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Sorgenti terapeutiche

D.3. Applicazioni cliniche delle radiazioni ottiche

D.3.3. Sorgenti terapeutiche

Esiste tutta una serie di sorgenti utilizzate per trattamenti fototerapeutici. In particolare, le sorgenti per fototerapia ultravioletta trovano impiego nel trattamento di condi-zioni cutanee, mentre le sorgenti per fototerapia a  luce blu sono usate comunemente per il trattamento dell’iper-bilirubinemia neonatale, di cui soffre circa il 60  % dei neonati.

Immagini di dispositivi fototerapeutici insieme agli spettri di uscita misurati. (A) Waldmann UV 7001 UVB. (B) Waldmann UV 181 BL. (C) Dräger PhotoTherapy 4000

Gli spettri sopra presentati mostrano che le sorgenti per fototerapia ultravioletta (esempi A e B) producono gene-ralmente forti emissioni nella regione UV degli spettri e possono emettere anche nella regione visibile, in parti-colare verso l’estremità blu. Come previsto, la valutazione del rischio D.3.3) suggerisce che i pericoli principali legati a  queste unità sono dovuti agli UV attinici o  agli UVA. L’esempio C mostra lo spettro generato da una sorgente per fototerapia a luce blu che, in linea con le previsioni, emette fortemente nella regione blu dello spettro visibile ma non ha praticamente emissioni nella regione ultravio-letta o del vicino infrarosso.

Lunghezza d’onda (nm) 0 40 80 120 160 300 400 500 600 700 800 Irr adianza (mW/m 2) A Lunghezza d’onda (nm) 0 50 100 150 200 300 400 500 600 700 800 Irr adianza (mW/m 2) B C Lunghezza d’onda (nm) 0 50 100 150 200 300 400 500 600 700 800 Irr adianza (mW/m 2)

Tabella D.3.3 — Valutazione delle sorgenti per fototerapia

Sorgente Rischio da UV attinici Rischio da UVA Rischio da luce blu Altri rischi da

radiazioni ottiche Waldmann UV 7001

UVB (1) Può essere superato in ~ 5h Sotto il limite di esposizione Sotto il limite di esposizione Nessuno Waldmann TL01

UV5000 (2) Può essere superato in ~ 7,5h Sotto il limite di esposizione Nessuno Nessuno Waldmann UV6

UV5001BL (2) Può essere superato in ~ 4h Sotto il limite di esposizione Nessuno Nessuno Waldmann UV 181

BL (1) Sotto il limite di esposizione Sotto il limite di esposizione Sotto il limite di esposizione Nessuno Waldmann UV 7001

UVA (2) Nessuno Può essere superato in ~ 5h Sotto il limite di esposizione Nessuno Sellamed UVA1

24000 (2)

Nessuno Può essere superato in ~ 45 min

Sotto il limite di esposizione

Nessuno Draeger 4 000 (1) (2) Nessuno Sotto il limite di

esposizione Sotto il limite di esposizione Nessuno (1) Misurazioni per gentile concessione del Radiation Protection Department, Royal Berkshire NHS Foundation Trust,

Reading.

(2) Dati di valutazione per gentile concessione del Medical Physics Department, Guy’s & Thomas’ NHS Foundation Trust, London.

Le cabine più diffuse per fototerapia ultravioletta non permettono l’accesso alle emissioni dirette quando l’ap-parecchio è in funzione. Eventuali perdite (vedi l’esempio A sopra) potrebbero però essere fonte di preoccupazione per il personale. In particolare, il bisogno di garantire la circolazione dell’aria e  di ridurre al minimo la sensazione

di claustrofobia per il paziente induce spesso a  utilizzare cabine aperte nella parte superiore. Questo può determi-nare una notevole diffusione degli UV dal soffitto. In gene-rale il rischio è relativamente basso, in quanto è difficile che il personale rimanga vicino alla cabina per tutta la durata del suo funzionamento. Sussiste tuttavia il rischio di effetti

a lungo termine dovuti all’esposizione cumulativa agli UV, rischio questo che può essere ridotto al minimo adottando controlli tecnici diretti, tra cui: sale designate per i  tratta-menti, tende attorno alla cabina e comando a distanza dalle stazioni di monitoraggio. Nell’esempio A precedente, l’uti-lizzo di una tenda attorno alla cabina ha aumentato il tempo richiesto per raggiungere il valore limite di esposizione per gli UV attinici da 5 ore a quasi 13 ore. Altri dispositivi per fototerapia, come l’unità per l’esposizione di mani e piedi mostrata nell’esempio B, richiedono un grado elevato di controllo procedurale al fine di ridurre al minimo l’espo-sizione del personale. In questo caso, gli addetti hanno sistemato dei teli neri sopra l’unità in funzione, in modo da ridurre gli UV di dispersione nell’ambiente. Anche qui il controllo può essere rafforzato semplicemente posizio-nando l’unità in una cabina dotata di tende. È possibile che occasionalmente il personale ospedaliero debba accedere da vicino all’apparecchiatura in funzione per svolgere dei controlli di qualità. In linea con le misure di controllo, può essere imposto l’obbligo di indossare uno schermo facciale contro i raggi UV, guanti e indumenti appropriati. Laddove i  controlli procedurali rivestono un ruolo fondamentale, questi devono essere chiaramente documentati.

Le unità per fototerapia a  luce blu vengono posizionate sopra le culle dei neonati, solitamente a un’altezza di circa 0,3 m. In genere, questo impedisce al personale di guardare direttamente la sorgente e, in ogni caso, i neonati vengono

monitorati periodicamente per circa 10 minuti ogni ora, il che limita ulteriormente l’esposizione. Persino nelle unità in cui si lavora in turni da 12 ore, l’esposizione conse-guente sarà comunque inferiore all’1 % del valore limite di esposizione.

Le terapie fotodinamiche utilizzano le radiazioni ottiche per produrre reazioni fotochimiche e richiedono spesso un trat-tamento preliminare con un fotosensibilizzatore chimico. In generale, le lunghezze d’onda ultraviolette sono molto efficaci nello stimolare i fotosensibilizzatori, ma non sono usate frequentemente a  causa della loro scarsa penetra-zione attraverso i tessuti. In teoria l’esposipenetra-zione dovrebbe avere un effetto di gran lunga minore sul personale non precedentemente esposto al fotosensibilizzatore, ma è  opportuno adottare controlli appropriati per assicurarsi che sia realmente così.

Immagini di sorgenti per terapia fotodinamica. (A) UV-X. (B) Aktilite CL128

A B

Tabella D.3.4 — Valutazione delle sorgenti per terapia fotodinamica

Sorgente Rischio da UV attinici Rischio da UVA Rischio da luce blu Rischi termici

UV-X Sotto il limite di

esposizione Sotto il limite di esposizione Nessuno Nessuno Lampada Aktilite

CL128 (1) Nessuno Nessuno < 3 % dell’ELV Nessuno

(1) Dati di valutazione per gentile concessione del Medical Physics Department, Guy’s & Thomas’ NHS Foundation Trust, London.

Le valutazioni presentate nella tabella D.3.4 mostrano che, come previsto, le sorgenti per terapia fotodinamica costituiscono un rischio ridotto in assenza dell’agente fotosensibilizzante.

I laser di classe 3B possono essere usati in fisioterapia per trasmettere energia direttamente ai tessuti lesionati. Questi laser costituiscono un pericolo per gli occhi (solita-mente un rischio termico per la retina), ma sono in genere altamente divergenti e quindi pericolosi su distanze rela-tivamente brevi. Il rischio viene solitamente gestito con

mezzi procedurali (utilizzo di cabine dotate di tende, segnaletica e  formazione degli addetti) e  indossando apposite protezioni per gli occhi.

I laser chirurgici trovano ampio impiego in diverse proce-dure e sono solitamente dispositivi di classe 4 che compor-tano rischi elevati per gli occhi e la cute. Anche in questo caso i  rischi sono generalmente gestiti tramite controlli procedurali e  l’utilizzo di dispositivi di protezione indivi-duale. In alcuni casi il fascio può essere fatto passare attra-verso una fibra inserita nel corpo tramite endoscopio. In

questi casi il rischio è notevolmente ridotto, sempre che la fibra non si rompa. I laser sono inoltre ampiamente usati in oftalmologia, dove in genere appartengono alla classe 3B o 4. Come per gli altri impieghi clinici dei laser, i rischi per gli occhi e, se del caso, per la cute sono controllati tramite controlli procedurali e l’utilizzo di dispositivi di protezione individuale.

Data la possibilità di riflessi nella fibra di un endoscopio, occorre utilizzare filtri adeguati e/o l’endoscopio deve essere osservato attraverso una telecamera.

Le sorgenti luminose a  impulsi intensi trovano ampio impiego nei trattamenti dermatologici. Questi dispositivi si basano generalmente su lampade per flash allo xeno, con filtrazione aggiuntiva per rimuovere le lunghezze d’onda corte nella regione ultravioletta dello spettro. A  causa delle elevate potenze di picco, questi dispositivi possono comportare rischi termici per gli occhi e la cute. Tali rischi sono normalmente gestiti attraverso il ricorso a  controlli

procedurali per evitare l’esposizione del personale all’emis-sione diretta, nonché tramite l’utilizzo di protezioni indi-viduali per gli occhi. In base alla qualità della filtrazione, questi dispositivi possono comportare anche un rischio da luce blu.