• Non ci sono risultati.

Il sottile discrimen tra socio e soggetto finanziatore nelle società

dell’attività sociale.

La riforma del 2003, con l’introduzione della possibilità di conferire a capitale nelle società a responsabilità limitata anche opere o servizi e di apportare le medesime nel patrimonio delle società per azioni con conseguente emissione di strumenti finanziari partecipativi, ha accentuato le differenze tra i due tipi societari soprattutto con riferimento alle tecniche di approvvigionamento del capitale.

Il conferimento nella società a responsabilità limitata non avrebbe più i connotati dell’investimento com’è nella società per azioni, dove i veri soci non sarebbero le persone, ma i loro “sacchi di denaro”80; in quest’ultimo tipo societario i conferimenti sono fungibili con il denaro, mentre tale possibilità è esclusa per le società personali, soprattutto in considerazione della conferibilità di opere e servizi che, non risultando fungibili con gli apporti in denaro o in natura, non procurano alla società un valore equiparabile agli altri e non possono ritenersi investimenti, ma meri conferimenti.

Nella società per azioni, infatti, è essenziale che il conferimento si realizzi secondo modalità tali da poter assumere una propria oggettività, un proprio autonomo valore in grado di emanciparsi dalle vicende personali del socio: deve potersi configurare come un investimento, il quale, implicando un affidamento alla società, conserva

80

La definizione è mutuata dall’economista francese C. Gide, Cours d’economie politique, Parigi, 1918, p. 245.

il proprio significato indipendentemente dalla situazione personale del soggetto conferente.

Nella società a responsabilità limitata non si richiede siffatta emancipazione ed il valore del conferimento può ancora consistere in un’attività del socio, quindi imperniato sulla sua persona.

La società per azioni, nell’impostazione che ha preceduto la riforma del diritto societario, presupponeva dal punto di vista del socio unicamente l’effettuazione dell’investimento e, quindi la posizione del socio investitore poteva rimanere passiva ed a suo carico non erano riconosciuti altri obblighi.

Differentemente, nella società a responsabilità limitata era, come ancora oggi è, possibile che al socio fosse richiesta un’ulteriore cooperazione per lo svolgimento dell’attività sociale, cioè un contributo ulteriore rispetto a quello che si realizza all’atto dell’investire nel momento della costituzione della società81.

Con la riforma del diritto societario, tuttavia, sono state create situazioni intermedie che non attribuiscono la qualità formale di socio e che non sono riconducibili agli schemi del capitale di debito, dando luogo, o potendo dar luogo, ad una vera e propria raccolta di capitale di rischio.

Le forme di partecipazione alla società sono dunque numerose e diverse, tutte meritevoli, non fissate in canovacci rigidi di legge, ma affidate alla disciplina convenzionale, a sua volta influenzata dalle spinte del mercato e dalle scelte individuali dei singoli operatori.

Ci si riferisce, nello specifico, ai portatori di strumenti finanziari partecipativi, che, come rilevato, possono essere muniti dallo statuto di diritti amministrativi molteplici che rendono la loro posizione più incisiva di altri azionisti, quali, ad esempio, gli azionisti senza diritti di

81

C. ANGELICI, La riforma …, op. cit., p. 40 e ss.; idem, Il socio nella riforma, in La riforma del diritto societario (atti del convegno, Sassari, ottobre 2003) a cura della C.C.I.A.A. di Sassari, Milano, 2004, p. 11 e ss.

voto, e finanche degli azionisti ordinari, posto che determinati diritti amministrativi attribuiti a questa categoria di non soci non spettano ai soci ordinari.

I portatori di strumenti così strutturati, infatti, specie se apportatori di opera e servizi, sono coinvolti nella vita della società in maniera spiccatamente collaborativa e del tutto irriducibile al paradigma dell’investitore passivo, ciò sia sotto il profilo della loro partecipazione all’impresa sociale, sia sotto il profilo della partecipazione al governo della società, specie grazie ai rilevanti poteri di voice che l’autonomia statutaria sembra possa loro riconoscere con considerevole ampiezza.

Nel caso in cui, invece, a sottoscrivere gli strumenti finanziari emessi a fronte di opera e servizi siano gli stessi azionisti, il loro coinvolgimento personale nella vita sociale risulterebbe ancora più significativo, perchè strutturalmente diverso da quello tradizionale del socio che si obbliga a mere prestazioni accessorie di facere.

L’azionista con strumenti finanziari emessi a fronte di opera e servizi ha la possibilità di partecipare alla società in una posizione determinata dalla compresenza di due diverse tipologie di apporti, ma caratterizzata da una sostanziale unitarietà.

Sicché non è più possibile individuare la posizione endosocietaria di un investitore sulla scorta del nomen del titolo che ha sottoscritto o acquistato, ma piuttosto sulla base di un esame puntuale dei diritti che a quel titolo lo statuto attribuisce e dell’organizzazione di categoria in cui lo inserisce. E neppure può dirsi che il partecipare ad una società per azioni consegua con sicurezza e con pienezza alla sottoscrizione di alcuni e non di altri strumenti finanziari.

Il socio è sì, ancor oggi, chi apporta beni destinati al capitale, ma è, prima di tutto ed insieme ad altri investitori, titolare di un tipo di strumento finanziario non individuabile in astratto, ma sulla scorta dello statuto della società emittente, atteso che dallo statuto si dovranno

evincere sia i diritti di cui egli dispone, sia ciò che in quella società lo differenzia dai titolari di altri tipi di strumenti finanziari.

Il confine tra l’azionista e il soggetto terzo portatore di strumenti finanziari partecipativi pur essendo oggi molto labile, tuttavia può essere ugualmente tracciato se ci si sofferma sulle regole ordinamentali generali e specifiche che governano la partecipazione agli utili societari e la gestione dell’attività sociale.

Nell’ambito delle società per azioni il capitale sociale, il cui ammontare minimo è fissato dall’art. 2327 c.c., continua ad avere una fondamentale funzione organizzativa, pertanto, il dettato normativo di cui all’art. 2346, comma 1, secondo cui “la partecipazione sociale è rappresentata da azioni”, dovrebbe essere inteso nel senso che gli apporti imputati a capitale, dunque i conferimenti, non possono che essere rappresentati da azioni e costituitscono la partecipazione sociale.

Dall’imputazione a capitale sociale discendono per il socio importanti conseguenze organizzative che si traducono in diritti necessari spettanti all’azione, tra cui il diritto insopprimibile alla partecipazione agli utili e l’insopprimibile obbligo di partecipazione alle perdite. I confini tra i soci che effettuano conferimenti e i terzi finanziatori restano, quindi, fondati sull’assenza, nei primi, di un diritto di credito verso la società al rimborso dei versamenti effettuati, diritto che è proprio dei secondi, stante la necessaria subordinazione di tale diritto alle regole di funzionamento dell’organizzazione societaria e quindi al preventivo pagamento dei creditori sociali, nel che si traduce la partecipazione alle perdite e la conseguente sopportazione del rischio d’impresa.

Per quanto concerne i diritti amministrativi, il divieto per i portatori di strumenti finanziari partecipativi di conferimento del voto nell’assemblea generale degli azionisti82, enunciato dall’art. 2346 .c.c,

82

La relazione ministeriale al D.Lgs. n. 6/2003 è esplicita nello specificare che i diritti spettanti ai possessori di strumenti finanziari partecipativi “potranno essere i più vari”

esprime, oltre alla impossibilità di una partecipazione fisica dei terzi all’assemblea, la volontà di conservare comunque in capo ai soci la posizione di primazia sull’ente, essa pone, infatti, stretti vincoli alla configurazione del diritto di voto e di nomina delle cariche sociali di cui venga beneficiato il capitale non azionario, al fine di evitare qualsiasi rovesciamento, anche solo parziale, del rapporto di forza tra categorie di investitori83.

In questi termini la compartecipazione dei possessori di strumenti finanziari risulta caratterizzata innanzi tutto dalla sua necessaria ancillarità, rispetto alla posizione dei soci, dovendosi ritenere esclusa la possibilità di accordare il voto in termini e con portata tali da generare potenziali situazioni in cui l’orientamento espresso dai primi prevalga su quello fatto proprio dai secondi.

Ancorché parte della dottrina configuri il diritto di voto spettante su argomenti specificatamente indicati dallo statuto, ai sensi dell’art. 2351 c.c., comma 5, come potere dell’assemblea di categoria di approvare le decisioni dell’assemblea generale e, quindi, di porre un vero e proprio diritto di veto, la compartecipazione dei terzi avrebbe comunque carattere occasionale, in quanto l’elencazione degli argomenti sui quali il voto stesso può essere conferito deve mantenersi entro stretti vincoli di specificità.

Pur nella incertezza del dettato normativo, l’attribuzione ai titolari di strumenti finanziari di un diritto di voto su materie riservate alla competenza dell’assemblea non dovrebbe incontrare obiezioni di sorta e potrebbe essere possibile attribuire a detti soggetti la

e nel precisare che “gli strumenti finanziari in questione possono conferire tutti i diritti partecipativi escluso quello del diritto di voto nell’assemblea generale degli azionisti” 83

In tale contesto rientrerebbe anche il divieto per i titolari di strumenti finanziari partecipativi di impugnare le delibere assembleari, atteso che, ai sensi dell’art. 2377 c.c., ai fini del riconoscimento del diritto di impugnativa è necessario essere titolari di azioni aventi diritto di voto con riferimento alla deliberazioni impugnata, ma è anche necessario che dette azioni rappresentino una determinata quota del capitale sociale; sul punto cfr. F. MAGLIULO, Le categorie di azioni, op. cit., p. 59.

autorizzazione/approvazione su atti gestori, ai sensi dell’art. 2364, n. 5, c.c., ferma restando, in ogni caso, la responsabilità degli amministratori che, sul piano concreto della gestione, o, meglio, dell’impostazione delle linee strategiche della gestione, e della sovrintendenza all’architettura organizzativa della società, assicurano il soddisfacimento delle molteplici e varie posizioni d’interesse.

Ai titolari di strumenti finanziari dovrebbe, invece, essere preclusa la possibilità di esprimere il diritto di voto in materia di approvazione del bilancio ed anche in materia di distribuzione degli utili, in quanto un voto sulla distribuzione degli utili potrebbe risultare istituzionalmente in conflitto di interessi, posto che in tal caso i finanziatori della società potrebbero influire sulle decisioni relative agli investitori in capitale di rischio, vale a dire gli azionisti84.

La circostanza del divieto dell’esercizio del diritto di voto nell’assemblea generale e la statuizione legislativa che attribuisce ai possessori degli strumenti finanziari il diritto di nomina extra assembleare di un amministratore indipendente85 potrebbe significare che il legislatore intendesse vietare che il governo della società possa essere attribuito, per via statutaria, a detti soggetti.

Probabilmente, i limiti previsti dalla normativa, ancorché non sufficientemente definiti, in quanto rimessi all’autonomia statutaria, consentono agli investitori non soci di esercitare un diritto di controllo, anche attraverso un componente del consiglio e, forse, anche di un potere di veto su argomenti specifici, ma non consentono di attribuire loro un ruolo attivo di governo.

84

Cfr., A. LOLLI, op. cit., p. 209 e ss. 85

Osserva A. PISANI MASSAMORMILE, Azioni ed altri strumenti finanziari, op. cit., p. 1299, che il termine “indipendente” dovrebbe intendersi riferito alla maggioranza assembleare, quella che normalmente nomina tutti i componenti dell’organo gestorio o sindacale, in quanto la ratio della norma sembrerebbe quella di consentire che all’interno degli organi menzionati vi sia chi rappresenti interessi altrui e tuttavia non trascurabili.

Non dovrebbe, infatti, essere consentito allo statuto e all’autonomia contrattuale di articolare l’emissione di strumenti finanziari in tante e tali categorie di titoli partecipativi che, attribuendo il diritto di nominare amministratori indipendenti, determinino un sovvertimento delle proporzioni tra amministratori nominati dall’assemblea dei soci e amministratori nominati da non soci, tale per cui questi ultimi costituiscano la maggioranza del consiglio86.

4 La rilevazione in bilancio. Gli apporti di opere e servizi nelle