In un capitolo a la fin del Decreto el qual comenza: «Constantinus» si lege particularmente la donation facta da Constantino a la sancta Chiesia, ove per ordine recita le provincie et le cità donate etc. Et io ho già lecto in Martin Polano et in Pau- lo Orosio et in Paulo Diacono, in Eusebio cioè in la Istoria Eclesiastica, in lo Specullo Istorialle et in le Epistolle di Athanasio et in più lochi in la vita di Constantino et ho lecto in un epistolla de Damaso papa, in la qualle fa mentione et ricorre tuto quello che Constantin donò a sancta Chiesia e funo territorii, lavorarii, masse et cussì facte cosse che l’imperatore legitimamente et «sine decremento imperii» lui poteva donare come de sue proprie spese cioè di suo patrimonio, et non «de bonis fisci». Fece fare del suo proprio san Ioanne Laterano et dil suo proprio palazo fece fare el baptisterio, ove fu baptizato lì medesmo contiguo, e la chiesa di San Piero et quella di San Paullo in Roma et quella di San Lorenzo fuor di Roma et San Maria a Hostia le qual tute doctò de molte intrade perpetue et adornò di oro e di argento come tu troverai se legi in Paullo Diacono et signanter adornò la fonte ove lui fo baptizato tuta d’oro puro et di perle e di pietre preciose de gran vallore et fegli molti angelli con candelabri in man tuti saldi d’oro fino. Siché, concludendo, è pur gran meraveglia de tanti doni et potissimum del dono de le provincie et terre. E sta perduta la bolla imperiale la qual a pontifici doveva esser in grandissima cura e per utilità mondana non in menor diligentia e guardia che quella di haver guardato il sudario et le altre reliquie asai più anticho che quella bolla, né non è verisimille che tanto dono fosse senza autenticha scriptura; et forsi ben che quelli primi padri prelati facevano pocha stima de le temporal cosse, come per bona e drita ragione anchora i moderni doverebono fare, però che hano lo comandamento di bocha di Cristo facto a Pietro e Piero lo fece poi a Clemente quando lo lasciò suo successore secondo che Ieronimo scrisse; e Paullo Diacono rifferrì le parolle di Pietro a Clemente son queste: «Trado tibi potestatem ad Domino mihi traditam ligandi atque solvendi; ligabis quod opportet et solves quod expedis tantum
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quantum ad liquidum ecclesiae regullas noveris, nequem te vellis mundanis rebus inmiscere. Crimen in pietatis tibi sit curas et solicitudines sii sapere secullares. Ad hoc solum vocatus es ut continue et sine intermissione doceas verbum Dei».
La donazione di Costantino è – con ogni evdienza – un argomento che appassiona il Capello; lo vediamo dalla dovizia delle fonti storiche presentate, che sono tutte quelle che abbiamo visto sin qui offerte al lettore. Le parole di Pietro al suo successore, con qualche variante, sono quelle note dalla tradizione.
[Inizio canto XIII]. Nel tempo che Constantino era rimasto in Franza
imperatore, dapo’ la morte di Constantio suo padre, fo facto imperatore in Roma da Romani Masentio, il qualle era crudelissimo inimico de cristiani, perché molti ne fece morire a martirio et fra gli altri in Alexandria Santa Chaterina figliuolla del re Costo; Constantino vene in Italia et conspirò con Licinio et tuti do preseno bataglia con Masentio a Ponte Molle, fu sconficto e morto e fu lo vii anno del suo imperio et inanzi che fosse baptizato et inanzi che prendesse bataglia, vide in l’hora de la terza in aiere una croce et l’angello li parlò et disse ch’el dovesse portare quella insegna in la bataglia et serebe vincitore e cusì fece e fu vincitore. Lo Maestro de le Istorie dice che Constantino et Lucinio vollendo tore bataglia con Masentio a Ponte Molle apressi a Roma in l’hora de la nona, Constantino vide in l’aire una croce et intorno era scripto: «In hoc signo vinces, Constantine». Per questa cagione portò in quella bataglia la bandiera con la croce in luoco di aquilla et sconfixe Masentio et uccisello et romase lui et Licinio governatori de lo imperio. Questo medesmo segno mandò a Maximino, il qualle regnava la repubblica in Levante che con questa bandiera dovesse andare contra gli inimici de lo imperio, e lui prese più per paura che per divotione. Poi apresso conspirò contra Licinio in Licia e fu sconficto e morto a Tarso lui e duo suo figliuolli. A tempo di Masentio fu marturizati San Romano e San Piero Alexandrino.
Eusebio da Cesarea, Vita Constantini.
II, XIII, 20 L’aquilla mia ch’io m’havea nutrito
(l’aquila mia, ch’i’ m’avea notricata)
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Constantino dopoi tolse lo Baptesmo da papa Silvestro Primo e fu mondo da la lepra. Lasciò lo imperio di Roma e di Ponte et andò a stare a Constantinopolli, che haveva prima nome Bisanzo, e menò secho molte nobil fameglie romane e fece li grandi edifitii e chiesie e poi morì a Nicomedia cità di Bithinia in Asia minore essendo stato imperatore circha anni 30. E lasciò lo imperio a tre soi figliuolli cioè Constante, Constancio e Constantino, secondo che di loro apresso vederemo.
Eusebio da Cesarea, Vita Constantini.