• Non ci sono risultati.

La situazione precedente la pubblicazione del nuovo decreto legislativo n. 101 del 2020

9.   Gestione dei residui da attività lavorative con materiale naturalmente radioattivo

9.1 La situazione precedente la pubblicazione del nuovo decreto legislativo n. 101 del 2020

La legge prevede che devono essere gestiti in maniera adeguata anche residui di attività lavorative che utilizzano materiali naturalmente radioattivi, quando le lavorazioni comportano una particolare concentrazione dei radioisotopi e, conseguentemente, esposizioni dei lavoratori o della popolazione eccedenti specifici livelli di azione (Capo III bis del decreto legislativo n. 230 del 1995, ora Titolo IV del nuovo decreto legislativo n. 101 del 2020 - livelli di riferimento/esenzione).

Tuttavia, come sottolineato dal MATTM nel corso delle audizioni vertenti anche su questo argomento, la precedente normativa presentava una rilevante indeterminazione per quanto attiene alla gestione dei residui di tali attività: infatti, tra l’altro, il decreto ministeriale del 7 agosto 2015, relativo alla classificazione dei rifiuti radioattivi, esclude esplicitamente i residui da attività lavorative con materiali contenenti radionuclidi di origine naturale “dalla classificazione come rifiuti radioattivi”.

Anche ISIN, con riferimento alla precedente normativa, ha ricordato (14/6/2019 - 355_2) che

“non esiste una norma primaria che disciplini i residui di origine naturale”. Inoltre “non esistono al momento norme che sottopongano a procedure autorizzative” dette attività lavorative né “una specifica strategia riguardante la gestione dei residui”; questa tematica presenta “profili abbastanza critici se si tiene conto che i quantitativi di residui prodotti sono molto elevati ed è necessaria una approfondita caratterizzazione degli stessi ai fini della determinazione della componente radiologica”.

Il decreto legislativo n. 230 del 1995, all’articolo 10-quater - Comunicazioni e relazioni tecniche - nei primi commi recitava:

1. In caso di superamento dei livelli di azione di cui all'articolo 10-quinquies, gli esercenti che esercitano le attività di cui all'articolo 10-bis, comma 1, lettere a), b), c), d) ed e), inviano una

40  comunicazione in cui viene indicato il tipo di attività lavorativa e la relazione di cui all'articolo 10-ter, commi 4 e 5, alle Agenzie regionali e delle province autonome competenti per territorio, agli organi del Servizio sanitario nazionale competenti per territorio e alla Direzione provinciale del lavoro.

2. La Direzione provinciale del lavoro trasmette i dati di cui al comma 1 al Ministero del lavoro e della previdenza sociale ai fini del loro inserimento in un archivio nazionale che il Ministero stesso organizza avvalendosi delle strutture esistenti e nei limiti delle ordinarie risorse di bilancio; detto Ministero a richiesta, fornisce tali dati alle autorità di vigilanza e ai Ministeri interessati.

Ad una specifica richiesta sui dati presenti nell’archivio nazionale, il Ministero del lavoro e della previdenza sociale ha risposto (26/7/2019 - 285_001) che la competente Direzione generale, interessata alla questione, ha fatto presente che detto archivio al momento si configura come database di informazioni relative “al superamento dei livelli di azione (espressi in termini di concentrazione medio-annua di radon in aria) delle attività svolte in luoghi di lavoro sotterranei”, ma comunque non ha fornito alcun dato.

Tuttavia, si deve osservare che, oltre alle attività di cui all’articolo 10-bis, comma 1, lettere a) e b), essenzialmente svolte in luoghi di lavoro sotterranei, nello stesso articolo sono considerate anche altre attività che possono dar luogo a superamenti dei livelli di azione, non solo a causa del radon:

- attività lavorative implicanti l'uso o lo stoccaggio di materiali abitualmente non considerati radioattivi, ma che contengono radionuclidi naturali e provocano un aumento significativo dell'esposizione;

- attività lavorative che comportano la produzione di residui abitualmente non considerati radioattivi, ma che contengono radionuclidi naturali e provocano un aumento significativo dell'esposizione;

- attività lavorative in stabilimenti termali o attività estrattive non disciplinate dal Capo IV, relativo alle attività minerarie.

Dunque, i dati raccolti nell’archivio nazionale, predisposto in base alla precedente normativa, risulterebbero essere solo una parte di quelli richiesti dalla norma.

Dati interessanti sull’esperienza in alcune realtà lavorative sono stati acquisiti dall’ISIN (11/3/2020 575_002) che, pur non ricevendo sistematicamente informazioni inerenti al superamento dei livelli di azione, ha acquisito dall’Ispettorato territoriale del lavoro di

41  Ancona i risultati della campagna di monitoraggio 2018/2019 finalizzata alla misura del radon in alcune aziende del territorio di quella provincia. Su 40 aziende monitorate, in quell’area, è stato rilevato il superamento del livello di azione in quattro casi. Lo stesso Ispettorato non ha, invece, avuto modo di acquisire alcun dato sul superamento del livello di azione per attività con materiali NORM (Naturally Occurring Radioactive Materials).

L’Ispettorato, che fornisce supporto ad alcune prefetture nell’ambito di specifiche commissioni tecniche, ha anche acquisito informazioni sull’esistenza di siti con presenza di residui che comportano un’esposizione dei lavoratori o della popolazione tale da richiedere l’adozione di misure di radioprotezione. Tra le situazioni segnalate, che hanno richiesto azioni di monitoraggio e/o di bonifica, vi sono le seguenti:

‐ discarica a mare della Syndial in provincia di Crotone;

fosfogessi derivanti dalle pregresse attività della ex Liquichimica in una discarica nella zona industriale di Tito Scalo (Potenza);

residui presenti nella zona industriale ex Montedison di Porto Torres (Sassari),

‐ ceneri di carbone interrate in una vasta area presso Colonnetta di Fabro (Terni).

L’ispettorato ha reso disponibile un interessante rapporto (534_3) prodotto nell’ambito di quanto disposto dall’art. 35 del Trattato Euratom, che stabilisce il diritto della Commissione Europea di effettuare sopralluoghi per verificare come viene eseguito il richiesto continuo monitoraggio dei livelli di radioattività nell’aria, nell’acqua e nel suolo, in accordo a quanto stabilito dai Basic Safety Standards. Nel 2018 è stato effettuato un sopralluogo, da parte di tecnici degli uffici CE, in relazione alle attività svolte per i siti di Colonnetta Di Fabro e Tito Scalo, che ha evidenziato una complessiva adeguatezza delle attività in corso per il monitoraggio delle matrici ambientali, ma anche l’opportunità di eseguire approfondimenti sulle attività future tra cui, ad esempio, una adeguata caratterizzazione dei fosfogessi.

Da comunicazioni pervenute dal MATTM nel 2020 (643_2) risulta che, nel Sito di Interesse Nazionale di Tito Scalo, le attività di messa in sicurezza e bonifica delle scorie siderurgiche, nonché quelle di messa in sicurezza permanente del bacino fosfogessi, sono state sospese poiché non sono state predisposte dal Prefetto le relative disposizioni.

ISIN ha reso noto (11/3/2020 - 574_2) che, in materia di attività lavorative con sorgenti naturali di radiazioni, sono stati prodotti utili rapporti tecnici nell’ambito di attività svolte

42  grazie a sovvenzioni nell’ambito di una convenzione tra MATTM e ISPRA, attiva tra il 2006 ed il 2014. Convenzioni attuative furono quindi stipulate da ISPRA con tutte le ARPA-APPA, l’ENEA-INMRI e la CRI e fu stipulato un accordo con ISS. Le attività non risulta siano proseguite successivamente, infatti ISIN “dalla data di effettiva operatività non ha effettuato aggiornamenti di tali rapporti, anche per carenza delle necessarie risorse”

(economiche e di personale).