3. Metodologia
4.5. Spindox e l’Open Innovation
Dopo aver discusso di IaT e dei processi partecipativi correlati, le interviste hanno virato sul tema della strategia di innovazione di Spindox e sull’Open Innovation. A questo proposito, è stato chiesto ai soggetti di riflettere su IaT e la sua scelta di innovazione partecipata in relazione al Paradigma OI.
Il progetto IaT è visto dagli intervistati come un’evoluzione di Spindox e del suo modo di fare consulenza. Partendo dalle origini dell’azienda nel campo del digitale, chi la vive la considera una realtà in cui è già presente una forte vocazione innovativa e il passo verso la creazione di un’offerta consulenziale strutturata è visto come necessario per coprire una nicchia ancora poco presidiata in Italia e mantenere un vantaggio competitivo sul mercato. Spindox è vista da chi ci lavora come un’azienda che già trae la sua forza innovativa dal senso di intraprendenza del singolo sulle gerarchie, sui livelli di anzianità e sui grandi piani strutturali tipici di organizzazioni più verticali. Quello che l’esperimento partecipativo di IaT farebbe, all’interno di questa cultura già consolidata, è di valorizzare il potenziale reale dei consulenti in maniera sinergica, andando a realizzare un’innovazione condivisa tra consulenti e management.
Emerge, inoltre, come Spindox e l’OI siano già legate a doppio filo e come tale approccio all’innovazione sia di rilevanza esistenziale per l’azienda, fino a considerarlo l’unico possibile. Viene discusso, infatti, come già si perseguano strategie di innovazione diffusa, aperta e contaminata, facendo cenno alle diverse esperienze di Spindox di collaborazione con università italiane, sia attraverso progetti di ricerca che programmi di formazione come il Master MAINS, con le startup, gli acceleratori d’impresa e con le comunità di sviluppatori. Alcuni intervistati, in particolare i membri del management, arrivano a sottolineare come un approccio aperto all’innovazione sia la strada da percorrere se si vuole assicurare il successo dell’azienda nel prossimo decennio di attività, fino ad immaginarla come l’unica forma di innovazione possibile per una realtà piccola, ma ambiziosa, come Spindox.
Posto quanto finora discusso, la maggior parte degli intervistati vede il progetto di innovazione dal basso di IaT organico a questo approccio e nato nell’alveo dell’impegno di Spindox nel campo dell’Open Innovation.
Conclusioni
Molti sono stati gli spunti di riflessione complessi ed estremamente interessanti che questo lavoro ha portato all’attenzione di chi scrive. Da una parte, poter andare a fondo nello studio di un metodo di innovazione dal basso, ancora così poco conosciuto in questo paese, come la charrette, ha permesso di esplorare nuove strade per l’innovazione delle imprese italiane ed immaginare scenari inaspettati nei quali applicarla. Dall’altra, entrare nel vivo delle dinamiche organizzative e strategiche di un’azienda altamente dinamica e fluida come Spindox è stato un importante esercizio intellettuale dal punto di vista accademico e un percorso di acquisizione di consapevolezza per la consulente che l’autrice aspira a diventare nei prossimi anni.
Per quanto riguarda l’applicazione di un processo di innovazione dal basso per IaT, si attende con entusiasmo e trepidazione la possibilità di mettere alla prova dei fatti la filosofia della Design Charrette in un evento in ambito business, per poter testare sul campo le potenzialità, ma anche i rischi di una tale contaminazione. Se l’esperimento avesse successo, si aprirebbero nuove strade per l’innovazione delle aziende e spunti di ricerca sull’OI ad oggi ancora inesplorati.
Il profilo di Spindox che traspare da questo lavoro è di un’organizzazione estremamente orizzontale, ancorata ad un’identità di azienda emergente, o startup, partita da una piccola mansarda (come ama raccontare il Presidente Bindi), dove le occasioni, i progetti e i successi semplicemente ‘accadono’ grazie ad un misto di serendipità e impegno personale. Un posto, quindi, dove il singolo vale più del proprio titolo o della mansione e si crede che ogni persona, volendo, possa avere una meritata occasione di crescita.
Allo stesso tempo, però, in ciascuna delle testimonianze raccolte si manifesta una lucida consapevolezza del fatto che una realtà tanto fluida, a volte, si fa specchio di una cultura percepita come troppo debole, dove le identità caratteristiche della singola unità organizzativa, o della specifica sede, si manifestano molto marcate a discapito di un generale senso di appartenenza, di una vision sentita e condivisa e di un codice di condotta universale.
Vi appare essere una coscienza condivisa ai diversi livelli dell’organizzazione che la sfida reale non sia dimostrarsi un’azienda iper-tecnologica, al passo coi trend più nuovi e capace di offrire prodotti allo stato dell’arte, tutti aspetti dove Spindox è già all’avanguardia e lo dimostra quotidianamente attraverso il rapporto con i clienti storici e quelli appena
acquisiti, ma proprio di costruire una cultura organizzativa più solida, più strutturata e riconosciuta da tutti i soggetti che vi lavorano.
La sensazione di lavorare all’interno di un contenitore che fatica a realizzare contenuti propri è un altro aspetto messo in evidenza diverse volte durante le interviste e al quale si spera di far fronte attraverso l’istituzione di buone pratiche ad alto valore creativo e contenutistico come la Design Charrette. Proprio nell’evento della charrette la maggior parte delle speranze per un’evoluzione aziendale in questa direzione viene riposta: come Spindox nasce dall’innovazione, così la stessa si può rinnovare e rafforzare attraverso la continua ricerca di nuove buone pratiche.
In ultima analisi, Spindox rimane una realtà estremamente interessante, capace di navigare le sfide del digitale come ha fatto in questi primi dieci anni di attività. Se la sua forma sempre pronta al cambiamento a volte può disorientare le persone che la vivono quotidianamente, questo non adombra la vera forza sulla quale Spindox può continuare a crescere e prosperare: la perenne disponibilità a mettersi in discussione e di ripensare il suo modo di stare nel mercato, oltre alla capacità di resilienza che da essa deriva.
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Appendice – Lista delle domande somministrate
1. Posizione in Spindox e area di competenza/specializzazione 2. Cos’è Innovation as Transformation, come è nata?3. Che ruolo hai ricoperto, come sei entrato in contatto e come hai contribuito a Innovation as Transformation?
4. Come è nata l’idea di un hackathon? Perché decidere di passare la palla ai consulenti? 5. Come hai o avevi immaginato l’hackathon
6. Cosa sai sulla Design Charrette?
7. Quali sono gli obbiettivi che dovrebbe perseguire? 8. Come pensi che dovrebbe strutturarsi?
9. Qual è l’orizzonte di realizzazione dell’evento?
10. Come rientra tutto questo nella filosofia di Spindox e nella sua strategia di innovazione? 11. Si può considerare un progetto ispirato al paradigma dell’Open Innovation?