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NODI E CHIAVI DI LETTURA

4.1. c – I sistemi di villa nel paesaggio italiano.

Le regioni italiane interessate dal fenomeno dei sistemi di villa e paesaggio sono diversi e dislocati un pò in tutta la penisola da nord a sud ed ognuno si distingue dall’altro per funzioni e caratteristiche legate principalmente alla morfologia ed alla vocazione del sito in cui si trovano.

Sebbene risalenti ad epoche diverse, il denominatore comune è per tutte il rapporto con il paesaggio rurale, attraverso l’agricoltura, l’allevamento e la caccia, e con la villeggiatura, più o meno lontano dalle ville di città.

In molti casi, come nei sistemi di ville rinascimentali toscane, venete o estensi, la villeggiatura andava di pari passo con l’attività agricola, in altri casi, l’agricoltura rappresentava l’attività principale, per cui le ville rappresentavano il nucleo centrale ed erano incorporate in programmi di razionalizzazione del rendimento produttivo o trasformazioni agrarie.

Le regioni italiane in cui il fenomeno è più manifesto ed i casi di sistemi di ville risultano più studiati sono: la Lombardia, il Piemonte, il Veneto, l’Emilia Romagna, la Toscana, il Lazio, la Campania, la Puglia e la Sicilia.

Si può trovare una sintesi della lettura di alcuni di questi sistemi di villa nel contributo di Marcello Fagiolo nella pubblicazione a cura di Vincenzo Cazzato (2006, p. 14-33), in cui lo studioso raggruppa 4 sistemi di villa che hanno in comune il fatto di essere diversi aspetti, tra cui quello di essere residenze reali ed insieme ville-belvedere: il Lazio, il Piemonte sabaudo, i Siti Reali borbonici e la Sicilia con Bagheria.

In una pubblicazione successiva (Benes M., Lee M. G. 2011) il contributo di Fagiolo sarà complementare al contributo di Cazzato sulle residenze delle classi emergenti in due aree dell’Italia meridionale, la Sicilia ed il Salento. Procedendo con un itinerario che da nord a sud ci conduce all’interno di questi sistemi di villa, incontriamo la Lombardia, con le sue ville barocche intorno a Milano, in stretta correlazione con i palazzi urbani. Oltre ad essere l’emblema di uno status e destinate alla villeggiatura, erano principalmente centri di controllo del lavoro agricolo e rappresentavano il cuore pulsante della produzione

agricola, estremamente importante per tutta la regione.

Dall’esempio delle fattorie lombarde prenderà spunto Lorenzo il Magnifico che, in continuo contatto con Ludovico Sforza, importerà il modello della cascina in Toscana per la realizzazione delle Cascine di Tavola, connesse alla villa di Poggio a Caiano.

Spostandosi verso il Piemonte, si trovano le ville sabaude di Torino, che insieme alle ville tuscolane di Frascati in Lazio e alle ville borboniche intorno a Napoli in Campania, sono state analizzate da Fagiolo, evidenziando il ruolo importante svolto dalla caccia, funzione che le accomuna e di cui lo studioso mette in luce l’organizzazione territoriale e le diverse pratiche. La novità del suo apporto sta nel creare una analisi critica comparativa che dimostra le correlazioni esistenti di carattere formale e socio-politico tra i vari sistemi.

In particolare, il paesaggio dei sistemi di ville sabaude e borboniche si distinguono per essere caratterizzati da ampi terreni destinati a bosco e, come sottolinea anche Vincenzo Cazzato, la cacciagione e la pesca costituiscono uno dei motivi alla base della realizzazione di varie residenze, ad esempio la palazzina di caccia di Stupinigi e la residenza reale di Portici. In questi casi l’agricoltura rivestiva un ruolo meno importante, mentre la caccia spesso poteva influenzare e modificare anche in modo significativo la struttura formale della villa stessa (Fagiolo, 2011, p. 82).

Marcello Fagiolo rimarca anche l’importanza del genius loci (Norberg- Schulz, 1979, p. 142-147) espresso in ciascuna delle relazioni tra villa, colline, antichi manufatti e sottolinea come l’avvento di questi sistemi di villa abbiano contribuito ad aprire ville e giardini verso il paesaggio, trasformandolo in un giardino esteso, il dantesco giardino dell’impero (Fagiolo 2011, p. 105).

Per quel che riguarda il Veneto, grazie ad una veloce diffusione del modello insediativo della villa di campagna o di quella suburbana nel corso del Cinquecento, ha preso forma una complessa e articolata integrazione tra gestione del territorio e discipline umanistiche, propugnata dai diversi attori della renovatio veneziana, alla ricerca di un’armonia tra l’incontro degli interessi del proprietario e la bellezza e la funzionalità del suo podere (Rallo, Cunico, Visentini 2015, p. 32). Come sottolineano gli autori, questo ricco sistema di Venaria Reale a Torino, Villa Barbarigo a Valsanzibio, Palazzo Schifanoia a Ferrara.

ville deve la sua origine alle bonifiche dovute all’espansione romana della X

Regio Venetia et Histria che grazie alla fertilità del terreno ed alla necessità di

controllare i confini, diedero forma al paesaggio delle centuriazioni disegnato dalle partiture regolari dei canali, delle divisioni poderali e dei percorsi stradali. Scendendo verso l’Emilia Romagna si incontrano le Delizie estensi, nei dintorni di Ferrara che costituiscono un sistema di ville, inserite nella Lista del Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco già dal 1999, la cui funzione era principalmente di rappresentanza. Erano residenze pronte ad accogliere una corte itinerante come quella degli Este, e dove non mancavano boschi dedicati alla caccia, in particolare a Palazzo Schifanoia (Folin 2007, p. 9-38).

Anche la Liguria, in cui non era e non è disponibile una grande superficie da dedicare all’agricoltura, le ville genovesi erano principalmente di rappresentanza dello status dell’aristocrazia cittadina, che a ponente e a levante della città cosparse il paesaggio acclive della fascia costiera di ville, orti e giardini di rilevante qualità. Nonostante avessero anche un certo controllo sulle proprietà rurali ricavate con la costruzione dei terrazzamenti -e non mancano esempi di ville con giardini sviluppati su più livelli che si legano al paesaggio dei coltivi (agrumi, piante da frutto, olivi)- nella maggior parte si tratta di ville di rappresentanza, legate a famiglie con relazioni di parentela o di appartenenza a clan nobiliari (Ghersi 2016, p.10).

Per ciò che riguarda la Campania, si è già fatta menzione delle ville campane anche grazie all’apporto, oltre che di Fagiolo e Cazzato, anche di Roberto Pane che ne ha descritto i tratti distintivi.

Per ciò che concerne la Sicilia, a Bagheria, non molto lontano da Palermo, si distingue un sistema di ville con funzione predominante di villeggiatura. In particolare fu durante il 1600 che i bagli rurali, votati alla produzione, iniziarono ad essere trasformati in residenze suburbane, vere e proprie corti vicereali, in cui l’otium prevaleva sul negotium e si prediligevano lo studio ed il ricreamento in mezzo e con la natura (Scaduto 2016, p. 304). Prima di quella data, e fin dal 1365, la fascia di territorio ad est ed ovest di Palermo apparteneva a vari nobili, prelati e ricchi borghesi che lo coltivavano e per poter soddisfare le richieste di derrate alimentari per la vicina città.

Per ciò che riguarda le residenze del Salento, Cazzato mette in luce gli aspetti dell’autenticità del sistema, che ha preso forma con il ridisegno di vaste aree del paesaggio rurale, attraverso la formazione di nuclei di residenze suburbane concentrate in parti specifiche del territorio nel corso del Rinascimento. La masseria salentina era principalmente il centro di controllo e stoccaggio delle produzioni agricole e rimase tale fino alla metà dell’Ottocento, quando alcune furono trasformate in residenze di villeggiatura dei nobili proprietari terrieri.

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