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Il sistema di reward nei soggetti con ASD: studi elettrofisiologic

1.5 Il sistema di reward: cosa c’è dietro la motivazione?

1.5.2 Il sistema di reward nei soggetti con ASD: studi elettrofisiologic

Seppur gli studi di neuroimaging fin qui esposti abbiano evidenziato la presenza di disfunzioni nel sistema di reward in soggetti con ASD, la risonanza magnetica non permette di rilevare le dinamiche temporali dei processi cognitivi studiati. A tal fine l’uso dell’elettroencefalografia ha permesso di rilevare con precisione la cronologia dell’attività cerebrale relata alla ricompensa. In questo tipo di studi vengono presi in considerazione i potenziali evento-correlati (ERP) derivati dalle registrazioni dell’elettroencefalogramma (EEG): essi riflettono la risposta cerebrale media per un singolo evento stimolo che viene presentato ripetutamente. Questa tecnica ha permesso di studiare diverse misure di eventi, compresa la latenza e l’ampiezza di diversi picchi positivi e negativi rilevabili nella forma d’onda degli ERP che riflettono processi quali quali l'attenzione, la memoria, le aspettative, l’anticipazione di un evento atteso e così via. Anche gli studi elettrofisiologici hanno rilevato un funzionamento atipico del sistema di ricompensa in soggetti con ASD in presenza di stimoli sociali e non sociali. La maggior parte degli studi presenti in letteratura sono comunque stati effettuati su soggetti di età superiore ai 6 anni fino all’età adulta.

Un paradigma utilizzato negli studi elettrofisiologici per studiare l’anticipazione delle ricompense sia sociali sia monetarie è il paradigma go-no go. Negli studi che usano tale paradigma viene in genere utilizzato come indicatore di salienza motivazionale l'ampiezza della P3, un picco positivo che si verifica circa 300 ms dopo la presentazione dello stimolo, con maggiori ampiezze indicative di un aumento del valore di ricompensa (Goldstein et al., 2006; Kohls et al., 2011). In un compito di tipo go-no go seguito da ricompensa, soggetti di 14 anni con ASD hanno mostrato una risposta della P3 attenuata in ampiezza in entrambi i tipi di ricompensa sociale (foto di un volto sorridente) e non-sociale (denaro), evidenziando la presenza di un deficit nei processi reward ma non specifico per gli stimoli sociali (Kohls et al.,

2011). Altri studi hanno concentrato la loro attenzione su una componente degli ERP detta

Feedback-related negativity (FNR) anch’essa considerata un indice neuronale indiretto della

risposta alle ricompense ed in modo particolare della componente di piacere (liking) rilevata da elettrodi posti nella porzione frontocentrale dello scalpo. La FNR è caratterizzata da maggiore ampiezza negativa in risposta ad una perdita, come ad esempio la perdita di denaro, piuttosto che da una vincita. Studi sulla locazione di questa componente suggeriscono che essa rifletta l’attività delle sottostanti regioni neuronali implicate nella ricompensa e in particolare SV, vmPFC, ACC (Smith et al., 2010; Sescousse et al., 2010).

In un recente studio Stavropoulos e Carver (2014) hanno misurato le risposte elettroencefaliche di bimbi ASD e gruppo di controllo di 6-8 anni in un compito che prevedeva una fase di anticipazione ed una di raggiungimento della ricompensa servendosi di ricompense sociali (volto sorridente o neutro) e non sociali (freccia ricavata dai volti scrambled). In modo particolare le autrici si sono occupate della misurazione di due componenti del processo di ricompensa: la stimulus preceding negativity (SPN) e la FNR di cui abbiamo appena parlato. La SPN riflette l’attività cerebrale che si verifica in presenza dell’aspettativa di una ricompensa ed è strettamente associata al sistema dopaminergico di reward (Brunia et al., 2011). I risultati dello studio dimostrano che i bambini con ASD hanno risposte anomale in entrambe le fasi di anticipazione (SPN) e raggiungimento della ricompensa (FRN) in presenza di rinforzi sociali. In modo particolare i bambini a sviluppo tipico mostrano una SPN maggiore nell’anticipazione delle ricompense sociali rispetto agli ASD mentre non si riscontravano differenze tra i due gruppi rispetto alle ricompense non sociali. In sintesi i risultati degli studi condotti da Kohl e collaboratori (2011) e da Stavropoulos e Carver (2014) rilevano la presenza una minore ampiezza delle componenti P3 e SPN durante anticipazione di ricompense sociali in soggetti con ASD. Tali risultati sono stati confermati da uno studio recente di Cox e collaboratori (2015) che si sono serviti di stimoli più ecologici: la ricompensa sociale era costituita dal video

di una persona che esprimeva il suo apprezzamento e quella non sociale dal video di caramelle che sarebbero state consegnate alla fine dell’esperimento. In tale studio i ricercatori hanno esplorato l’andamento della componente P3 in soggetti a sviluppo tipico esaminando il modo in cui le risposte a ricompense sociali e non sociali erano modulati dalla presenza di tratti autistici rilevati con un questionario ad hoc, il Social Responsiveness Scale – Adult (SRS-A; Costantino, 2002; Costantino & Todd, 2005). I risultati dello studio hanno rilevato che i soggetti che presentavano maggiori tratti autistici mostravano una componente P3 attenuata rispetto ai soggetti con bassi tratti autistici. I risultati di tali studio suggeriscono la presenza di una associazione tra la risposta neuronale ridotta in presenza di ricompense sociali e deficit nel comportamento sociale nei soggetti con alti tratti autistici (Cox et al., 2015).

1.5.3 Ossitocina e motivazione sociale

Negli ultimi anni un filone di ricerca interessato ai meccanismi molecolari coinvolti nella cognizione e nel comportamento sociale ha rivolto un’attenzione sempre maggiore allo studio dell’ossitocina, un neuropeptide coinvolto nel circuito cerebrale deputato alla ricompensa. In generale le evidenze scientifiche che derivano dagli studi più accreditati concordano nel ritenere che questo neuropeptide, attraverso le interazioni con la dopamina, è coinvolto nei processi di orientamento sociale. In particolare l’ossitocina avrebbe un effetto diretto sulla modulazione della salienza sociale e sulla selettività percettiva attraverso l’amigdala e sulla ricompensa sociale attraverso il Nacc (Bartz et al., 2011). Le evidenze scientifiche dimostrano che l’ossitocina contribuisce a migliorare la salienza di stimoli sociali oltre a rendere più solidi i meccanismi relati all’attaccamento ed ai comportamenti di affiliazione sia negli animali, sia negli esseri umani (MacDonald et al., 2010). Studi condotti su roditori hanno messo in evidenza la presenza di più alti livelli di ossitocina nella fase post-partum sottolineando il

confronti della prole. Variazioni di concentrazione dell’ossitocina sono state riscontrate anche nel comportamento materno umano (Strathearn et al., 2009). Studi effettuati su volontari adulti a sviluppo tipico attraverso la somministrazione intra-nasale di ossitocina hanno permesso di descrivere un’ampia gamma di effetti sulla cognizione sociale quali un aumento della capacità di riconoscimento delle espressioni facciali (Domes et al., 2010), sguardo rivolto agli occhi durante la visione di facce (Guastella et al., 2008) una migliore percezione empatica (Hurlemann et al., 2010), aumento dei comportamenti di cooperazione nella risoluzione di compiti (Declerck et al., 2010) e del comportamento di attaccamento (Buchheim et al., 2010). Al contempo ricerche effettuate su soggetti con ASD hanno riportato livelli inferiori di ossitocina a confronto con soggetti a sviluppo tipico suggerendo che l’alterazione della regolazione di questo neuropeptide potrebbe svolgere un ruolo importante nelle disfunzioni del sistema di reward verso gli stimoli sociali nei soggetti con ASD in quanto potrebbe impedire l’attribuzione di valore motivazionale a questa categoria di stimoli (Bartz et al., 2011). Negli ultimi anni gli studi condotti su soggetti con ASD sono molto aumentati ed i risultati che da essi derivano sono a volte divergenti. In alcuni studi, infatti, è stata usata la somministrazione di singole dosi intranasali di ossitocina (Guastella et al., 2010), in altri invece sono state somministrate serie di multidosi per periodi di tempo più estesi, 5 giorni (Dadds et al., 2013), 2 mesi (Kosaka et al., 2012), 6 mesi (Tachibana et al., 2013; Anagnostou et al., 2014). In un recente studio pilota Anagnostou e collaboratori (2014) hanno somministrato 2 dosi giornaliere di ossitocina per 12 settimane ad un campione di 14 adolescenti con diagnosi di autismo ad alto funzionamento o Sindrome di Asperger. I risultati dello studio hanno evidenziato che la metà del campione ha avuto un importante miglioramento delle abilità di cognizione, funzionamento sociale e riduzione dei comportamenti ripetitivi. Tra questi una piccola parte dei partecipanti (6/14) ha mantenuto tali effetti a 3 mesi dalla sospensione della terapia (Anagnostou et al., 2014). Sebbene questi risultati siano interessanti, ulteriori studi di base e follow-up sono

necessari per accertare gli effetti positivi di questo tipo di terapia e soprattutto la permanenza di tali effetti nel tempo.

CAPITOLO II

Attenzione sociale nei soggetti con ASD nella prima infanzia