• Non ci sono risultati.

Sul significato di “adeguatezza” La rilevanza della pianifica zione, programmazione e controllo: rules

IL RUOLO DEGLI ASSETTI EX ART 2086 C.C di Silvia Marci *

3. Sul significato di “adeguatezza” La rilevanza della pianifica zione, programmazione e controllo: rules

Nell’ambito della disciplina del bilancio d’esercizio, l’art. 2423 bis, c.c., individua nella prospettiva di continuità aziendale il criterio che deve guidare

il redattore nella valutazione delle voci di bilancio. L’indagine circa la sus- sistenza di tale presupposto implica l’espressione di un giudizio di natura previsionale in ordine alla capacità dell’impresa di operare come entità in funzionamento «senza che vi sia né la necessità di metterla in liquidazione, di cessare l’attività o di assoggettarla a procedure concorsuali» (Doc. 570, CNDCEC, p. 3). Tale valutazione affonda le sue basi nella storia e nel pre- sente dell’impresa, ma nel contempo guarda al futuro, dovendosi estendere, ma non limitarsi ‒ in linea con le indicazioni fornite dallo IAS 1 (2007) ‒ almeno ai dodici mesi successivi la data di riferimento del bilancio.

La rilevanza della valutazione degli scenari futuri e degli strumenti ad essa funzionali emerge altresì dall’art. 2428 c.c., relativo alla relazione sulla gestione, documento a corredo e integrazione del bilancio dal quale deve ri- sultare una descrizione puntuale della situazione attuale della società, del ri- sultato raggiunto, dei «principali rischi ed incertezze»10, nonché una panora-

mica circa le prospettive di operatività futura.

La valutazione in ordine all’esistenza di fattispecie di rischio, inteso come probabilità di subire un danno da processi in corso o eventi futuri, e in ordine all’evoluzione della gestione presuppongono, tuttavia, l’esistenza di modelli strutturati di: i) comprensione del contesto ambientale di riferimento al fine di individuare i rischi interni ed esterni ai quali l’impresa è maggiormente esposta; ii) identificazione e mappatura dei rischi; iii) valutazione di ogni fattispecie in termini di impatto e di probabilità11; iv) previsione di strumenti

di pianificazione, programmazione e controllo (Colombo, 1994; Bocchini, 2011; Strampelli, 2016; Cincotti, 2018).

Dalla relazione sulla gestione dovrebbero emergere, infatti, i rischi pro- babili e quelli possibili (Cincotti, 2018), avuto particolare riguardo del ri- schio finanziario e della sostenibilità finanziaria prospettica, le azioni di mi- tigazione individuate dal management in risposta a tali rischi (Racugno, 2015), oltre che le informazioni sulla prevedibile evoluzione della gestione, dettagliate e contestualizzate nell’ambito delle ipotesi operative che le ren- dono probabili.

Guardando oltre la disciplina del bilancio, dei doveri che impongono agli amministratori una valutazione degli scenari futuri e, in modo particolare,

10 Sulla distinzione tra rischi e incertezze, Cincotti (2018), evidenzia come il legislatore abbia inteso operare una distinzione tra fattispecie diverse: i rischi sono «eventi chiaramente indi- viduabili, seppur futuri e incerti», le incertezze sono «eventi futuri e indeterminati […] la cui incidenza sul risultato dell’esercizio ‒ positiva o negativa ‒ non può essere determinata» (p. 512); nello stesso senso, Strampelli (2016); Maugeri (2014); contra Onesti et al. (2010); But- turini (2008).

della sostenibilità finanziaria prospettica, sono imposti dal legislatore ai fini del perfezionamento di diverse operazioni specifiche, tra le quali la fusione a seguito di acquisizione con indebitamento (Merger Leveraged Buy-Out), la costituzione di patrimoni destinati, la stipula di contratti di finanziamento destinati ad uno specifico affare12, la distribuzione di acconti sui dividendi13,

la riduzione volontaria del capitale sociale14, il rimborso di versamenti a ti-

tolo di finanziamento effettuati dai soci (Miola, 2012), nonché l’operazione ex art. 2358 c.c. (Tronci, 2017).

In altre parole, gli amministratori devono necessariamente confrontarsi con il prevedibile futuro in momenti specifici della vita dell’impresa, quali la redazione del bilancio d’esercizio e la predisposizione della relazione sulla gestione, nonché ogni qualvolta si intenda realizzare un’operazione straordi- naria, ovvero procedere a distribuzioni (di qualsiasi natura) in favore dei soci, essendo tali operazioni ammissibili allorquando la situazione attuale e pro- spettica della società sia ritenuta idonea a supportarne l’ordinaria operatività, così come delineata dai piani appositamente redatti.

3.1. (segue) Standards

Da un’analisi degli obblighi di natura generica a carico degli amministra- tori di S.p.A. (standards) emerge come la necessità che questi si confrontino con il prevedibile futuro non assume rilevanza solo in momenti specifici, bensì in via continuativa, quale parte integrante del modo d’essere dell’im- presa.

All’origine di tale ricostruzione si pone l’art. 2380 bis, c.c., per mezzo del quale il legislatore ha, da un lato, conferito agli amministratori l’esclusività del potere di gestione ed escluso esplicitamente l’attribuibilità di competenze in tal senso all’assemblea (art. 2364, comma 1, n. 5, c.c.) e, dall’altro lato, come inevitabile contrappeso, ne ha rafforzato e chiarito le responsabilità:

12 In tali fattispecie è fatto espresso riferimento al piano economico e finanziario (business plan) dal quale dovrà emergere rispettivamente: i) la sostenibilità finanziaria prospettica; ii) la congruità del patrimonio destinato alla realizzazione dell’affare, le modalità di impiego delle risorse, nonché il risultato che si intende conseguire con l’operazione.

13 Dal prospetto contabile redatto dagli amministratori dovrà risultare che la situazione eco- nomica induce a ritenere che gli utili sussisteranno alla fine dell’esercizio e che la situazione finanziaria della società permette di pagare l’acconto senza fare ricorso né a finanziamenti né ad altre fonti onerose: Cfr. R. Balzarini (2006).

14 Dall’informativa presentata all’assemblea convocata ex art. 2445 c.c., dovrebbe emergere la natura non transitoria dell’eccedenza del capitale sociale e che la situazione finanziaria at- tuale e prospettica rende opportuna/possibile la distribuzione di risorse ai soci.

essi possono compiere tutte «le operazioni necessarie per la realizzazione dell’oggetto sociale», con ciò dovendosi intendere il dovere di porre in essere tutti quegli atti di gestione che si collocano in rapporto di strumentalità con l’attuazione del programma imprenditoriale (Angelici, 2012). Il rispetto della norma, enunciativa del risultato ultimo da raggiungere, presuppone il rispetto del quadro di standards che “riempiono” di contenuto la prestazione dovuta dagli amministratori e che, già alla luce delle intuizioni di un’autorevole dot- trina degli anni Cinquanta, potrebbe essere ricondotto a quello di «buona guida dell’impresa» (Mossa, 1957, p. 425).

Un ruolo fondamentale è assunto dall’obbligo di diligenza, di agire in modo informato (art. 2381, c. 6, c.c.), nonché dal dovere di improntare la propria attività al principio di corretta amministrazione dettato dall’art. 2403 c.c., il quale trova una prospettiva specifica proprio nella creazione di assetti organizzativi, amministrativi e contabili adeguati alla natura ed alle dimen- sioni dell’impresa.

Il minimo comune multiplo tra i suddetti obblighi è, a ben vedere, la con- sapevolezza. Prendendo le mosse dalla Relazione governativa al d.lgs. n. 6/2003 la diligenza richiede «scelte […] informate e meditate, basate sulle rispettive conoscenze e frutto di un rischio calcolato, e non di irresponsabile o negligente improvvisazione», mentre il principio di corretta gestione ex art. 2403 c.c. ‒ avente una posizione apicale nella definizione dei doveri e delle responsabilità degli amministratori a prescindere dal sistema di amministra- zione adottato (Montalenti, 2016) ‒ impone «‹conformità delle scelte di ge- stione ai generali criteri di razionalità economica»15, ossia un processo de-

cisionale ispirato alla corretta informazione (art. 2381, comma 6, c.c.), basato su piani economici, patrimoniali e finanziari, all’adozione di cautele e veri- fiche preventive di valutazione dei rischi e degli effetti delle scelte gestorie, alla ragionevolezza, congruità e compatibilità di queste rispetto al patrimonio e, soprattutto, alle risorse di cui la società dispone16.

L’obbligo di includere tra gli assetti contabili non solo strumenti orientati al presente, funzionali a garantire una corretta, completa e tempestiva rileva- zione dei fatti di gestione, ma altresì al futuro, ossia strumenti di pianifica- zione e, tra gli assetti amministrativi, di controllo è rinvenibile anche in norme che esplicitamente vi fanno riferimento.

La pianificazione trova una sua rilevanza specifica all’art. 2381, comma 5, c.c., là dove prevede che l’organo delegato riferisca al consiglio ed all’or- gano di controllo, con la periodicità fissata dallo statuto e comunque ogni sei

15 In questi termini la Norma di comportamento n. 3.3, Norme di comportamento del collegio sindacale di società non quotate, Settembre 2015, CNDCEC, p. 42 ss.

mesi, sull’andamento generale della gestione, sulle prospettive di prevedibile evoluzione di questa e che il consiglio provveda alla disamina dei piani stra- tegici, industriali e finanziari, la cui redazione costituisce dunque attività do- verosa e non mera facoltà (Irrera, 2005).

Il sistema di controllo interno, cruciale al fine della qualificazione degli assetti amministrativi come adeguati, anche in riferimento alla tempestiva emersione della crisi, trova espresso rilievo normativo nell’art. 2409 octie- sdecies, comma 5, lett. b), c.c., là dove prevede che il comitato per il con- trollo sulla gestione, organo societario del sistema monistico, debba vigilare sulla sua adeguatezza, norma peraltro ritenuta applicabile, alla luce delle in- terpretazioni dottrinarie e delle best practice, a tutte le S.p.A. a prescindere dal sistema di amministrazione in concreto adottato (Montalenti, 2016; Ir- rera, 2005; Buonocore, 2006).

Il sistema, inteso quale insieme delle procedure idonee al monitoraggio dello stato di avanzamento degli obiettivi prefissati nei piani, dell’efficienza ed efficacia della gestione, nonché all’individuazione e controllo dei principali rischi, è parte integrante di una struttura organizzativa adeguata, costituisce attività doverosa e strumentale all’adempimento degli obblighi informativi ri- chiesti in sede di predisposizione della relazione sulla gestione, oltre ad essere un presidio irrinunciabile al fine di una pronta rilevazione delle criticità a com- plemento dell’attività di pianificazione e programmazione. Tra le suddette pro- cedure di controllo, prendendo le mosse dal recente Testo Unico sulle società pubbliche, con gli opportuni adattamenti, è possibile ricomprendere anche il cd. piano di valutazione del rischio di crisi aziendale, ossia un programma dettagliato che, all’esito del censimento e della valutazione dei rischi tipici dell’impresa, determini gli indicatori ritenuti più idonei a cogliere i primi sin- tomi di crisi e, per tale via, consentire un pronto intervento17.

4. Conclusioni

«I tempi moderni stanno facendo rapidamente giustizia di ogni forma di improvvisazione e superficialità mentre, parallelamente, esaltano la raziona- lizzazione di ogni attività in tutte le sue manifestazioni» (Daccò, 1993, p. 73).

Sebbene da un punto di vista concettuale possa apparire banale osservare che l’impresa deve essere organizzata, che l’imprenditore deve avere consa- pevolezza del passato, del presente, ma altresì del prevedibile futuro verso il quale l’impresa va dirigendosi ed operare un monitoraggio continuativo in