• Non ci sono risultati.

Sostituzioni : la ricerca di Germano Olivotto

performance e fotografia.

3.2 Sostituzioni : la ricerca di Germano Olivotto

Gli ultimi due paragrafi di questo capitolo dedicato agli artefatti saranno riser- vati al confronto diretto dell’operare in natura di Francisco Infante con quello di due artisti a lui contemporanei, ma geograficamente distanti, Germano Olivotto e Robert Smithson. Sebbene tutti e tre si occupino di ”fotografa- re installazioni in natura”,68 le differenze in termini di ideologia, materiali prediletti e scenari applicativi sono molteplici. Una lettura trasversale di queste relazioni oltre ad essere un mero esercizio intellettuale risulta essere un’operazione interessante per saggiare l’ ’indicatore di originalità’ portato dalla produzione infantiana rispetto alla controparte italiana e statunitense. Il primo di questi due poli di confronto è rappresentato da Germano Olivotto, artista significativo all’interno del panorama italiano (e veneto in particolare) degli anni Sessanta e Settanta, anche se relativamente poco conosciuto a causa delle sfortunate vicende biografiche che ne hanno determi- nato la morte prematura.69 La sua ricerca estetica si inserisce nel territorio

68

F. Infante, Monografija, (Moskva: Gosudarstvennaja kollekcija sovremennogo iskusstva. Gosudarstvennyj Centr Sovremennogo Iskusstva, 1999), p. 107

69

Germano Olivotto nasce a Venezia nel 1935, ma si forma culturalmente a Padova, dove ottiene la laurea in medicina odontoiatrica. Olivotto eserciterà la professione di dentista

liminale che unisce la Minimal Art, la Land Art, la Conceptual Art e l’Arte Povera, senza però appartenere ufficialmente ad alcuna di queste correnti.70 Olivotto concepiva l’arte come ’campo di autentica ricerca’,71 e pertanto concepiva il proprio lavoro come una mappatura strutturale dei rapporti intercorsi tra uomo e natura e tra natura ’naturale’ e natura ’artificiale’, piuttosto che come intervento di modifica permanente del tessuto naturale così come inteso dai landartisti americani. Dall’inizio infatti le sue opere si qualificavano come un atto empirico per conoscere e comunicare la realtà, ’un nuovo modo di intendere, di interpretare lo spazio’ che occupavano.72 Le opere di Olivotto si possono interpretare come l’ ”accertamento di un rapporto armonico tra uomo e ambiente o, quanto meno, la delucidazione di tale rapporto”.73

Fondamentale punto di distacco rispetto ad Infante è la forte componente di critica sociale che lo fa opporre al consumismo, alla mercificazione dell’o- pera d’arte, e al dominante soggettivismo dell’Informale. Le sue Sostituzioni hanno come unico fine ”la creazione di una coscienza attiva delle strutture naturali, ottenuta con un intervento svolto dall’uomo, con materiali tecno- logici, all’interno e secondo le leggi della natura”,74 emettendo un giudizio ’sociale’ sulla nuova natura artificiale, ”dichiarando con quel palo di luce, che, quando i monti e le valli saranno riempiti di case e di oggetti, una nuova ’natura’ potrà essere creata dall’uomo”.75 Caratteristica della sua produzione per tutta la vita, riservando all’arte il ruolo di ricerca parallela. Nel 1972 partecipa alla Biennale di Venezia, occasione in cui inizia a destare una maggiore attenzione da parte del pubblico e della critica. Nel 1973 vinse il Premio Bolaffi. Morì in un incidente d’auto il 26 febbraio del 1974.

70

Sebbene la bibliografia di riferimento per la figura di Germano Olivotto non sia esigua, soprattutto se si considera la completezza del catalogo della mostra tenutasi nel Museo degli Eremitani a Padova nel 1989, essa è nella quasi totalità dei casi formata da testi coevi all’autore, quindi cataloghi di mostre o recensioni. Fondamentale per un inquadramento critico dell’artista è stata la contestualizzazione ormai storicizzata fornita da L. Nicoletti in Germano Olivotto: Lungo una Scia di Luce, tesi di laurea discussa a Ca’Foscari nell’A.A. 2000-2001

71G. Segato, ”Neon-illuminismo poetico”, in Germano Olivotto, cat. mostra Museo Civico

agli Eremitani, Padova, 1989, p. 59

72

S. Orlandini, Germano Olivotto, catalogo della mostra Galleria La Polena, Genova, 1970, in Germano Olivotto, catalogo della mostra di Padova, op. cit. p. 15

73

U. Apollonio, Germano Olivotto, catalogo mostra Galleria il Naviglio, Milano, 1975, in Germano Olivotto, cat. mostra di Padova, op. cit. p.11

74

”Germano Olivotto: sugli alberi fioriscono rami al neon”, intervista a Bolaffiarte, anno IV, n. 27, 1973, p. 55

75

E. L. Francalanci, ”Milano e Venezia (Germano Olivotto), in Art International, anno XIV, n. 6, Summer 1970

matura è l’inserimento della luce al neon in contesti naturali, prima in ac- compagnamento alla struttura naturale, poi in sua sostituzione, elemento che ha fatto avvicinare la sua ricerca all’Arte Povera, in particolare per il suo aspetto poetico-contemplativo (Giuseppe Penone),76 ed in secondo luogo per l’utilizzo del classico binomio natura+tecnologia dei poveristi (Mario Merz). Un’ulteriore vicinanza si può ravvisare nel desiderio di Olivotto di coinvolgere la collettività nell’esperienza estetica in modo molto democratico.

”La comunicazione mi interessa enormemente, fa anzi parte essenziale del procedimento. Senza la comunicazione un qualsiasi esperimento non ha implicazioni, non agisce. Io mi sento più preoccupato della pos- sibilità di comunicare l’esperimento che di mantenerlo efficiente. Oggi i sistemi di trasmissione dell’informazione offrono possibilità immense di azione: una fotografia pubblicata produce occasioni di contatto immen- samente superiori alla sola presenza in un museo...D’altra parte credo che nella società di oggi, travagliata da enormi problemi, l’affidare le proprie possibilità d’azione soltanto alla visione diretta dell’opera, sia confinare l’artista in una situzione di debole incidenza estetica e socia- le...Comunque io compio interventi e ne mostro i risultati attraverso le fotografie: anche se in questi passaggi si verificasse una differenza, l’accetto nel tentativo di raggiungere più persone possibili.”77

La sua attività artistica si articola in due grandi nuclei di opere: le Strut- ture (1966-1969) e le Sostituzioni (1969-1974). Le Strutture ambientali sono delle declinazioni delle strutture (minimaliste), effettivamente pensate ed ideate per essere poste in un preciso luogo e confrontarsi con esso, ripren- dendo simmetricamente l’andamento di una collina in Modello di Struttura ambientale 10/1 (1969), oppure la cavità esistente tra due dune Modello di Struttura ambientale 10/2 (1970) [Fig. 56].

Attraverso la ’sottolineatura’ di una componente naturale, l’artista voleva mettere in relazione reciproca un elemento strutturale, geometrico e freddo, con la realtà fisica che lo ospitava. Olivotto affermava di voler condizionare un intervento strutturale ad una realtà esistente, farlo addirittura nascere dalla realtà stessa.78 Il principio della sottolineatura è maggiormente evidente in Ricerca 10/3 (1969) [Fig. 57], in cui il profilo di una scala è evidenziato

76

G. Segato, ”Neon-illuminismo poetico”, in Germano Olivotto, cat. mostra di Padova, op. cit., p. 54

77”Germano Olivotto: sugli alberi fioriscono rami al neon”, intervista in Bolaffiarte, anno

IV, n. 27, Torino, febbraio 1973, pp. 55-56

da una struttura stilizzata composta da tubi al neon che si pongono in un dialogo diretto con la scala che li origina, richiama e contrasta.

Nel 1969 apparvero le Sostituzioni, che si pongono in continuità con le Strutture ambientali e il loro concetto di sottolineatura, ma ne costituiscono l’evoluzione in quanto prevedono lo scambio di un elemento naturale con un equivalente artificiale, il tubo al neon. Alla flessuosità organica del ramo d’albero veniva preferito il modulo rigido del tubo al neon, che però andava ad integrare, e non a migliorare, la natura, in una sorta di osmosi con l’ambiente. Questi segni luminosi funzionavano come termine di relazione, tra l’artista, la natura e la tecnologia.79

L’utilizzo della semplificazione geometrica razionalizza il procedimento: ”Ero interessato all’ambiente e l’albero ne fa parte. Ero interessato ad un’in- dagine strutturale e le strutture vegetali sono molto evidenti”.80 In questo modo Olivotto perviene ad un ”costruttivismo illuministico esistenziale”,81in cui la struttura astratta del tubo luminoso diventa fonte di relazioni dirette con l’uomo che l’ha creata il più vicino possibile alla matrice di riferimento, ma ritmicamente inserita in un filare geometricamente ordinato, binomio allo stesso tempo astratto ed organico, interno ed esterno, rigido e flessuoso.

La sostituzione va letta in modo non invasivo; l’autore non vuole tanto geometrizzare l’albero per migliorarlo, quanto piuttosto illuminare l’organi- smo vegetale, dimostrando così la possibilità di un’organizzazione estetica, costruttiva, apportabile dall’uomo nel contesto naturale per mezzo della sua dotazione tecnologica. Invece che far diventare il ramo più simile ad un tubo al neon, la cura maggiore sta proprio nel realizzare un tubo al neon che al meglio possa inserirsi nella flessuosità sinuosa delle forme naturali, pur semplificandole nella sua essenza.

Olivotto dimostra ”la possibilità di un incontro integrativo, e perciò stesso positivo, fra mondo naturale e mondo tecnico, fino a raggiungere il livello di una significazione”.82

79

U. Apollonio, Germano Olivotto, catalogo della mostra Galleria Il Canale, Venezia, 1968, in Germano Olivotto, catalogo mostra di Padova, op. cit. p. 10

80”Germano Olivotto: sugli alberi fioriscono rami al neon”, intervista in Bolaffiarte, anno

IV, n. 27, febbraio 1973, p. 55

81E. L. Francalanci, ”Milano e Venezia (Germano Olivotto), in Art International, anno

XIV, n. 6, Summer 1970

82U. Apollonio, Germano Olivotto, cat. della mostra Galleria Il Naviglio, Milano, 1975,

La somiglianza principale rispetto ad Infante è dunque il comune avverti- mento, negli stessi anni (la prima Sostituzione è del 1969, ma preceduta da molteplici indizi sin dal 1966, mentre il primo Artefatto è del 1968), di una condivisa insofferenza nei confronti dell’emergente egemonia esercitata dal mondo tecnologico. Il bisogno di stemperare questo dominio dell’artificiale si traduce in una sintesi con il suo polo opposto, il mondo ’incontaminato’ della natura. Le radici comuni del costruttivismo (quello di Max Bill per Olivotto, e quello di Rodčenko, Tatlin e Gabo per Infante) li portano ad una comune geometrizzazione delle strutture artificiali inserite in contesti naturali. La seconda caratteristica comune è la volontà di non realizzare strutture permamenti, bensì installazioni transitorie, che possano essere ricordate solo attraverso la fotografia. La prima differenza sta nel grado di supporto utilizza- to, il neon per Olivotto, e lo specchio per Infante (legati anche alla differente disponibilità a livello di materiali tecnologici reperibili sul mercato dei due diversi paesi). A questa differenza di materiale si associa una più generale discrepanza in termini di interessi di fondo: mentre la ricerca di Olivotto ha una finalità dichiaratamente sociale e politica, volta allo scandagliare le varie ipotesi di una coabitazione tra l’essere umano e questa invasione di ’seconda natura’; il fine ultimo di Infante è sempre rivolto all’individualità dell’artista, lasciando come accidentale possibilità il fatto che lo spettatore si troverà, ad un certo punto, in contatto con le sue fotografie. Obiettivo di Infante non è il miglioramento dell’umanità, ma del singolo che per farsi Uomo deve imparare a camminare su due piedi, e per fare ciò deve comprendere gli intimi significati del mondo che lo circonda.

3.3

Mirror Displacements: Robert Smithson nello