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Siti oggetto di procedimento di bonifica di interesse regionale

Nel documento Pagina n. 1 (pagine 104-107)

L’indicatore fornisce informazioni sui siti d’in-teresse regionale oggetto di procedimenti di bonifica. I dati raccolti, contenuti nelle ana-grafi/banche dati regionali, sono riferiti a 19 regioni e a 2 province autonome e consentono di presentare un quadro dei siti regionali su tutto il territorio nazionale. Dall’analisi sono esclusi i siti di interesse nazionale (SIN) che sono rappresentati con uno specifico indica-tore.

Nelle anagrafi/banche dati regionali dei siti oggetto di procedimento di bonifica ci sono circa 29.700 siti registrati, di cui 16.435 con procedimento in corso e oltre 13.200 hanno concluso il procedimento di bonifica. Per il 68% dei siti sono disponibili le relative superfi-ci che ammontano a un totale di 68.448 ettari, di cui 48.320 ettari relativi ai siti con procedi-menti in corso e 20.128 ettari relativi ai siti con procedimento concluso. Sono disponibili dati sullo stato di avanzamento amministrativo per il 91% dei siti con procedimento in corso da cui risulta che il 65% è in attesa di

caratte-rizzazione o con carattecaratte-rizzazione in corso, il 10% presentano l’analisi di rischio approvata o caratterizzazione conclusa, il 14% ha inter-venti approvati e in corso e il rimanente 2% è costituito da siti con monitoraggio in corso post-intervento e/o pre-certificazione. Lo sta-to della contaminazione è nosta-to per il 90% dei siti con procedimento in corso. Da tali dati ri-sultano 4.788 siti potenzialmente contaminati e 4.043 siti contaminati e 5.977 siti in attesa di accertamenti analitici. Infine, per quel che ri-guarda i procedimenti conclusi, solo nel 38% dei casi è stato necessario un intervento di bonifica, nel 62% dei siti il procedimento si è concluso senza intervento.

In termini di stato di avanzamento dei proce-dimenti si osserva che il 45% dei siti inseriti nelle anagrafi/banche dati ha concluso l’iter del procedimento di bonifica. Il 55 % dei siti invece ha un procedimento tuttora in corso. Nel 65% dei procedimenti in corso si è ancora in attesa della conclusione della caratteriz-zazione, mentre nel 16% si ha un progetto di

bonifica/messa in sicurezza approvato e/o in corso. Nel dettaglio, per i soli siti per i quali è noto lo stato della contaminazione (28.066), risultano in attesa di accertamenti il 21,3% dei siti, potenzialmente contaminati il 17,1%, contaminati il 14,4% e non contaminati il 47,2%. Le prime due percentuali riferiscono di una fase “conoscitiva” in itinere, lo stato di “contaminati” indica l’effettiva e cogente ne-cessità di un intervento di bonifica, mentre sono siti non contaminati quelli risultati tali a seguito delle indagini (62%) oppure a segui-to di interventi di bonifica (32%). Per la prima volta sono state reperite e riportate le super-fici interessate dai procedimenti di bonifica relative al 65% dei procedimenti in corso e al 72% dei procedimenti conclusi. Nel confronto con i dati 2016 (Annuario dei dati ambientali 2017) emerge un cospicuo aumento del nu-mero di siti che interessa la maggior parte delle regioni con valori più elevati in Campa-nia, Lombardia, Toscana, Veneto, Emilia-Ro-magna. Tale aumento è imputabile principal-mente all’implementazione dei dati estraibili dalle anagrafi/dalle banche dati.

La gestione dei siti contaminati è regolamen-tata, in Italia, dal D.Lgs. 152/06 e s.m.i. (Parte IV, Titolo V). Il D.Lgs. 152/06 e s.m.i. individua l’analisi di rischio come strumento chiave per la definizione di sito contaminato e relativa gestione. La procedura di valutazione dei siti contaminati si articola in due step:

• a valle delle indagini preliminari e/o della caratterizzazione di dettaglio il confronto con i valori di screening tabellari (CSC) stabiliti per le matrici suolo e acque sotterranee identifica i siti potenzialmente contaminati (C>CSC); • successivamente, a valle dell’analisi di ri-schio sito specifica che stabilisce nuovi valori soglia specifici (CSR), il sito può essere di-chiarato contaminato (C>CSR) o non conta-minato (C<CSR).

Per la gestione dei siti accertati come conta-minati sono previsti dalla normativa interventi di:

• messa in sicurezza operativa: interven-ti eseguiinterven-ti in un sito con atinterven-tività in esercizio atti a garantire un adeguato livello di sicurez-za per le persone e per l'ambiente, in atte-sa di ulteriori interventi di mesatte-sa in sicurez-za permanente o bonifica da realizsicurez-zarsi alla cessazione dell'attività; comprende inoltre gli interventi di contenimento della contamina-zione da mettere in atto in via transitoria fino all'esecuzione della bonifica o della messa in sicurezza permanente, al fine di evitare la dif-fusione della contaminazione all'interno della stessa matrice o tra matrici differenti;

• messa in sicurezza permanente: interven-ti atinterven-ti a isolare in modo definiinterven-tivo le foninterven-ti in-quinanti rispetto alle matrici ambientali cir-costanti e a garantire un elevato e definitivo livello di sicurezza per le persone e per l'am-biente; in tali casi devono essere previsti piani di monitoraggio e controllo e limitazioni d'uso rispetto alle previsioni degli strumenti urba-nistici;

• bonifica: interventi atti ad eliminare le fonti di inquinamento e le sostanze inquinanti o a ridurre le concentrazioni delle stesse presenti nel suolo, nel sottosuolo e nelle acque sotter-ranee ad un livello uguale o inferiore ai valori delle concentrazioni soglia di rischio (CSR). La normativa vigente fissa le condizioni per la conclusione del procedimento che, nel caso dei siti contaminati, consistono nel raggiun-gimento degli obiettivi di bonifica, mentre non stabilisce limiti temporali al raggiungimento di specifici traguardi procedimentali o di bo-nifica.

Approfondimenti e ulteriori informazioni di dettaglio sono disponibili per ciascun indicatore popolato nella Banca dati al seguente link: https://annuario.ispram-biente.it/ada/basic/6799

Fonte: CRA-CMA, CNLSD, MATTM

Indice nazionale di vulnerabilità ambientale (2000)

Desertificazione

La desertificazione, essendo l’ultima fase di degrado di un territorio, è un fenomeno estremamente complesso e difficile da mi-surare.

La mancanza di una metodologia comune, adottata a livello sia globale sia locale, rende difficile la valutazione dell’intensità e dell’e-stensione della desertificazione e, soprattut-to, non permette comparazioni. Tra le meto-dologie sperimentate, quella che, può essere considerata maggiormente condivisa è la MEDALUS (Mediterranean Desertification and Land Use), che individua e classifica le aree sensibili alla desertificazione in “criti-che, fragili, potenziali e non affette” attraver-so la combinazione di vari parametri relativi a quattro categorie di indici (indici di qualità del suolo, del clima, della vegetazione e di gestione del territorio).

La cartografia e i dati disponibili a livello

na-zionale e regionale mostrano come in alcune regioni italiane siano presenti aree a elevato rischio di desertificazione. Un’elaborazione a livello nazionale condotta dall’ex CRA-CMA per il periodo 1990-2000 evidenzia una ten-denza evolutiva verso condizioni di maggiore vulnerabilità ambientale.

L’analisi, effettuata su due serie storiche distinte (1990 e 2000), ha messo in rilievo che circa il 70% della superficie della Sici-lia presenta un grado medio-alto di vulne-rabilità ambientale, seguono: Molise (58%), Puglia (57%), Basilicata (55%). Sei regioni (Sardegna, Marche, Emilia-Romagna, Um-bria, Abruzzo e Campania) mostrano una percentuale di territorio compresa fra il 30% e il 50%, e sette (Calabria, Toscana, Friu-li-Venezia Giulia, Lazio, Lombardia, Veneto e Piemonte) fra il 10 e il 25%, mentre per tre regioni (Liguria, Valle d’Aosta e Trentino-Alto Adige) le percentuali sono abbastanza

con-o aggicon-ornatcon-o le prcon-oprie cartcon-ografie regicon-onali seguendo la metodologia MEDALUS oppor-tunamente modificata, attraverso l’introdu-zione di nuovi indici/indicatori, in funl’introdu-zione delle singole realtà locali.

Nell’ambito delle decisioni prese dalla Conferenza Rio+20 e in linea con quanto sancito nel Settimo Programma di Azione Ambientale, viene attualmente riconosciuta la necessità di un’azione urgente per inver-tire il processo di degrado del suolo. Il tema

del monitoraggio del territorio è pre-sente anche nell’A-genda globale per lo sviluppo soste-nibile delle Nazioni Unite e nei relativi Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (Sustai-nable Development Goals-SDGs), da raggiungere entro il 2030, che dovran-no essere integrati nei programmi nazionali a breve e medio termine, così da evitare la coesistenza di agende differenti e incoerenti (UN, 2015). tenute, fra il 2% e il 6%. In linea generale

si evidenzia una crescita nei valori più alti, e una diminuzione nei valori inferiori a 1,2 che si traduce in una tendenza evolutiva verso condizioni di maggiore vulnerabilità ambientale.

Le cartografie nazionali sono realizzate se-condo un approccio sviluppato dal CRA-C-MA; la procedura seguita, che si è avvalsa di tecniche di analisi statistica, ha consentito di assegnare un peso specifico a ciascuna delle variabili

con-siderate nel calcolo dell’indice finale di vulnerabilità am-bientale (ESAI). Nell’ambito degli Accordi di Program-ma tra MATTM, CNLSD (Comitato Nazionale per la Lotta alla Siccità e alla Desertificazio-ne), enti di ricerca e alcune regioni

ita-liane, negli anni dal 2004 al 2007, sono state realizzate o aggiornate diverse cartografie del rischio di desertificazione a scala nazio-nale e regionazio-nale. Gran parte delle mappa-ture sono state realizzate con l’utilizzo della metodologia MEDALUS. In tale ambito Pie-monte, Sardegna e Puglia hanno elaborato

Di particolare interesse

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