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Il Veneto è notoriamente una delle regioni economicamente più benestanti di tutta Italia. I dati ufficiali al 31/12/2015 confermano che il PIL veneto è cresciuto dell’1% rispetto all’anno precedente, ad un tasso leggermente superiore della media nazionale, ferma allo 0,8%. Anche la domanda interna sta lentamente uscendo dalla situazione di ristagno in cui navigava negli ultimi anni: i consumi delle famiglie sono infatti aumentati dell’1,3% e gli investimenti fissi lordi dell’1,4%, dopo che negli anni precedenti avevano fatto registrare segno negativo. Tali risultati positivi nel 2015 sono riconducibili alla ritrovata competitività del settore industriale veneto, con un aumento del valore aggiunto dell’1,8%. Anche il settore dei servizi è cresciuto modestamente (+0,4%), mentre il settore edilizio fa registrare un decremento dello 0,1%, comunque inferiore alla media nazionale, pari a -0,7%. Per quanto concerne il mercato del lavoro, il Veneto si dimostra molto competitivo a livello nazionale, confermandosi tra le regioni leader con il secondo tasso di disoccupazione più basso (+7,5%) ed un tasso di occupazione pari al 63,7%.

Le previsioni per il 2016 sono più che positive, poiché si prevede che la ripresa cominciata nel 2015 sia proseguita anche nell’anno successivo. Infatti in Veneto, come a livello nazionale, sia i consumi che gli investimenti si presume subiscano un ulteriore aumento, poiché il crollo del prezzo del petrolio e l’assenza d’inflazione favoriscono il bilancio familiare e avvantaggiano la produzione manifatturiera veneta. Gli investimenti effettuati dalle imprese saranno sicuramenti diretti al rinnovo degli impianti e delle apparecchiature interne, che a causa del periodo di crisi e del conseguente declino della spesa in investimenti registrata negli anni precedenti, sono diventati obsoleti e di conseguenza non permettono di avvantaggiarsi dal lato della produttività. Tali investimenti saranno spinti soprattutto dalla elevata disponibilità di credito delle imprese, poiché le possibilità di autofinanziamento delle stesse sono alquanto scarse.

Basandosi su tutto ciò, si può ipotizzare che il PIL nel 2016 sia cresciuto dell’1,2%, così come la spesa delle famiglie (+1,5%) e gli investimenti (+2,7%). Il valore aggiunto

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riguardante l’industria manifatturiera si prevede sia cresciuto del 2,1%, quello del settore edilizio quasi del 2% e quello inerente il terziario dello 0,8%.

Il Veneto, inoltre, risulta essere la terza regione italiana per quanto concerne la produzione di ricchezza, dopo solo la Lombardia e il Lazio: infatti il 9,2% del PIL nazionale è prodotto in Veneto, mentre il PIL per abitante risulta essere pari a 30.034 euro, superiore del 13% rispetto a quello nazionale.

Se confrontato con tutte le economie delle altre regioni europee, il Veneto dimostra di essere sopra la media generale, ma non riesce ad eccellere se lo si relazione alle economie regionali europee più performanti. Infatti, seppur la performance economica veneta risulti positiva, è stata rallentata da una crescita media del PIL che, anche se positiva, non risulta essere al livello delle economie regionali dell’Europa occidentale. Da un rapido confronto tra i competitor italiani, si evince che il Veneto è superato solo da Lombardia e Emilia Romagna. A livello europeo, invece, le regioni tedesche e finlandesi risultano primeggiare in tutte le variabili economiche, anche se il Veneto, alla pari della Catalogna, segue subito a ruota; più staccate sono la regione francese Rhone Alpes, l’inglese Greater Manchester e la svedese Sydsverige.

In merito alla suddivisione settoriale del lavoro, il Veneto si conferma una regione prevalentemente a vocazione industriale, e il settore manifatturiero risulta essere fondamentale sia in termini di forza lavoro, sia per quanto concerne la produzione di ricchezza, la cui quota è quasi pari al 30% del totale. Negli ultimi anni si sta comunque osservando un lento ma graduale ridimensionamento del settore industriale a favore di quello terziario, privilegiando il comparto dei servizi alle imprese. Nel 2015, infatti, il settore dei servizi ha prodotto valore aggiunto per 86,7 miliardi di euro, non di molto inferiore ai livelli pre-crisi. Per quanto concerne il settore dell’edilizia e quello primario, nel primo si concentra circa il 5% dell’intero valore aggiunto regionale, pari a 6 miliardi di euro, mentre nel secondo realizza un valore aggiunto attorno ai 2,5 miliardi di euro.

Analizzando il PIL per abitante, utilizzato solitamente per misurare lo stato di benessere di un’area in base alla quantità di ricchezza prodotta dal suo sistema economico, si nota che in Veneto è al di sopra della media nazionale di oltre 300 euro e si prevede nei prossimi anni possa continuare a crescere fino a raggiungere lentamente i livelli pre-crisi.

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Il reddito disponibile, misura del benessere economico di cui possono godere i residenti di un territorio considerati come consumatori e risparmiatori, risulta essere nel 2015 di circa 18.250 euro, più elevato della media nazionale e in crescita rispetto agli anni precedenti; si è così finalmente interrotto il ciclo negativo che aveva portato tale valore ad essere comprabile a quello della fine degli anni’80. Al livello di reddito disponibile sono collegati naturalmente i consumi pro capite delle famiglie, ed anch’essi nel 2015 sono aumentati dello 0,9%. L’aumento del reddito disponibile e dei consumi dimostrano che le condizioni delle famiglie in Veneto sono in miglioramento e comunque superiori rispetto che in altre regioni.

Nel 2015 è tornato a crescere anche il tasso di risparmio, che aveva subito un duro tracollo nel 2012, gli investimenti per lavoratore (+0,8 %) e la produttività, che dopo la crisi del 2009, si è lentamente ripresa e nel 2015 ha fatto registrare una variazione positiva dello 0,3%, pur non riuscendo più a raggiungere l’apice del 2007.

L’inflazione in Veneto nel 2015 risulta essere più bassa della media nazionale, paro allo -0,1%. In merito ai singoli capitoli di spesa, in Veneto si registra una diminuzione dei prezzi degli apparecchi audiovisivi e informatici (-4,8%), dei trasporti (-2,9%) e delle spese relative all’abitazione, elettricità e combustibili (-1,8%). In controtendenza, sono aumentati i prezzi dei tabacchi, dei libri e cartolibreria, dei servizi postali, dei servizi di ristorazione e quelli relativi all’istruzione e alla cultura.