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4.2. Il pensiero di McDonough e Braungart

4.2.3. La soluzione proposta

McDonough e Braungart propongono un modello completamente diverso da seguire, quello dell’eco-efficacia, che, diversamente dall’eco-efficienza, sostiene la necessità di lavorare sulle “cose giuste” (sui prodotti, sui servizi, sui sistemi giusti) fin dall’inizio, anziché limitarsi a

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McDonough e Braungart, “Dalla culla alla culla. Come conciliare tutela dell'ambiente, equità sociale e sviluppo”, Blu Edizioni, 2003

135 rimediare i danni di quelle sbagliate, rendendo l’attuale sistema un po’ meno distruttivo. A tal fine suggeriscono un nuovo tipo di progettazione.

I progettisti eco-efficaci guardano oltre all’obiettivo primario dei prodotti e dei sistemi produttivi e tengono conto del contesto complessivo. Ci si deve chiedere, per esempio, che scopo si prefigge un determinato oggetto e quali effetti avrà nel tempo e nello spazio.

Si tratta di cambiare prospettiva e può rappresentare uno stimolo all’innovazione. Bisogna cercare di ottimizzare la ricchezza della natura, non sfruttarla ed eliminarla.

Se l’industria venisse resa più sicura ed efficace non ci sarebbe bisogno di tenerla separata dalle altre attività umane, se i processi produttivi non fossero più dannosi, le aree commerciali e residenziali potrebbero coesistere tranquillamente con le fabbriche. Gli edifici non devono sorgere a discapito del paesaggio circostante, ma devono intrecciarsi con gli ecosistemi e arricchirsi a vicenda.

McDonough e Braungart prendono spunto dall’osservazione che fino a prima dell’industrializzazione il pianeta era sostenuto da un sistema biologico ciclico, in cui il rifiuto diventava cibo per la natura. Nel periodo successivo invece gli uomini hanno iniziato a sfruttare le materie prime e a trasformarle, ottenendo materiali che non possono essere assorbiti dalla terra senza generare effetti nocivi.

Sostengono che i materiali (i “nutrienti”) potrebbero essere distinti in due flussi, quelli biologici e quelli tecnici, ma che il modello industriale attuale non considera.

Il problema fondamentale continua a rimanere nel fatto che non viene presa in considerazione la vita dei prodotti nella fase successiva all’utilizzo. L’idea prevalente delle persone è quella di acquistare un prodotto appena fabbricato, utilizzarlo per la prima volta e gettarlo quando si esaurisce il suo utilizzo, confermandosi come unico possessore. Le industrie quando progettano fanno ricorso a questo modo di pensare.

Le prospettive per il futuro non sono per nulla rassicuranti se si continua a perseguire questo modello dominante del “Cradle to Grave”, in quanto ci si troverà a vivere in un mondo di limiti, in cui la produzione e il consumo dovranno essere razionati.

Secondo McDonough e Braungart “se gli esseri umani desiderano conservare l’attuale stato di benessere, dovranno imparare a imitare il sistema dei flussi di nutrienti e il metabolismo altamente efficace della natura, “dalla culla alla culla”, in cui il concetto stesso di rifiuto non esiste”.

136 Affinché venga eliminato il concetto di rifiuto è necessario “progettare tutto – prodotti, imballaggi e sistemi – fin dall’inizio in base al principio che il rifiuto non esiste”92.

Mantenere separato il metabolismo biologico dal metabolismo tecnico e viceversa

Sostanzialmente ci sono due metabolismi nella terra: quello biologico (o della biosfera) e quello tecnico (o della tecnosfera). Con il primo si intendono i cicli della natura, mentre con il secondo i cicli dell’industria.

Se tutti i materiali e i prodotti venissero progettati correttamente entrambe i metabolismi si alimenterebbero continuamente, in quanto diventerebbero:

- nutrienti biologici  progettati per poter ritornare nel ciclo biologico in cui vengono consumati o decomposti senza rischi, in quanto biodegradabili;

- nutrienti tecnici  pensati fin dall’inizio per rientrare nel ciclo tecnico chiuso dopo l’uso, senza perderne la qualità. In questo modo è possibile parlare di “sovraciclaggio” piuttosto che “subciclaggio”. Risulta quindi indispensabile che il bene possa essere agevolmente smontato dopo l’utilizzo.

Perché questo sistema funzioni correttamente è necessario che i due metabolismi non si contaminano a vicenda.

Figura 4.1. Il metabolismo biologico e il metabolismo tecnologico Fonte: southcoastenergychallenge.org/blog/living-cradle-cradle

Risulta fondamentale evitare misture di materiali tecnici e organici non più separabili dopo il ciclo di vita dell’oggetto, che McDonough e Braungart definiscono “ibridi mostruosi”.

Alcuni materiali presentano delle sostanze inquinanti per cui non possono entrare in nessuno dei due metabolismi. In questo caso, finché non si troverà una soluzione per decontaminarli potranno essere ritirati e conservati senza rischi.

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McDonough e Braungart, “Dalla culla alla culla. Come conciliare tutela dell'ambiente, equità sociale e sviluppo”, Blu Edizioni, 2003

137 I materiali di alcuni “ibridi mostruosi” potrebbero essere selezionati per impiegarli in maniera alternativa. È necessario a tal fine che alla guida dei vari settori produttivi siano presenti persone creative e determinate.

Il passaggio dalla vendita di prodotti alla vendita di servizi

McDonough e Braungart propongono la cessione sotto forma di servizi dei prodotti contenenti nutrienti tecnici (“prodotto di servizio”), anziché l’acquisto e la conseguente eliminazione dopo l’utilizzo.

Questo sistema può diventare vantaggioso anche per l’utilizzatore, in quanto non dovrebbe sostenere costi eccessivi per un materiale che poi non è in grado di smaltire e, quando ha finito di usufruirne, il produttore lo può ritirare e impiegare suoi materiali per altri prodotti. I vantaggi di questo sistema sono:

- la riduzione della quantità di rifiuti, spesso anche pericolosi, destinati alla discarica;

- il beneficio economico derivante dal risparmio dall’acquisto di nuovi materiali e dalla possibilità di riuscire ad istaurare rapporti duraturi con i clienti;

- la riduzione dell’estrazione di nuove materie prime e della fabbricazione di materiali dannosi, che verrebbero progressivamente eliminati.

Il rispetto della diversità

McDonough e Braungart sostengono l’importanza del rispetto delle diversità delle culture, delle tradizioni, dei luoghi, delle necessità.

Le industrie che la rispettano utilizzano “materiali e flussi energetici locali, e non si considerano entità autonome, avulse dalla cultura e dal paesaggio circostante”93

e succederà solo quando diventeranno consapevoli che la sostenibilità è un fatto locale.

Il punto di partenza è l’impiego di materiali locali, che agevolano anche la creazione di imprese sul posto. Inoltre, è necessario prendere in considerazione anche i processi fisici e le loro ripercussioni sull’ambiente circostante.

Se la sostenibilità è considerata “come un evento al tempo stesso globale e locale diventa in egual misura inaccettabile inquinare localmente acqua e aria, e spedire i rifiuti più a valle o imbarcarli verso limiti lontani e meno regolamentati”94

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138 Viene inoltre avvertita la necessità di connessione ai flussi di energia naturale. McDonough e Braungart sostengono che il loro sfruttamento deve essere graduale e che l’utilizzo dei preesistenti sistemi rappresenti una strategia di transizione, che offre l’opportunità di prendere tempo per lo sviluppo di una tecnologia realmente eco-efficace.

Più precisamente ipotizzano che, in attesa dello studio e dell’implementazione di soluzioni migliori di sfruttamento dei flussi energetici naturali, si potrebbero creare dei sistemi ibridi che compensino i flussi locali di energia rinnovabile (come quella solare, eolica o idraulica) con fonti artificiali.

McDonough e Braungart riflettono che “nel lungo periodo, la connessione ai flussi naturali di energia è un modo per ristabilire la fondamentale connessione alla fonte di ogni crescita sul Pianeta: il sole”95

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Dal punto di vista dell’eco-efficacia, è stato rilevato che le maggiori innovazioni, in ambito di approvvigionamento energetico, si sono riscontrate a livello locale, mediante impianti che operano su piccola scala.

Le distanze più limitate minimizzano infatti la dispersione della trasmissione ad alto voltaggio, cosa che solitamente non accade nelle centrali nucleari su larga scala, che sprecano quantità elevate di energia termica con tutta una serie di ripercussioni negative.

La proposta di McDonough e Braungart è quella, per esempio, di integrare ai sistemi utilizzati attualmente collettori solari, in grado di rispondere in maniera più flessibile e più efficace ai picchi di utilizzo di energia. In questo caso potrebbe essere utile affittare tetti piatti o rivolti verso sud.

Un’attenzione va rivolta anche all’energia eolica, che costituisce un’ulteriore fonte di energia rinnovabile, sebbene ritenuta meno preferibile rispetto a quella solare.

McDonough e Braungart sostengono che la modalità con cui sono progettate le centrali eoliche convenzionali non realizzano pienamente un concetto di eco-efficacia. La loro implementazione infatti richiede costruzione di gigantesche torri che non sono né ideate per diventare nutrienti tecnici, né prodotte con materiali ecologicamente intelligenti.

Il loro impiego potrebbe rivelarsi comunque vantaggioso. Le aziende di servizio pubblico infatti potrebbero affittare le terre dei contadini, istallando mulini che sfruttano le linee di trasmissione esistenti e generano energia, che andrebbe ad aggiungersi a quella della rete tradizionale.

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McDonough e Braungart, “Dalla culla alla culla. Come conciliare tutela dell'ambiente, equità sociale e sviluppo”, Blu Edizioni, 2003

139 In questo modo guadagnerebbero sia le aziende che i proprietari terrieri, con vantaggi indiscussi se raffrontati con l’energia ottenuta da combustibili fossili.

McDonough e Braungart manifestano la loro intenzione ad “arrivare a progettare processi e prodotti che non solo restituiscano i nutrienti biologici e tecnici che utilizzano, ma che ripaghino con gli interessi l’energia che consumano”96

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Ancora, il rispetto della diversità nella progettazione di un prodotto implica di tenere in considerazione non solo com’è realizzato, ma anche chi lo utilizzerà e come. Sono aspetti caratterizzanti l’approccio del “Cradle to Cradle” in quanto la possibilità di riutilizzo dei materiali permette il suo impiego in modi diversi e da utenti diversi, nel tempo e nello spazio. McDonough e Braungart affermano che, anziché dar vita ad un’estetica universalmente valida, le industrie potrebbero adattare i loro prodotti ai gusti e alle tradizioni locali, mediante una personalizzazione di <<massa>>.

Stesso discorso va fatto per le necessità, che differiscono in base al contesto ecologico, economico e culturale.

I diversi aspetti di un prodotto dovrebbero essere continuamente ridefiniti, in modo tale che il prodotto si trasformi in relazione ad un contesto in continua crescita.

“Un progetto che rispetti la diversità a tutti questi livelli conduce a un processo di Ri- evoluzione industriale. I nostri prodotti e i nostri processi raggiungono il massimo dell’efficacia […] quanto più assomigliano al mondo in cui viviamo”97

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4.3. La possibilità di raggiungere un concetto di sostenibilità in