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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

3) Il sistema del grant

La responsabilizzazione è indebolita anche dal modo in cui vengono effettuati i trasferimenti. Gli enti locali conoscono con esattezza l’am­ montare del grant solo l’anno successivo a quello di riferimento. Inoltre, il grant varia di anno in anno, sia in conseguenza della politica di bi­ lancio del governo che per il cambiamento dei vari componenti del si­ stema del grant stesso, come, ad esempio, il metodo di valutazione del costo della fornitura di uno standard di servizi simile in aree diverse, lina parte di grant viene erogata per compensare gli enti delle variazioni nella base imponibile (resources equalisation). Senza questa perequazione ci sarebbero differenze assai ampie nell’onere d’imposta a carico dei contribuenti. Così, invece, gli enti locali possono applicare la stessa aliquota per livelli equivalenti di spesa. Tuttavia, i valori imponibili variano tra le diverse aree e l’onere d’imposta è più elevato nelle zone in cui le abitazioni sono più costose, a parità di livelli di spesa. E ciò è considerato ingiusto. Inoltre, i trasferimenti sono calcolati in modo molto complesso e che nasconde all’elettorato il costo reale dei servizi locali.

Nel Green Paper si sostiene che per migliorare la responsabilizza­ zione occorre che siano realizzate due condizioni:

— « la base imponibile deve essere ampia, cosicché l’onere non sia ingiustamente concentrato su troppe poche spalle e una larga propor­ zione di elettori abbia un interesse finanziario diretto nelle decisioni del loro ente;

— ci deve essere un chiaro legame tra le variazioni della spesa e le variazioni dell’onere d’imposta » (33).

Giudicati sulla base di questi criteri le rates e l’attuale sistema di grant risultano inadatti a promuovere la responsabilizzazione, sia perché il costo marginale della spesa per quelli che votano non corri­ sponde al costo pieno della spesa stessa (essendo rilevante l’apporto delle non-domestic rates), sia perché il sistema di grant contribuisce ad occultare il preciso rapporto tra decisioni di spesa e finanziamento.

Le proposte avanzate dovrebbero « assicurare che i costi comples­ sivi o i benefici di qualsiasi variazione della spesa di un ente locale cadano sui soli contribuenti familiari » (34). Questo principio, diventato

(33) Cfr. Payvng f o r Locai Government, cit., par. 3.12. (34) Ibidem, par. 10.5.

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noto come full marginai cost principle perché prevede il finanziamento della spesa marginale da parte dei soli beneficiari dei servizi fomi­ ti (35), e il contemporaneo ampliamento della base imponibile (attra­ verso la poli tax) dovrebbero portare ad un miglioramento sostanziale della responsabilizzazione locale nei confronti dei contribuenti e degli elettori.

Sempre nell’ottica della responsabilizzazione, il Green Paper so­ stiene che « l’imposta ideale locale dovrebbe corrispondere al ruolo degli enti locali quali fornitori di servizi e promuovere l’efficiente prestazione dei servizi stessi ai livelli desiderati dalla maggior parte dei membri della comunità. Ciò depone a favore di una forma di imposizione che ha almeno alcune delle caratteristiche di una tariffa » (36).

Il principio a cui si ispira la scelta dell’imposta locale è quello del benefìcio : l’ente fornisce beni e servizi solo se i beneficiari sono disposti a sostenerne il costo.

Le riforme proposte tendono ad attuare i due principi suddetti; in particolare, quelle del sistema del granì e delle non-domestic rates sono disegnate per stabilire il principio marginale, mentre l’introdu­ zione della poli tax locale attua il principio del benefìcio.

4. La proposta che ha suscitato le maggiori riserve è quella rela­ tiva all’introduzione della poli tax in sostituzione delle domestic rates. La motivazione addotta dal governo per l’abolizione delle domestic

rates è che esse sono inique, sia se considerate sulla base del principio del beneficio che sulla base del principio redistributivo.

Dal primo punto di vista si argomenta che il contribuente singolo non gode dei servizi locali (37) nella stessa misura di una famiglia nu­ merosa che vive in una casa identica, e quindi con lo stesso onere di imposta. In relazione al principio redistributivo le domestic rates sono inique perchè l’onere d’imposta lordo (cioè prima degli sgravi) assorbe una percentuale di reddito maggiore per i contribuenti con redditi più bassi (sono quindi regressive) (38). Per ovviare in parte all’inconveniente si deve ricorrere a una serie di sgravi.

Inoltre, il valore imponibile di abitazioni simili è diverso a seconda

(35) Da un punto di vista economico, il principio marginale in questo contesto fornisce agli enti locali l’incentivo per l’assunzione di decisioni con­ sistenti con un’efficiente allocazione delle risorse nell’intera economia. Cfr. Ja c k m a v R . , Accountability, thè Control o f E xpenditure and thè R eform of Locai Government Fvnance, relazione presentata alla Conferenza annuale del- l’A.I.S.Re., Urbino, settembre 1986, p. 12.

(36) Cfr. Paying fo r Locai Government, cit., par. 3.31.

(37) A ll’inizio del secolo molti servizi locali, quali ad esempio gas, acqua, elettricità, protezione anti-incendi, favorivano direttamente la proprietà ; at­ tualmente oltre il 60 % della spesa corrente locale è assorbito da servizi alla persona, quali ad esempio istruzione, servizi sociali, biblioteche.

(38) L ’onere d’imposta lordo per i contribuenti con reddito inferiore a 50 sterline settimanali rappresenta più del 10 % del reddito netto, mentre per i contribuenti con reddito superiore alle 500 sterline settimanali rappresenta meno del 2 % del reddito netto. Cfr. Paying fo r Locai Government, cit., par. F.5.

delle varie zone del paese, per cui famiglie con lo stesso tipo di casa pagano ammontari differenti d’imposta per livelli similari di servizi.

Infine, le domestic rotes sono ingiuste perché solo 1/3 dell’elettorato le paga in misura piena.

La poli tax, che secondo il governo riflette meglio il principio del beneficio per gli attuali servizi alla persona (39) ed allarga considere­ volmente il numero dei contribuenti (40), presenta punti deboli sotto questi aspetti. Infatti, può essere meno equa delle attuali rotes perché impone esattamente lo stesso onere d’imposta agli abitanti del centro cittadino, che possono godere di tutti i servizi offerti, e a quelli delle zone più periferiche, che a volte mancano di servizi essenziali.

Per quanto riguarda l’aumento del numero dei contribuenti, esso può risultare inferiore al previsto se si considera che molti avranno diritto a sgravi per bassi redditi e che le mogli già contribuiscono, di- l’ettamente o indirettamente, al pagamento delle attuali imposte.

In riferimento al principio redistributivo il Green Paper conclude che ... overall a community chwrge would perform no worse than thè

rotes (41). Ciò sembra un’implicita ammissione di iniquità della nuova imposta. Inoltre il Green Paper pare contraddirsi quando, sostenendo che le domestic rotes sono regressive e non riflettono la capacità con­ tributiva, propone l’introduzione di un’imposta capitaria, perciò non collegata minimamente alla capacità contributiva stessa.

La poli tax pone anche problemi operativi che non vanno sotto- valutati. In primo luogo, i cambiamenti proposti implicano due sistemi separati di registrazione (uno per le non-domcstic rotes e uno per la

poli tax), che nel periodo transitorio diventano tre (per le domestic

rotes). Naturalmente ciò comporta costi d’amministrazione addiziona­ li (42). Anche i costi di riscossione subiranno aumenti, in confronto al-(39) M olti servizi non variano con il reddito e, d’altra parte, c ’è una tendenza a variare con il numero dei componenti il nucleo fam iliare (ad esempio, rifiuti, necessità di protezione da parte della polizia). La corrispon­ denza della poli tax con i benefici dei servizi forniti, lungi dall’essere perfet­ ta, è più stretta di quella tra i servizi e il valore imponibile delle domestic rafes.

(40) Gli elettori in Inghilterra sono circa 35 milioni, contro i 18 milioni di contribuenti locali, mentre nel Galles gli elettori sono circa 2.100.000 contro i 700.000 contribuenti locali.

(41) Ofr. Paying fo r L ocai Government, cit., par. 3.37. Foster sostiene che la sostituzione delle rotes con una poli tax non comporta alcuna differenza dal punto di vista della redistribuzione attraverso l ’imposizione locale, che è praticamente nulla. Secondo l’Autore, poiché altre imposte del sistema fiscale, in particolare l ’imposta sul reddito, sono strumenti m igliori per la redistribuzione, non è necessario fare un cattivo uso delle imposte locali (rates o poli tax) a questo scopo. La finalità redistributiva può essere meglio con­ seguita attraverso il sistema di grant. È quindi attraverso i trasferimenti, e non attraverso le imposte locali, che la progressività rientra nel finanziamento della spesa pubblica locale. Ofr. Fosteb 0-, Op. cif., p. 21. Questa argomen­ tazione è in linea con la tradizionale teoria econom ica della finanza locale, che attribuisce la funzione redistributiva a l governo centrale.

(42) Oltre ai costi amministrativi, la registrazione per l’accertamento della residenza (che attualmente non esiste in Gran Bretagna) comporta costi

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ratinale sistema, poiché avvisi di pagamento separati dovranno essere mandati ad ogni individuo registrato. Le possibilità di evasione sono elevate, soprattutto nelle zone in cui vi è un’ampia mobilità e in cui perciò è richiesto un continuo aggiornamento delle registrazioni (43). Il trattamento previsto per i proprietari delle seconde case (raddoppio della poli fax) non tiene conto del fatto che spesso le seconde case sono situate in zone remote con servizi limitati e quindi hanno un basso valore imponibile. Il raddoppio della poli tax porterebbe ad un sostan­ ziale aumento del carico fiscale per tali proprietari e Fimpopolarità della nuova imposta potrebbe essere superiore a quella delle rates.

Il nuovo sistema produce anche sostanziali variazioni tra gli enti locali nei livelli della poli tax da prelevare per mantenere l’attuale livello di spesa. È! stato calcolato ohe alla fine del periodo transitorio l’imposta annuale per adulto varierà dalle 113 sterline di Comwall alle 538 sterline di Haringey. In Inghilterra la poli tax media ammonte­ rebbe a 171 sterline, ma per il 7 % degli enti sarebbe più del doppio della media (44).

Un altro dei punti su cui maggiormente si accentra l’attenzione del

Green Paper riguarda il concetto di responsabilizzazione che, come già ricordato, dovrebbe realizzarsi attraverso un chiaro legame tra le va­ riazioni della spesa e le variazioni dell’imposta locale e che rappresenta la risposta governativa al problema del controllo della spesa (45). Qual­ siasi variazione marginale della spesa dovrà essere sostenuta dalla

poli tax. Non va dimenticato che gli enti locali sono pesantemente coinvolti nel processo di ristrutturazione industriale e nello sviluppo turistico. Gli industriali e i commercianti, i maggiori beneficiari di iniziative in questi campi, potrebbero fare pressione sugli enti locali per un incremento della spesa nei settori interessati, sapendo di essere salvaguardati dal limite posto alle non-domcstic rates (46). Perciò,

qual-« personali », poiché va ad incidere sul radicato ed intoccabile senso della prwaoy.

(43) Su questo punto cfr., ad esempio, Broadfoot J., Paying to r Local Government, in Public Finance and Accountancy, 20 giugno 1986, pp. 59-69, in particolare p. 63.

(44) Cfr. Sm ith S. R. - Squire D. L., The Locai Government Green Paper, in Fiscal Studies, 1986, n. 2, pp. 63-71.

(45) Per il controllo della spesa locale il Green Paper individua tre pos­ sibili opzioni: cambiamento della struttura dell’amministrazione locale; au­ mento dei controlli centrali; miglioramento della responsabilizzazione locale. Nel par. 1.51 la posizione del governo è cosi riassunta : « Il Governo ha la responsabilità di assicurare che quello che il settore pubblico spende sia con­ sistente con ciò che il paese può permettersi. Esso non può rinunciare a questo principio a livello di spesa pubblica locale. Ma né la riform a strutturale né l’accresciuto controllo centrale rappresentano un mezzo allettante per realizzare questa responsabilità. L ’alternativa è di rendere gli enti locali più responsabili verso gli elettori... ». Sull’operatività del concetto di responsabilizzazione cfr. Wabd I. - Wh xia m s P., A ccountability: Panacea or Placebot, in Public Finance and Accountancy, 17 ottobre 1986, pp. 16-18.

(46) Aliquota determinata dal governo centrale con limitata autonomia di manovra da parte dell’ente locale.

siasi aumento della spesa in queste aree sarebbe sostenuto dai contri­ buenti della poll tax, diversi dai beneficiari diretti della maggiore spesa (47). La responsabilizzazione che si vorrebbe raggiungere intro­ ducendo la poll tax (48) verrebbe così distorta dall’introduzione del limite posto al gettito delle non-domestic rates. Inoltre, la responsa­ bilizzazione è oscurata dalla struttura a due livelli dell’amministra­ zione locale, perché non è ben chiaro ai contribuenti qual’è l’autorità responsabile per i diversi servizi. E l’introduzione della poll tax non contribuisce alla soluzione di questo problema (49).

5. La filosofia sottostante al Green Paper è essenzialmente quella del principio del beneficio: gli enti locali forniscono servizi goduti dalle loro collettività e il costo di tali servizi deve essere quindi sopportato lacalmente. L’applicazione di tale principio dovrebbe tendere al miglio­ ramento della responsabilizzazione, che viene identificata con un sistema in cui gli enti locali devono coprire il costo pieno di qualsiasi spesa ad­

dizionale con la nuova imposta (poll tax). Questa definizione di respon­ sabilizzazione differisce sensibilmente da quella data dal Kapporto Layfield, secondo cui un’elevata proporzione del costo totale deve essere sostenuta localmente.

In base alle proposte governative, l’ente locale continuerebbe a derivare le sue entrate correnti dalle non-domestic rates, dai trasferi­ menti dal governo centrale e dalla nuova imposta approssimativamente nella stessa proporzione attuale (nell’ipotesi che il gettito iniziale della

poll tax sia uguale a quello delle domestic rates e che venga istituito il sistema di safety net), ma ogni variazione futura della spesa sarà fi­ nanziata interamente attraverso la poll tax. A questo risultato si per­ viene mediante la trasformazione dell’attuale sistema di trasferimenti legati alla spesa in un sistema di trasferimenti a somma fissa e con la determinazione di un’aliquota uniforme nazionale per le non-domestic

rates, cosicché anche il gettito di queste ultime non risulta influenzato (47) Il Green Paper non fa nemmeno menzione che attualmente una parte significativa della spesa pubblica locale è per servizi all’industria e al commercio, che in futuro non contribuiranno a l finanziamento della spesa mar­ ginale. P er porre rim edio a questa situazione si potrebbe finanziare alcuni servizi, quali, ad esempio, la polizia e il servizio anti-incendio, attraverso ta­ riffe legate a una base assicurativa. Cfr. Jack m an R., Paying fo r Locai Go­ vernment, in Locai Governm ent Studies, luglio-agosto 1986, pp. 51-57, in par­

ticolare p. 55. .

(48) Secondo Gibson il fu ll marginai cost prìnovple basato sulla poli tax non m igliora la responsabilizzazione dell’ente locale ma, in realtà, rende l’ente locale stesso più dipendente dal governo centrale. Questa convinzione gli deriva dai risultati di uno studio precedente, secondo cui negli anni ’60 ci sarebbero state notevoli pressioni per il finanziamento della spesa locale attraverso trasfe­ rimenti e ciò a causa della maggiore regressività dell’imposizione locale ri­ spetto a quella centrale. Cfr. Gibson J., Paying fo r Locai Government and thè Searah fo r AccountaU U ty in Locai Finance, relazione presentata al Sem inano svoltosi il 26 gennaio 1987 presso la London School o f Economica.

(49) Cfr. Weston T., Paying fo r Locai Governm ent: Wales, in Public Finance and Aocountancy, 11 luglio 1986, p. 7.

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dalle decisioni di spesa dell’ente locale. Quindi, le fonti delle entrate autonome degli enti minori si riducono sensibilmente ed aumenta invece la dipendenza dal governo centrale.

Inoltre, se si accetta l’impostazione del Green Paper che un’imposta regressiva si adatta bene all’imposizione locale ne consegue, paradossal­ mente, che l’autonomia tributaria locale — realizzata attraverso una tale imposta — richiede a sua volta un’elevata proporzione di trasferi­ menti, dal momento che l’ammontare prelevato con un’imposta regressiva deve essere necessariamente limitato.

Infine, le proposte in discussione possono essere giustificate solo as­ sumendo che tutti i benefici della spesa pubblica locale cadano sulle famiglie e non anche sulle imprese e che tali benefici si ripartiscano in eguale misura su tutti gli individui. Ma tali ipotesi risultano lontane dalla realtà.

An g ela F rasc h i n i

So m m a r io: 1. Premessa. — 2. Rim borsi e restituzioni. — 3. Posizioni soggettive attive dei privati definite « crediti d’imposta ». — 4. Altre posizioni sog­ gettive attive dei privati. — 5. Definizione del credito d ’imposta.

1. Nelle norme emanate in esecuzione della legge delega 9 ottobre 1981, n. 825 per la riforma tributaria ed in altri successivi provvedi­ menti legislativi l’espressione « credito d’imposta » ricorre sempre più spesso in senso contrario a quello fino allora tradizionale, ossia per in­ dicare situazioni soggettive attive del contribuente nei confronti del­ l’erario. Ancor prima della riforma non era sfuggito alla dottrina l’in­ teresse dommatico dello studio dei rapporti in cui il privato assume la veste di creditore, anziché di debitore, dell’ente pubblico, specialmente dagli Autori che si erano occupati di ritenuta d’acconto (1); ma l’evolu­ zione legislativa cui si è accennato sta sollecitando oggi l’attenzione per l’argomento e rendendo più numerosi i contributi in proposito (2). Ci si chiede, in sostanza, se all’espressione « credito d’imposta » — nel senso sopra indicato — corrisponda nel vigente diritto positivo una serie di fattispecie omogenee, riconducibili in un concetto unitario.

2. È generalmente accettata la suddivisione dei crediti del contri­ buente verso l’ente impositore tra crediti che derivano da versamenti d’imposta indebiti e crediti che derivano da versamenti non indebiti, cui corrisponderebbe la distinzione tra rimborsi e restituzioni (3); il

(*) V oce del Novissimo D igesto, Quarta edizione, si pubblica per gentile concessione della XJTET.

(1) Bo se ixo F., I l prelievo alla fo n te nel sistem a della imposizione di­ retta, Padova, 1972, p. 224, dopo aver sottolineato l’opportunità di indagare più a fon do la « categoria giuridica generale » del credito d ’imposta, osservava come questa stessa espressione potesse «la scia re un po’ perplessi, giacché nella corrente terminologia giuridica non v ’è dubbio che con debito d'imposta s’in­ tenda ciò che il privato deve all’ente pubblico a titolo d ’imposta e che con credito d’imposta si sia sempre indicato ciò che l’ente pubblico ha diritto di pretendere dal privato a titolo d’imposta » Be rlibi A ., Appunti per una costru­ zione giuridica dell’IV A , in Giur. imp., 1968, p. 351, ora in L ’imposta sul valore aggiunto, Milano, 1971, p. 220 descrivendo i crediti destinati ad essere utiliz­ zati mediante detrazione da determinati debiti d ’imposta osservava che « t a li crediti, proprio in rapporto a questa loro peculiarità, si possono chiamare — e di fatto si cominciano a chiamare — crediti d’imposta ».

(2 ) È recente la prima opera monografica : Ingrosso M., Il credito d’im­

posta, Milano, 1984.

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credito d’imposta apparterrebbe a quest’ultima categoria dei crediti non da indebito.

La distinzione vale, e può senz’altro essere accettata come punto di partenza, presentando essa il pregio di raggruppare una serie di casi attorno ad un primo dato comune, e conseguentemente di restringere l’in­ dagine alle sole posizioni soggettive attive dei contribuenti non discipli­ nate dall’art. 2033 c.c.; ma va subito avvertito che — come meglio si vedrà — esistono non solo crediti d’imposta correlati a pagamenti dovuti, ma anche a fattispecie ove non necessariamente è contemplata una ri­ scossione da parte dell’erario.

3. Tra le ipotesi di credito del contribuente verso il fisco non derivanti da versamenti indebiti disciplinate dal diritto positivo con­ viene esaminare innanzitutto, accennando sinteticamente agli aspetti che interessano, le più rilevanti che lo stesso legislatore definisce « crediti d’imposta ».

a) Credito d’imposta per gli utili distribuiti da società ed enti

(arti. 1J, e 92 D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917).

Al contribuente è attribuito un credito pari a nove sedicesimi degli utili percepiti da società per azioni e in accomandita per azioni, a responsabilità limitata, da cooperative e società di mutua assicurazione residenti nel territorio dello Stato, nonché da enti pubblici e privati re­ sidenti che abbiano per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di atti­ vità commerciale, se gli utili concorrono alla formazione del suo reddito complessivo. Per gli utili percepiti da società di persone il credito spetta ai singoli soci. Ai fini della determinazione dell’imposta l’ammontare del credito è computato in aumento del reddito complessivo netto.

Il meccanismo è congegnato in modo da elidere gli effetti della doppia imposizione economica (4) che si verificherebbe se l’azionista dovesse sop­ portare, di fatto, l’onere dell’IRPEG dovuta dalla società sugli utili pro­ dotti ed essere contemporaneamente percosso dall’IRPEF sugli utili di­ stribuiti.

L’utilizzazione del credito è prevista mediante detrazione dall’imposta personale; se l’ammontare del credito è superiore, il contribuente può scegliere se computare l’eccedenza in diminuzione dell’imposta relativa al periodo successivo o chiederne il rimborso nella dichiarazione dei

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