1 Tatemae significa «ciò che mostri»; honne «ciò che pensi». Musashi in¬
vita a non rivelare honne.
2 II guerriero usava allargare la fronte rasandosi e raccogliere i capelli a coda, come simbolo di casta.
3 Obi sta per «cintura».
4 Kan significa; «vedere l’essenza delle cose» e ken: «osservarle superfi¬
cialmente» rilevando solo i dati dei sensi. Nel combattimento e anche nella vita kan consiste nel percepire honne dell'avversario e ken nel limi¬
tarsi al suo tatemae.
5 Senza muovere gli occhi. Il pericolo continuo sviluppava nell'uomo-cac- ciatore (idealmente antenato del guerriero) la visione periferica per pre¬
venire gli agguati delle belve che provenivano più pericolosamente dai fianchi. Questa dote serve ugualmente nel combattimento contro più per¬
sone. Studi moderni rivelano che i judoisti hanno una visione periferica allargata rispetto a quella dell’uomo comune.
6 Tameshigìrì è la prova di taglio per la valutazione della lama, solitamen¬
te eseguita da testers professionisti. Ultimata l’opera del fabbro, la lama, montata provvisoriamente in shirasaya, doveva tagliare senza rovinar¬
si tronchetti, o corpi di delinquenti, o anche vecchi elmetti. Kimeshiki:
«tagliare con kime» è un allenamento, o una dimostrazione di decisione nel gesto, eseguita a vuoto, o su canne, o fasci di paglia. Kime è l’inten¬
zione in atto, lo spirito di decisione.
7 Sono tre posizioni che variano nella quantità di peso raccolta sul pie¬
de avanzato.
8 Yin-yang è la popolare espressione cinese per esprimere la filosofia del negativo-positivo, componenti elementari dell’universo secondo il taoi¬
smo; In-yo è l’equivalente espressione giapponese. Nella scherma il passo normale, avanzando un piede e poi sopravanzandolo con l’altro, è consi¬
derato composto di due movimenti. A contatto con l’avversario si avanza
un piede allargando la divaricazione tra le gambe per poi tornare in po¬
sizione riportando alla giusta distanza il piede arretrato: questo è in-yo.
L’avanzare del primo piede è considerato positivo e riportare il secondo è la parte negativa del movimento.
9 Nella tecnica giapponese della spada non ci sono destri e mancini: il pu¬
gno destro è avanzato sul manico e guida il movimento; quello sinistro è arretrato e dà forza all’arma. Vi sono tre posizioni con la lama sull’asse centrale della figura umana: jodan con la spada alta, sopra la testa; chu- dan, con la punta della lama all’altezza degli occhi dell’avversario; gedan con l'arma abbassata all’altezza delle ginocchia. In caso di ostacoli, o si¬
tuazioni particolari la spada è tenuta in basso e lateralmente (migi e
hi-
dari-no-waki, dove migi e hidari significano «destra» e «sinistra»).
10 L’uso del ventaglio come articolo di equipaggiamento militare è fin dai tempi antichi un’esclusività del Giappone. È impiegato con scopi ri¬
tuali, come distintivo e insegna di comando e anche come arma di estre¬
ma difesa. Nell'epoca Tokugawa gli spadaccini di Yagyu-ryu hanno usato con buona tecnica il tesseri (ventaglio da guerra) reso famoso dall'eroe Yoshitsune del XIII secolo.
11 Omote è l’azione diretta, che generalmente avviene in linea retta, con¬
trapposta a ura, che sfrutta l’impeto e il movimento dell’avversario e usa linee curve. Quest’ultima è praticamente inesistente nella scherma con la spada.
12 «In un attimo»; suki è un’entità spazio-temporale, che misura in tem¬
po dazione la distanza che separa due oggetti (anche due avvenimen¬
ti). Secondo la filosofia buddhista, la mente crea continuamente lo spa¬
zio e il tempo: basta che questa si arresti che quelli non esistono più.
Così, all'idea di suki si lega il processo di non avere mente per un attimo e ritrovarsi, quindi, quasi si verificasse un'interruzione nella continuità dell’universo, in un altro luogo, nello stesso tempo.
13 Letteralmente «il colpo della doppia anca»; ma va interpretato nel rit¬
mo, nella scelta di tempo e nella psicologia della finta che all'avversario pare reale. C'è un ritmo di: attacco-reazione che viene rotto dalla finta, seguita dal vero attacco.
14 Munen-musho, «Senza scopo e senza idea», è il concetto buddhista della «mente vuota», che si realizza appieno esercitando la concentra¬
zione e poi la meditazione (luna ha un oggetto, l’altra no). Tale stato è pienamente aperto alle informazioni dei sensi, anzi è uno stato di tota¬
le attenzione e Musashi lo usa per invitare ad essere completamente nel gesto. Una delle poesie che gli vengono attribuite dice: «Sotto la spada che si alza / trovi la paura dell’Inferno / ma va oltre, al di là / e troverai la Pura Terra».
15 «Senza che ci sia lo spazio di un capello» riecheggia le parole che Takuan (1573-1645), una delle più grandi figure dello Zen nell'epoca Tokugawa, scriveva a Yagyu Tajima-no-kami (morto nel 1646) per consigliarlo sul tempismo di attacco e contrattacco nella scherma.
16 Nelle moderne discipline di combattimento i puristi disapprovano l’ec¬
cesso di ataru con cui gli agonisti attaccano, basandosi sulle capacità at¬
letiche: attacchi confusi, disordinati e contìnui, casuale ricerca di un ri¬
sultato parziale. Contrapposti alla perfetta azione ponderata e completa di utsu, che mira alla vittoria definitiva.
56 57
HI-NO-MAKI
Libro del Fuoco
Nel
Libro del Fuoco,
descrivendo l'essenza diNito Ichi-ryu,
paragono il combattimento al fuoco. Gli argomenti che riguardano la vittoria e la sconfitta trovano posto in que¬sto libro.
Innanzitutto dirò che molta gente ha un’idea estrema- mente ristretta di ciò che è
heiho
e resta colpita da par¬ticolari insignificanti al riguardo
.1
Essi ricercano l’effi¬cacia correggendo il movimento delle dita, o studiando il gioco del polso, che ha un’ampiezza di qualche centi- metro, e immaginano che la vittoria dipenda dalla velo¬
cità di movimento degli avambracci, come se si stesse maneggiando un ventaglio; o credono di porsi in vantag¬
gio con una posizione appena più solida dell’avversario, quando maneggiano la
shinai;2
infine si dedicano a per¬fezionare nei dettagli il movimento di braccia e gambe, per essere più veloci possibile.
La mia esperienza d
eìl’heiho
studia come affrontare un nemico nel combattimento reale, in occasioni in cui si gioca la vita, affrontando il momento in cui si vive o si muore; e anche come apprendere la Via della spada, fatta di taglio e di punta, di giudizio immediato sulla forza di un attacco e di intuizione. Tu non potrai avvantaggiarti con dettagli tecnici quando indossi ilRoku-gu?
La mia61
Via
deìYheiho
è un metodo valido per mirare alla vitto¬ria combattendo contro cinque e anche contro dieci av¬
versari, adempiendo al principio che «se uno vince con¬
tro dieci, mille possono vincere contro diecimila». Devi tendere a ciò. Naturalmente non è possibile allenarsi quo¬
tidianamente con mille, o diecimila uomini. Ma anche praticando da solo con la spada gli aspetti mentali del mio
heiho
puoi comprendere la strategia per vincere die¬cimila avversari, allenandoti a indovinare la strategia del nemico, intuendo la forza del suo attacco e i punti de¬
boli della sua tattica.
Se tu cercherai di essere il migliore al mondo nel com¬
prendere il mio
heiho,
se ti ci dedicherai giorno e not¬te perfezionandoti sempre di più, ti sentirai trascina¬
re al di là di te stesso verso la libertà, e realizzerai una straordinaria capacità. Realizzerai tutto il tuo poten¬
ziale di essere umano. Questo è in pratica il punto fina¬
le