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Evoluzione in tensione

5.4. Simbolo e realtà

Poiché il romanzo naturalista non si fondava su una prospettiva di questo genere, ma riportava una semplice testimonianza e riproduzione fedele della realtà circostante, non era possibile, per Vittorini, accettare una forma espressiva che non fornisse anche lo strumento per ottenere la «realtà maggio re ». Occorreva trovare il linguaggio più corretto per esprimere la realtà al «massimo grado», come faceva il melodramma, attraverso la musica: Vittorini sentiva la necessità di trovare una modalità espressiva evocativa, che fosse capace di esprimere «un qualche grande sentimento generale» accettabile nella poesia: Renato Bertacchini ha bene interpretato questo concetto, affermando che il siciliano cercava un modulo espressivo che rendesse «l’alone, la risonanza, l’eco in profondità, lo spirito del tempo, che gira intorno agli affetti, alla passione stessa dei personaggi»309. Questo linguaggio accentuava il rinnovamento e la scoperta, garantiva – in qualche modo – il raggiungimento di una «realtà maggiore»: «il linguaggio, questo modo d’intendere l’uomo che, rinnovandosi, mutando, scopre il resto dell’uomo»; questa «realtà maggiore» associata al concetto di «resto dell’uomo» rappresenta l’ultimo grado di conoscenza, quello che avvia verso la coscienza umanitaria.

Tale «linguaggio poetico» viene approfondito anche nei primi due numeri di «Menabò», laddove si affronta la questione di Parlato e metafora: l’elemento cardine del primo sono le «frasi fatte», obbligatorie all’interno della comunicazione umana, che rappresentate in narrativa, si confanno propriamente alla tradizione lessicale; ma è possibile creare un linguaggio più vivo, fondato invece sulla mimica e sui toni, che funge da «liberatore» della parola quotidiana: le parole sono dunque libere di essere associate e rapportate ad altre, di modo da rendere la vitalità lessicale e ottenere una più vasta prospettiva plurilinguistica possibile; questa operazione è, tuttavia, molto ardua, poiché significa tradurre in «parola» ciò che parola non è: mimica, gesti, sguardi, pause e toni sono tutti aspetti della realtà comunicativa che non rientrano nella «parola» narrata; l’azione del «tradurre in parola» è, per Vittorini, il «fare metafora», ossia precisare nella parola il senso poetico, coagularvi il senso poetico: è una liberazione dai linguaggi precostituiti della moralità tradiziona le, che sono composti proprio dalle frasi fatte, che interpretano una cultura che viene dall’alto, non una cultura che viene a crearsi, che si può raggiungere.

La poetica di Vittorini, pertanto, si fonda su due dimensioni, che si incontrano e fondono in perfetta armonia tramite l’uso «liberatore della parola». Avviene una sorta di «magico accordo tra concretezza e astrazione, tra linee asciutte e scarne e piena rotondità delle cose, tra sintassi bloccata

309Cfr. Elio Vittorini in Lettera tura ita lia na , I contempora nei, vol. II, a cura di Gianni, Balestreri e Pasquali, Marzorati,

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e linguaggio comune»310. Benché il principale strumento sintattico siano la sottrazione e l’astrazione, queste non creano un distacco tra i due piani, bensì vanno al recupero della «realtà maggio re » scavando a fondo, al di là della semplice superficie delle cose. È il modo che Vittorini utilizza per dire la «verità», per raccontarci una realtà composta da:

Conoscenza, esperienza, vino, pane, olio, sale, aceto, letto, mattini, notti, giorni, mari, uomini, donne, cani, comode automobili, biciclette, colline e vallate, apparire e sparire dei treni sui binari dritti o in curva […] polli che beccano su un tronco di tiglio, odore d’erba e di pelli affumicate e Sicilia.311

Questa citazione è tratta dall’introduzione che Hemingway fece per l’edizione americana di Conversazione in Sicilia: pur descrivendo un altro romanzo, questi sembra riferirsi a una propria opera, al proprio modo di descrivere la realtà. Questo perché, a differenza di ciò che la critica ha ritenuto per anni312, anche lo scrittore di Oak Park è un simbolista : «i simboli nascono, in Hemingwa y, senza travaglio uterino; per elisioni, sottintesi e ritorni d’immagini: come Minerva nacque dalla testa di Giove»313, affermò Vittorini.

Il suo percorso come narratore prende avvio da quelle basilari regole sull’oggettività della cronaca che in lui hanno sempre avuto un fedele seguace: a partire dalla realtà si può provare a gestire la propria inventiva; eppure, la vitalità del testo si ottiene quando vengono registrati quei fatti e quelle emozioni che hanno smosso l’animo dello scrittore, poiché rivive ogni volta che viene a contatto con un lettore. Ma il problema principale di Hemingway è di riuscire a «presentare un’immagine che sia tanto intensa da coinvolgere emozioni universali»314, attraverso un uso corretto del linguaggio, che dunque possa essere denso ed evocativo. Nell’opinione dello statunitense, la narrazione è paragonabile a un iceberg: il singolo evento, anche se descritto liricamente, appare sempliceme nte per ciò che è e rappresenta soltanto la punta di un gigantesco iceberg, la cui parte maggiore rimane appunto nascosta; ma la parte celata, che consta di 7/8 almeno, è quella che interessa far scoprire, poiché indica la profondità dell’animo umano. «La chiarezza dello sguardo e l’essenzialità della parola», permettono dunque di entrare nella «quinta dimensione »: in Verdi colline d’Africa, più precisamente nel primo capitolo Caccia e conversazione, l’autore americano intrattiene un interessante colloquio con un austriaco, Kandisky, anch’egli venuto in Africa per dedicarsi alla caccia; fatte le presentazioni, quest’ultimo si accerta di stare parlando con «Hemingway il poeta» e,

310 A.MASCARET T I,Vittorini e Hemingwa y tra simbolo e rea ltà , cit. p. 120. 311 E.HEMINGWAY,Prefa ce a In Sicily, Canongate, New York, 1941, p. 12.

312 Soltanto con Carlos Baker (Hemingwa y scrittore e a rtista , Guanda, Parma, 1954) si definisce questo as petto della

scrittura di hemingway.

313E.VIT T ORINI,Dia rio in pubblico, cit., p. 162.

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al suo assenso, inizia un vivace discorso (quella ‘conversazione’ che riporta anche il titolo), laddove l’americano – dopo essere stato lungamente supplicato – esprime le sue idee in merito ad alcuni scrittori, ma soprattutto rivela alcuni nodi cruciali della sua opinione intorno alla letteratura e al mestiere di scrittore: secondo il suo giudizio, un narratore competente è colui che risulta capace di ottenere «una quarta» o addirittura «quinta dimensione» della scrittura, un continuo tempo presente che è sia ora sia allora, simultaneamente qui e altrove.

Anche per Hemingway esteriorità (eventi e personaggi) ed interiorità (emozioni e psicologie ) si fondono in armonia, creando una sorta di unico piano pluridime nsionale, laddove si possono distinguere i vari livelli a seconda degli aspetti più evidenti: al piano più propriamente reale si aggregano elementi quali odori e sapori, luci e ombre, sfumature, che caratterizzano invece la quarta e la quinta dimensione. Non vi sono mai forzature teoriche, e non si ricorre mai pertanto a quell’uso intellettualistico e filosofico del linguaggio che Vittorini ha tanto aborrito; la narrazione deve essere fluida, lineare e immediata, perché c’è un perfetto equilibrio tra i vari particolari reali e simbolici: «All the symbolism that people say is shit. What goes beyond is what you see beyond when you know»315 - sta dunque al lettore porsi in tensione con il testo ed entrarci in contatto fino a perdersi entro la profondità di tutti i suoi significati.

La quarta dimensione non si ottiene con la poesia, bensì con la prosa, ma attraverso una prosa che non è ancora mai stata scritta: questo concetto suona molto simile a ciò che Vittorini aveva inteso per il suo romanzo, che riuscisse cioè a «portare altre cose ad essere poesia»316. Si legga, inoltre, questo passo tratto da Conversazione:

‘Ma guarda, sono da mia madre’ pensai di nuovo, e lo trovavo improvviso esserci come improvviso ci si trova un punto della memoria, e altrettanto favoloso, e credevo di essere entrato a viaggiare in una quarta dimensione317.

La «quarta dimensione» cui fa riferimento il protagonista è lo spazio atemporale che si viene a creare quando si stabilisce una connessione tra presenza effettiva e presenza nella memoria: i due piani si vengono a fondere e a quel punto tutto comincia a essere duplice, dai sentimenti ai gesti, dalle azioni ai pensieri; Silvestro è contemporaneamente adulto e bambino. L’importanza che assume il simbolo dell’infanzia, e perciò con esso la «quarta dimensione», riguarda la possibilità utopica di un mondo migliore, schiude quell’apertura nel «mondo offeso» che porta alla convinzione della nuova coscienza

315 E.HEMINGWAY,On writing, cit., p. 16.

316 E.VIT T ORINI,Prefa zione a Il ga rofa no rosso, Einaudi, Torino, 1948, 214. 317 ID.,Conversa zione in Sicilia , cit., p. 191.

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politica e morale dell’uomo. Nell’opera di Hemingway si riconosce allora quella stessa aspirazione ai valori universali cui tanto ambisce Vittorini.