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Vecchie e nuove forme di schiavitù a confronto

A questo punto è possibile individuare, sia pure a grandi linee, gli elementi

che distinguono le nuove forme di schiavitù da quelle tradizionali

125

.

La prima grande differenza tra le forme di schiavitù classiche e la vasta

gamma di forme di assoggettamento personale che caratterizza il mondo

contemporaneo, in particolare nelle società occidentali, è costituita dal fatto che la

schiavitù non è più riconosciuta dal diritto

126

: il diritto di proprietà su una persona

non può più essere rivendicato e, come noto, lo schiavo non è più contemplato

come tale dalle leggi

127

. Ne consegue che le forme di schiavismo sono oggi

considerate tutte assolutamente illegali. Tuttavia, di fatto esse sono tollerate e

socialmente accettate, poiché la schiavitù, pur non configurandosi come un

sistema socio-economico riconosciuto e legittimato, come avveniva in passato, è

divenuta una strategia vantaggiosa di produzione (evidentemente per la

controparte datoriale)

128

. In altri termini, è la ricerca della massima riduzione del

costo del lavoro a detrimento dei diritti dei lavoratori ad essere oggi la ragione

principale della presenza di lavoro schiavo o servile

129

.

Un secondo fattore di distinzione è quello del costo d‟acquisto

130

. Gli

schiavi del passato avevano un elevato costo d‟acquisto, mentre per quelli di oggi

125 V. BALES K., I nuovi schiavi. La merce umana nell‟economia globale, cit., p. 20; pur avendo principalmente ad oggetto la realtà di alcuni Paesi del Sud del mondo, in questa opera è possibile cogliere alcuni essenziali tratti in comune con le nuove forme di sfruttamento del lavoro occidentale e, in particolare, in Italia. Cfr. anche SAULLE M.R., Il traffico illecito di migranti come

nuova forma di schiavitù, in PALMISANO G. (a cura di), Il contrasto al traffico dei migranti nel

diritto internazionale, comunitario e interno, Giuffrè, 2008, pp. 151 ss.; nonché, CASTAGNETO P.,

Schiavi antichi e moderni, Cacucci, 2001, pp. 97-100. V. anche ROCCELLA M., La condizione del lavoro nel mondo globalizzato fra vecchie e nuove schiavitù, cit., pp. 425-426.

126 Cfr. CARCHEDI F. - MAZZONIS M., La condizione schiavistica. Uno sguardo d‟insieme, in CARCHEDI F. - MOTTURA G. - PUGLIESE E. (a cura di), Il lavoro servile e le nuove schiavitù, cit., p.

28.

127 Cfr. CASADEI T., La schiavitù dei contemporanei, cit., pp. 333-334.

128 Cfr. BALES K., I nuovi schiavi. La merce umana nell‟economia globale, cit., p. 20.

129 V. ROCCELLA M., La condizione del lavoro nel mondo globalizzato fra vecchie e nuove schiavitù, cit., pp. 425-426. V. anche CARCHEDI F. - MAZZONIS M., La condizione schiavistica.

Uno sguardo d‟insieme, in CARCHEDI F. - MOTTURA G. - PUGLIESE E. (a cura di), Il lavoro servile

e le nuove schiavitù, cit., pp. 33 ss.

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è bassissimo, in quanto sono schiavi “usa e getta”

131

. La consapevolezza di

rimpiazzo immediato porta gli sfruttatori ad usare i lavoratori finché sono giovani

e forti e finché ne hanno bisogno, per poi liberarsene senza scrupoli trovando con

estrema facilità altra “merce” con cui sostituirli

132

. Il rapporto che si instaura oggi

tra lo schiavista e lo schiavo, pertanto, ha una durata molto più breve del passato,

in quanto tende allo sfruttamento intensivo

133

. Allo schiavista non interessa più

spendere ed investire per lo schiavo, con la conseguenza che i profitti delle

aziende sono oggi elevatissimi ad assoluto discapito dei diritti dei lavoratori

134

.

Un‟altra rilevante differenza fra le vecchie e le nuove forme di schiavitù

riguarda le diverse etnie. Nella schiavitù classica vi era una netta differenziazione

razziale tra schiavista (autoctono) e schiavo (straniero), tanto che è stato sostenuto

che la storia dell‟abolizione dell‟istituto della schiavitù coincide con la storia del

superamento della dialettica amicus-hostis in favore del riconoscimento universale

di un nucleo intangibile di diritti e libertà propri della persona (e non solo del

cittadino)

135

. Attualmente la rigida differenziazione cittadino-straniero

sembrerebbe essere stata superata, posto che i fattori chiave nel mercato

schiavistico vengono rinvenuti nella ricchezza e nella posizione di potere

136

.

In realtà quest‟ultima constatazione, ad una prima lettura, potrebbe apparire

poco corretta se rapportata al contesto occidentale, e in particolare a quello

italiano, in cui, come meglio si vedrà nel prosieguo del presente lavoro di ricerca,

una forma gravissima di sfruttamento colpisce proprio gli stranieri immigrati

137

.

Ma ad uno sguardo più approfondito non può sfuggire che in queste situazioni non

131 In passato «gli schiavi erano preziosi come animali, sebbene maltrattati, si aveva interesse a farli vivere a lungo». Così BALES K., I nuovi schiavi. La merce umana nell‟economia globale, cit.,

p. 20.

132 Così BALES K., I nuovi schiavi. La merce umana nell‟economia globale, cit., p. 19.

133 «Oggi però gli schiavi sono sempre più a termine; alcuni sono tali solo per pochi mesi. Semplicemente, non è conveniente tenerli quando non sono immediatamente utilizzabili». Così BALES K., I nuovi schiavi. La merce umana nell‟economia globale, cit., p. 19. V. anche CARCHEDI

F. - MAZZONIS M., La condizione schiavistica. Uno sguardo d‟insieme, cit., p. 33.

134 In tal senso ARLACCHI P., Schiavi. Il nuovo traffico di esseri umani, cit., p. 32. V. anche ROCCELLA M., La condizione del lavoro nel mondo globalizzato fra vecchie e nuove schiavitù, cit., pp. 425-426.

135 Così RESTA F., Vecchie e nuove schiavitù. Dalla tratta allo sfruttamento sessuale, cit., pp. 14- 15.

136 Così BALES K., I nuovi schiavi. La merce umana nell‟economia globale, cit., p. 15-16.

137 Cfr. CARCHEDI F. - MAZZONIS M., La condizione schiavistica. Uno sguardo d‟insieme, cit., p. 34. Per un‟analisi storico-teorica sulla nozione di straniero v. CURI U., Straniero, Raffaello Cortina

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è propriamente l‟etnia a rilevare quale fattore decisivo ai fini della riduzione in

schiavitù, bensì la condizione di particolare vulnerabilità

138

. Tratto comune delle

nuove forme di schiavitù è, infatti, la posizione di debolezza in cui determinati

soggetti, come i lavoratori migranti, vengono a trovarsi

139

. Basti pensare ai fattori

che favoriscono relazioni di sfruttamento lavorativo: la clandestinità, la

sprovvedutezza giuridica e sociale, la non conoscenza della lingua, la ricattabilità

determinata dalla povertà, la soggezione culturale, la mancanza di concrete

alternative lavorative, la completa mancanza di autonomia e così via

140

. Sono

proprio questi fattori che spingono molte persone (più o meno volontariamente)

ad accettare la riduzione in schiavitù

141

.

Oltre ai suddetti elementi di differenziazione, nell‟evoluzione storica del

fenomeno è possibile individuare, comunque, anche un elemento comune e

costante: gli esseri umani sottoposti a forme di schiavitù, vecchie e nuove,

subiscono un intenso processo di reificazione e diventano proprietà di un altro

138 Sulla vulnerabilità quale reale elemento che determina la situazione di schiavitù di una persona, è stato sostenuto che affermare «che le persone che subiscono queste forme di sfruttamento sono vittime della loro stessa vulnerabilità è, fuor di metafora, un dato reale da tenere in conto, nel tentativo di contrastare a monte le cause (prima ancora degli effetti) del neoschiavismo, favorendo in primo luogo l‟eliminazione (o quantomeno la riduzione) delle diseguaglianze socio- economiche, dei conflitti etnico-sociali, delle discriminazioni di ogni tipo, e di qualsiasi altro fattore suscettibile di determinare o favorire le varie forme di dominio dell‟uomo sull‟uomo, in cui si sostanziano oggi le ipotesi di asservimento, soggezione e sfruttamento della persona, qualificate dalla legge come riduzione o mantenimento in schiavitù, in servitù, tratta, acquisto o alienazione di schiavi». Così RESTA F., Vecchie e nuove schiavitù. Dalla tratta allo sfruttamento sessuale, cit., p. 207. Per un approfondimento sulla vulnerabilità socio-economica dei lavoratori immigrati, v. MOTTURA G., Necessari ma non garantiti. I fattori di vulnerabilità socio-economica presenti nella

condizione di immigrato, in CARCHEDI F. – MOTTURA G. - PUGLIESE E. (a cura di), Il lavoro servile e le nuove schiavitù,cit., pp. 61-82.

139 In tal senso v. TINEBRA G. – CENTONZE A., Il traffico internazionale di persone, Giuffrè, 2004; v. anche SPIEZIA F. – FREZZA F. – PACE N. M., Il traffico e lo sfruttamento di esseri umani,

Giuffrè, 2002. Dello stesso avviso è Bales, secondo il quale «la schiavitù cresce e si sviluppa quando attecchisce su un terreno di povertà estrema. Non è dunque difficile individuarne i presupposti economici e sociali. Da un lato – va da sé – devono esserci persone, magari non native del luogo, che possono essere ridotte in schiavitù e, dall‟altro, deve esistere domanda di lavoro schiavo». Così BALES K., I nuovi schiavi. La merce umana nell‟economia globale, cit., p. 35.

140 Cfr. CASADEI T., La schiavitù “dei contemporanei”, cit., p. 339, il quale afferma che a ben vedere l‟aspetto che caratterizza tutte le nuove forme di schiavitù è quello della vulnerabilità, in quanto «le vittime sono povere, non istruite e vivono in realtà sociali ed economiche estremamente difficili: è la mancanza di alternative concrete che spinge molte persone (più o meno volontariamente) verso la schiavitù».

141 La condizione di vulnerabilità degli immigrati è certamente determinata anzitutto dalla «carenza di risorse di riserva, rappresentate soprattutto da risparmi: l‟obbligo morale ed economico di inviare rimesse ai congiunti in patria si traduce in una fonte di rischio per gli immigrati quando il lavoro viene a mancare e qualche risparmio servirebbe a fronteggiare periodi di penuria ed eventuali emergenze». Così CALAFÀ L. – GARILLI A., Introduzione, in Riv. giur. lav., 2017, n. 4,

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soggetto, seppur in passato di tipo legale mentre ai nostri giorni di mero fatto

142

. Il

requisito comune delle forme di schiavitù vecchie e nuove, dunque, risiede

nell‟effetto di reificazione della vittima, privata della propria dignità e, di

conseguenza, di quel nucleo intangibile di diritti e libertà spettanti all‟essere

umano in quanto tale, teleologicamente funzionale all‟autorealizzazione della

persona

143

. È in questa prospettiva che ben si può cogliere come l‟elemento che da

sempre connota la pratica della schiavitù è proprio il processo di “de-

umanizzazione” a cui viene sottoposta la vittima

144

.

Alla luce del raffronto tra vecchie e nuove forme di schiavitù, emerge con

forza come il giudizio avente ad oggetto le seconde certo non può essere meno

negativo di quello che riguarda le prime, anzi forse appare ancora più grave

145

. Le

nuove situazioni di schiavitù, infatti, pur sfuggendo alla nozione classica e storica

di schiavitù, mantengono senz‟altro la medesima forma annichilente della dignità

umana

146

. La recrudescenza di nuove forme di assoggettamento di una persona ad

un‟altra dimostra chiaramente la vulnerabilità e la debolezza dei diritti e delle

142 «La schiavitù non è più una condizione di diritto, ma una mera situazione di fatto». Così FALLETTI E., voce Schiavitù, cit., p. 900. In tal senso è stato sottolineato come «ogni forma di schiavitù presenta un implicito rapporto degradante o disumano» in quanto «presuppone negazione della dignità della persona e violazione della sua integrità morale». Così ALONSO E.P., La nuova

schiavitù del XXI secolo: il traffico illegale di persone, in CASADEI T. – MATTARELLI S. (a cura di), Il senso della Repubblica. Schiavitù, cit., p. 172.

143 In tal senso, RESTA F., Vecchie e nuove schiavitù. Dalla tratta allo sfruttamento sessuale, cit., p. 17. V. anche CASADEI T., Tra storia e teorizzazione giuridica: per un inquadramento dei

caratteri della schiavitù contemporanea, cit., p. 141.

144 V. BALIBAR E., Il ritorno della razza: tra società e istituzioni, cit.,

145 V. FUSARO D., Marx e la schiavitù salariata. Uno studio sul lato cattivo della storia, Il Prato, 2007, p. 22, il quale ritiene che il passaggio nella modernità a forme di lavoro retribuite in nome dei diritti dei lavoratori è in realtà una bella illusione di libertà in quanto ciò che accomuna lo schiavo antico, il servo della gleba e l‟operaio moderno è proprio la condizione di schiavitù dovuta alla propria situazione di debolezza sociale.

146 Emblematiche sul punto sono le parole di Resta: «non a caso la storia della schiavitù in ogni sua forma (…) è la storia di una de-personalizzazione realizzata attraverso l‟appropriazione del corpo e la privazione dell‟identità che il corpo esprime, è spoliazione di diritti e libertà ottenuta soprattutto ed essenzialmente con l‟alienazione del corpo e del dominio che su di esso ha la persona. Tanto le vecchie schiavitù quanto le forme attuali di neoschiavismo (che vanno dalla prostituzione allo sfruttamento sessuale e lavorativo perfino dei minori, alla costrizione all‟accattonaggio ed all‟impiego forzato in attività criminali) pur nelle loro diversità presentano la stessa attitudine a determinare nella vittima (quasi sempre un soggetto particolarmente vulnerabile) un processo regressivo di annullamento del sé, che ha il suo momento più tragico ed ineludibile nella reificazione ed oggettivazione del corpo. La vittima è allora soltanto corpo, ma espropriato, ed è soprattutto lì che risiede il senso di quello che W. Benjamin ha definito come potere sulla “nuda vita”». Così RESTA F., Vecchie e nuove schiavitù. Dalla tratta allo sfruttamento sessuale,

43

libertà fondamentali

147

. Ne discende – è bene anticiparlo sin d‟ora - che, proprio al

fine di eliminare in concreto il fenomeno della schiavitù, si pone come

estremamente necessario un ritorno al concetto di dignità

148

. L‟unica via d‟uscita

possibile per affrontare e risolvere il problema delle gravi forme di sfruttamento

del lavoro è, dunque, quella di intervenire, rafforzandole, sulle «garanzie primarie

della libertà lesa», ossia «quelle dirette a garantire l‟uguaglianza delle persone, la

loro libertà di circolazione, nonché i diritti sociali e del lavoro; in breve, tutti gli

altri diritti vitali che concorrono a definire la dignità della persona»

149

.

Questo ci insegna, quindi, che nell‟approccio alla problematica in oggetto lo

sguardo non può soffrire di nessuna presbiopia e il giudizio non può essere in

alcun modo clemente, specie ove si consideri che le situazioni nelle quali sono

ravvisabili nuove forme di sfruttamento lavorativo si annidano sotto i nostri occhi,

seppur in modo invisibile, nella società in cui viviamo, e sono espressione di una

logica sociale globale ancorata a specifici contesti economici, politici e giuridico-

istituzionali

150

.

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