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Sistemi dissipativi e attrattori strani

Nel documento Il Caos deterministico - tesi (pagine 62-67)

4.2 Sistemi dinamici caotici

4.2.3 Sistemi dissipativi e attrattori strani

Un sistema dinamico dissipativo, come abbiamo già detto, è caratterizzato dalla contrazione del volume degli stati nello spazio delle fasi quando il sistema si evolve nel tempo.

Consideriamo un semplice sistema dinamico dissipativo: il pendolo smorzato per attrito dell’aria. Tale sistema ha la proprietà di possedere un attrattore, nel caso specifico costituito da un punto. L’attrattore è sostanzialmente il luogo dei punti percorsi dalla traiettoria dopo un transiente sufficientemente lungo. Possiamo dire che esso rappresenta la regione dello spazio delle fasi in cui le traiettorie sono attratte.

Nel caso del pendolo oscillante nell’aria: l’ampiezza di oscillazione si smorza progressivamente e tutte le traiettorie indipendentemente dalle condizioni iniziali si avvicinano al punto fisso stabile, l’attrattore del sistema (Figura 4.8).

Figura 4.8

Pertanto, per questo sistema un volume finito dello spazio delle fasi (che rappresenta alcune possibili condizioni iniziali) si riduce ad un punto, cioè ad un volume nullo. Osserviamo che in questo caso non cambia solo la misura dell’insieme di punti (cioè il valore del volume), ma anche la dimensione: da un’area finita nello spazio θω, quindi una figura a due dimensioni, ad un punto, cioè una figura a zero dimensioni.

In altri sistemi dinamici dissipativi l’attrattore può consistere in un’orbita chiusa. Ad esempio, nel pendolo forzato l’energia perduta nell’attrito con l’aria viene reintegrata dal lavoro della forzante; in questo modo si impedisce lo smorzamento dell’ampiezza e si stabilizza il sistema su un’orbita periodica. Per ogni condizione iniziale, dopo un transiente, si instaura un regime di oscillazioni regolari, cioè nello spazio delle fasi il moto avviene su una curva chiusa. Gli attrattori di questo tipo si chiamano “cicli limite”.

Un sistema dinamico può possedere più attrattori. In tal caso condizioni iniziali diverse possono portare ad attrattori diversi. L’insieme dei punti che si evolvono verso un dato attrattore costituisce il suo bacino di attrazione (Figura 4.9)

Consideriamo ora un semplice sistema, il pendolo in moto oscillatorio: il suo moto è descritto nello spazio delle fasi da una curva chiusa, detta anch'essa orbita. Quando il pendolo viene forzato, ad esempio dalla molla di un orologio, il suo stato di equilibrio tra forzante e attrito è descritto da una curva simile alla precedente, la cui ampiezza nello spazio delle fasi è determinata dallo stato di equilibrio del sistema. Non vi è quindi un 'punto' in cui il pendolo è in equilibrio, ma un insieme di punti dello spazio delle fasi, detto 'ciclo limite' o 'attrattore', al quale il sistema tende ad avvicinarsi indefinitamente. Un sistema caratterizzato da due frequenze di oscillazione avrà come attrattore la figura geometrica costituita dal prodotto diretto dei due cicli, ossia la superficie di un toro.

In generale, nel caso di oscillatori caratterizzati da più frequenze di oscillazione fra loro incommensurabili (moto quasi periodico), la sua traiettoria nello spazio delle fasi tridimensionale non sarà una linea chiusa, e il ciclo limite diventerà un toro.

Punti fissi, cicli limite e tori erano gli unici attrattori che si conoscevano prima del 1963, anno in cui Lorenz scoprì che l'attrattore di un sistema semplificato per la descrizione delle condizioni meteorologiche, un sistema altamente disordinato, era ben più complicato. Egli, infatti, spinto dal desiderio di comprendere l’imprevedibilità delle condizioni metereologiche, partendo dalle equazioni differenziali che descrivono il moto di un fluido e semplificandole ottenne un sistema di tre equazioni con tre soli gradi di libertà. Studiando tale modello, osservò che il comportamento di tale sistema mostrava una chiara aleatorietà. L'aleatorietà del sistema risultò chiara non appena egli provò a simulare il modello mediante il calcolatore: le perturbazioni microscopiche, o piccole differenze nelle condizioni iniziali, vengono infatti amplificate in un tempo brevissimo fino a interferire con il comportamento macroscopico del sistema.

Dopo un iniziale transitorio, la soluzione del sistema mostra oscillazioni irregolari e non periodiche (Figura 4.10).

Figura 4.10

Se si rappresenta la traiettoria, in un piano bidimensionale dello spazio delle fasi, essa mostra una struttura a forma di farfalla e sembra che essa ripassi ripetute volte dallo stesso punto, ma se invece si visualizza in uno spazio tridimensionale appare evidente che essa non ripassa mai dallo stesso punto (Figura 4.11).

Figura 4.11

Questo tipo di comportamento non poteva essere collegato a nessuno degli attrattori noti sino a quel tempo, ma ad un attrattore di nuovo tipo che venne indicato come attrattore di Lorenz. Esso fu il primo di quella categoria di attrattori

complessi che porta ora il nome, usando una terminologia introdotta da Ruelle, di attrattori starni o caotici.

Le caratteristiche di un attrattore caotico sono le seguenti:

• esso è un attrattore, cioè una regione finita dello spazio delle fasi che attrae asintoticamente tutte le traiettorie contenute nel bacino di attrazione. Inoltre l’attrattore deve essere indecomponibile, cioè la traiettoria dovrebbe visitare ogni punto di esso nel corso del tempo.

• La proprietà che rende l’attrattore strano è la sensibile dipendenza dalle condizioni iniziali; cioè, malgrado la contrazione del volume, le lunghezze non si contraggono in tutte le direzioni, e punti arbitrariamente vicini inizialmente, diventano macroscopicamente separati sull’attrattore dopo tempi sufficientemente lunghi.

Vi è un meccanismo dinamico che rimescola le traiettorie su un attrattore strano nello spazio delle fasi. Si tratta di una operazione di stiramento e piegatura, descritta nei testi, come il modo in cui un fornaio impasta. La divergenza esponenziale è un fenomeno locale: dal momento che la dimensione degli attrattori è finita, due orbite situate su un attrattore caotico non possono continuare a divergere esponenzialmente per sempre. Benché le orbite divergano e seguano strade sempre più diverse, prima o poi devono passare di uovo una accanto all’altra. Le orbite situate su un attrattore caotico vengono mescolate da questo processo proprio come due gocce di cioccolato inizialmente vicine vengono mescolate in un impasto da un fornaio. L’aleatorietà delle orbite caotiche è una conseguenza di questo processo di mescolamento. L’operazione può essere studiata anche analiticamente formalizzando la cosiddetta “trasformazione a ferro di cavallo”, Figura 4.12.

Figura 4.12 tratta J. Gleick, CAOS, LA NASCITA DI UNA NUOVA SCIENZA, Rizzoli, (2000)

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