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USO E ABUSO DELLE NEUROSCIENZE E DELLA GENETICA

5 UNA SPADA A DOPPIA LAMA

Dunque le neuroscienze e la genetica applicate in campo forense, con un ritorno alle tesi deterministiche lombrosiane, presentano dei rischi. Il più pericoloso dei quali è il postulato dell’inesistenza del libero arbitrio. Tale impostazione, che ci vede incapaci di fare libere scelte, presenta quesiti importanti al diritto penale che riguardano un potenziale cambiamento nella definizione di imputabilità e responsabilità penale, con conseguenti cambiamenti nei trattamenti sanzionatori dei rei, considerati colpevoli solo di essere fatti in un certo modo. Allineandosi con le teorie lombrosiane nelle premesse, i moderni riduzionismo e scientismo rischiano di allinearsi anche sulle conseguenze: segregazione e repressione dei criminali.

La Corte Suprema Federale degli Stati Uniti ha definito la prova neuroscientifica come spada a doppia lama160 (two-edged sword): usata in favore del reo se non capace di intendere e di volere al momento del reato, ma in senso contrario usata anche per determinarne la pericolosità sociale. Il fatto di individuare le anomalie negli autori di reato e di dichiararli non imputabili aumenta le

chances di giustizia, ma al contrario aumenta anche il rischio di etichettarli o di doverli confinare o

eliminare per evitarne la recidiva. Peraltro quante evidenze scientifiche esistono con gruppi di controllo che assicurano che i soggetti con disfunzioni non possano comportarsi adeguatamente? Non tutti quelli che hanno anomalie biologiche diventano criminali, e rischierebbero preventivamente di essere visti con sospetto per la loro costituzione.

Lombroso considerava certi delinquenti nati inadatti a conformarsi alla società, poiché si confaceva loro lo stato di bestie feroci non meritavano pietà. Dovevano essere segregati perennemente in

159 LALLI I C., Neurologia, i dubbi su una scoperta letta troppo sbrigativamente, il libro dello scienziato sano che

scoprì di avere una TAC da psicopatico. I misteri del male nelle cellule cerebrali. Spiegare la violenza esaminando il cervello. Una pista promettente ma piena di rischi, «Corriere della Sera» – La lettura, 01,12,2013.

160 Tutta la ricerca scientifica è una spada a doppia lama, il valore che dal fatto scientifico decidiamo di trarre può essere

in senso rinunciatario e fatalista – ciò che è biologicamente dato è immodificabile – o può indicare in che direzione muoverci per cambiare, accrescendo i gradi di libertà.

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luoghi di esilio e isolamento lontani dalle città, condannati ai lavori forzati161 o eliminati fisicamente. Si anticipava così la selezione naturale162. Lombroso credeva nella pena capitale per quei criminali nati, immuni alla punizione perché recidivi con periodiche ricadute nel crimine. Legittimava la pena di morte di contro a Cesare Beccaria, il cui Dei delitti e delle pene163 (Lucca, 1764) è riconosciuto come manifesto e come trattato simbolo contro la pena di morte. Per Lombroso le cure sociali sono inutili e inefficaci contro la criminalità incorreggibile, fatto che costringe a eliminare i delinquenti completamente, anche con la morte. Gould si domanda quanti innocenti sono stati condannati solo perché avevano un tatuaggio o non arrossivano o erano mascelloni164.

Per le sue difformità, il criminale sin dalla nascita è una varietà infelice di uomo, per Lombroso da eliminare affinché si prevenga la nascita di esseri più tristi e feroci, che ne ereditano i tratti devianti. Lombroso ancora considerava il delitto come una triste variante delle malattie mentali. Dunque spada a doppia lama: i criminali non sono responsabili dei crimini che compiono, in quanto predestinati a commettere il male perché biologicamente diversi, ma proprio per questo sono pericolosi e vanno emarginati o eliminati.

Ma l’anomalia biologica è un fattore di rischio e non una ineluttabile destinazione, esiste la multifattorialità nella genesi del crimine (che però non deve limitarsi a elencare tante cause al posto di una, poiché se alle cause viene comunque data la patente di necessarie e sufficienti non si esce dal determinismo). Bisogna fare attenzione a non confondere correlazioni e nessi causali, predisposizioni e destini ineluttabili. I fattori che condizionano sono condizioni, non cause: limitano il numero di possibilità, ma non annullano secondo un principio di necessità le possibilità stesse. Se nell’attuale rinnovato interesse per le teorie positiviste di stampo deterministico l’aspetto multifattoriale non viene considerato, ma vengono accentuati ed enfatizzati gli aspetti biologici e biochimici che attribuiscono l’origine della criminalità a cause intrinseche e innate nell’uomo, vi è

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Proponeva l’esilio nelle colonie penali, permanente e irrevocabile. Enrico Ferri suggeriva la deportazione interna verso colonie con terre non coltivate per la presenza della malaria: se deve esservi una ecatombe meglio sacrificare dei criminali e non degli onesti agricoltori. Suggerì anche l’esportazione nella colonia africana in Eritrea. Ferri invocherà poi la teoria darwiniana come giustificazione per la pena di morte: il progresso vitale è dovuto alla continua selezione con la morte (naturale o artificiale che sia) del meno adatto nella lotta per la vita. Se la società umana dovesse fare una selezione artificiale con l’eliminazione di anormali e antisociali, ciò sarebbe quindi in accordo con le leggi naturali.

162 La detenzione non era l'unica alternativa tra le pene, Lombroso si mostrò anche favorevole a sanzioni alternative

come i servizi svolti in favore della comunità, le multe o gli arresti domiciliari, misure che apparivano più idonee ai delinquenti meno pericolosi. Cercava di favorire anche l’isolamento precoce in condizioni bucoliche per mitigare la tendenza innata e far condurre una vita utile sotto sorveglianza.

163 Nel 1776 messo all’Indice dalla Chiesa. Il libro si ispirava alle idee degli illuministi francesi, incontrò l’entusiasmo

di Voltaire che contribuì alla sua diffusione. Per Beccaria trucidare i propri simili con la pena di morte non è né utile né giusto, né necessario. Con la pena di morte ogni esempio che si dà alla nazione presuppone un delitto. Gli pare assurdo che le leggi, espressione della volontà pubblica, commettano un omicidio quando sostengono che è da detestare e punire. Per correggere e persuadere di non commettere delitti, la pena di morte non è un deterrente valido, come invece la prigionia, anzi porta i delinquenti a compiere più reati di fronte a una pena così severa.

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dunque la possibilità di una analogia con Lombroso non solo nelle premesse, ma anche nelle potenziali conseguenze di tale impostazione deterministica. Oltre alla negazione del libero arbitrio, in Italia vi è il rischio di un ritorno in auge della sovrapposizione della figura del folle e del reo, della constatazione della inutilità delle cure e dei percorsi rieducativi dei rei con conseguente isolamento a vita o con il ricorso al trattamento chirurgico e alle terapie genetiche oppure con il ritorno alla pena capitale.

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Parte III