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opera del Comitato di studi politici e sociali del Partito, per iniziativa e sotto l’impulso di Giovanni Conti5, e pubblicato nel 1945 su le colonne de «La Costituente»6. Nel ’43, tuttavia, tale progetto poté circolare clan- destinamente: solo Belloni ne garantì, in seguito, una concreta rielabo- razione e una piena diffusione.

Non risulta che Silvio Trentin e Giulio Andrea Belloni abbiano avuto rapporti epistolari; entrambi, però, fecero parte di «Giustizia e Libertà», ed entrambi, in modi e in forme diverse, combatterono il fascismo subendo- ne poi le drammatiche conseguenze quali il carcere e, per Trentin, anche l’esilio7. Belloni, più giovane di circa quindici anni rispetto al partigiano veneto, negli anni del fascismo restò in Italia8 e fu un fedele interprete degli ideali del Risorgimento democratico, convinto che dalla propa- ganda delle opere dei suoi grandi maestri fosse possibile ritrovare una via capace di osteggiare l’avanzata delle forze antidemocratiche e autoritarie9. Egli attinse così al pensiero mazziniano, ma anche a quello cattaneano, al fine di sostenere la scelta federale, che considerava indispensabile sia per l’Italia, sia per l’Europa. Proprio nella dottrina e nell’opera di Carlo Cattaneo è possibile ravvisare il maggior punto di incontro tra Belloni e Trentin10. Soffermandosi sul patriota milanese, Trentin aveva, infatti, sostenuto: «Si può dire davvero che, attraverso le vicende della tenace opposizione con cui Cattaneo, solidale sempre con Ferrari, si adoperò, in ogni circostanza, a controbattere l’azione e la propaganda unitarie di Mazzini, la lotta dal federalismo ingaggiata nel secolo scorso in Italia e in Europa abbia trovato la sua estrema […] espressione»11. Belloni, nella Introduzione a La Città, considerata come principio ideale delle istorie italiane, che egli volle ripubblicare nel 1931, aveva affermato:

5 Per un approfondimento su G. Conti, cfr. A. Spinelli, L’ideale e il metodo: Giovanni

Conti nella storia del repubblicanesimo italiano, 1906-1957, Istituto per la storia del movi-

mento democratico e repubblicano nelle Marche, Ancona 1999.

6 Cfr. Lineamenti costituzionali della Repubblica Italiana, «La Costituente», 4, 30 no-

vembre 1945, pp. 96-110.

7 Per un approfondimento, cfr. M. Guerrato, Silvio Trentin, un democratico

all’opposizione, Vangelista, Milano 1981, pp. 6 ss.

8 Per un approfondimento, cfr. M. Giovana, Giustizia e Libertà in Italia: storia di una

cospirazione antifascista, 1929-1937, Bollati Boringhieri, Torino 2005.

9 Cfr. S. Berardi, Oltre la seconda guerra mondiale. Giulio Andrea Belloni, interprete degli

Stati Uniti d’Europa di Carlo Cattaneo, La Sapienza Editrice, Roma 2012.

10 Non bisogna, tuttavia, dimenticare che anche Silvio Trentin interiorizzò gli in-

segnamenti mazziniani e, soprattutto, la sua vocazione europeista. Per un approfondi- mento, cfr. C. Malandrino, Silvio Trentin pensatore politico antifascista, rivoluzionario, feder-

alista: studi trentiniani, Lacaita, Manduria 2007, pp. 135 ss. Cfr. anche Id., Il contributo di Silvio Trentin alla causa dell’unità europea, Bonacci, Roma 1986.

11 S. Trentin, Stato Nazione Federalismo, in Id., Federalismo e Libertà. Scritti Teorici

[…] la cagione della lunga noncuranza del secolo a suo riguardo [di Cattaneo], sta nel pregio massimo della sua dottrina, indipendente ed originale. E se l’ingrato oblio e la triste sconoscenza sembrano finalmente rotti e superati, lo si deve all’antitesi – ei direbbe – che armando un’età contro l’altra, nell’atto stesso che le associa, avanza il mondo del pensie- ro e rende contemporanei alla posterità i suoi auguratori12.

Entrambi accettarono quindi i valori del federalismo democratico risorgimentale, anche per la comune fede verso gli ideali repubblica- ni. La visione federalista di Trentin si rivestì, tuttavia, ben presto anche dello spirito di Pierre-Joseph Proudhon13, pensatore al quale egli dedi- cò una particolare attenzione nel suo scritto Stato Nazione Federalismo14. «Proudhon», asseriva infatti Trentin, «meglio forse di ogni altro suo con- temporaneo aveva sentito che i rapporti fra gli stati sono destinati a ma- scherare dei conflitti virtuali, permanentemente aperti, fin tanto che uno solo dei soggetti fra i quali essi intercorrono continuerà ad inorgoglirsi della qualità di grande stato ed a rivendicare per sé speciali ed inaliena- bili missioni»15. Tale convinzione proudhoniana era per Trentin estre- mamente importante, in quanto capace di esprimere una «irriducibile opposizione alla formula unitaria ed oppressiva»16: in tal modo la visione federalista assumeva, per il partigiano veneto, una importanza maggiore nella fase dell’organizzazione interna dello Stato rispetto a quella ester- na. Di qui l’attiva partecipazione di Trentin alla Resistenza17, che egli interpretò come dovere morale prima ancora che politico, e per la qua- le rifiutò l’invito pressante di Emilio Lussu e di altri amici di trasferirsi a Roma, per entrare nella direzione generale del Cln18. La sua adesione al Partito d’Azione, all’interno del quale rappresentava l’ala sinistra più

12 G.A. Belloni, Introduzione, in C. Cattaneo, La Città considerata come principio

ideale delle istorie italiane, Vallecchi, Firenze 1931, p. 20. Cfr. anche Id., Carlo Cattaneo e la sua idea federale, a cura di G. Armani, Nistri-Lischi, Pisa 1974; Id., Carlo Cattaneo,

Libreria politica moderna, Roma 1945; Id., Cattaneo criminalista, Bocca, Milano 1943; Id., Cattaneo tra Romagnosi e Lombroso, Bocca, Torino 1931; Id., La dottrina storica di Carlo

Cattaneo e il determinismo economico, Maglione, Roma 1931.

13 Cfr. N. Bobbio, Introduzione, in Trentin, Federalismo e Libertà. Scritti Teorici 1935-

1943, cit., p. XXX. Cfr. anche N. Bobbio, Ricordo di Silvio Trentin: commemorazione di Norberto Bobbio nel decennale della Liberazione, Stampa arti grafiche Sorteni, Venezia 1955.

14 Trentin, Stato Nazione Federalismo, cit., pp. 119-127. 15 Ivi, p. 127.

16 Ibidem.

17 Per un approfondimento, cfr. C. Verri (a cura di), I Trentin a Mira nella Resistenza,

Anpi, Mira 2013. Cfr. anche Id., Il federalismo antifascista di Silvio Trentin, estratto da «Storia e Politica», 2, 2012.

18 Tra gli scritti di Emilio Lussu in onore di Silvio Trentin, cfr. Id., La commemora-

zione di Silvio Trentin, «Giustizia e Libertà. Settimanale veneto del Partito d’azione», 26

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estrema, fu dettata non tanto dalla totale condivisione del programma del Partito, quanto dalla necessità di una lotta comune in nome della quale superare le differenziazioni ideologiche. La particolarità della sua posi- zione all’interno del Partito stesso trovò così un esplicito chiarimento nelle parole di Silvio Lanaro, quando sostenne che Trentin

non era un terzaforzista, per così dire, era un uomo che nel gennaio del 1944, quindi qualche mese dopo il suo rientro nella penisola, aveva rivolto a nome del Partito d’Azione19 un appello ai lavoratori delle Venezie, in cui

sosteneva che le uniche differenze che separavano il Partito Comunista e il Partito d’Azione, a cui appunto apparteneva, non riguardavano l’antica- pitalismo, che condividevano entrambi, ma il ruolo delle forze spirituali della Storia, che il materialismo marxista tendeva invece ad accantonare, e il federalismo, di cui… era un tenacissimo sostenitore20.

2. Il progetto costituzionale di Silvio Trentin

Il progetto di Costituzione federalista per l’Italia, come detto, venne elaborato da Trentin negli ultimi mesi della sua vita, mentre si trovava all’ospedale di Treviso, a causa della grave malattia cardiaca, piantonato e sorvegliato dalla polizia: egli lo avrebbe, infatti, dettato al figlio Bruno21. Quello di Trentin era un progetto molto articolato, che aveva come prima finalità «la costruzione di una repubblica, di chiara marca federalista, che guarda[va] all’Europa e che si fonda[va] ed articola[va] sui consigli azien- dali e territoriali della diverse Regioni»22. In questa, il federalismo era in- teso come autogoverno dei cittadini, della società civile, degli enti locali e delle istituzioni intermedie, sia sociali che economiche; non si limitava quindi ad un semplice disegno di architettura istituzionale, ma diveniva una costruzione strutturale che voleva entrare prepotentemente nel quo- tidiano d’ogni persona. La prospettiva seguita da Trentin era finalizzata a «comporre liberalismo e comunismo, a partire dai grandi principi della li- bertà della persona e della proprietà collettiva, dell’autonomia delle diverse

19 Per un approfondimento sul Partito d’Azione, cfr. G. De Luna, Storia del Partito

d’Azione, Utet, Torino 2006.

20 S. Lanaro, Bruno Trentin a Padova nell’Università antifascista, in I. Ariemma (a cura

di), Bruno Trentin tra il Partito d’Azione e il Partito Comunista, Ediesse, Roma 2009, p. 50.

21 Per un approfondimento, cfr. A. Casellato (a cura di), Lavoro e conoscenza dieci anni

dopo: attualità della lectio doctoralis di Bruno Trentin a Ca’ Foscari, Firenze University Press,

Firenze 2014.

22 I. Ariemma, Attualità del pensiero di Bruno Trentin, in Id. (a cura di) Il futuro del sin-

istituzioni democratiche e della giustizia sociale»23. Il suo pensiero si artico- lava, dunque, come ha sottolineato Norberto Bobbio, lungo due direttive: «[…] sul terreno economico verso il collettivismo; sul terreno politico verso lo Stato pluralistico. L’uno concetto è l’antidoto dell’altro. Quel che vi era di minaccioso per la libertà individuale dal collettivismo doveva essere at- tenuato dal sistema delle autonomie; quel che vi era di iniquo nel sistema dell’economia liberale doveva essere superato dal sistema collettivistico»24. E, a tal riguardo, nei Principi Generali di quello che sarebbe dovuto dive- nire il nuovo testo costituzionale italiano, Trentin scriveva:

L’Italia è una Repubblica federale e rivendica, in questa sua qualità, la dignità e il titolo di membro fondatore della Repubblica europea. Essa colloca in testa della sua Carta ed erige a criterio supremo per la legit- timazione del funzionamento dello Stato i grandi principi della libertà

della persona, della autonomia istituzionale, della proprietà collettiva e della giustizia sociale25.

L’obiettivo di Trentin, in tale contesto, era quello di combinare assie- me umanesimo e diritto, per ricavarne un valore unico ed indiscutibile. Come ha sottolineato, al riguardo, Agostino Matonti:

Il merito di Trentin sta proprio nell’aver considerato l’uomo come un individuo che ha la titolarità dei diritti innati, posseduti già allo stato di natura, da cui è uscito mediante il contratto sociale, o pactum societatis, per dare origine alla società civile in cui acquista rilievo e predominanza la legge. I diritti umani rappresentano, allora, un sistema di valori che hanno la funzione di criterio interpretativo a cui lo Stato deve ispirar- si per realizzare il suo fine ultimo, esplicando a pieno la sua funzione e tutte le sue potenzialità26.

Come ha sostenuto Fulvio Cortese, la Costituzione italiana del 1948 seppe accogliere queste esigenze così profondamente avvertite da Trentin:

Non solo il nuovo ordinamento ‘riconosce e garantisce i diritti inviola- bili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di

23 Ibidem.

24 N. Bobbio, Silvio Trentin, in Id., Etica e politica: scritti di impegno civile, progetto

editoriale e saggio introduttivo di M. Ravelli, Mondadori, Milano 2009, p. 537.

25 Trentin, Abbozzo di un piano tendente a delineare la figura costituzionale dell’Italia al

termine della rivoluzione federalista in corso di sviluppo, cit., p. 341.

26 A. Matonti, La persona intesa come valore in Silvio Trentin, in M. Guerrato (a cura

di), L’antifascismo italiano tra le due guerre: alla ricerca di una nuova unità. Seminario di studi

italo- francese (Jesolo 2-3 aprile 2004), Centro Studi e Ricerche «Silvio Trentin», Comune

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solidarietà politica, economica e sociale’ (art. 2); la Repubblica si impe- gna, con norma precettiva e non meramente programmatica, a ‘rimuo- vere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’orga- nizzazione politica, economica e sociale del Paese’ (art. 3, comma 2)27. La stessa proprietà privata venne da lui valutata nella misura in cui ri- usciva ad assicurare lo sviluppo delle attitudini sociali della persona uma- na, «in cui essa permette a questa di espandersi nella sua pienezza, in cui essa costituisce una garanzia per l’esercizio – nel rispetto della uguale autonomia di tutti i conviventi – delle prerogative essenziali che appar- tengono all’uomo, in quanto uomo libero»28.

Nell’elaborazione del suo progetto costituzionale, Trentin non dimen- ticò, tuttavia, di inserire l’Italia all’interno di una prospettiva europea: sebbene, come accennato, per lui le questioni inerenti l’organizzazione interna dello Stato fossero prioritarie, riteneva indispensabile il supera- mento di una dimensione nazionale. In molte delle sue opere egli pose l’accento sull’esigenza di avviare un processo sinergico verso gli Stati Uni- ti d’Europa; ad esempio, nel saggio Antidémocratie, inserito negli scritti di critica al fascismo, il partigiano veneto aveva affermato: «Se il fascismo è l’anti-Europa, l’Europa non può non essere l’anti-fascismo. Ciò risponde a un bisogno elementare di difesa, ben di più: a un’esigenza superiore di vita»29. Del resto, non bisogna dimenticare che proprio durante la pri- ma fase del suo esilio francese, Trentin contribuì, il 1° ottobre 1928, alla formazione di un patto di alleanza a Bordeaux tra repubblicani italiani e spagnoli, nel quale, tra le altre finalità, vi era anche quella di giunge- re alla formazione degli Stati Uniti d’Europa30. Era quindi naturale che proprio nei Principi Generali del progetto di Costituzione italiana egli ab- bia voluto evidenziare lo stresso legame tra Italia ed Europa. Del resto, anche nel primo articolo dei Principi Generali del progetto costituzionale francese, egli affermò: «La Francia è membro fondatore della Federazione

27 F. Cortese, Libertà individuale e organizzazione pubblica in Silvio Trentin, FrancoAngeli,

Milano 2008, p. 65.

28 Trentin, Abbozzo di un piano tendente a delineare la figura costituzionale dell’Italia al

termine della rivoluzione federalista in corso di sviluppo, cit., p. 343.

29 S. Trentin, Antidémocratie, in Id., Antifascismo e Rivoluzione. Scritti e Discorsi 1927-

1944, a cura di G. Paladini, Marsilio, Venezia 1985, p. 52.

30 Cfr. F. Rosengarten, Silvio Trentin, dall’interventismo alla Resistenza, Feltrinelli,

Milano 1980, p. 97. Cfr. anche Id., Through partisan eyes: my friendships, literary education,

and political encounters in Italy (1956-2013), with sidelights on my experiences in the United States, France, and the Soviet Union, Firenze University Press, Firenze 2014; Id., Silvio Trentin, Italian Anti-fascist Revolutionary, Queens College of the City University of New

europea. È essa stessa una repubblica federale che aggrega 25 regioni au- tonome, ciascuna delle quali costituisce a sua volta un ordine federale»31. L’organizzazione e il funzionamento della Repubblica federale italia- na si sarebbero dovuti incentrare, per Trentin, nel regime dei Consigli, concepiti come mezzi di partecipazione diretta ed «organi di eserci- zio dell’autonomia istituzionale propria dei centri di vita collettiva ai quali si riconducono le sorgenti profonde e permanenti dell’esistenza nazionale»32. Con meticolosità e precisione, Trentin, all’interno del suo progetto costituzionale, si soffermava sui compiti spettanti al Comune, da lui definito «l’assise fondamentale del governo della Repubblica»33 e, successivamente, su quelli della Provincia, sino a giungere alla Regione, ossia «una collettività politicamente autonoma fruente di tutti gli attri- buti statali spettanti a un territorio o a un paese federato»34. Soprattutto in questa nasceva e si sviluppava la vita sociale, che Trentin aveva ri- partito in sette grandi settori fondamentali: «[…] agricoltura; industria; commercio; artigianato; cultura; stampa; collaborazione collettiva in vi- sta di scopi d’ordine spirituale e filantropico»35. In ogni Regione, infatti, le istituzioni professionali ottenevano la loro rappresentanza «sintetica e armonica – in seguito e in forza di delegazioni successive – in un cor- po federativo di terzo grado chiamato Camera federativa regionale»36. I due organi di riferimento, per il funzionamento istituzionale della Re- pubblica, sarebbero dovuti essere, nella visione trentiniana, il Consiglio federativo professionale e il Consiglio delle regioni37. L’importanza da questi assunta, nel quadro del progetto costituzionale, risultava di gran- de rilievo, poiché tra i loro compiti fondamentali vi era anche quello di votare in seduta comune la Costituzione della Repubblica ed eventual- mente modificarla. La scelta dei componenti di tali organi diveniva così estremamente delicata, in quanto era necessario che questi garantissero la più ampia rappresentanza della vita sociale del paese. Con molta pre- cisione e meticolosità, Trentin scriveva al riguardo:

31 Trentin, Abbozzo di un piano tendente a delineare la figura costituzionale della Francia al

termine della rivoluzione federalista in corso di sviluppo, cit., p. 325. Cfr. anche G. Bascherini, 46, Rue De Languedoc, Silvio Trentin, “il cittadino prima della città”, estratto da A. Buratti,

M. Fioravanti (a cura di), Costituenti ombra. Altri luoghi e altre figure della cultura politica

italiana (1943-1948), Carocci, Roma 2011.

32 Trentin, Abbozzo di un piano tendente a delineare la figura costituzionale dell’Italia al

termine della rivoluzione federalista in corso di sviluppo, cit., p. 342.

33 Ivi, p. 347. 34 Ivi, p. 351. 35 Ivi, pp. 344-345.

36 Ivi, p. 351. Le Regioni a cui Trentin faceva riferimento erano: Piemonte,

Lombardia, Veneto, Liguria, Emilia, Toscana, Marche, Umbria, Lazio, Abruzzi, Molise, Campania, Puglie, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna. Cfr. ivi, p. 341.

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Ogni anno, nel corso della prima quindicina del mese di febbraio, l’as- semblea delle Camere federative regionali è convocata per provvedere alla elezione di sette rappresentanti chiamati a sedere in seno al Consiglio federativo professionale della Repubblica italiana. La scelta per mezzo dell’elezione di questi rappresentanti deve esser fatta secondo una proce- dura la quale garantisca un rappresentante a ciascuna Camera federativa regionale. Alla stessa epoca, il Consiglio regionale provvede all’elezione fra i suoi membri di sette rappresentanti della regione, chiamati a sedere in seno del Consiglio delle regioni della Repubblica italiana38.

La città di Roma sarebbe dovuta divenire la capitale federale e all’in- terno della sua circoscrizione avrebbero avuto sede gli organi superiori della Federazione39.

Da quanto appare in tale progetto costituzionale Trentin mostrava un evidente orientamento negativo verso lo Stato centralistico ed autoritario e l’esigenza, al contrario, di una soluzione politica capace di dare voce ad una moltitudine che per troppo tempo era rimasta silenziosa. Biso- gnava rifondare l’Italia e l’Europa su basi diverse, cercando di stimolare la partecipazione politica delle collettività locali, e preservandone usi, tradizioni e costumi. La scelta federalista, dunque, era l’unica percorri- bile al fine di assicurare il concreto rispetto del principio di autonomia:

L’autonomia deve essere posta alla base di ogni attività, all’origine di ogni facoltà e di ogni potere. Essa sarà un diritto, così come essa è in fatto il fermento vitale che solo può render operanti gli interessi degli individui come quelli dei gruppi. Autonomia del cittadino; autonomia dell’im- prenditore; autonomia dell’azienda; autonomia del sindacato; autono- mia delle collettività territoriali, siano esse piccole o grandi, ovunque esse dian prova dell’esistenza di un centro unitario, di un focolare per sé stante, di vita economica o politica o spirituale; autonomia dello Stato40.

3. Il progetto costituzionale di Giulio Andrea Belloni

Il progetto di Costituzione elaborato da Giulio Andrea Belloni risa- liva al 1946, ma, come si è detto, risentiva di uno studio svolto già nel 1943 dal Comitato di studi politici e sociali sotto la guida di Giovanni Conti con il nome di Lineamenti costituzionali della Repubblica41. Il pro-

38 Ibidem. 39 Cfr. ivi, p. 342.

40 S. Trentin, Riflessioni sulla crisi e sulla rivoluzione, in Id., Antifascismo e Rivoluzione.

Scritti e Discorsi 1927-1944, cit., p. 212.

41 Per un approfondimento, cfr. G. Conti, La Costituzione: crisi, deviazioni, incompren-

getto di Belloni, come egli stesso precisò, tenne conto dello scritto del ’4342, ma la sua prospettiva, rispetto all’impostazione precedente, fu sen- sibilmente modificata dagli orizzonti giuridici e politici del suo autore. Lo Stato al quale si voleva dar vita doveva essere federale e democratico, inteso come «organizzazione di libertà locali […] e sollecitazione della plu- ralità dei centri di vita del paese verso l’unità suprema della nazione e del- la vita supernazionale. Necessita, pertanto, tener conto concretamente delle caratteristiche storiche, culturali, economiche che la geografia e le vicende dei secoli, con tanta profusione di varietà, hanno determinato in Italia»43. Stato, quindi, che prendeva il suo vigore «da mutati rapporti delle forze sociali»44, e che voleva affermare i diritti non in «enun- ciazioni, ma in giuridiche applicazioni»45. La sovranità doveva, ora, concretamente risiedere nel popolo, e quindi «nel complesso dei nazio- nali, uomini e donne, che abbiano, per raggiunta maggiore età e capacità civile (e questa deve essere condizionata […] allo stato giuridico ed economico di “lavoratore”) la piena capacità politica: e tale complesso di cittadini eser- cita la sua sovranità raccolto nei Comuni, nelle Regioni, nella Nazione, mediante l’esercizio legislativo»46. Seguendo l’insegnamento mazzinia- no, Belloni parlava di Comuni e di Regioni: non vi era, a differenza del testo di Trentin, accenno alcuno alla Provincia. «Il comune», aveva in- fatti già scritto nel 1861 lo stesso Mazzini, «è una associazione destina-

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