• Non ci sono risultati.

Il XX secolo è stato il secolo dei partiti. Questa osservazione non può essere sganciata da due elementi: da un lato, il processo di democratizzazione, dall’altro la natura dei partiti politici. Questi due dati sono complementari in quanto la struttura dei partiti ha permesso la democrazia ed è stata da essa influenzata. Come nota Francesco Raniolo fin dalla loro nascita i partiti politici di massa sono stati oggetto di una riflessione critica che ha portato al luogo comune politologico della crisi dei partiti (Lawson e Merkl, 1988; Selle e Svåsand, 1991, Fisher, 1980). Ma tale senso comune è «tutto altro che evidente» (Raniolo, 2004). Vi è una forte connotazione negativa nel concetto di crisi dei partiti: tale giudizio di valore fa riferimento all’indebolimento degli stessi e alla quasi assenza o morte. L’etimologia del termine “partito” sconta il prezzo del luogo comune.

Infatti, la parola partito deriva dal verbo latino “partire” che evoca l’idea della divisione e del distacco, ma implica anche conflitto e lotta ossia una visione opposta a quella dell’unità: quindi, nella stessa parola “partito” è già contenuta la nozione di crisi. Ma il senso comune è scontato e le cose sono più complesse. Il mio lavoro si concentra sulla metamorfosi dei partiti, non sulla loro crisi. Questa trasformazione è organizzativa e strutturale. Occorre, quindi, analizzare tale cambiamento nei suoi aspetti peculiari. Raniolo (2004) sottolinea tre dimensioni analitiche cruciali del cambiamento partitico. Nelle sue parole: «a) grado di intenzionalità (intenzionalità vs. non intenzionalità); b)

(#" "

carattere necessario oppure contingente del cambiamento (evoluzionismo vs. sviluppo); c) fonte del cambiamento (origine esogena vs. origine endogena)».

Per quanto riguarda il primo punto, si può rilevare che il cambiamento partitico è sempre intenzionale. Ciò è dovuto al calcolo costi/benefici e cioè a motivi utilitaristici, ma è anche il riflesso del potere partitico ossia delle decisioni degli attori interni al partito (per esempio mutamenti di leadership).

Il cambiamento partitico può riflettere dinamiche esterne, nel senso che gli stimoli esterni possono incidere sulle decisioni interne al partito.

Ciò vuol dire che gli input esterni vengono codificati lungo la linea dei processi decisionali interni al partito. Raniolo sostiene, dunque, che i cambiamenti avvenuti nel sostegno elettorale, negli iscritti e nel potere di governo potrebbero essere considerati stimoli esterni che non riflettono cambiamenti veri e propri nella natura partitica. Peraltro se un partito cambia, si modificano gli assetti organizzativi, la cultura politica e le strategie, ma i risultati di queste scelte «non sono sempre certi».

Infatti, uno sguardo complesso dovrebbe scorgere la fitta trama dei processi deliberativi interni che non possono definirsi lineari e la difficoltà dell’implementazione delle decisioni. Questi fattori incidono pesantemente sul cambiamento organizzativo dei partiti politici.

Per quanto concerne il secondo punto, il cambiamento partitico può essere graduale o brusco e repentino.

Per quanto riguarda il terzo punto, gli eventi esogeni cioè le sfide e le pressioni esterne provengono dall’ambiente di riferimento. Al variare di quest’ultimo, si modifica la capacità di azione e reazione dei partiti cioè la dimensione strategica. Più precisamente, Raniolo individua tre famiglie di variabili.

La prima fa riferimento al nesso tra gli eventi esterni e la trasformazione dell’ambiente di riferimento. Tra questi fattori vi sono i cambiamenti della cultura politica, della

($" "

divisione del lavoro, dei mass media, mutamenti nella struttura occupazionale o religiosa, i fattori che provengono dall’ambiente internazionale. Queste variabili hanno un impatto diretto e causale con il cambiamento partitico.

La seconda si riferisce a un set di fattori esterni che hanno un impatto notevole sul cambiamento e che attengono alla opportunità politiche di accedere a carriere e cariche pubbliche.

La terza fonte di cambiamento fa riferimento alla configurazione e alla trasformazione dei partiti stessi. Ciò indica il mutamento degli attori rilevanti, la distanza ideologica e la direzione della competizione. Questi fattori hanno una notevole influenza sull’azione dei partiti.

Da quanto detto, si può di certo affermare che il cambiamento organizzativo dei partiti non è un semplice e passivo adattamento, ma un vero e proprio processo complesso che mira a salvaguardare la performance dei partiti cioè i propri obiettivi istituzionali. Ma come interpretare il cambiamento partitico? Secondo la prospettiva sociologica la

performance dei partiti va vista come risultato di forze esterne al partito stesso: la

classe, la modernizzazione e le fratture sociali. Le variabili indipendenti del cambiamento partitico sono da ricercare nei fattori sociologici. Primo fra tutti nella nozione di cleavages cioè nei modelli dei conflitti sociali all’interno di un paese19. È chiaro che i partiti non possono ignorare la loro identità, il contesto socioeconomico, il sistema delle regole istituzionali e della relazione con gli altri partiti. In questa

"""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""

!*

La categoria di cleavage o frattura è stata per la prima volta teorizzata dallo studioso Stein Rokkan ed indica una riflessione socio-politica sul mutamento socio-territoriale e politico dell’Europa contemporanea. Nel 1967 Rokkan e Lipset scrivono un articolo intitolato Cleavage Structures, Party Systems, and Voter Alignments. An

introduction dove i due autori sottolineano le fratture e la loro politicizzazione riconducendoli a determinati

periodi storici (S. Rokkan, S. Lipset, Cleavage Structures, Party Systems, and Voter Alignments. An

introduction, in S. Rokkan, S. Lipset (eds.), Party Systems and Voter Alignments. Cross-National Perspectives,

Free Press, New York 1967).

In questa prospettiva i clevages sono forme di opposizione che si polarizzano in coincidenza con fasi critiche di cambiamento che sanciscono il passaggio da uno status politico e culturale ad un altro. Queste fasi di radicale cambiamento permettono la metamorfosi dei partiti politici. Questa rappresenta una chiave di lettura sociologica al cambiamento partitico.

(%" "

prospettiva, i partiti sono visti come riflesso della fratture sociali che hanno portato alla formazione dello stato moderno e alla costruzione del mercato capitalistico. Occorre, tuttavia, rendersi conto che i partiti politici non sono oggetti passivi ma attori rilevanti, in grado di politicizzare i cleavages che sono per loro favorevoli e depoliticizzare quelli meno favorevoli.

Documenti correlati