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Definiti, sia pure in termini di estrema sintesi, i concetti di schiavitù e

servitù, occorre ora volgere lo sguardo allo sfruttamento del lavoro, al fine di

coglierne i tratti essenziali e di ricercare una linea di confine tra le molteplici

situazioni fattuali che si presentano nella società odierna in cui si verifica

l‟assoggettamento, più o meno intenso, del lavoratore al datore di lavoro.

Immaginando un continuum tra una condizione di lavoro regolare e

garantito fino al polo opposto, in cui si configurano rapporti di lavoro privi di

qualsiasi forma di tutela sino all‟asservimento totale del lavoratore al datore di

lavoro, le ipotesi di sfruttamento lavorativo si situano tra questi due estremi

159

.

Quando si parla di sfruttamento lavorativo (forced labour) ci si riferisce

comunemente alle relazioni tra datore di lavoro e lavoratore di tipo asimmetrico

in cui il primo gode di una posizione di netta prevaricazione ed esercita il proprio

potere di decisione sulle condizioni lavorative violando la dignità del secondo

160

.

In altre parole, è stato anche sostenuto che lo sfruttamento si configura come una

sorta di patologia del contratto o della relazione egualitaria tra le parti

161

.

tratti propri della servitù e del lavoro forzato, accomunati nel divieto alla schiavitù dall‟art. 4 della CEDU». Così ROCCELLA M., La condizione del lavoro nel mondo globalizzato fra vecchie e nuove

schiavitù, cit., p. 432. Sul punto, un‟altra sentenza rilevante è quella del 7 gennaio 2010 (caso Rantsev), con cui la Corte Europea ha accertato all‟unanimità la violazione dell‟art. 4 da parte di Cipro e Russia (la sentenza è disponibile su www.echr.coe.int).

159 Cfr. CESCHI S. – MAZZONIS M., Le forme di sfruttamento servile e paraschiavistico nel mondo del lavoro, cit., p. 156.

160 Cfr. MADEO A., Forced labour e diritto penale interno, in BUCCELLATO F. – RESCIGNO M. (a cura di), Impresa e forced labour: strumenti di contrasto, cit., p. 121.

161 Cfr. MARKS S., Exploitation as an International Legal Concept, in MATLASKE W. – COSTA S. – BRUNKHORST H. (a cura di), Contemporary Perspective on Justices, Hampp, 2010, p. 145.

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Lo sfruttamento lavorativo attuale è multiforme in quanto si manifesta

attraverso differenti condizioni e tipologie lavorative, determinate in base a fattori

socio-economici, nonché a fattori relativi allo status giuridico, alle condizioni

igienico-sanitarie e di sicurezza, al rispetto o meno dei diritti fondamentali dei

lavoratori e al grado di vulnerabilità e di autodeterminazione della persona

162

.

Trattandosi di un fenomeno che può assumere diverse dimensioni, tipologie

e caratteristiche, dalle forme più blande fino a quelle più estreme, è possibile

disegnare una ipotetica piramide che misura i diversi livelli di gravità dello

sfruttamento lavorativo dei nostri giorni: partendo dall‟apice rappresentato dalla

riduzione in schiavitù e servitù e dal vero e proprio lavoro forzato, passando per le

situazioni di grave sfruttamento lavorativo che caratterizzano il lavoro irregolare,

fino ad arrivare allo sfruttamento insito nell‟attuale lavoro sempre più flessibile e

precario

163

.

Al livello più alto della piramide, tra le forme più crudeli e aberranti di

sfruttamento della persona umana si collocano il lavoro forzato

164

, la tratta a

scopo di sfruttamento lavorativo

165

e il lavoro minorile

166

. Sono queste tutte forme

di sfruttamento lavorativo, che, laddove raggiungono il livello massimo,

determinando la completa reificazione della persona, sono certamente assimilabili

alla schiavitù e al lavoro servile tout court. È bene precisare che, in questi casi, lo

schiavo e il soggetto sottoposto ad un rapporto di natura servile rinunciano ad

ogni capacità di autodeterminazione, lavorano in modo coatto e vengono privati

della loro stessa vita

167

. Non è così per le forme di sfruttamento che si pongono ai

due livelli immediatamente inferiori della piramide, nelle quali, invece, pur

162 Cfr. LA ROCCA S., Tratta, lavoro forzato e grave sfruttamento lavorativo: legislazioni e politiche poste a contrasto, cit., p. 155.

163 Cfr. BALES K., I nuovi schiavi. La merce umana nell‟economia globale, cit., p. 23.

164 V. BUCCELLATO F. – RESCIGNO M. (a cura di), Impresa e “forced labour”: strumenti di contrasto, cit.

165 Sulla tratta di esseri umani come moderna forma di schiavitù, cfr. CARACCIOLO I., Dalla tratta di schiavi alla tratta di migranti clandestini. Eguaglianze e diversità nella prevenzione e repressione internazionali del traffico di esseri umani, in LAENZA U. (a cura di), Le migrazioni.

Una sfida per il diritto internazionale, comunitario e interno, Editoriale Scientifica, 2005, pp. 153 ss.; LA ROCCA S., La schiavitù nel diritto internazionale e nazionale, cit.; ARLACCHI P., Schiavi: il nuovo traffico di esseri umani, cit., p. 32.

166 Cfr. ROCCELLA M., La condizione del lavoro nel mondo globalizzato fra vecchie e nuove schiavitù, cit., p. 422, il quale precisa che «schiavitù e pratiche consimili, naturalmente, non riguardano soltanto i minori: il lavoro minorile ne costituisce la parte più aberrante, ma resta pur sempre solo una parte di un fenomeno molto più ampio».

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configurandosi condizioni di lavoro molto al di sotto dei normali standard

lavorativi e gravi violazioni di obblighi contrattuali e/o di legge, permane

comunque la possibilità di fuoriuscita dal rapporto di lavoro da parte del

lavoratore

168

. In altre parole, nelle relazioni lavorative di sfruttamento non

riconducibili alla schiavitù e al lavoro servile tout court, seppur sussiste una

marcata dipendenza del lavoratore nei confronti del datore di lavoro, si configura

comunque la possibilità di scindere il rapporto

169

. Molto efficacemente,

autorevole dottrina in riferimento alla differenza in questione ha fatto ricorso alla

figura del lavoratore salariato, facendo rilevare come l‟operaio, seppur

insopportabilmente sfruttato, ogni giorno in modo parzialmente autonomo vende

la sua forza lavoro, lo schiavo no

170

.

Al secondo livello della ideale piramide, si collocano tutte le violazioni di

obblighi di legge o di obblighi contrattuali, riconducibili a fattispecie di lavoro

irregolare, le quali si presentano come il segmento del mercato del lavoro in cui

maggiormente possono svilupparsi situazioni di sfruttamento lavorativo

171

. Con la

consapevolezza che l‟area del lavoro irregolare (ovvero, ancora meglio, del

“lavoro prestato irregolarmente”)

172

comprenda numerose species, talvolta

difficilmente distinguibili l‟una dall‟altra, e che non sia questa la sede per

approfondire tale complesso argomento, si fa presente che l‟espressione “lavoro

irregolare” è qui utilizzata come comprensiva sia del c.d. lavoro nero o sommerso

168 Cfr. BALES K., I nuovi schiavi. La merce umana nell‟economia globale, cit., p. 26, il quale con riferimento alla distinzione in concreto tra schiavitù e sfruttamento, tuttavia, precisa che «non c‟è mai un bianco e nero. C‟è una linea di continuità nello sfruttamento: da quelli che sono sfruttati “un poco” a quelli molto sfruttati negli sweatshops (aziende che sfruttano le maestranze) a quelli sfruttati sull‟orlo della schiavitù, per poi oltrepassare il confine».

169 Le ipotesi riconducibili alla schiavitù e servitù sono quelle più estreme, dal momento che investono in modo continuativo e per tempo indeterminato lo statuto della persona nella sua totalità.

170 Così MOLIER BOUTANG Y., Dalla schiavitù al lavoro salariato, Manifesto libri, 2002, p. 210. Per un‟analisi filosofica del concetto espresso, v. RAWLS J., Lezioni di storia della filosofia

politica, La Feltrinelli, 2009, p. 347.

171 Cfr. GALLINO L., L‟impresa irresponsabile, Einaudi, 2005, p. 159, secondo cui è indubbio che il lavoro irregolare può essere definito come «un lavoro già privo in origine, oppure successivamente privato di conformazione e garanzie giuridiche per quanto concerne le condizioni di lavoro, l‟orario, il livello salariale, la stabilità dell‟occupazione e del reddito, la protezione sociale contro malattie e incidenti sul lavoro, le tutele sindacali, la previdenza».

172 Dal titolo della originale monografia di FAIOLI M., Il lavoro prestato irregolarmente, Giuffrè, 2008. Cfr. anche ORCIANI B.M., Il diritto privato del lavoro alla prova dell‟emersione, Edizioni

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sia del c.d. lavoro grigio o difforme (detto anche simulato)

173

. È indubbio che le

deviazioni patologiche da un modello “base” di disciplina legale del rapporto di

lavoro, integranti fattispecie di lavoro irregolare, finiscono con il comportare, di

fatto, un forte rischio di sfruttamento della manodopera. Le conseguenze di

queste pratiche, peraltro, sono particolarmente lesive in quanto non riguardano

soltanto il piano economico, ma colpiscono soprattutto la persona del lavoratore e

mettono fortemente in pericolo il nesso costituzionale tra lavoro e dignità.

Le ipotesi di lavoro nero, consistendo in rapporti di lavoro completamente

sconosciuti alle autorità pubbliche e, dunque, privi di qualsiasi tutela,

173 Pur essendo un argomento di grande attualità e di notevole rilevanza economica e sociale, non è affatto semplice definire il lavoro irregolare secondo le tradizionali categorie giuridiche. Si tratta, infatti, di un fenomeno antico, capillarmente diffuso nell‟intero territorio nazionale e molto variegato, in quanto il genus “lavoro irregolare” presenta numerose species, talvolta difficilmente distinguibili l‟una dall‟altra. In questa sede l‟espressione lavoro irregolare è utilizzata come comprensiva del c.d. lavoro nero e del c.d. lavoro grigio. Nel primo il rapporto è completamente sconosciuto alle autorità pubbliche: il datore di lavoro si avvale della prestazione lavorativa di un lavoratore senza stipulare un contratto di lavoro e, di conseguenza, senza applicare alcuna tutela. In questo caso si parla anche di lavoro sommerso per sottolineare maggiormente gli aspetti fiscali, facendo riferimento alla c.d. economia sommersa. Cfr. GAROFALO M.G., Le iniziative regionali in materia di lavoro sommerso. Gli indici di congruità, in PINTO V. (a cura di), Le politiche

pubbliche di contrasto al lavoro irregolare, Cacucci, 2007, p. 63, che esprime chiaramente come «la gravità, l‟ampiezza e la complessità del fenomeno del lavoro sommerso e delle sue cause è la premessa di qualsiasi discorso in materia. Si va dall‟intreccio con il fenomeno dell‟illegalità diffusa e dell‟economia criminale ad una “semplice” – tanto per dire – evasione fiscale e contributiva, per passare attraverso vari gradi intermedi: evasione dei trattamenti economici e normativi imposti per legge o per contratto collettivo al mercato del lavoro ufficiale; evasione degli oneri derivanti dalle misure di sicurezza e di igiene sul lavoro eccetera». Cfr. ALES E., Del

lavoro sommerso o, meglio, “non dichiarato”: una tipizzazione giuridica fondata sul concetto di “attività remunerata”, in Dir. Lav. Merc., 2014, n. 1, p. 11. Nel secondo, invece, il rapporto di

lavoro è portato a conoscenza dello Stato solo in parte, in quanto questo è dichiarato alla pubblica amministrazione, seppur in concreto condotto in violazione delle norme che lo regolamentano. Nel lavoro grigio, dunque, la regolarizzazione del rapporto è solo parziale. Per un approfondimento si rinvia a FAIOLI M., Lavoro irregolare (voce), in Digesto delle discipline privatistiche, Sez. comm.,

2009; ESPOSITO M., Il contrasto al lavoro nero: discontinuità dei percorsi legislativi e cultura dei valori giuridici, in www.crisei.uniparthenope.it, giugno 2012; FEDERICI A., Lavoro irregolare e omissione contributiva. Tecniche di tutela e sistema sanzionatorio, Halley Editrice, 2006; DOVERE

S. – SALVATI A., Lavoro “nero” e irregolare. Percorsi giurisprudenziali, Giuffré 2011, p. 6,

secondo cui il ricorso alla definizione di “lavoro irregolare” costituirebbe «un vero e proprio tentativo di fornire un maggior grado di organicità alla tematica in questione, individuando delle linee guida e dei principi interpretativi generali»; VISCOMI A., Lavoro e legalità: “settori a rischio” o “rischio di settore”? Brevi note sulle strategie di contrasto al lavoro illegale (e non

solo) nella recente legislazione, in WP C.S.D.L.E. “Massimo D‟Antona”.IT, 253/2015; BELLAVISTA A., Il lavoro sommerso, Giappichelli, 2000, p. 2, il quale, attraverso un‟efficace

espressione, definisce il lavoro irregolare come il segno dello «sfasamento tra la norma formalmente vigente e l‟effettività della stessa»; ESPOSITO M., Un approccio inclusivo e resiliente: tutele crescenti per l‟underclared work?, in Dir. lav. merc., 2014, n. 2, p. 289, secondo cui in

periodi di crisi economica il ricorso al lavoro irregolare è sicuramente massiccio e purtroppo spesso rischia di essere utilizzato come un tentativo fai-da-te di “ammortizzatore sociale” per imprese e lavoratori.

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rappresentano certamente i casi in cui lo sfruttamento raggiunge i livelli più alti.

Ad essere vittima dello sfruttamento lavorativo insito nel lavoro nero sono

soprattutto i migranti, non solo quelli privi di soggiorno, ma anche gli immigrati

con regolare permesso di soggiorno

174

. Purtroppo, infatti, come si vedrà meglio

nei capitoli successivi, l‟economia sommersa si configura certamente come un

elemento di attrazione per i lavoratori stranieri

175

. Questi, peraltro, non avendo

alcuna dimestichezza con il lavoro industriale, sono portatori di una subalternità

culturale e politica assoluta che facilita l‟affermazione di condizioni di grave

sfruttamento lavorativo

176

. I settori in cui si riscontra maggiormente il ricorso al

lavoro nero degli extracomunitari sono quelli marginali dell‟economia, in cui si

registra una forte domanda di manodopera non specializzata, facilmente

sostituibile e a basso costo, e caratterizzati dai lavori che sono definiti «delle

cinque P»: precari, pesanti, pericolosi, poco pagati, penalizzati socialmente

177

.

Non è un caso che, come è noto, il forte nesso tra immigrazione e lavoro nero

trova la sua massima (e più triste) espressione nel settore agricolo e, più

precisamente, nel contesto di quei rapporti di intermediazione illecita tra domanda

e offerta di lavoro, ai quali tradizionalmente si attribuisce la denominazione di

fenomeno del caporalato e su cui si tornerà approfonditamente più avanti

178

.

174 I migranti privi di permesso di soggiorno sono sicuramente i più esposti al lavoro sommerso, in quanto non avendo il permesso di soggiorno non possono stipulare regolari contratti di lavoro. Il fenomeno del lavoro sommerso tuttavia colpisce anche gli stranieri provvisti di regolare permesso di soggiorno, i quali pur di lavorare sono disposti ad accettare insopportabili situazioni di sfruttamento.

175 V. MCBRITTON M., Migrazioni economiche e ordinamento italiano. Una prospettiva giuslavoristica, Cacucci Editore, 2017, p. 28. Cfr. anche REYNERI E., L‟Italia, le immigrazioni e il

mercato del lavoro, in BARONIO G. – CARBONE A. E., Il lavoro degli immigrati: programmazione

dei flussi e politiche di inserimento, Franco Angeli, 2002, p. 65; AMBROSINI M., Sociologia delle migrazioni, il Mulino, 2001, p. 64, che sul punto sostiene che è assolutamente indubbio che «l‟arrivo di una forza lavoro che si viene a trovare nella necessità di reperire al più presto un lavoro, spesso qualunque lavoro, per guadagnarsi da vivere, e in parte – almeno inizialmente – dei documenti necessari per accedere al mercato del lavoro regolare, rappresenta un bacino di reclutamento straordinariamente favorevole ai datori di lavoro interessati al risparmio sul costo del lavoro e alla flessibilità pressoché assoluta derivanti da rapporti di impiego non codificati formalmente, alimentando le denunce relative ai “nuovi intoccabili” o i “neoschiavi”».

176 Cfr. PALMISANO G., Dagli schiavi ai migranti clandestini: la lotta al traffico di esseri umani in una prospettiva internalizionalistica, in Ragion Pratica, 2010, n. 35, pp. 469-490.

177 V. AMBROSINI M., Sociologia delle migrazioni, cit., p. 59. V. anche AMBROSINI M., La fatica di integrarsi. Immigrazione e lavoro in Italia, Il Mulino, 2001, p. 59, che pone in evidenza come i lavori più umili e pesanti che toccano, in misura largamente prevalente, agli immigrati sono a ben vedere: «lavori ancora necessari nelle economie sviluppate, e in certi ambiti persino in espansione, ma che non trovano più un‟adeguata rispondenza nell‟offerta dei lavoratori nativi».

51

Accanto alle ipotesi di lavoro nero, rientrano, poi, in questo livello della

piramide anche le fattispecie di c.d. lavoro grigio, ossia quelle situazioni

lavorative che, seppur apparentemente si pongono in un quadro di legalità, in

quanto sono portate a conoscenza dello Stato, in realtà sono poste in essere in

violazione delle norme che le regolamentano

179

. In questi casi, pur essendovi un

contratto di lavoro, tuttavia di fatto non sempre esso è accompagnato da quelle

garanzie che gli sono proprie, né dalle tutele previste dalla legge e dalla

contrattazione collettiva. A titolo esemplificativo, si pensi alla reiterata

corresponsione di retribuzioni in modo palesemente difforme dai contratti

collettivi o, comunque, sproporzionato rispetto alla quantità e alla qualità del

lavoro prestato; o, ancora, quei rapporti in cui si verifica la reiterata violazione

della normativa relativa all‟orario di lavoro

180

, ai periodi di riposo, alla malattia,

alla maternità, agli assegni familiari, alle ferie; si pensi, infine, alle situazioni di

sotto-inquadramento del prestatore di lavoro, di mancato o parziale versamento

dei contributi.

Forme gravi di sfruttamento del lavoro, riconducibili a questa seconda area

della ideale piramide, si annidano anche nei frequenti casi di utilizzo abusivo di

tipologie contrattuali; si pensi, ad esempio, a fattispecie di lavoro autonomo e

parasubordinato, con partite IVA

181

, spesso utilizzate per mascherare veri e propri

rapporti di lavoro subordinato

182

. La proliferazione normativa di contratti atipici,

giustificata da esigenze di maggiore occupazione o per superare le rigidità del

rapporto di lavoro subordinato e a tempo indeterminato, ha certamente favorito

l‟abuso da parte del datore di lavoro di tali forme contrattuali per eludere la

costituzione di un rapporto di lavoro “ordinario”

183

. È evidente, pertanto, che le

forme di sfruttamento della manodopera, oggi, hanno trovato maggiore

179 In altre parole, il lavoro grigio si ha quando il lavoro è dichiarato ma il contenuto della dichiarazione non corrisponde all‟attività effettivamente svolta.

180 Esempi più frequenti sono i rapporti di lavoro dichiarati come part-time ma, in realtà, svolti a tempo pieno.

181 Si parla del fenomeno delle false partite Iva per far riferimento a tutte quelle situazioni in cui un soggetto apre una partita Iva non per effettuare una vera e propria attività professionale indipendente, quanto per collaborare stabilmente con un‟azienda, mascherando così un contratto di lavoro dipendente. In questo modo il datore di lavoro si avvale della prestazione di un lavoratore formalmente autonomo ma di fatto subordinato sottraendosi ai costi più elevati legati alla stipula di un contratto di lavoro subordinato.

182 Cfr. BUFFA F. – GADALETA L. – RIVERSO R., Sfruttamento lavorativo, Key, 2017, p. 15. 183 Cfr. MAZZOTTA O., Manuale di diritto del lavoro, Cedam, 2015, p. 315.

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raffinatezza in nuovi strumenti legali, con la conseguenza che è aumentata la

possibilità di mascherare dietro certe tipologie contrattuali, apparentemente

regolari, situazioni di grave assoggettamento lavorativo

184

.

Il secondo livello della piramide comprende, ancora, lo sfruttamento del

lavoro che spesso si annida nel c.d. lavoro esternalizzato

185

. Tecnicamente il

termine esternalizzazione rappresenta la versione italiana dell‟inglese outsourcing,

letteralmente traducibile come “approvvigionamento esterno”, e, in questa sede, è

opportuno precisare che è adottato in termini molto ampi per indicare l‟insieme

delle pratiche adottate dalle imprese di ricorrere ad altre imprese per lo

svolgimento di alcune fasi del processo produttivo

186

. Sotto il profilo strutturale,

nel rapporto di lavoro, è chiaro che la principale conseguenza di tale scelta

consiste in una sorta di scomposizione della figura datoriale che, nella percezione

del lavoratore, viene sdoppiata oppure sostituita con un‟altra, che si aggiunge o si

sovrappone alla precedente

187

. È di tutta evidenza come il ricorso all‟utilizzo del

184 Ciò nonostante gli interventi anti-elusivi messi in atto dalla legge 28 giugno 2012, n. 92 (c.d. Riforma Fornero) e il tentativo di semplificazione operato dal d.lgs. n. 81/2015.

185 Cfr. GORI F., La nuova legge sul grave sfruttamento lavorativo nell‟ambito della normativa di contrasto al lavoro sommerso, in WP ADAPT, 2017, n. 2, p. 74. Autorevole dottrina ha, infatti, sostenuto che è proprio in tale ambito che è possibile individuare le più significative distorsioni tipiche dell‟impresa globalizzata. Così CHIECO P., Somministrazione, comando, appalto. Le nuove forme di prestazione di lavoro a favore del terzo, in CURZIO P. (a cura di), Lavoro e diritti dopo il

decreto legislativo 276/2003, Cacucci, 2004, p. 92. V. anche SPEZIALE V., Somministrazione di

lavoro, in GRAGNOLI E. – PERULLI A. (a cura di), La riforme del mercato del lavoro e i nuovi modelli contrattuali, Cedam, 2004, pp. 277-279. Nell‟attuale ordinamento giuslavoristico italiano, il fenomeno delle esternalizzazioni è costituito essenzialmente da tre istituti185: quello della somministrazione (attualmente disciplinato dagli artt. 30-40 del d.lgs. n. 81/2015 oltre che dall‟art. 18, comma 1 e 2, del d.lgs. n. 276/2003), dell‟appalto (attualmente disciplinato dagli artt. 8, comma 5 bis, e 29 del d.lgs. n. 276/2003) e del distacco o comando (disciplinato dagli artt. 8, comma 5 bis, e 30 del d.lgs. n. 276/2003). Quando il ricorso agli strumenti in questione avviene nel rispetto delle suddette norme di legge, nulla quaestio. Quando, invece, si configurano forme di abuso delle fattispecie in questione, in violazione delle previsioni che ne circoscrivono l‟ambito definitorio, è facile ravvisare ipotesi di sfruttamento lavorativo. Decentrare la produzione all‟esterno, infatti, si dimostra spesso come un modo per l‟impresa di sottrarsi ai controlli ed ottenere una illecita forma di flessibilità con il ricorso al lavoro nero. Cfr. MAZZOTTA O., Manuale

di diritto del lavoro, cit., p. 261. Il dato economico rivela che proprio le operazioni di scomposizione dell‟impresa in centri autonomi di imputazione giuridica si pongono frequentemente come antecedente giuridico del ricorso al forced labour. Cfr. RESCIGNO M., Impresa “schiavistica”, decentramento produttivo, imputazione dell‟attività e applicazione delle

regole, imputazione dell‟attività e applicazione delle regole, in BUCCELLATO F. - RESCIGNO M. (a cura di), Impresa e forcedlabour: strumenti di contrasto, il Mulino, 2015, p. 69.

186 Cfr. DEL PUNTA R., Statuto dei lavori ed esternalizzazioni, in Dir. rel. ind., 2004, pp. 218 ss., spec. p. 221.

187 Con riferimento a tali fenomeni, in dottrina esistono diverse classificazioni. Si distingue ad esempio tra utilizzazione indiretta del lavoro, nel caso della somministrazione e del distacco, in cui l‟utilizzatore, pur senza essere datore di lavoro, diviene titolare di alcuni tipici poteri datoriali, o

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