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Perché i social network

5 L'educazione al tempo del Covid-19

5.3 Perché i social network

Una situazione di crisi racchiude in sé un elemento paradossale, quindi: proprio nel momento in cui si rimane disorientati, sfiduciati, affaticati, apparentemente senza vie di uscita, è proprio lì che siamo costretti a tirare fuori il meglio di noi stessi e rinnovarci. Così, per me, il lockdown è stata l'occasione di sperimentare: occupandomi di giovani e social network questa, paradossalmente, è stata un'occasione unica: mi ha permesso di approfondire la tematica, imparare ad usare nuovi strumenti, osservare le dinamiche relazionali che hanno avuto luogo sui social, scoprire potenzialità e modalità innovative di usarli nel lavoro quotidiano.

Consapevole di questo, non avrebbe avuto senso limitarmi a convertire il mio lavoro con i ragazzi e le ragazze in chiave “smart” e neanche fare una replica dello sportello di ascolto online, che avevo già attivato cinque anni fa. La mia idea è stata quella di creare una sorta di servizio nuovo, che avesse delle linee di continuità con quello che ho sempre fatto, punto di forza del servizio ma che, allo stesso tempo, andasse un po' oltre e avesse delle caratteristiche proprie. Un progetto da sperimentare che, se funzionante, sarebbe poi andato a migliorare e completare il servizio esistente, anche in fase di ripresa della “normalità”.

Il servizio per cui lavoro, il Progetto La Zattera del Comune di San Giuliano Terme, gestito dalla Cooperativa Sociale Arnèra, da oltre venti anni si occupa, tra le altre cose, di ascolto della comunità territoriale. Il mio ruolo al suo interno è quello di occuparmi degli spazi di ascolto nelle scuole primarie e secondarie di primo grado, oltre che di formazione con i genitori e gli adulti. All'interno degli spazi di ascolto, ai quali accedono volontariamente, i ragazzi e le ragazze trovano un luogo ed un tempo completamente dedicati a loro, dove potersi esprimere liberamente senza sentirsi giudicati. Le tematiche di cui vengono a parlarmi sono le più disparate: affettività, relazioni con i coetanei, sessualità, problematiche familiari, socio economiche, sostanze, violenza, lutti. Il concetto alla base dello spazio di ascolto è che si può parlare di tutto, non ci sono tabù o cose che non si possono dire, lavoriamo insieme sul trovare le parole giuste e gli strumenti giusti per farlo al meglio, rispettando tempi e emozioni delle persone coinvolte. Negli anni, essendo costantemente a contatto con preadolescenti ed adolescenti, ho potuto osservare da vicino la continua crescita dell'utilizzo dei social network e mi sono fatta guidare da loro nella comprensione dell'utilizzo di questi strumenti, sia per comprenderne

le criticità, ma anche le potenzialità. Con il sopraggiungere del lockdown mi è sembrato subito evidente il ruolo di primo piano che i social avrebbero rivestito per tutti e soprattutto per le nuove generazioni. Probabilmente sarebbero passati ad essere, da strumento di uso del diletto quotidiano, a bene essenziale per mantenere i contatti tra pari. E ad oggi mi pare che così sia stato.

Alla luce di ciò, per mantenere i contatti con i ragazzi e le ragazze non potevo non usare un social e la mia scelta è ricaduta su Instagram che è, senza dubbio, il più utilizzato dal target preadolescenziale che, negli ultimi due, tre anni, è stato protagonista di una vera e propria fuga da altri social più “vetusti” come Facebook, popolato ormai anche da adulti. I ragazzi e le ragazze infatti, in cerca, sui social come nella vita reale, di piazze popolate da coetanei, preferibilmente al riparo dagli occhi di genitori, zii ed adulti in genere, si sono spostati in massa su Instagram, che nel frattempo è divenuto non a caso anche più accattivante e maggiormente in grado di interpretare il linguaggio giovanile. Questa mia scelta è stata operata coscientemente, nel senso che sapevo che, andando ad usare Instagram, avrei perso tutta una parte di pubblico adulto ed anche istituzionale, per dedicarmi esclusivamente a quello preadolescenziale. Questo, se da un lato a mio parere è stato un vantaggio, perché mi ha permesso di ricreare un minimo un clima di confidenzialità e di “riservato a pochi ristretti”, dall'altro ha presentato lo svantaggio di essere poco, se non per niente, visibile alle istituzioni e alla comunità educante, cosa che, se aggiunta al fatto che sul social molti contenuti sono visibili solo per ventiquattr'ore, ha comportato un lavoro continuo di salvataggio e catalogazione delle attività proposte online per poi poterle rendere visibili e poterle restituire a tutti gli interessati. Questo, a sua volta, ha comportato uno studio dello strumento per adattarlo a questa esigenza, dato che il social non nasce con l'obiettivo di rendere permanenti i contenuti, o almeno questo non è ciò che interessa a buona parte dei suoi frequentatori. Dopo un po' di studio di Instagram ho scoperto l'esistenza di un'estensione, scaricabile nella versione Instagram su pc, che permette il download delle dirette, in modo da poterle poi conservare e farne l'uso che se ne desidera. Questo metodo è usato principalmente da chi fa marketing o utilizza profili commerciali, poiché consente di poter editare e ri-pubblicare i contenuti su diversi social o più volte nel tempo. Sottolineo questo aspetto perché spesso, durante questo percorso, mi sono trovata ad utilizzare metodi e strategie tipici di altre professioni, apparentemente distanti dalla mia, ma che mi sono stati molto utili. Penso che sia fondamentale confrontarsi con altre professionalità, altri mondi, per poter essere

innovativi e rispondere meglio ai nuovi bisogni dei ragazzi e delle ragazze: l' orizzonte di senso fa poi la differenza tra le azioni agite e potenziali delle diverse professioni.

Creare un profilo Instagram dello spazio di ascolto mi ha permesso di avere un lascia passare per entrare in contatto facilmente ed in maniera discreta con i ragazzi e le ragazze, è stato un modo soft di dire “Ci sono”, rispettando i loro tempi ed i loro modi. L'idea è stata quella di usare questo social network, il più mainstream tra di loro, come testa d'ariete per poi veicolare informazioni e contenuti assolutamente seri e se vogliamo anche “di nicchia”. Questo social mi ha permesso, inoltre, di raggiungere i ragazzi e le ragazze senza dover recuperare numeri telefonici o altri contatti, cosa che sarebbe stata più invasiva e complicata; su Instagram sono stati liberi di decidere se seguire o meno il profilo che ho creato e se, eventualmente, farsi seguire a loro volta. Per questo motivo l'ho preferito anche rispetto all'altra applicazione di messaggisitica molto in voga tra adulti e ragazzi, What's App, proprio per evitare di dover recuperare i recapiti telefonici e per una questione di maggiore visibilità. Ovviamente un' opzione non esclude categoricamente l'altra e sul profilo Instagram dello spazio di ascolto ho pubblicato il numero telefonico dello Sportello di ascolto, sottolineando che chi ne avesse avuto bisogno o avesse preferito, per qualche motivo, contattarmi lì, avrebbe potuto farlo senza alcun problema.

Un altro motivo che mi ha fatto scegliere Instagram come social preferenziale è stato il fatto che questa poteva essere l'occasione di fare educazione ai social network attraverso i social stessi, provare a fornire informazioni ed una lettura diversa rispetto all'uso che ne viene fatto proprio dal loro interno e mostrando un metodo alternativo di utilizzo.

Infine, la scelta è ricaduta su questo social anche perché ancora non è divenuto uno strumento istituzionale. Scuola, comuni, organizzazioni usano prevalentemente Facebook, che nel tempo è stato sdoganato ed è divenuto oggetto di uso quotidiano anche da parte delle strutture formali, ma Instagram è ancora territorio inesplorato e mi piaceva l'idea, invece, di raggiungere i ragazzi là dove sono, dove per esempio la scuola ed il mondo adulto in generale ancora non sono arrivati, usando il fare rispettoso e non invadente tipico dell'educativa di strada. Un modo di stare nel territorio dei ragazzi in punta di piedi, non giudicante, curioso, che sia pronto a prevenire e ridurre i danni se ce ne sarà bisogno, senza mai costringere o sminuire. Il concetto è che questa è la loro piazza, il loro muretto, io passo di lì e li saluto; loro sanno che ci sono e che, se avranno bisogno, con un clic sarò lì.