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I singoli profili di attrito tra colpa e responsabilità in re illicita

Nel documento La colpa in attività illecita (pagine 44-48)

Vediamo ora, più nello specifico, i problemi opposti al “trapianto” della colpa da quella che viene considerata la sua sede naturale, l'attività consentita, entro l'universo dell'attività in radice vietata.

Ci confronteremo, in particolare, con i rilievi di ordine generale riguardanti la possibilità logica e normativa di mantenere la struttura della colpa immutata in re 132 Così invece A. CASTALDO, La struttura, cit., 1028.

133 Adotta questa ottica, ci pare, S. CANESTRARI, L' illecito, cit., 52 ss.

134 In ordine al problema generale dei rapporti tra comminatoria edittale e proporzionalità della pena T. PADOVANI, La disintegrazione attuale del sistema sanzionatorio e le prospettive di riforma: il

problema della comminatoria edittale, in Riv. it. dir., proc. pen., 1992, 419 ss.; in senso critico rispetto ai limiti edittali previsti per l'omicidio preterintenzionale S. CANESTRARI, (voce) Preterintenzione, cit.,

722; vedi anche ID, L'illecito, cit. 274 ss.

135 Sulla giurisprudenza costituzionale in merito alla proporzionalità del trattamento sanzionatorio, con riferimento anche al principio di uguaglianza vedi G. DODARO, Uguaglianza e diritto penale. Uno

illicita.

Sotto il profilo logico vengono segnalati i seguenti punti critici.

In primo luogo, l'impossibilità, in territorio già vietato, di assegnare autentico valore normativo alle regole cautelari, dovuta alla contraddizione ed irragionevolezza in cui cadrebbe l'ordinamento se, a fronte del divieto di agire insito nella norma incriminatrice dolosa, contestualmente tramite la norma colposa intimasse al soggetto di eseguire il reato diligentemente136. Si riporta l'esempio di colui che,

volendo ferire l'avversario, utilizza un coltello arrugginito e cagiona la morte dell'offeso per infezione da tetano; sarebbe ben pensabile una cautela nel senso di disinfettare la lama ma, si afferma, la norma colposa “ferisci con cautela” suonerebbe vieppiù assurda137. Ancora, a fronte di una vittima di sequestro di persona

che si getti dall'auto dei sequestratori trovando la morte, sarebbe assurda una regola cautelare che intimasse ai rei di legare meglio la vittima138. L'unica indicazione

normativa coerente con la compresenza di un illecito base doloso non potrebbe, dunque, presentare un contenuto diverso dalla radicale astensione.

In secondo luogo, sarebbe impossibile, e comunque inutile, ricostruire un agente modello rispetto al quale valutare il comportamento dell'agente concreto. Invero, si afferma, promanando il modello di agente dal tipo di attività realizzata, esso dovrebbe ricavarsi dalle caratteristiche della concreta attività delittuosa, configurandosi così alla stregua di un delinquente modello139. Suonerebbe affatto

paradossale valutare, ad esempio, il comportamento dello spacciatore in carne ed ossa alla stregua dello spacciatore modello, entità di per sé rinnegata a livello sociale e giuridico140. In ogni caso - e così si torna alla prima obiezione - l'agente modello,

136 Cfr.: A. CARMONA, Il versari, cit., 237; ID., La “colpa in concreto”, cit., 4589; S. CANESTRARI, L'

illecito, cit., 122 ss.; R. BARTOLI, “colpa”, cit., 1049. Ammette la vincolatività delle regole cautelari

anche in re illicita F. BASILE, La colpa, cit., 244 ss., argomentando sulla base del principio di

eguaglianza, che imporrebbe di graduare la responsabilità anche in re illicita, per distinguere i casi di agevole prevedibilità da quelli di assoluta imprevedibilità dell'evento, nonché richiamando la necessità di offrire tutela al bene giuridico anche in re illicita tramite l'imposizione del dovere di diligenza, ed infine ricordando che la contraddizione logica tra divieto e dovere neanche si realizzerebbe ove la regola cautelare venisse intesa, in aderenza ad autorevole dottrina, come onere. L'Autore configura esplicitamente la regola cautelare in re illicita come norma di secondo livello che interviene quando la prima ha fallito in ID, L'alternativa, cit., 937 ss.

137 A. CASTALDO, La struttura, cit., 1080.

138 Ibidem.

139 Vedi dottrina citata supra nota 136.

incarnando l'aspettativa dell'ordinamento giuridico, già si asterrebbe dal commettere il delitto base141.

In terzo luogo, rimarrebbe ambiguo il ruolo della evitabilità, posto che essa risulterebbe in re ipsa nella possibilità, peraltro imposta dalla fattispecie dolosa, di astenersi dal delitto base142. E' infatti evidente che, ove l'evento si sarebbe comunque

verificato nonostante l'astensione dal fatto base, sarebbe ancor prima assente il nesso di causalità. Tizio percuote Caio, il quale inciampa, cade, batte la testa e muore: si porrà, secondo questa impostazione, un problema di prevedibilità ma certamente non di evitabilità in quanto l'agente, astenendosi dalla percossa – attività in sé vietata –, avrebbe evitato la caduta e la conseguente morte.

Si nega, coerentemente con questa impostazione, la possibilità di rinvenire un comportamento alternativo lecito, essendo la vicenda sociale già radicalmente illecita143.

Negata la configurabilità della colpa ordinaria nell'attività illecita, la dottrina contemporanea, come abbiamo visto, non si adagia sulla responsabilità oggettiva ma, rinunciando ad un impensabile dovere di diligenza e valorizzando il dato costituzionale, eleva il momento soggettivo della colpa a requisito necessario e sufficiente per collegare l'autore all'evento non voluto sotto il profilo del “potere” di dominio sul fatto144.

Quanto al problema della compatibilità sotto il profilo normativo tra colpa e attività illecita, la dottrina richiama argomenti di stretto diritto positivo, cui si è già fatto più di un cenno, in ordine alla necessità di mantenere, in aderenza al principio di 141 Abbiamo inteso qui dar conto delle principali obiezioni mosse alla colpa in re illicita, senza preoccuparci di incorrere in eventuali duplicazioni: così ad esempio, per chi ritiene che l'agente modello abbia la funzione di conformare la regola cautelare, alla negazione di un agente modello in re illicita corrisponde l'impossibilità di configurare regole cautelari; ove invece si assegni all'agente modello un ruolo di imputazione soggettiva della colpa l'obiezione in parola pregiudicherà direttamente il versante soggettivo. Ancora, non è da confondere l'impossibilità di costruire cautele con la loro doverosità: la tesi che nega il dovere di diligenza afferma, talvolta, la possibilità di pensare delle cautele, prive tuttavia di valore normativo. La trattazione di queste problematiche presuppone il riferimento alla struttura della colpa, infra cap. III.

142 A. CARMONA, Il versari, cit., 240.

143 Cfr. sempre la dottrina citata a nota 136. Vedi anche M. DONINI, Illecito e colpevolezza

nell'imputazione del reato, Milano, 1991, 427-428.

144 Vedi ad esempio R. BARTOLI,“Colpa”, cit., 1050; Continua a rigettare l'idea della colpa in attività

illecita, pur dopo la c.d. sentenza Ronci, ed espressamente nega che la prevedibilità in concreto possa equivalere in tutto e per tutto a responsabilità autenticamente colposa, data l'assenza del relativo versante oggettivo A. CARMONA, La “colpa in concreto”, cit., 4589 ss.

conservazione delle norme giuridiche, un rilievo autonomo a tutte quelle disposizioni codicistiche che si occupano dell'imputazione di un evento in re illicita, con particolare riferimento all'art. 42 comma 3 (responsabilità altrimenti) ed all'art. 83 comma 1 (reato aberrante). In particolare si nota come, estendendo la disciplina colposa in senso stretto a tutte le ipotesi di divergenza tra voluto e realizzato, si perverrebbe ad una interpretatio abrogans dell'art. 42 comma 3, non residuando ipotesi di responsabilità “altrimenti”, e dell'art. 83, dato che il concorso tra reato colposo e quello doloso è già ricavabile dai principi generali145.

Segnaliamo, infine, la presenza di ulteriori profili problematici che, nella nostra ottica, possiamo definire secondari, quali la difficoltà pratico-probatoria di distinguere, in ambito illecito, la colpa dal dolo eventuale146, nonché

l'irragionevolezza di talune cornici sanzionatorie, cui già si è fatto cenno.

Per rispondere agli interrogativi sollevati in merito alla culpa in re illicita occorre procedere attraverso tre diversi steps: l'interpretazione del principio costituzionale di colpevolezza e del suo significato minimo; l'approfondimento della struttura della colpa; la verifica della sua adattabilità, dal punto di vista logico e normativo, al contesto illecito.

145 Per altre obiezioni sul punto, tutte comunque agevolmente superabili in ragione di una interpretazione costituzionalmente orientata, si rimanda all'esposizione di F. BASILE, La colpa, cit.,

103 ss.

146 Vedi in particolare R. BARTOLI, “Colpa”, cit., 1052; Cfr. anche G. DE FRANCESCO, Opus illicitum,

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