CAPITOLO SECONDO
2.7 Da sistema a mito Affrontiamo, ora, il
tema già accennato delle conseguenze (irrazionali) che il sistema (razionale) produce: ci riferiamo, in particolare, all’atteggiamento mitopoietico dell’uomo
che trasfonde nella Tecnica tutte le proprie speranze e le proprie paure.
“La tecnica è sacra perché è l’espressione
comune della potenza dell’uomo104”: in altre parole,
l’uomo trasferisce il sentimento del sacro, il senso del segreto – elementi costitutivi della sua stessa natura – proprio in ciò che ha distrutto tutto quanto era sacro e spirituale nella società pre-tecnologica105, ovvero sulla tecnica, di modo che “nel mondo dove
siamo è la tecnica che è divenuta il mistero essenziale, […] è un’ammirazione mista a terrore per la macchina106”. La tecnica, dunque, è il nuovo tabù,
adorato e rispettato107 al di là dell’obbligo e della paura, sebbene anche elemento costrittivo dal punto di vista sociale: essa “non è più vissuta come
fenomeno razionale, ma come potenza misteriosa datrice di vita e di morte108”. Lo spiega bene Ellul: la
tecnica in quanto potenza che attacca –
104 La tecnica rischio del secolo, op. cit., p.148.
105 “La tecnica non adora niente e non rispetta niente, ha solo il
ruolo di spogliare, mettere in chiaro, poi utilizzare razionalizzando e trasformare qualunque cosa in mezzo. Ben più della scienza che si limita a spiegare i “come”, la tecnica è sconsacrante perché mostra con l’evidenza e non con la ragione, attraverso l’utilizzazione e non attraverso i libri, che il mistero non esiste”, in La tecnica rischio del secolo, op. cit., p. 145.
106 La tecnica rischio del secolo, op. cit., p.146.
107 “Il timore e l’orrore fanno certamente anch’essi parte di
questa adorazione: è il tremendum, di cui il sacro è sempre investito”, voce “Tecnica” in Enciclopedia del Novecento, op. cit.
sconfiggendole – la divinità, la religione, la spiritualità consolidata, ad un certo punto “si carica
di un elemento sacro, o sembra addirittura un’espressione del sacro, anche se inizialmente si era presentata come dissacratrice e profanatrice. […] In un mondo in cui la tecnica ha svalutato i valori, è la tecnica stessa che non può più evitare di divenire valore e portatrice di senso”.
Proprio l’epiteto “Non si ferma il progresso” esprime la convinzione dell’uomo, nei confronti della tecnica, di una forza ineluttabile di fronte alla quale non si può nulla. Tali fenomeni di fede e adesione totale109 al fenomeno tecnico, sono da considerarsi decisivi per la nascita e la crescita del sistema: ma – da quanto fin qui espresso – ne discende pienamente come “l’autentica adesione di fondo dell’uomo al
sistema razionale della tecnica è irrazionale […] Si tratta della stessa operazione compiuta nel Medioevo, quando si assimilava il cristianesimo alla natura e si riteneva che ogni uomo obbedisse a una morale contemporaneamente naturale e cristiana. In realtà, la morale cristiana poteva essere dimostrata come
109 Come fa notare Paolo HERITIER in L’istituzione assente – Il
nesso diritto-teologia, a partire da Jacques Ellul, tra libertà e ipermoderno, G. Giappichelli Editore, Torino 2001, p. 51, Ellul evidenzia “la natura irrazionale e magica di molti tratti del pensiero moderno e attuale”. In Notes innocentes sur la question herméneutique, in L’Evangile hier et aujourd’hui. Mélanges offerts au Professeur Franz-J. Leenhardt, Labor et Fides, Genève 1968, p. 182, infatti, Ellul precisa che l’uomo moderno « vit dans un univers technicisé comme un etre obsédé par le magique ».
morale naturale solo sulla base della fede. Per la tecnica, ci troviamo di fronte a un atteggiamento analogo”.
Paolo Heritier110 ricostruisce sinteticamente il pensiero elluliano relativo a questo delicato passaggio: “In Essai sur l’Herméneutique de la
sécularisation fictive, muovendo da un accostamento funzionalista, Ellul scollega decristianizzazione e secolarizzazione, facendo di quest’ultimo concetto uno strumento esplicativo nello spiegare l’evoluzione sociale, in qualche modo applicabile ad epoche del tutto diverse e definito in termini epistemologici piuttosto che storici (“le sécularisation est toujours relative au sacré specifique d’une société donnée”). Il processo di secolarizzazione cederebbe sempre il passo alla formazione di una nuova forma del “sacro”, e a questo proposito Ellul fa riferimento alla figura della desecolarizzazione, intesa, già in riferimento agli anni settanta del secolo scorso, come l’emergere di un nuovo sacro costituito dalle idee di Tecnica e di Stato”. In particolare, la Tecnica « désacralisante de tout loi sacré antérieur est vécue précisément comme le principal sacré, parce que c’est elle qui dorénavant fournit, et elle seule, un nouvel ordre irrécusable dans le désordre du monde, une sorte de grille de lecture possibile sur une histoire autrement incohérente, une
garantie d’avenir en meme temps qu’une menace radicale111 ».
Giungiamo così alla fine della parabola evolutiva tracciata da Ellul: il passaggio delineato va dal concetto di tecnica al mito della Tecnica. Da un punto di vista più generale, tenendo conto della linea di pensiero fin qui espressa, è possibile indicare una prospettiva di lettura particolarmente interessante circa il nesso teorizzato della tecnica in quanto mito. A ben vedere, infatti, è possibile scorgere una sorta di percorso circolare che vede il passaggio dal mito alla storia, poi quello dalla storia alla tecnica, infine – praticamente un ritorno al punto di partenza – quello dalla tecnica al mito. Più avanti nella ricerca, proveremo a riprendere i diversi aspetti qualificativi delle istanze qui descritte e le conseguenze relative che esse comportano, soprattutto in termini di modificazioni sostanziali dei concetti stessi di partenza. Al momento, si tratta, invece, per lo più di approfondire quelle conseguenze – più o meno esplicite – delle teorizzazioni dello stesso Ellul. Ed entriamo così nel vivo della questione.
111 Jacques ELLUL, Essai sur l’Herméneutique de la
sécularisation fictive, in E. CASTELLI (ed.), Ermeneutica della secolarizzazione, Istituto di studi filosofici, Roma, 1978, p. 158- 159.