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Capitolo 1 I partiti politici nelle democrazie occidentali

1.4 Sintesi conclusiva del capitolo

I partiti politici delle democrazie occidentali hanno attraversato diverse fasi evolutive nel corso della loro storia.

Fino alla fine del XVIII secolo la vita politica occidentale era dominata dalla presenza di partiti di notabili, formati da singole personalità note per il loro ruolo sociale.

A quel tempo il suffragio era ancora ristretto ad una piccola parte della popolazione, e la partecipazione politica del popolo era scarsa.

Successivamente, la necessità di dare una risposta alle rivendicazioni delle classi operaie portò alla formazione dei partiti di massa, organizzati rigorosamente a livello burocratico e diretti da persone che facevano della politica la loro professione.

Il declino delle ideologie nella seconda metà del '900 favorì la nascita dei partiti pigliatutto, forze politiche prive di un'anima ideologica, ed orientate sempre più alla competizione elettorale.

La fase successiva fu contrassegnata dall'emergere dei partiti professionali-elettorali, i quali erano formati da professionisti della politica, mossi dall'obiettivo di un buon risultato in occasione di ogni appuntamento elettorale.

Dal momento che il finanziamento pubblico alla politica crebbe sempre di più, si fece strada il modello del cartel party, un'organizzazione centralizzata, con una leadership forte, che svolgeva le proprie campagne elettorali in modo professionalizzato (es. massiccio ricorso ai media).

Le attività del cartel party non erano finalizzate alla rappresentanza, quanto piuttosto all'autoreferenzialità.

La crisi dei modelli di partito fin d'ora citati ha agevolato la comparsa, sulla scena politica di alcune democrazie occidentali (es. Italia), dei partiti personali.

Il partito personale si identifica con il proprio leader, e da esso ne trae le regole, i valori, l'identità e l'organizzazione.

Al suo interno non c'è spazio per posizioni di minoranza.

L'insieme delle interazioni competitive tra i partiti dà vita ai sistemi di partito.

Essi sono distinguibili in sistemi monopartitici, sistemi bipartitici e sistemi multipartitici.

Questi ultimi a loro volta si possono dividere in multipartitismi moderati e multipartitismi estremi. La politica contemporanea, dal canto suo, è sempre più caratterizzata dall'utilizzo dei mass media a fini elettorali e propagandistici.

Specialmente è stata la tv il mezzo che più ha trasformato il modo di fare politica, e che al tempo stesso informa di meno in assoluto.

La tv infatti è capace di creare sub-informazione e dis-informazione.

La sub-informazione è l'impoverimento della notizia sulla quale ci si informa, mentre la dis- informazione è la distorsione dell'informazione attraverso la manipolazione.

Generalmente, i media hanno avuto effetti significativi sulla politica.

Prima di tutto, essi hanno rappresentato un trampolino di lancio per la crescita dei partiti personali. Un'altro effetto è stato quello di determinare un'evoluzione del modo di concepire e svolgere le campagna elettorali, le quali si sono spostate dalle piazze alle radio e infine alle televisioni.

Alla luce di ciò, in Europa si è rilevata sempre di più un'americanizzazione della propaganda politica.

In tema di fabbricazione e diffusione delle notizie l'esplosione di internet, a seguito dei grandi sviluppi tecnologici avutisi alla fine del XX secolo nel mondo occidentale, ha lanciato una sfida diretta e senza esclusione di colpi al mezzo televisivo.

Infatti sempre più persone, in Europa e negli Stati Uniti, navigano on-line.

La crescente influenza dei media nella politica contemporanea è stata abilmente sfruttata dai movimenti sociali, i quali se ne sono serviti per diffondere in modo efficace le proprie rivendicazioni.

I movimenti sociali sono sistemi di rapporti non formalizzati tra una pluralità di individui, gruppi e organizzazioni.

A differenza degli altri attori politici, i movimenti sociali fanno politica usando la protesta, che a sua volta può essere non-violenta o violenta.

La vita di un movimento sociale è caratterizzata da quattro fasi: l'emergenza, la coalescenza, la burocratizzazione e il declino.

Entro la prima fase i movimenti sono molto embrionali e c'è poca o nessuna organizzazione, mentre nella società serpeggia un diffuso malcontento.

Nella seconda fase l'agitazione e il malcontento diventano epidemici e popolari, ed è qui che emerge la leadership e si elaborano le strategie per il successo del movimento sociale.

La terza fase è caratterizzata da alti livelli di organizzazione e di strategie basate sulla coalizione. Questo è il momento in cui i movimenti sociali cominciano a contare su uno staff esperto che ne porti avanti le funzioni.

L'ultima fase è quella del declino, che si suddivide in 4 possibili esiti: la repressione, la cooptazione, il successo e il fallimento.

La repressione è una restrizione dei diritti dei cittadini (es .libertà di parola, stampa, associazione ecc....).

La cooptazione è la nomina o assunzione di un membro in organi collegiali da parte di membri già in carica.

Il successo di un movimento sociale si esplica nel raggiungimento degli obiettivi che esso si era originariamente prefissato.

Infine il fallimento può avvenire o per fazionalismo o per incapsulamento.

Rispetto alle democrazie liberali, basate sulla rappresentanza politica, i movimenti sociali tendono a privilegiare forme di democrazia semi-diretta o diretta (es. referendum).

Il populismo è un'ideologia che vede la società come separata in due gruppi contrapposti, le "persone pure" e "l'èlite corrotta", e secondo cui la politica dovrebbe essere l'espressione della volontà generale del popolo.

In Europa vi è un populismo di sinistra, rappresentato per esempio dal partito socialista scozzese e dal partito socialista olandese, e un populismo di destra, che trova le sue massime espressioni in particolar modo nel Partito della libertà austriaco (FPÖ) di Heinz Christian Strache, nel Fronte Nazional di Marine Le Pen, e nel Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo.

Il secondo capitolo della mia ricerca affronta innanzitutto l'analisi del populismo italiano, dedicando una particolare attenzione alla sua evoluzione storica nel corso del tempo.

Successivamente si entra nel merito delle elezioni politiche italiane del 2013 e di quelle europee del 2014.

Infine, la parte restante del capitolo è dedicata interamente al percorso politico del Movimento 5 Stelle, dai primi passi del suo fondatore (Beppe Grillo) sul web fino alle performance elettorali più importanti.