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Shinmen Musashi

Nel documento IL LIBRO DEI CINQUE ANELLI (pagine 41-46)

1 Tatemae significa «ciò che mostri»; honne «ciò che pensi». Musashi in¬

vita a non rivelare honne.

2 II guerriero usava allargare la fronte rasandosi e raccogliere i capelli a coda, come simbolo di casta.

3 Obi sta per «cintura».

4 Kan significa; «vedere l’essenza delle cose» e ken: «osservarle superfi¬

cialmente» rilevando solo i dati dei sensi. Nel combattimento e anche nella vita kan consiste nel percepire honne dell'avversario e ken nel limi¬

tarsi al suo tatemae.

5 Senza muovere gli occhi. Il pericolo continuo sviluppava nell'uomo-cac- ciatore (idealmente antenato del guerriero) la visione periferica per pre¬

venire gli agguati delle belve che provenivano più pericolosamente dai fianchi. Questa dote serve ugualmente nel combattimento contro più per¬

sone. Studi moderni rivelano che i judoisti hanno una visione periferica allargata rispetto a quella dell’uomo comune.

6 Tameshigìrì è la prova di taglio per la valutazione della lama, solitamen¬

te eseguita da testers professionisti. Ultimata l’opera del fabbro, la lama, montata provvisoriamente in shirasaya, doveva tagliare senza rovinar¬

si tronchetti, o corpi di delinquenti, o anche vecchi elmetti. Kimeshiki:

«tagliare con kime» è un allenamento, o una dimostrazione di decisione nel gesto, eseguita a vuoto, o su canne, o fasci di paglia. Kime è l’inten¬

zione in atto, lo spirito di decisione.

7 Sono tre posizioni che variano nella quantità di peso raccolta sul pie¬

de avanzato.

8 Yin-yang è la popolare espressione cinese per esprimere la filosofia del negativo-positivo, componenti elementari dell’universo secondo il taoi¬

smo; In-yo è l’equivalente espressione giapponese. Nella scherma il passo normale, avanzando un piede e poi sopravanzandolo con l’altro, è consi¬

derato composto di due movimenti. A contatto con l’avversario si avanza

un piede allargando la divaricazione tra le gambe per poi tornare in po¬

sizione riportando alla giusta distanza il piede arretrato: questo è in-yo.

L’avanzare del primo piede è considerato positivo e riportare il secondo è la parte negativa del movimento.

9 Nella tecnica giapponese della spada non ci sono destri e mancini: il pu¬

gno destro è avanzato sul manico e guida il movimento; quello sinistro è arretrato e dà forza all’arma. Vi sono tre posizioni con la lama sull’asse centrale della figura umana: jodan con la spada alta, sopra la testa; chu- dan, con la punta della lama all’altezza degli occhi dell’avversario; gedan con l'arma abbassata all’altezza delle ginocchia. In caso di ostacoli, o si¬

tuazioni particolari la spada è tenuta in basso e lateralmente (migi e

hi-

dari-no-waki, dove migi e hidari significano «destra» e «sinistra»).

10 L’uso del ventaglio come articolo di equipaggiamento militare è fin dai tempi antichi un’esclusività del Giappone. È impiegato con scopi ri¬

tuali, come distintivo e insegna di comando e anche come arma di estre¬

ma difesa. Nell'epoca Tokugawa gli spadaccini di Yagyu-ryu hanno usato con buona tecnica il tesseri (ventaglio da guerra) reso famoso dall'eroe Yoshitsune del XIII secolo.

11 Omote è l’azione diretta, che generalmente avviene in linea retta, con¬

trapposta a ura, che sfrutta l’impeto e il movimento dell’avversario e usa linee curve. Quest’ultima è praticamente inesistente nella scherma con la spada.

12 «In un attimo»; suki è un’entità spazio-temporale, che misura in tem¬

po dazione la distanza che separa due oggetti (anche due avvenimen¬

ti). Secondo la filosofia buddhista, la mente crea continuamente lo spa¬

zio e il tempo: basta che questa si arresti che quelli non esistono più.

Così, all'idea di suki si lega il processo di non avere mente per un attimo e ritrovarsi, quindi, quasi si verificasse un'interruzione nella continuità dell’universo, in un altro luogo, nello stesso tempo.

13 Letteralmente «il colpo della doppia anca»; ma va interpretato nel rit¬

mo, nella scelta di tempo e nella psicologia della finta che all'avversario pare reale. C'è un ritmo di: attacco-reazione che viene rotto dalla finta, seguita dal vero attacco.

14 Munen-musho, «Senza scopo e senza idea», è il concetto buddhista della «mente vuota», che si realizza appieno esercitando la concentra¬

zione e poi la meditazione (luna ha un oggetto, l’altra no). Tale stato è pienamente aperto alle informazioni dei sensi, anzi è uno stato di tota¬

le attenzione e Musashi lo usa per invitare ad essere completamente nel gesto. Una delle poesie che gli vengono attribuite dice: «Sotto la spada che si alza / trovi la paura dell’Inferno / ma va oltre, al di là / e troverai la Pura Terra».

15 «Senza che ci sia lo spazio di un capello» riecheggia le parole che Takuan (1573-1645), una delle più grandi figure dello Zen nell'epoca Tokugawa, scriveva a Yagyu Tajima-no-kami (morto nel 1646) per consigliarlo sul tempismo di attacco e contrattacco nella scherma.

16 Nelle moderne discipline di combattimento i puristi disapprovano l’ec¬

cesso di ataru con cui gli agonisti attaccano, basandosi sulle capacità at¬

letiche: attacchi confusi, disordinati e contìnui, casuale ricerca di un ri¬

sultato parziale. Contrapposti alla perfetta azione ponderata e completa di utsu, che mira alla vittoria definitiva.

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HI-NO-MAKI

Libro del Fuoco

Nel

Libro del Fuoco,

descrivendo l'essenza di

Nito Ichi-ryu,

paragono il combattimento al fuoco. Gli argomenti che riguardano la vittoria e la sconfitta trovano posto in que¬

sto libro.

Innanzitutto dirò che molta gente ha un’idea estrema- mente ristretta di ciò che è

heiho

e resta colpita da par¬

ticolari insignificanti al riguardo

.1

Essi ricercano l’effi¬

cacia correggendo il movimento delle dita, o studiando il gioco del polso, che ha un’ampiezza di qualche centi- metro, e immaginano che la vittoria dipenda dalla velo¬

cità di movimento degli avambracci, come se si stesse maneggiando un ventaglio; o credono di porsi in vantag¬

gio con una posizione appena più solida dell’avversario, quando maneggiano la

shinai;2

infine si dedicano a per¬

fezionare nei dettagli il movimento di braccia e gambe, per essere più veloci possibile.

La mia esperienza d

eìl’heiho

studia come affrontare un nemico nel combattimento reale, in occasioni in cui si gioca la vita, affrontando il momento in cui si vive o si muore; e anche come apprendere la Via della spada, fatta di taglio e di punta, di giudizio immediato sulla forza di un attacco e di intuizione. Tu non potrai avvantaggiarti con dettagli tecnici quando indossi il

Roku-gu?

La mia

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Via

deìYheiho

è un metodo valido per mirare alla vitto¬

ria combattendo contro cinque e anche contro dieci av¬

versari, adempiendo al principio che «se uno vince con¬

tro dieci, mille possono vincere contro diecimila». Devi tendere a ciò. Naturalmente non è possibile allenarsi quo¬

tidianamente con mille, o diecimila uomini. Ma anche praticando da solo con la spada gli aspetti mentali del mio

heiho

puoi comprendere la strategia per vincere die¬

cimila avversari, allenandoti a indovinare la strategia del nemico, intuendo la forza del suo attacco e i punti de¬

boli della sua tattica.

Se tu cercherai di essere il migliore al mondo nel com¬

prendere il mio

heiho,

se ti ci dedicherai giorno e not¬

te perfezionandoti sempre di più, ti sentirai trascina¬

re al di là di te stesso verso la libertà, e realizzerai una straordinaria capacità. Realizzerai tutto il tuo poten¬

ziale di essere umano. Questo è in pratica il punto fina¬

le

deìì’heiho.4

Ba no shidai no koto

Nel documento IL LIBRO DEI CINQUE ANELLI (pagine 41-46)

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