VIII, 101 Ch’in Capadocia da levante sera (cui Cappadocia da levante serra)
I, XIV, 71 Ma quando a Lachesix manchò del lino (ma quando a Lachesis mancò del lino)
Alecto, Lachesix, et Atropox sono le fate, overo secondo li poeti regitrice de la vita nostra: l’una mette el fillo a la rocha, l’altra filla, la terza naspa el fillo.
I, XIV, 82 Diece ne fur che fer de lor gran prove
(Diece ne fun, che fêr di lor gran prove)
Lactantioordinò queste x Sibille cussì:
La prima la Persica. La seconda la Libica. La terza la Delphica. La quarta la Cimerica. La quinta la Erithrea. La sexta la Samicha. La septima la Cumana. La octava la Helesponicha. La nona la Phrigia. La decima la Tiburtina.
I, XIV, 83 Casandra del re Priamo ne fu l’una
(Cassandra, del re Priamo, fu l’una)
Che mal negò (v. 84). […] ad Apollo, al qualle havea de pacto facto
promessa la persona se lui la faceva indovinatrice. Avenne che Apollo la fe’ indovina, ma ela l’ingannò et non li atese la promessa; Apollo volse che fosse vera indovina ma che niun desse fede a le sue parole. Et però
quandoParix andò à rapire Helena, ella predixe tuto quello che poi ne avenne et el padre e i fratelli, oltra il non li creder, la castigavano spesso con molte bote.
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I, XV, 7 Fu la Chumana che condusse Enea
(Fu la Cumana, che condusse Enea)
Il tempo de la Chumana ogi si vide a Cume apresso Puzuolli in Campagna.
I, XV, 37 La Ponticha sopra ’l Ponticho mare
(La Pontica sopra il Pontico mare)
La Ponticha. Lo Mare Ponticho è lo mar da Constantinopolli in là ove fu
lo regno di Mitridate.
I, XV, 50 Tiberio suo figliuol il regno guida
(Tiberio, il suo figliuolo, il regno guida)
Questo Tiberio s’anegò poscia in Tevero e per lui si chiamò poi Tiberix dove inanzi era chiamato Albulla.
I, XVI, 4 Hor qui di grado in grado par che sia
(or qui di grado in grado par che sia)
Narra Iustino come lo regno degli Assiri fo principiato da Nino, el qualle morendo lasciò Nino suo figliuollo successore, ma perché era ioveneto et di poco pretio, Semiramix sua madre, valentissima dona, mutò secho habito e finse lei esser Nino et Nino cresciete in le camere tra le femine et simel vita tenero li suo descendenti fina a Sardanapalo; non si lasciavan veder a suoi subditi, ma davano risposte a le loro dimande per interposte persone. Arbato, che era prefecto di Media et homo di grande animo,propose di voller veder costui et venne in Babilonia et, cum mezanità de alcuni soi amici, obtene d’intrare al re Sardenapallo; et intrato trovò il re in camera in habito feminille et, non disimulando il suo mestiero per la venuta d’Arbato, fillava con le altre donne, et portiva a loro la pessa che dovevano fillare. Arbato nottò la sua molicie et sua vita et deliberò non voller più servire a
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un signor el qual piu tosto volleva esser femena cha homo e re. Et ritornato in Media fu con li soi amici et messessi in via con li exerciti e vene contra el re il qualle ricordandossi di esser re, con quelli che poté metter in ordine benché fosseno pochi et mal composti, seli fece contra et non potendo resister ritornò nel luoco suo usato e qui brusò tute le sue più care cosse e poi si amazò, in questo sollo mostrando animoso, in tuti li altri suo facti villissimo et da nulla. Arbato occupò subito la signoria in la qualle per molti anni durò felicemente per i suo desendenti perfino ad Astrages, ma la ridusse in Media ad Astragex, e li finì; et tolsella Ciro et transdussella in Persia, come a luoco e tempo si farà mentione di lui.
I, XVI, 42 Dai qual sentiron poi tormente e pene
(dai quai sentiron poi tormenti e pene)
Laio fu figliuollo di Labdacho re di Tebe et hebe per mogliere Iochasta figliuola di Creontha et trovò che suo figliuollo lo dovea occidere. Siché Iochasta parturì poi un figliuollo e lui comandò ch’el fusse butato in un boscho a le fiere. Lo messo lo portò e forolli li piè e missello a piè d’un rovere. Advenne che uno Polibio lo trovò et tolsello e alevollo e messelli nome Edipo. El puto, essendo già facto grande, sentì come non era
figliuollo di Polibio e però deliberò di voller trovare el padre et fo li dicto che se gli andasse a fori trovarebe el padre; costui che era voluntaroso di trovarlo andò a fori et ionto trovò la cità in romore et in discordia et le parte erano a le mane et acostatossi a una de le parte et in quella meschia
ignorantemente occise il padre. Et non conosciuto dai citadini se non per vallente et virille iovane, con loro favore sposò la mogliere di colui che havea occiso la qualle era Iochasta sua madre, et di lei hebe IIII figliuolli,
sichè Laio suo padre volse fugare el malle et inbatesse al pegio. Poi quando Edipo sepe il malle grande che facto havea verso el padre et la madre, lui stesso per furore con le dete si chavò gli ochi; e poi Antigona sua figluolla e sorella mentre ch’el visse gli fu guida.
I, XVI, 71 Ma l’un fu morto e qui si tace el come
(Ma l’un fu morto e qui si tace il come)
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Remo fu morto perché contra lo edicto de tuti duo passò lo novo muro de la nuova cità con un restrello da pastore, e rimase sollo Romullo signore. E fu chiamata Roma da Romullo.
I, XVI, 82 Questo marito mio ch’io t’ho contato
(Questo marito mio, ch’i t’ho contato)
Romullo fu morto dai senatori ma perché l’era molto amato da plebei, i senatori introdussero Giulio Procullo, el qualle finse che Romullo li havea parlato e dito che l’era asumpto al consortio de li dei et facto dio. E questa palude Caprea era dentro da Roma apresso el monte Palantino ove in Senatu fu morto.
I XVII, 19 Per gran disdegno, le Sabine fono
(Per gran disdegno, le Sabine funno)
Romullo per lo asillo havea facto multiplichar da ogni loco gli homini in Roma e perché i vicini non si degnavano de aparentarse con Romani come con gente infame, fe’ una festa in Roma a la qualle conchorse tuto el paese et specialiter Sabini et in questa tal festa Romullo misse a sacho tute le done et cusì si fornirono di mogliere; ma poco apresso per questa casone naque gran guerra tra Romani e Sabini poi si pacifichò per mezanità de le done.
I, XVII, 27 A Iupiter che nome havea Pharetra
(a Iuppiter, che nominò Feretra)
Giove Pharetrio si chiama da fero fers, perché Romullo li portò a offrire le spoglie tolte a Macrone.
I, XVII, 31 Per doni e per promesse fu Tarpia
(Per doni e per promesse fu Tarpia)
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Tarpia, giovene romana corupta per doni da Sabini, dete a loro una porta et intrati dentro fu la bataglia sì grande che già Romani, quasi vinti,
volgevano le spalle, quando Romullo votò a Giove Stratore se suoi stesseno e non fugisseno et subito si fermono et caciorono fuora li Sabini.
Haveranno promesso a Tarpeia quello che ne le loro sinistre man portavano non sapendo se i scuti volleva o li anelli e con li schudi l’amazorono come nara Tito Livio, Primo «Ab Urbe Condita».