due volte (Mancini, 1986). Solitamente la stagione riproduttiva inizia a fine primavera e termina ad inizio autunno, ma sono state ritrovate femmine con uova o con giovani gamberi, anche durante altri periodi dell’anno (Lorenzoni, 2013). Non è strano trovare esemplari in

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riproduzione tutto l’anno in quanto non è il fotoperiodo ad influenzare la secrezione ormonale nelle femmine, bensì la temperatura dell’acqua (che deve essere superiore ai 18°C) ed un pH compreso tra 7 e 8 (Guitierrez Yurrita e Montes, 1997). La riproduzione è regolata da feromoni percepiti attraverso recettori localizzati sulle antenne che sono responsabili del riconoscimento interspecifico e intraspecifico e della modulazione comportamentale (Ameyaw-Akumfi e Hazlet, 1975). L’accoppiamento è preceduto da una fase aggressiva tra maschio e femmina e poi da una fase di corteggiamento da parte del maschio che termina con la copulazione. L’aggressività dell’accoppiamento talvolta, può procurare ferite e mutilazioni alla femmina che di tanto in tanto può persino morire. Durante l’accoppiamento i gamberi avvicinano i loro addomi e il maschio trattiene la femmina tramite piccoli denti uncinati presenti a livello del terzo e quarto paio di pereiopodi, assenti nella femmina. Durante l’accoppiamento, gli spermatozoi vengono espulsi dai gonopori, mentre i gonopodi hanno la funzione di trasportarli alla spermateca della femmina (Chidester, 1912). Lo sperma viene espulso sottoforma di spermatofore le quali contengono sia spermatozoi che altri nutrienti per la femmina (Andrews, 1906).Finito l’accoppiamento il maschio perde l’interesse per la femmina e va a rifugiarsi nella sua tana (Lombardi, 2010).La deposizione delle uova avviene generalmente a un mese dall’accoppiamento, alla deposizione delle uova gli spermatozoi vengono rilasciati delle spermatofore, fecondando le uova esternamente (Scalici e Gherardi, 2007). Le uova vengono deposte dentro una sostanza gelatinosa che è stata secreta da delle ghiandole situate su tutta la lunghezza dell’addome e della coda a ventaglio (Huner, 1994). La femmina resta nascosta per l’intera durata dell’incubazione delle uova. Ogni femmina arriva a deporre fino a 700 uova per ogni ciclo riproduttivo. Durante il periodo di incubazione la femmina pulisce ed ossigena le uova agitando regolarmente i pleopodi (Foto 2.4.1) che sembrano più sviluppati in questa fase del ciclo vitale (osservazione personale). Ovviamente nella tana la concentrazione di ossigeno disciolto in acqua è molto bassa quindi può non essere sufficiente agitare i pleopodi per fornire una corretta ossigenazione delle uova, la femmina quindi sopperisce a questo problema uscendo dall’acqua e ossigenando le uova direttamente a contatto con l’aria; questo comportamento però non viene mostrato se le condizioni ambientali non sono tali da compromettere la schiusa (Lombardi, 2010). L'incubazione delle uova varia a seconda della temperatura ambientale, durando da un minimo di 20 giorni ad un massimo di tre

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Foto 2.4.1: particolare di addome di femmina di P. clarkii. Si possono notare i pleopodi (frecce) molto sviluppati pronti ad accogliere le numerose uova (foto personale)

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E’ stato visto che ad una temperatura controllata di 22°C lo sviluppo embrionale completo viene raggiunto in 2-3 settimane. Una volta schiuse le uova, troviamo attaccati ai pleopodi della femmina numerosi minuscoli gamberetti, che a temperature comprese tra i 20°C e i 30°C possono mutare ogni 5-10 giorni (De Luise, 2010). Durante la crescita dei piccoli la femmina di P. clarkii, continua a prendersene cura proteggendoli e trasportandoli anche per lunghi periodi in modo da consentire loro di completare lo sviluppo. In seguito all’allontanamento dalla madre, i giovani di

Procambarus, eseguono ripetute mute e per non meno di due settimane si nutrono

voracemente, assumendo nel frattempo le dimensioni di un individuo adulto (Huner e Barr, 1991; Ackefors, 1999).

2.4.2. Strategia riproduttiva

La strategia riproduttiva è un punto essenziale dell’ecologia del P. clarkii, in quanto gioca un ruolo fondamentale nel processo di espansione della specie. La riproduzione sessuale ed elevati livelli di fecondità, sono alcune delle caratteristiche più frequentemente citate, quando si elencano i criteri che promuovono l’invasione di una specie. Recenti studi hanno dimostrato un’alta prevalenza della paternità multipla riscontrata in natura in Procambarus clarkii (Hua Yue et al., 2010). Le femmine tendono ad accoppiarsi con più maschi (da 2 a 4). Questa strategia permette alla femmina di avere più probabilità di dare origine ad una nidiata numerosa assicurando la fecondazione di più uova. Questo può anche risolvere situazioni in cui la femmina si sia accoppiata con un maschio che si è già riprodotto (ed ha quindi carenza di spermatozoi) anche se, in alcuni recenti studi è stata osservata la preferenza da parte delle femmine di P. clarkii, di maschi vergini (Mellan e Warren, 2011). Queste strategie sono indispensabili specialmente per assicurare una variabilità genetica più alta possibile. Al contrario dei mammiferi, nei gamberi sembra che la maggior parte dei piccoli di una nidiata, siano generati dall’ultimo maschio che si è accoppiato con la femmina. Non è ancora noto quanto sopravvivano gli spermatozoi nel ricettacolo seminale o con quale ordine vadano a fecondare le uova, ma sembra che le spermatofore che sono state rilasciate da ultimo siano quelle che fecondano più uova. (Hua Yue et al., 2010). Le femmine inoltre non si limitano ad accoppiarsi con più di

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strategia riproduttiva è in parte spiegata dalla teoria della selezione sessuale. La selezione sessuale è una forma di competizione in cui membri dello stesso sesso si guadagnano l’accesso alla riproduzione piuttosto che la sopravvivenza (Darwin, 1872). Secondo questa teoria i maschi massimizzano la loro forma fisica per accoppiarsi con più femmine possibili e allo stesso tempo le femmine possono raggiungere successi riproduttivi migliori selezionando accuratamente i maschi basandosi sulla “qualità” piuttosto che sulla “quantità” (Bateman, 1948). Alla base del successo della riproduzione sta la variabilità tra gli individui (Darwin, 1872). Mentre le femmine scelgono con cura i partner, i maschi di P. clarkii, per assicurarsi l’accesso alla riproduzione, combattono fra di loro, come del resto accade in molte altre specie animali.

L’elevato numero di individui per covata, come già accennato è uno dei punti cardine della diffusione di P. clarkii, in Italia quindi si è cercato di sopperire all’invasione facendo leva proprio sulla riproduzione. La regolazione dell’attività ovarica nei gamberi è di tipo inibitorio, e quindi la riproduzione inizia quando viene a mancare il GIH (Gonad Inhibiting Hormon), ormone responsabile della quiescenza delle gonadi, il quale viene secreto da un complesso ghiandolare al livello dei peduncoli oculari. L’idea quindi sarebbe quella di produrre sinteticamente il GIH e di somministrarlo ai gamberi servendosi di esche, in modo da bloccarne l’attività riproduttiva e ridurre così il numero di nati (Scovacricchi, 2012).

2.4.3. Riconoscimento del sesso

Il dimorfismo sessuale in P. clarkii è più o meno evidente a seconda che gli esemplari si trovino nella stagione riproduttiva o meno. Come già detto nella forma F1 (gambero sessualmente attivo) si possono notare delle variazioni morfologiche, particolarmente evidenti nel maschio soprattutto per quanto riguarda le chele che sono molto più grandi e robuste (foto 2.4.3) (De Luise, 2010), nella femmina invece risultano più corte, è quindi possibile, con un po’ di esperienza riconoscere a prima vista il sesso dei gamberi (purché ci troviamo nella stagione riproduttiva).

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Foto 2.4.3: Diversa morfologia delle chele tra maschio e femmina di soggetti appartenenti entrambi alla specie P. clarkii. (foto personale)

Tuttavia per essere certi di distinguere il maschio dalla femmina è necessario osservare i genitali esterni sulla faccia ventrale. Il maschio, come già accennato, presenta una modificazione delle prime due paia di pleopodi che diventano quindi gonopodi (anch’essi nella muta F1 risultano molto più grandi e robusti), rivolti cranialmente. (foto 2.4.4) Altra caratteristica propria dei soggetti maschi, è la presenza di piccoli denti uncinati visibili a livello del terzo e quarto paio di pereiopodi (che servono a trattenere meglio la femmina durante l’accoppiamento) (Foto 2.4.5).

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Foto 2.4.5: particolare dei denti uncinati presenti in maschio adulto in muta F1 (foto personale)

I genitali esterni della femmina di P. clarkii invece, sono costituiti da una struttura impari mediana, compresa tra l’ultimo paio di pereiopodi, conosciuta con il nome di

annulus ventralis (foto 2.4.6), visibile come un piccolo forellino. Poco più

cranialmente, a livello del terzo paio di pereiopodi, possiamo osservare altre due strutture proprie della femmina, che rappresentano lo sbocco all’esterno degli ovidutti (foto 2.4.6).

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2.5. Alimentazione di P. clarkii

Dal punto di vista alimentare questa specie risulta estremamente plastica e opportunista, infatti modifica le sue abitudini alimentari a seconda dell’ambiente in cui vive. Il gambero Killer spazia da una dieta essenzialmente detritivora ad una quasi totalmente erbivora, variando notevolmente il rapporto tra il materiale vegetale e quello animale ingerito. E’ quindi un crostaceo con abitudini trofiche decisamente

varie nutrendosi, in presenza di risorse limitate, di ciò che l’ambiente offre maggiormente (De Luise, 2010). Alcuni studi effettuati sul contenuto stomacale di questi gamberi, indicano un elevato consumo di vegetali in primavera-estate (47% della dieta) e di detrito nei mesi invernali (75%). Risulta invece che solo una piccola percentuale (10/20%) della razione alimentare è costituita da invertebrati acquatici e pesci, ma sono presenti costantemente nell’arco di tutte le stagioni (Savini et al., 2008). Il regime alimentare del gambero varia in funzione della taglia. I soggetti di dimensioni ridotte (e generalmente i più giovani) necessitano generalmente di un maggior apporto proteico, mentre gli individui più grandi ed adulti hanno una dieta principalmente erbivora (Lorman e Magnuson, 1978). Inoltre sono frequenti atti di cannibalismo, soprattutto in soggetti di medie dimensioni (> 30 mm di lunghezza del carapace) e costituisce circa il 20% della dieta in situazioni nelle quali la fauna invertebrata è povera e l’apporto proteico risulta ridotto. P. clarkii si alimenta anche di piccoli molluschi e uova di pesci o anfibi, per questo motivo ha causato un forte impatto non solo sulle popolazioni autoctone di gamberi, ma anche su altre specie di animali. In California ad esempio la predazione da parte di P. clarkii, in alcuni corsi d’acqua, di uova, larve e adulti del tritone Taricha torosa, è stata riportata da Diamond (1996) come uno dei fattori che ha portato alla scomparsa di questa specie, che non aveva meccanismi di difesa contro il nuovo predatore. I gamberi sono resistenti alla tetrodotossina (TTX), veleno presente in tritoni adulti e nelle uova. Confrontando il comportamento alimentare tra la specie autoctona A. pallipes e P. clarkii, è stato notato che entrambe le specie consumano girini vivi di tre specie di rane che popolano l’ecosistema d’acqua dolce toscano (Gherardi e Barbaresi, 2000).

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2.6. Predatori

I predatori naturali di P. clarkii sono molteplici, in particolare sono coinvolti pesci, uccelli e mammiferi che lo consumano in quantità variabile a seconda della specie, della stagione e della disponibilità di altre risorse trofiche (Geiger et al., 2005). Anche se non sono ancora stati svolti studi quantitativi, l’aumento delle popolazioni di P.

clarkii è stato considerato un fattore determinante della crescita del numero di specie

aviarie in alcune aree europee. In particolare nella regione dell’Ebro (Spagna) e nell’area del lago Massaciuccoli (provincia di Lucca, Toscana) è stato registrato un aumento delle specie Ardaeidae Botarus stellaris, Egretta garzetta e Ardea purpurea, oltre ai cormorani (N.E. Baldaccini, comunicazione personale). Tuttavia, in Italia questi predatori non risultano efficaci nel contrastare la diffusione di P. clarkii. Nelle aree di origine invece, le popolazioni di questi crostacei vengono controllate da varie specie aviarie, soprattutto cormorani, ardeidi, corvidi, falchi e gufi, da alcuni mammiferi come visoni, lontre e procioni, ma anche da parte di alcuni rettili, come tartarughe e alligatori e da pesci di grossa taglia. Non esistono però microrganismi patogeni (batteri, virus) o parassiti in grado di limitare le popolazioni di questa specie (De Luise, 2010). Naturalmente la predazione dei gamberi risulta più intensa durante i mesi più caldi per la maggior disponibilità, sia da parte di mammiferi, come ad esempio la volpe, sia da parte degli uccelli. Alcune specie di uccelli ittiofagi, soprattutto quelli di piccola taglia, tendono ad evitare l’ingestione di questi gamberi, essendo questi molto aggressivi ed in grado di causare gravi lesioni all’apparato gastroenterico con chele e telson (De Luise, 2010). Spesso si rinvengono resti di P.

clarkii nei pressi delle garzaie (aree in cui nidificano diverse specie di aironi),

particolarmente durante il periodo riproduttivo degli Ardeidi presenti in Italia. Mettendo a confronto le abitudini alimentari degli aironi nel periodo antecedente e successivo alla colonizzazione del gambero killer, è stato evidenziato che le catene alimentari si sono decisamente semplificate. Il gambero rosso della Louisiana, infatti, ha sostituto nell’alimentazione degli Ardeidi e probabilmente anche di altri uccelli ittiofagi la molteplicità di prede in passato costituite da invertebrati acquatici ed anfibi (De Luise, 2010).

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Foto 2.6.1: airone coronato che mangia un esemplare adulto di P.clarkii (di Steve Creek 2013)

Il consumo di gamberi da parte dei predatori è più intenso durante la primavera, estate e autunno piuttosto che in inverno, indirizzandosi sugli individui più grandi e pesanti. Più precisamente è stato osservato, che sia specie aviarie che mammiferi che si alimentano di questi crostacei, tendono a preferire individui che non siano troppo grandi, ma nemmeno troppo giovani da non aver ancora raggiunto la maturità sessuale. Questa particolare selezione porta ad una riduzione della competizione intraspecifica tra gamberi e ad una produzione di adulti di taglia elevata maggiormente efficienti dal punto di vista riproduttivo (Correia, 2001). Quindi, secondo alcuni autori, la predazione da parte di uccelli e mammiferi provoca una selezione positiva della popolazione di P. clarkii e non una riduzione numerica.

2.7. Impatto sull’ambiente e sulla vegetazione

L’arrivo di P. clarkii ha avuto effetti rilevanti sulla vegetazione, principalmente dovuti alla formazione di tane che causa poi una successiva maggiore esposizione a stress ambientali come piogge abbondanti ed aridità del suolo (Richardson e Wrong, 1995). Studi effettuati per capire quali effetti diretti possa avere P. clarkii scavando le sue

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tane, dimostrano che quasi il 50% delle specie vegetali sotto cui sono realizzate le gallerie, vengono danneggiate a causa della carenza d’acqua a livello dell’apparato radicale dovuto ad una maggior circolazione dell’aria. Il gambero rosso di palude, in età adulta, ha una dieta composta per il 75% da vegetali di conseguenza, maggiore sarà la densità di gamberi maggiore sarà l’impatto sulle piante (Geiger et al., 2005). Molte specie vegetali presenti in diversi fiumi italiani sono scomparse in seguito all’invasione del gambero killer, e ciò ha avuto un forte impatto anche sulla fauna acquatica che ha subito una drastica riduzione numerica (Lorenzoni, 2013).

2.8. Le tane di P. clarkii

Un’altra peculiarità che permette a P. clarkii di colonizzare molteplici habitat è la capacità di scavarsi delle profonde tane, risorsa indispensabile, sia per proteggersi dai predatori durante le fasi più delicate del ciclo biologico (muta e riproduzione), sia per sopravvivere duranti i periodi caratterizzati da carenza d’acqua superficiale e temperature troppo elevate o troppo basse. Il gambero killer generalmente preferisce scavare le sue tane durante le ore notturne, ma non è raro che lo faccia anche durante le ore diurne (Gherardi e Barbaresi, 2000). In presenza di determinate condizioni ambientali, l’attività di scavo di P. clarkii può essere molto intensiva e risultare quindi dannosa per la struttura dei terreni, com’è stato frequentemente documentato in aree agricole e ricreative (Hobbs et al., 1989), dove sono stati registrati ingenti danni a colture di riso, dighe, argini di canali di irrigazione, di fiumi e di laghi (Huner, 1988; Anastàcio e Marques, 1997). Durante le stagioni siccitose o durante i periodi di secca i gamberi si rifugiano nelle gallerie (Figura 2.8.1) da loro scavate. Queste possono raggiungere profondità di più di 2 metri, infatti ne sono state rinvenute alcune che arrivavano addirittura fino a 5 metri di profondità.

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Figura 2.8.1. Diverse tipologie di tane di P. clarkii (Hasiotis, 1995)

In seguito ad uno studio svolto su una popolazione italiana è stato evidenziato che il periodo di permanenza nella tana per l’ibernazione va da novembre a marzo, e che gli accoppiamenti, in genere due, avvengono uno in primavera e uno a fine estate (Gherardi et al., 1999). Le tane possono avere svariate forme e dimensioni, alcune di esse sono ampie e a forma di “U” (Huner e Barr, 1984) con numerose diramazioni laterali, all’interno delle quali possono convivere fino a 50 esemplari contemporaneamente.

2.9. Impatto su altri invertebrati e vertebrati nelle aree colonizzate

Come già accennato gli esemplari giovani di P. clarkii necessitano di un maggior apporto proteico che generalmente riescono ad assumere tramite macroinvertebrati. Dal punto di vista biologico, le abitudini alimentari di questa specie possono portare a vari cambiamenti dell’ecosistema, ed avere effetti negativi soprattutto su pesci,

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molluschi, anfibi e insetti. Queste alterazioni possono sfociare in cambiamenti sulla catena alimentare, arrivando talvolta all’eliminazione di alcune specie (Nyström, 1999). Inoltre pare che l’invasione di questa specie alloctona, abbia causato in Spagna, l’estinzione di due specie di gasteropodi: Lymnaea stagnalis (foto 2.9.1) e Lymnaea

peregra (foto 2.9.2) (Montes et al., 1993).

Foto 2.9.1: Lymnea stagnalis (www.acquariofilia.biz)

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