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Specchio della vita apparente a Colonia sul Reno

Nel documento Leone Traverso: letterato e traduttore (pagine 109-111)

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la città intera arriva ai nostri giorni assimilando perfettamente ogni influenza e dono dell'epoche nel suo volto originale di pie- t~a. Chè B?logna. è soprattutto pietra, architettura: evita per- smo la lUSInga dI un fiume per non deviare dalla sua astrale geometria in giochi di riflessi effim~ri. E dall'Appennino (che ogni montagna è già un abbozzo architettonico) sembra solo a~ogliere l'invito a modellare l'informe, a trasportare le possi- bIlI figure dal sonno della materia immobile nella realtà umana di una nuova natura, definita, organizzata. (E non è certo un ~uro ac~idente che in questo territorio nascessero i maggiori Int~rpretI dello spazio, i magici trasformatori delle energie co- sDllche). Cosi, se la pittura a Bologna non ebbe quasi altri ali- menti che forestieri, fu coltivata con maggiore interesse e for- tuna la scultura, che, per affinità di materia e di tecnica, offren. do analoghi problemi e soluzioni spaziali, si può adattare a co~ple~ento ~ rilie~o dell'architettura. (A farne d'altra parte un aIIucmata cIttà edl colore», una «città di Dite» rovente, basta la luce dei suoi mattoni).

~~alco~a di rup~stre, negli atteggiamenti e specie nei pan- ne~gl In.~I sembra Ingorgarsi il grande vento delle montagne, è nel fregI dI Jacopo della Quercia, sulla facciata di San Petronio a cui doveva poi ispirarsi Michelangelo trattando i volumi um~ni come masse làviche d'un mondo sollevato in un geologico ·tumul- to. ~ Niccolò dell'Arca, iI «barbaro» ••:fantastico», che in Santa Mana della Vita scagliava le donne abbandonate intorno all'im- mobilità del Cristo come rottami travolti in un vortice infÌ'e- nabiIe, alza nel mausoleo di San Domenico e sulla facciata del Palazz~ del Comune figure resisteriti in una solitudine consape- vole, Interamente responsabili della propria unicità: caratteri già definiti tra quinte invisibili 'in un dramma anteriore, senz'at- tacchi ~nnai con gli altri, senza «parte» nella scena aperta in cui comp81ono.

E non è un simile isolamento - essenziale estraneità _ rispetto a chi oggi le visiti o abiti, che in certe ore esalta tanto profondamente la realtà di questa e d'altre città nostre antiche che noi ci sentiamo camminare sospesi come fantasmi labili

come la nebbia tra le pietre durevoli? '

Grazie umanissima si concede al pedone in Colonia d'im- provvisarsi un atteggiamento d'alta curiosità d'amatore graduata su meticolose prospettive davanti alle vetrine (assai comuni) della Strada Alta, relegata in altre e nelle piazze la minaccia insepara- bile dalle ruote in corsa. Immunità, t'illudi, veneziana. E i tran- vai, che dal Duomo dal Museo dal Mercato Vecchio s'avviano dopo qualche minuto di buona compagnia con la lentezza grave dei rimpianti ognuno per il suo cammino, si ostinano poi in vagabondaggi dilettanti, forse

Per

strapparci una conferma escla- mativa della vastità di questa città. (Era un tempo la Santa, ora è la Grande secondo il nome ufficiale, in cui pesa un'ombra di orgoglio prussiano). Su questo ritmo si svolge la vita, un po' più teso nelle ore di lavoro, abbandonato nel gusto di una socievo. lezza aperta e indolente durante il riposo. Qui si sorseggia il tempo come iI vino. Traspare da questa fiducia nel futuro una tradizione romana di pazienza agricola, dominando le stagioni volubili l'abbondanza dei raccolti e la fortuna degli uomini. Spa- valderia anseatica temperata d'ironia e gaiezza francese nei discor- si; nell'accento largo e ondulato si rispecchia la calma concen- trica della conca fluviale nel giro delle sue colline.

Mai in altra città m'ha confortato tanto spirito compagne- vole e tale gusto dell'intimità. La parola vola spedita, colpisce, rimbalza, mentre le lodi del vino e del Reno, rima obbligata nelle canzoni secolari, affratema intorno alle tavole a muro abitanti e stranieri in un ondeggiamento pendolare del busto scandito dall'annonica «molle come pianto». E ora s'alzano soli tutti gli uomini per maggior festa e intrecciano cantando le mani stese sopra il capo delle donnealteme a sedere in attesa sorridente; e

maschile. Mirabile, come nel resto della Germania, e nei paesi nordici, l'indulgenza al brutto la tolleranza dell'età e la promi- scuità senza troppi pericoli dei sessi. Compare in pubblico festiva veramente tutta la società; nessuno rinuncia a godere e più a fare inconsapevolmente spettacolo. Uguali tutti nei diritti del lavoro, tace l'istinto della bellezza che opera presso di noi la scelta.

Né si combatte tra uomo e donna quella guerra d'orgoglio senza tregue, ch'estenua forse ma tanto

raffiDa

al paragone l'ita- liano e il francese. Una sagezza previdente sembra avere tempera- to secondo il clima il sangue di questa gente al tepore d'una sensi- bilità moderata. Sincera può fiorire l'amicizia tra uomo e donna, che una complessione simile dispone a una comprensione vicen- devole, e facilmente vegeta la fedeltà. Dell'amore non corrono a gran giornate alla meta, ma indugiano più golosamente nelle stazioni fiorite del cammino, producendo in pubblico sfoggio un'intimità forse troppo impegnativa a quattr'occhi. '

Villaggio in fiera è tutta la città di carnevale: e la solita giovialità esplode singolarmente aggressiva. Colle feste di Natale, Pasqua e l'intero c1assiço mese di maggio, gli esperti ufficiali indicano nei loro calcoli annuali questo tempo come il più ab- bondante di incontri fecondi. La. vigilanza, abitualmente assai lenta,.è più che mai distratta dal chiasso della folla e dai bicchie- re; e i risparmi d'un anno della borsa e del cuore vogliono dare largamente i loro frutti. Il costume poi, per quanto sommano, offre coll'illusione l'impunità della parte recitata. Le ragazze sole e i giovinetti inquieti e gli uomini malinconici di maturità, in questi giorni si tuffano con rapida baldanza e spesso ripor- tano a galla trionfale una perla. Che sarà loro ornamento e cura nelle pubbliche solennità e pei sentieri più discreti di parchi e boschetti almeno fino al prossimo carnevale. Durante i saturnali, ~li schiavi tiranni della gravità ~ del decoro - come verbigrazia

I capitani di"banche e industrie, i ministri delle gabelle - pro-

digano nell'allegria come nel lavoro quotidiano un'infallibile sicurezza del colpo, un'indomabilé pazienza della fatica, che a buon diritto conquista e mantiene loro anche in. questo campo

i primi posti dell'onore. Anche divertirsi diventa un esercizio virtuoso, una impresa solenne, una nobile gara. Le persone più gravi infatti durante 'i tre ultimi giorni non usano rientrare al tètto familiare, o ·al più ·ci riattingono in un bagno nuòve energie ora scattano le donne in piedi all'antistrofe (eSia vecchio il vino

e giovine la donna») mettendo un fregio bianco perpetuo di braccia e mani a volo sulle teste maschili.' E al tu .si scivola leg- germente e al bacio senza impegno, ma sorseggiato da intenditori della simpatia conviviale e della danza. Chi poi non ami mesco. larsi, salita una scaletta a chiocciola di buon legno antico, da una penombra di volte basse e acute di cappella, nella tranquillità

discreta d'una nicchia dove può sempre annidarsi anche una compagnia prescelta, spierà durante le pause concesse la giocon- dità sottostante traverso i vetri d'un finestrino da cella: e l'inco. raggerà forse coll'ombra propria che si profila lassù, nel colore vario delle luci, come la sagoma d'un santo nelle vetrate d'una cattedrale, ma sorpresa talora in atto d'estasi profana.

Aria galeotta

in

questi locali della città vecchia sul Reno e nene strade intorno anguste come calli veneziane, dove non sembra possibile camminare se non abbracciati contro i vor- tici del vent~ violenti dalle bocche della piazza sacra o dagli squeri deserti sul fiume. Intorno alla Cattedrale dalle guglie vertiginose, ai gomiti repentini dei vicoli inondati d'odore di frittura e di rifiuti, scivolan~ in silenzio al rumore d'un passo, le porte chiodate sui cardini, e a mezza voce cade un richiamo femminile; mentre agl~ occhi sorpresi si uncinano altri occhi, d'un freddo di smalto, e una bocca sanguinante ridardeggia l'invito insistente, una cifra e un nomignolo (eta langue le pois- son rouge dans le bacaI de ta voix») .-.:...profferte le carni violacee compresse nelle guaine rosee, traboccanti daI corsetto a canestro. Andiamo òltre. Ma il passo sulla calle sonora ridesta altre scolte annoiate dietro le persiane s~fhiuse; e le porte massicce roota- no come a un soffio magico, una dopo l'altra, ai due lati, e dalle aperture degli antri rossastri 'le sirene, angeliche o colossali, ci fanno ala e saluto nella rivista involontaria.

(Indifferenza strana per noi delle coppie libere o coniugate che percorrono a braccetto quelle strade dirette

ai

locali sulla riva: qualche lazzo non sublime, risposte ironiche nello stra- scico dialettale, ma come obbligate, senza orrore nè veleno).

Per l'ingenuità degli svaghi, spettacoli mediocri bevute e 'chiacchere spesso fino all'alba, e per la facilità senza pretese

dei rapporti, la città vive come un grossissimo villaggio il cui sapore di campagna è rilevato, nei volti e nel portamento, dall'ine- leganza affabile delle donne e dall'alquanto maliziosa bonomia

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Nel documento Leone Traverso: letterato e traduttore (pagine 109-111)