• Non ci sono risultati.

proprietà: Cosimo il Vecchio

cronologia: 1417 (acquisto proprietà da parte di Giovanni di Bicci), 1440-1459 (lavori ampliamento della villa)

progetto: Michelozzo

La seconda tappa dell’itinerario, prende la direzione nord-ovest, che porta dal centro della città, verso Sesto e Prato.

La villa di Careggi fu una villa molto amata ed utilizzata da molti componenti della famiglia Medici. Insieme alle residenze mugellane del Trebbio e di Cafaggiolo, la villa di Careggi fa parte delle ville più antiche progettate dal Michelozzo.

Il fatto che la villa fosse molto utilizzata era dovuto al fatto che rappresentava la residenza di campagna più vicina a Firenze e per questo permetteva ai Medici di raggiungerla in breve tempo e di poter controllare le attività agricole prossime all’edificio, ma anche di concedersi momenti di riposo.

Anche la residenza di Careggi rappresentava un luogo di ritrovi culturali, al punto che Lorenzo il Magnifico vi riunì il circolo dell’Accademia Neoplatonica ed ospitò numerosi artisti, filosofi, letterati tra cui Donatello, Leon Battista Alberti, Michelangelo, Pico della Mirandola, Piero del Riccio, Agnolo Poliziano, Marsilio Ficino.

Il luogo, oggi completamente edificato, doveva essere molto più ameno in passato: il Carocci, nel 1888 lo descrive come un “ambiente serenamente bello, la campagna è lussureggiante, l’orizzonte è ampissimo, il clima è delizioso anche nei tempi rigidi, perché dal lato di tramontana i colli fanno barriera all’impeto dei venti freddi e violenti; gli accessi sono comodissimi e questo vale a spiegare facilmente il desiderio che ebbero i nostri antichi di costruire in questo luogo una quantità di palagi e di case da signore, che dai tempi più lontani ai nostri hanno servito e servono di quieto e desiderato luogo di villeggiatura”.

essendo presente fra quelle dipinte dall’Utens, è stata smarrita) ed essendo stata oggetto di innumerevoli trasformazioni, non è possibile stabilire quale fosse l’originaria forma della villa e del giardino medicei. Da un’attenta lettura dei luoghi, tuttavia emerge il forte legame che la villa aveva ad esempio col fiume Terzolle che confinava con la proprietà.

Sull’argine del torrente si trova ancora oggi un’antica struttura merlata con un’apertura al centro, simile ad una porta, che secondo Daniela Mignani (1996, p. 157) rappresentava il punto di partenza di una “viottola” alberata -documentata nei tempi successivi- che conduceva fino alla villa.

La prospettiva del lato ovest della villa, dal fondovalle lungo le sponde del Terzolle è la vista privilegiata da tutta l’iconografia del passato, tra cui le vedute dello Zocchi del 1744 e quella dell’Inghirami del 1805 e rappresenta il rapporto strettamente umanistico tra l’edificio e il suo intorno, tra la villa ed il paesaggio (Mignani 1996, p. 171).

Che la villa fosse il centro di una tenuta agricola lo ribadisce il contratto di acquisto da parte di Cosimo il Vecchio, che descriveva una proprietà composta da un palazzo con la sua corte, la loggia e il pozzo, cappella, stalla, colombaia, torre, orto murato con due case per i lavoratori con terreni dedicati a vigne, oliveti ed alberi da frutto. La cantina scavata nel sotterraneo del cortile di ponente, dotata di grotta decorata con spugne, fa capire l’importanza che l’ambiente rivestiva e di come la produzione di vino rappresentasse un elemento della produzione dell’azienda agricola.

Insieme ai vicini possedimenti delle ville di Castello e Petraia, Careggi completa un vasto brano di paesaggio dedicato alle coltivazioni, in particolare di vigneti e oliveti, che dovavano rappresentare buone riserve per la famiglia Medici. Bibliografia di riferimento: Fagiolo M. 1980 (a cura di), Belli Barsali I., Puppi L., Sciolla G. C. 1983, Ackerman J. S. 1992, Acidini C. 1996, Galletti G. 1996 (a), Guaita O. 1996, Mignani D. 1996, Cazzato V. 2004, Capecchi G. 2006, Zangheri L. 2006, Zangheri L. (a cura di) 2015, Zangheri L. (a cura di) 2017.

Villa Petraia

proprietà: Cosimo I (acquisto proprietà), Ferdinando I (lavori di ampliamento) cronologia: 1544 (la proprietà entra a far parte dei beni di Cosimo I), 1573- 1574 (lavori ampliamento della villa)

progetto: Simone da Gagliano, Raffaello Pagni, Gherardo di Francesco Mechini (primi lavori 1591), Giulio Parigi (consolidamento torre 1622)

La terza tappa dell’itinerario si sposta di pochi chilometri dalla villa di Careggi, per incontrare la villa della Petraia, non lontana dalla villa di Castello, posta nella fascia periurbana di Firenze, dominante paesaggisticamente la piana a nord ovest della città. Nel panorama dell’area circostante la Petraia rappresenta un landmark visibile già da lontano.

In possesso della famiglia Medici dal 1544, la residenza comprendeva un podere con la casa da signore e la casa da lavoratore, con diversi appezzamenti di terra, in parte coltivati a vigneto ed in parte a oliveto, in più una fornace di calce ed una casa per il fornaciaio. Insieme a Castello, le due ville rappresentavano un luogo piuttosto produttivo soprattutto grazie alla varietà dei vigneti.

Durante i lavori per il giardino diretti dal Tribolo, furono rifatte le strutture dell’acquedotto che dalle sorgenti di Valcenni portavano l’acqua alla Petraia, anche se la presenza dell’acqua nel giardino non è un elemento caratterizzante: serviva quasi esclusivamente ad irrigare le aree coltivate con alberi da frutto e piante officinali.

Originariamente i condotti dell’acquedotto mediceo di Valcenni si trovavano all’interno del territorio agricolo ad oliveto a monte della villa ed esterni alla recinzione del giardino terrazzato rinascimentale, aldilà della linea dei cipressi rappresentata dall’Utens (Garzonio 2014, p. 50).

Grazie alle piante ed alle vedute del Settecento è possibile avere un’idea di come il paesaggio intorno alla villa fosse disegnato dalle diverse coltivazioni dei campi e dai boschi utilizzati per la caccia.

Da una lettura attuale del paesaggio che si dipana oltre ai confini del giardino, si possono leggere le trasformazioni subite nella prima metà dell’Ottocento,

quando fu creato il parco romantico, su progetto dell’architetto boemo Joseph Frietsch per volere del granduca Leopoldo II.

Il parco, costituito quasi esclusivamente da sempreverdi, aveva la funzione di collegare la Petraia e Castello mediante un viale da cui partono vialetti e sentieri che, inerpicandosi sulla collina, costeggiano ruscelli e laghetti. Con la nascita del parco romantico e la trasformazione del territorio a nord della villa, il sistema dell’acquedotto mediceo è stato implementato attraverso un sistema complesso e sotterraneo di canali di adduzione e smaltimento delle acque. Anche il giardino subì grandi trasformazioni nella prima metà dell’Ottocento ed oltre ad essere ridisegnato con parterre delimitati da siepi di bosso al posto delle due aiuole ellittiche, fu costruita la limonaia nella parte est del giardino. Ciò è ben visibile dalla rappresentazione che ne fuce Utens e lo stato attuale: mentre la villa ha mantenuto pressochè invariato il suo stato, al di là del lucernario nella parte centrale del tetto, il giardino ha completamente mutato il suo aspetto, sia nella parte inferiore che in quella superiore. Come in molti altri giardini medicei, ad esempio quello di Poggio a Caiano, sono stati posti a dimora grandi cedri del Libano laddove si trovavano piazzali o aree prive di piante. In questo caso, sono stati posti nei due spiazzi creati dalle due aiuole ellittiche del giardino inferiore.

L’intensa urbanizzazione avvenuta nella piana fiorentina prospiciente alla villa ha alterato quel valore delle visuali e delle prospettive di cui godeva la villa, andando a depotenziare il grande legame che la villa stabiliva col paesaggio circostante, questione purtroppo comune alle tante ville storiche che si trovano nella zona.

Bibliografia di riferimento: Mignani D. 1980, Fagiolo M. 1980 (a cura di), Belli Barsali I., Puppi L., Sciolla G. C. 1983, Acidini Luchinat C. Galletti G. 1992, Ackerman J. S. 1992, Acidini Luchinat C., Galletti G.1996, Acidini C. 1996, Guaita O. 1996, Gobbi Sica G. 1998, Cazzato V. 2004, Zangheri L. 2006, Garzonio C. A. Moretti M. 2014, Zangheri L. (a cura di) 2015, Zangheri L. (a cura di) 2017.

Villa di Castello

proprietà: Lorenzo e Giovanni di Pierfrancesco (acquisto proprietà), Cosimo I (lavori di ampliamento)

cronologia: 1477 (acquisto della villa dai della Stufa), 1538-1543 (lavori ampliamento della villa)

progetto: Tribolo (1538-1550), Davide Fortini (1550-1554), Giorgio Vasari (1554-1574)

La quarta tappa è rappresentata dalla villa di Castello, attigua alla precedente e costruita sulle spoglie di una torre difensiva.

Il legame che la villa di Castello ha con l’acqua è chiara fin dal suo nome: il toponimo deriva infatti da castellum, termine latino utilizzato per indicare un serbatoio d’acqua e legato alla presenza dell’acquedotto romano della Valdimarina che portava l’acqua tra Firenze e Sesto.

La presenza dell’acqua ha fatto da filo conduttore del progetto del Tribolo, chiamato nel 1538 da Cosimo I per lavorare su villa e giardino. Egli progettò una serie di vasche, catene e giochi d’acqua e fontane che terminavano con i due bacini d’acqua posti all’esterno della villa e che dovevano servire per i viandanti di passaggio. Oggi se ne possono notare i segni nelle due grandi aiuole a prato poste di fronte all’ingresso della villa.

Il progetto del Tribolo comprendeva la sistemazione ambientale anche dell’area circostante, in modo che villa e giardino fossero integrati con l’intorno: l’idea del progettista era quella di legare con un lungo asse distributivo, oltre che visivo, il monte Morello con l’Arno, distanti circa quattro chilometri, tramite un viottolone che fu però costruito solo in piccola parte, fino all’incrocio con la strada parallela alla via di Castello, via Reginaldo Giuliani.

L’ampliamento della villa ad opera del Tribolo creò un’asimmetria tra l’asse del giardino e la facciata della villa che fu corretta nella lunetta dell’Utens, dove infatti tutto risulta perfettamente simmetrico.

Si può dire che la villa di di Castello, soprattutto per quel che riguarda il giardino, rappresenti una delle opere che meglio trasmette i valori del periodo

storico in cui fu pensata, realizzato secondo i canoni del giardino formale che Leon Battista Alberti descrisse così attentamente. Il giardino rappresenta nell’immaginario collettivo il classico esempio di quello che verrà poi definito giardino all’italiana.

La presenza dell’acqua con le fontane e la grotta, gli agrumi, le forti visuali verso la piana, il giardino segreto sono gli elementi che determinano il giardino, ma non si deve dimenticare che Castello rappresenta anche il centro di una serie di poderi coltivati a vigneto ed oliveto che si allargavano nei 4 lati intorno alla villa a creare un’orditura geometrica che suddivideva il paesaggio e che si univa alle proprietà di Petraia senza soluzione di continuità. Il vino prodotto a Castello veniva addirittura esportato.

Da una lettura più attenta delle carte storiche si possono vedere anche piccole aree dedicate alla caccia, piccoli uccellari o roccoli, esistenti ancora oggi. Alcuni di questi terreni a est della villa, indicati nelle legende della carte storiche come “boschetto”, “pomario”, “vigne di Bellagio” furono trasformati in parco paesaggistico nel corso dell’Ottocento, con il progetto dello stesso Joseph Frietsch che si occupò anche dei lavori alla Petraia e che fece realizzare il viale carrozzabile che univa le due ville.

Proprio per la sua collocazione in una zona diaframmatica, tra colle e piano, la villa di Castello ha da sempre avuto, insieme a Petraia, un ruolo importante nell’impianto di tutta la fascia pedecollinare tra Firenze e Sesto, stabilendo con la valle numerose connessioni di carattere visivo e di comunicazione.

La villa di Castello sarà, insieme alla villa del Trebbio, oggetto di approfondimento nel prossimo capitolo.

Bibliografia di riferimento: Conforti C. 1980, Mignani D. 1980, Fagiolo M. 1980 (a cura di), Belli Barsali I., Puppi L., Sciolla G. C. 1983, Acidini Luchinat C. Galletti G. 1992, Acidini Luchinat C., Ackerman J. S. 1992, Galletti G.1996, Acidini C. 1996, Guaita O. 1996, Gobbi Sica G. 1998, Cazzato V. 2004, Zangheri L. 2006, Zangheri L. (a cura di) 2015, Zangheri L. (a cura di) 2017.

Documenti correlati