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2.2 Il porto di Piombino

2.3.2 Il SIN del porto di Livorno

Come detto precedentemente in Toscana sono presenti 4 Siti di Interesse Nazionale tra cui l’area del porto di Livorno. Il SIN di Livorno è stato istituito con la legge 426/98, perimetrato con il D.M. 24 febbraio 2003 e ridefinito con il D.M. 22 maggio 2014. Il contorno relativo al primo Decreto Ministeriale (2003) comprendeva il porto nella sua totalità e la zona industriale nella parte a nord, mentre la riperimetrazione del 2014 ha ridotto molto l’area del SIN: perimetro comprende l’area della centrale termoelettrica ENEL, l’area della raffineria ENI e le aree marino-costiere ubicate all’esterno delle dighe foranee.

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La superficie complessiva del SIN è di circa 21000 km2, suddivisi in 15000 km2 marini e di acque interne e 6000 km2 continentali. Di seguito si riporta una rappresentazione cartografica generale del SIN e una geografica specifica delle aree a terra.

Figura 49: cartografia SIN Livorno [57]

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Nell’area del porto di Livorno sono presenti numerosi ed importanti insediamenti produttivi, tanto che è stata classificata come “area critica ad elevata concentrazione di attività industriali”. Il SIN è stato completamente caratterizzato sia nella parte a mare che in quella a terra e le sorgenti di contaminazione sono costituite dai bacini di contenimento non impermeabilizzati dei serbatori di stoccaggio dei prodotti petroliferi (ad esempio ENI), dalle tubazioni interrate (ad esempio fascio oleodotti ENI), dalle fognature, dagli sversamenti accidentali e dall’utilizzo di terreni contaminati per modellazione/riempimento.

In particolare sono stati trovati i seguenti contaminanti sito-specifici nei terreni [52]: ENI: metalli pesanti, BTEX ed idrocarburi leggeri (C < 12) e pesanti (C ≥ 12); TOSCOPETROL (Area ex CARBOCHIMICA): IPA ed idrocarburi pesanti (C ≥ 12); STYRON: metalli pesanti, idrocarburi leggeri (C < 12), idrocarburi pesanti (C ≥ 12)

e creosoto;

ENEL: metalli pesanti ed idrocarburi C ≥ 12;

LAVIOSA CHIMICA MINERARIA: metalli pesanti.

Mentre per quanto riguarda le acque sotterranee, sono stati trovati i seguenti contaminanti sito-specifici [52]:

 ENI: idrocarburi totali, BTEX, MTBE, IPA e composti organoclorurati;  TOSCOPETROL (Area ex CARBOCHIMICA): idrocarburi totali e BTEX;  STYRON: composti organoclorurati e IPA;

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3 Tecnologie di trattamento elettrocinetico

Come già affermato nei paragrafi precedenti, la decontaminazione mediante trattamento elettrocinetico è considerata una delle tecnologie più efficaci ed efficienti per il trattamento di sedimenti marini di dragaggio. Infatti, rispetto ai sedimenti in generale, quelli marini possono essere considerati come un argomento separato poiché il loro trattamento risulta più impegnativo a causa delle caratteristiche chimico-fisiche e dei contaminanti presenti all’interno del sedimento: infatti i sedimenti marini sono composti soprattutto da argille, che conferiscono una bassa permeabilità idraulica, e sono caratterizzati da alta salinità e forte capacità di neutralizzazione degli acidi a causa dell’elevata presenza di materia organica e carbonati [26]. Inoltre questi sedimenti contengono un’enorme varietà di contaminanti pericolosi, come metalli pesanti ed idrocarburi, derivanti dalle attività portuali, dalle industrie, dalle fognature civili e da altre fonti a monte.

Quando però il livello della contaminazione è conforme agli standard normativi i sedimenti di dragaggio possono essere scaricati in mare aperto su fondali elevati, stoccati a terra oppure riutilizzati ad esempio per le costruzioni civili a condizione che i sedimenti non rappresentino un rischio. Ma l’enorme quantità di sedimenti da smaltire e il rischio di trasferimento dei contaminanti nell’ambiente non rende lo stoccaggio sostenibile [27]. Nella bonifica dei sedimenti marini l’inquinamento da metalli pesanti è il problema più importante e in molti casi è causato dall’accumulo dei contaminati che dura per decenni a causa delle attività umane all’interno dei bacini portuali. Inoltre gli effetti dell’invecchiamento causano forti legami tra i metalli pesanti e le particelle del sedimento stesso che rendono difficoltosa la mobilizzazione del metallo stesso [28]. Come se non bastasse i sedimenti marini sono caratterizzati da bassa permeabilità idraulica ed alta capacità tampone: quest’ultima è un parametro fortemente limitante per il processo di decontaminazione perché rappresenta la capacità dei sedimenti marini di opporsi alla variazione di pH ed il pH stesso è il parametro chiave che influenza la mobilità dei metalli pesanti [28].

In questo contesto nasce la decontaminazione elettrocinetica (EKR - Electrokinetic

Remediation), argomento principale della presente tesi, che rappresenta una tecnica

efficiente per affrontare tutte queste problematiche. In figura 51 si raffigura un sistema di EKR applicata ad un suolo contaminato.

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Figura 51: Sistema EKR

L’EKR consiste nell’applicazione di una corrente elettrica a bassa intensità che permette la mobilizzazione di molti contaminanti organici e inorganici da matrici solide [29]. La tecnica più comune applica il campo elettrico mediante coppie di elettrodi, posti all’interno di pozzetti permeabili in cui vengono fatte circolare le soluzioni elettrolitiche condizionate chimicamente per ottimizzare i processi e controllare i parametri operativi. Il campo elettrico provoca il fenomeno di elettrolisi di tali soluzioni, il quale innesca l’avanzamento di un fronte acido dall’anodo al catodo che favorisce il desorbimento degli inquinanti, e di un fronte basico in direzione opposta che ostacola questo processo.

Le reazioni che governano il fenomeno sono le seguenti [30]: Anodo: 2H2O  O2 + 4H+ + 4e- Catodo: 2H2O + 2e-  H2 + 2OH-

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All’anodo si producono quindi ioni H+ e ossigeno gassoso, mentre al catodo ioni OH- e idrogeno gassoso. I gas vengono liberati in atmosfera e gli ioni, invece, migrano verso gli elettrodi opposti, quindi gli H+ si spostano verso il catodo e gli OH- verso l’anodo. Questo movimento genera un gradiente di pH nella matrice solida: il pH tende a diminuire (aumentano le condizioni di acidità) in prossimità dell’anodo mentre tende ad aumentare (aumentano le condizioni di basicità) in prossimità del catodo  l’acidificazione che si propaga dall’anodo favorisce il desorbimento e la solubizzazione degli ioni metallici, migliorando la loro elttromigrazione verso il catodo; all’opposto il fronte basico generato al catodo genera la loro riprecipitazione e adsorbimento, limitando l’elettromigrazione e quindi la mobilità dei cationi metallici. Per risolvere questo problema è assolutamente necessario dosare in maniera controllata acido (agente condizionante) al catolita. I contaminanti, una volta in soluzione, mediante particolari meccanismi di trasporto, si concentrano in corrispondenza degli elettrodi e quindi raggiungono le soluzioni elettrolitiche, le quali sono successivamente estratte e trattate in impianti ex situ. I meccanismi di trasporto sono principalmente tre:

 l’elettromigrazione: è il trasporto sotto l’influsso di un campo elettrico di ioni e altri complessi in soluzione con carica non nulla;

 l’elettrosmosi: è il trasporto di ioni e di complessi disciolti anche senza carica dovuto al movimento fluido. Questo spostamento deriva dal fatto che gli ioni in soluzione acquosa sono sempre idratati (circondati da molecole d’acqua) e quindi il loro moto determina anche il movimento dell’acqua;

 l’elettroforesi: è il movimento di particelle solide colloidali cariche rispetto al fluido quando sono sottoposte a campo elettrico.

I primi due meccanismi di trasporto sopra elencati sono i più significativi: l’elettromigrazione che consente la mobilizzazione delle specie ioniche (ioni metallici) e l’elettrosmosi che permette lo spostamento dei componenti organici. Di seguito in tabella 18, si elencano i principali vantaggi e svantaggi della decontaminazione elettrocinetica.

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Vantaggi Svantaggi

Attuabilità del trattamento nei confronti di

materiali a bassa permeabilità Tempi di decontaminazione lunghi e costi di esercizio elevati (energia elettrica) Flessibilità nell’utilizzo ex situ o in situ Necessità di un fluido di processo

continuamente approvvigionato Capacità di rimozione di metalli pesanti,

radionuclidi e composti organici Se la matrice è “vecchia” i legami tra contaminanti e matrice sono forti e quindi il processo può risultare poco efficiente Possibilità di integrazione con altre tecniche di

bonifica Alcune caratteristiche dei terreni da trattare, come la capacità tampone, possono condizionare il processo

Tabella 18: Vantaggi e svantaggi della decontaminazione eletttrocinetica

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