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CAPITOLO 3: IL SISTEMA LOGISTICO ITALIANO

3.1 IL SISTEMA INTERPORTUALE ITALIANO

La maggior parte delle strutture che formano il sistema italiano degli interporti è concentrata nel Nord del Paese. Al 2012 si contavano 21 strutture operative, tra cui 13 (di cui 8 nel solo Nord est) erano concentrate nell'area settentrionale (4 al Centro e 4 al Sud). Tutti gli interporti sono installati in posizioni strategiche prossime ai 10 corridoi prioritari TEN-T che attraversano la Penisola: il Corridoio 1 (Baltico - Adriatico) comprende l'interporto di Cervignano del Friuli, Portogruaro

172 Saccà G., op. cit., p. 16. 173 Rotondi Z. et al., op. cit., p. 34.

174 Studi e Ricerche per il Mezzogiorno, op. cit., p. 49. 175 Ibidem.

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Interporto, Interporto Padova, Interporto di Rovigo e Interporto di Bologna; il Corridoio 3 (Mediterraneo) comprende la S.I.To., CIM di Novara, Polo Logistico Intergrato di Mortara, CePIM - Interporto di Parma, Interporto Quadrante Europa, Interporto Padova, Portogruaro Interporto, Interporto di Cervignano del Friuli; il Corridoio 5 (Helsinki - La Valletta) comprende l'Interporto di Trento, Interporto Quadrante Europa, Interporto di Bologna, Interporto della Toscana Centrale, Interporto Centro Italia Interporto Sud Europa, Interporto Campano, Interporto delle Marche (con la diramazione Bologna - Ancona) e Interporto Regionale della Puglia; il Corridoio 6 (Genova - Rotterdam) comprende il CIM di Novara e Interporto di Rivalta Scrivia176.

All'interno del processo di circolazione delle merci gli interporti giocano un ruolo chiave grazie alla fornitura di una vasta gamma di servizi logistici integrati. Essi, assieme ai porti, sono nodi fondamentali di una più ampia relazione industriale complessa, composta da infrastrutture logistiche connesse direttamente all'immagazzinamento, movimentazione, smistamento e distribuzione delle merci che circolano sul territorio della Penisola attraverso un'articolata rete terrestre (stradale e ferroviaria). Gli interporti sono inoltre i luoghi che garantiscono la funzione cruciale del trasporto intermodale, proprio perché in essi è possibile procedere con un trasbordo di unità di carico da un vettore all'altro (dal treno al camion p. es.), grazie all'utilizzo dei carichi unitizzati come potrebbe essere il container, la cassa mobile o il semirimorchio, senza dover ricorrere a rotture del carico (operazione che invece lievita i tempi di distribuzione della merce e rischia il danneggiamento della stessa).

L'interporto rappresenta dunque a sua volta un insieme integrato di infrastrutture e servizi atti a facilitare lo scambio di merci tra diverse tipologie di mezzi di trasporto.Esso

«[…] ricopre un ruolo di integratore di flussi, in quanto nodo fondamentale di una rete di relazioni che ha, quali interlocutori di riferimento, il sistema ferroviario, quello portuale, gli operatori logistici e gli altri nodi di rete presenti nel nostro Paese ed all’estero»177.

In breve, l'interporto è il centro di cambio di modalità di trasporto, è la struttura di riferimento per l'intermodalità per il traffico merci di lunga percorrenza (solitamente non sotto i 300km). Non solo, esso assolve anche la mansione di decongestionamento dei porti, che si trovano con le banchine stipate di unità di carico, confluendo verso essi le prime operazioni di gestione delle merci178.

176 Rapporto Unione Interporti Riuniti, Il sistema degli interporti italiani nel 2012, 2013, p. 20. 177 Studi e Ricerche per il Mezzogiorno, op. cit., p. 147.

178 Centro Studi Investimenti Sociali per conto di Unione Interporti Riuniti, Il disegno dell'interportualità italiana.

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Va da sé che la costruzione di un'efficace rete interportuale nazionale priva di gravi colli di bottiglia normativi, per una più efficiente e celere movimentazione dei carichi merce in entrata e in uscita, costituisce una principale leva di competitività del Paese nei confronti, per lo meno, delle altre economie della regione.

In Europa gli interporti possono essere chiamati in modi diversi179. Le diverse definizioni adottate, che non sono semplicemente differenze linguistiche, rispecchiano appunto il modo in cui vengono organizzati e i servizi che forniscono. Una legge quadro del 2013 definisce tali strutture nei seguenti termini:

«[…] un complesso organico di strutture e servizi integrati, di rilevanza nazionale, gestiti in forma imprenditoriale e finalizzati al passaggio di merci tra le diverse modalità di trasporto, comunque comprendente uno scalo ferroviario idoneo a formare o ricevere treni completi e in collegamento con porti, aeroporti e viabilità di grande comunicazione»180.

L'interporto italiano, dunque, è una compresenza di strutture logistiche e di strutture terminalistiche. La definizione data dal legislatore vuole sottolineare l'intermodalità quale condizione necessaria per l'installazione di un interporto rappresentata, in primo luogo, da uno scalo ferroviario.

Da ricordare comunque che in Italia una spinta in direzione di politiche che incentivano l'integrazione del trasporto modale tra strada e ferrovia esiste ma è piuttosto timida, e generalmente viene proposta più da parte delle Regioni che da parte del Governo centrale. Si evince che il sistema nazionale di trasporto merci adottato è fortemente squilibrato a sfavore della intermodalità. Esso deve ancora formulare una visione globale del trasporto che consideri lo stesso come un servizio integrato dal punto di origine fino al punto di arrivo e non come la somma di servizi vari e fra loro indipendenti.

Attualmente la capacità produttiva del sistema interportuale italiano poggia su un'area infrastrutturata di oltre 22 milioni di mq. In realtà, quest'area potrebbe essere espansa a circa 38 milioni di mq perché gli interporti italiani hanno (in base a diversi titoli giuridici) la disponibilità di altre aree da infrastrutturare di circa 16 milioni di mq181. Questo particolare sottolinea che gli interporti italiani sono già pronti ad un eventuale ampliamento in direzione della realizzazione di un'intermodalità più efficiente.

179 « “Gunterverkehrszentren” in Germania, “Zonas de Actividaedes Logisticas” in Spagna, “Freight Villages” nel

Regno Unito, “Plateformes Logististique” in Francia e “Transport Centres” in Danimarca», Rapporto Unione Interporti Riuniti, Piano strategico degli Interporti, p. 5.

180 Colluci F. (a cura di), Dossier del Servizio Studi sull’A.S. n. 1185. Legge quadro in materia di interporti e di

piattaforme territoriali logistiche, dicembre 2013, p. 17.

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Le società di gestione degli interporti sono a capitale misto, pubblico e privato, ma prevale la componente pubblica182. Le Regioni, le Province, i Comuni e le Camere di commercio rappresentano la componente pubblica più importante. La componente privata, invece, è rappresentata principalmente da operatori industriali, società autostradali o petrolifere, banche e compagni di assicurazioni183.

Gli interporti principali, per espletare meglio la loro funzione di catalizzatori e razionalizzatori dei movimenti merce, sono dispiegati solitamente vicino a importanti centri produttivi e di consumo, lungo i Corridoi europei e in corrispondenza degli ingressi autostradali dove si snodano le maggiori direttrici dei traffici terrestri (stradale e ferroviario).

Le regioni settentrionali godono del 70% del complessivo delle aree interportuali infrastrutturate, mentre le Regioni del Centro e del Sud ne possiedono, rispettivamente, il 10% e il 20%.