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Le tesi che affermano forme di responsabilità soggettiva, differenti dalla colpa,

Nel documento La colpa in attività illecita (pagine 36-39)

3. Rassegna delle tesi dottrinali e giurisprudenziali in ordine al criterio

3.2. Le tesi che affermano forme di responsabilità soggettiva, differenti dalla colpa,

In ragione di una presunta incompatibilità tra colpa in senso proprio ed attività base illecita, parte della dottrina comunque sensibile al principio di colpevolezza abbraccia ricostruzioni che individuano nella culpa in re illicita una forma di responsabilità pur sempre soggettiva, benché diversa dalla colpa.

In particolare, un'autorevole voce inquadra tutte le ipotesi di responsabilità per evento non voluto cagionato in attività illecita all'interno di un'autonoma categoria generale denominata “responsabilità da rischio totalmente illecito”, sviluppata intorno ai concetti di prevedibilità ed evitabilità104. Secondo questa tesi, sebbene in

origine tutte le ipotesi di versari in re illicita fossero effettivamente regolate secondo un criterio di ascrizione per il mero nesso causale, in virtù della successiva positivizzazione del principio costituzionale di colpevolezza l'interprete dovrebbe inserire, nello schema ascrittivo, anche la concreta prevedibilità ed evitabilità dell'evento, quali momenti significativi in grado di denotare, in capo all'agente, un dominio finalistico sul fatto e quindi un coefficiente di colpevolezza.

La premessa sistematica dalla quale muove questa tesi attiene al rapporto tra rischio consentito e rischio vietato. La colpa sarebbe destinata a regolare esclusivamente le vicende sociali che si svolgono in un ambito di rischio consentito e non potrebbe estendersi a quelle attività che, per essere già vietate dall'ordinamento, non tollerano alcun rischio; invero, il momento centrale della struttura della colpa viene identificato nella violazione della regola cautelare, avente la funzione di attestare il passaggio dall'agire lecito a quello illecito, cosicché speculare requisito non avrebbe alcun senso in area in origine già vietata.

La qualità illecita del rischio-base costituirebbe anche il fondamento della maggior risposta sanzionatoria comminata, rispetto al reato colposo, per talune ipotesi di responsabilità da rischio totalmente illecito: nella responsabilità in re illicita il soggetto deve rispondere dell'intero rischio, mentre nella colpa ordinaria soltanto di quella quota che supera il rischio consentito.

104 A. PAGLIARO, Principi, cit., 325 ss.; Cfr. anche V. MILITELLO, Rischio e responsabilità penale,

Milano, 1988, 253; M. GIUFFRIDA, Rischio, cit., 299 ss.; A. CARMONA, La “colpa in concreto”, cit.,

Questa impostazione troverebbe conferma, nella sistematica del codice penale, dal fatto che la stessa responsabilità oggettiva viene prevista esclusivamente con riferimento a fenomeni di versari in re illicita, luoghi che sarebbero appunto estranei alla colpa.

Sotto il profilo tecnico dogmatico, la responsabilità da rischio totalmente illecito troverebbe il proprio riconoscimento normativo ex art. 42 comma 3, rappresentando uno dei casi in cui l'evento è posto “altrimenti” a carico dell'agente. La norma in parola, non specificando che il criterio ascrittivo alternativo a dolo, colpa e preterintenzione debba necessariamente essere il nesso causale, potrebbe accogliere anche contenuti diversi. I requisiti di prevedibilità ed evitabilità vengono ricavati dall'art. 45, norma sul caso fortuito e forza maggiore ritenuta applicabile ad ogni forma di responsabilità penale ed interpretata, quanto al caso fortuito, come imprevedibilità dell'evento e, quanto a forza maggiore, come inevitabilità dell'evento. Alle prime critiche mosse alla responsabilità da rischio totalmente illecito, relative alla mancata precisazione del parametro per accertare la prevedibilità ed evitabilità dell'evento, si è specificato che l'accertamento deve intendersi in concreto e non in astratto e che il comportamento base deve raggiungere la soglia di rilevanza penale105.

Dal combinato disposto degli artt. 45 e 42, interpretati nell'ottica dell'art. 27 Cost., si ricaverebbe, insomma, questa terza forma di responsabilità per l'evento non voluto, dedicata all'agire illecito, differente dal dolo e dalla colpa, ma comunque conforme a Costituzione106.

Tante, e talvolta ridondanti, probabilmente fondate ma a tratti oscure, sono state le critiche mosse alla responsabilità da rischio totalmente illecito dalla dottrina maggioritaria, sia sotto il profilo della sua ammissibilità dogmatica, sia per quanto concerne la sua compatibilità con il principio di colpevolezza107.

105 Per l'evoluzione nel senso della prevedibilità ed evitabilità in concreto cfr. V. MILITELLO, Rischio,

cit., 55 ss. Per le critiche, originarie e successive, alla responsabilità da rischio totalmente illecito, vedi S. CANESTRARI, L'illecito, cit. 262 ss., nonché, il penetrante vaglio critico di F. BASILE, La colpa,

cit., 124 ss.

106 Ritiene che l'art. 45 permetta di costruire un criterio soggettivo di responsabilità compatibile con la Costituzione, pur partendo da premesse diverse da quelle della teoria da rischio totalmente illecito, anche M. TRAPANi, La divergenza, cit. 78 ss.

107 Per altre voci critiche su questa tesi, oltre a quelle già citate nelle note precedenti, vedi G. FIANDACA, Considerazioni su responsabilità obiettiva e prevenzione, in A. M. Stile (a cura di),

Quanto alla ammissibilità dogmatica, la dottrina che ha affrontato l'argomento a proposito dell'illecito preterintenzionale e dei delitti aggravati dall'evento, ha opposto l'incapacità della teoria di descrivere le differenze strutturali esistenti tra il reato aberrante e l'illecito preterintenzionale (inteso in senso lato come comprensivo di taluni delitti aggravati dall'evento), sfumando in questo modo, peraltro, la differenza tra il criterio ascrittivo preterintenzionale e quello di cui all'art. 42 comma 3. Sarebbe altresì infondata l'idea della irragionevolezza di regole cautelari in ambito illecito108.

Sempre sotto il profilo dogmatico, si è contestato l'utilizzo del criterio del rischio consentito per discernere tra azioni lecite e azioni a base illecita, quando invece esso nasce per distinguere l'azione lecita da quella colposa (nel senso che la liceità del comportamento verrebbe determinata proprio dalla sua conformità a regole cautelari)109.

In ordine alla compatibilità del modello in oggetto con il principio costituzionale di colpevolezza, si mette in luce come la prevedibilità ed evitabilità generica, sganciata da una regola cautelare, aumenti sensibilmente il ventaglio di eventi, collegabili sotto il profilo probabilistico alla condotta110. D'altro canto, si è affermato, modulare la

prevedibilità ed evitabilità secondo i criteri operativi della colpa (accertamento in concreto, secondo il modello di agente speculare a quello valevole in ambito colposo) sfumerebbe le differenziazioni tra la responsabilità da rischio totalmente illecito e la colpa stessa, sacrificando in definitiva l'autonomia dogmatica della tesi qui criticata111.

Non è ora il momento di affrontare compiutamente questi rilievi, vi si tornerà sopra nella parte dedicata ai rapporti tra colpa, attività illecita e rischio consentito.

Altre opinioni dottrinali, sempre partendo dal presupposto della incompatibilità tra colpa e territorio illecito e pur non aderendo formalmente alla responsabilità da rischio totalmente illecito, ravvisano nella colpa in re illicita una forma di Responsabilità oggettiva e giudizio di colpevolezza, Napoli, 1989, 29 ss.

108 S. CANESTRARI, L'illecito,cit. 262 ss.; sempre in relazione all'incapacità della teoria in parola di

differenziare i modelli di responsabilità costruiti sullo schema dei delitti aggravati dall'evento, ed in particolare di giustificare la differenza sanzionatoria tra ipotetico concorso di reati e delitti aggravato soltanto su considerazioni di liceità o meno del rischio vedi A. BONDI, I reati aggravati, cit., 123.

109 G. FIANDACA, Considerazioni, cit. 29 ss.

110 A. BONDI, I reati aggravati, cit., 122.

colpevolezza diversa da quella classica colposa.

In particolare, secondo un'opinione, la colpa in re illicita si caratterizza per la prevedibilità in concreto dell'evento da parte del soggetto agente, potendo egli sempre evitare la causazione dell'evento prevedibile. In sostanza, anche questa tesi nega la possibilità di enucleare in re illicita una violazione della diligenza e incentra tutto il rimprovero sul cattivo uso del potere soggettivo112.

Per altra prospettiva dottrinale, la colpa in attività illecita si fonderebbe sì intorno alla valorizzazione del caso fortuito e forza maggiore, ma in una prospettiva esclusivamente processuale. Ritiene questa opinione che l'art. 45 abbia la funzione di limitare la responsabilità nei casi di colpa per inosservanza di legge, in quanto ivi la colpa andrebbe esclusa solo in virtù della imprevedibilità dell'evento (caso fortuito) o inevitabilità (forza maggiore), accertati secondo il criterio dell'homo ejusdem

professionis et condicionis. D'altro canto, si prosegue, la responsabilità oggettiva

sarebbe una ipotesi speciale di colpa per inosservanza di legge, comunque assoggettata alla regola di cui all'art. 45113. La differenza tra colpa in re licita e colpa

in re illicita andrebbe rinvenuta, per questa opinione, non nei rispettivi contenuti, ma

nella semplificazione probatoria propria delle ipotesi di divergenza tra voluto e realizzato, ove l'ordinamento richiederebbe all'accusato di dimostrare in concreto la imprevedibilità ed inevitabilità; aggravamento processuale giustificabile, secondo l'Autore, in ragione delle esigenze di prevenzione generale che animano il versari in

re illicita114.

Tutte le tesi contenute in questo paragrafo si caratterizzano, in conclusione, per il rilievo riconosciuto al potere del soggetto agente, quale dominio finalistico sul fatto.

Nel documento La colpa in attività illecita (pagine 36-39)

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