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Il processo di innovazione nel settore consulting: Open Innovation e Charrette Design in Spindox S.p.A.

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Academic year: 2021

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Abstract

Il Project Work descrive quanto imparato durante il progetto “Innovation as Transformation” nell’ambito del processo di innovazione del portafoglio prodotti della direzione Consulting di Spindox S.p.A.. Per il processo di R&D si è deciso di adottare un approccio bottom-up in virtù del quale, conclusa una prima fase di ricerca e sviluppo portata avanti da un ristretto team di persone, si intende costruire un evento partecipativo aperto a tutti i consulenti Spindox secondo il modello della Design Charrette. Questo lavoro investiga il processo di innovazione di Spindox, le dinamiche aziendali che lo hanno originato e le sue caratteristiche di partecipazione dal basso prendendo spunto dagli studi condotti sul paradigma dell’Open Innovation durante la fase didattica del Master. Lo studio intende rispondere alla Research Question: In quale modo la predisposizione di un’azienda IT come Spindox a perseguire delle strategie di open innovation a discapito di approcci più tradizionali può essere influenzata dalla sua cultura organizzativa? Il lavoro adotta un design induttivo e una metodologia qualitativa, nello specifico si è fatto uso del metodo del process tracing applicato ad interviste a soggetti privilegiati: analizzando le interviste alla luce di quanto discusso nei capitoli teorici si è tentato di ricostruire i processi decisionali e di innovazione di Spindox come azienda e come organizzazione. I risultati dell'analisi hanno evidenziato come una struttura organizzativa piatta e una cultura informale possono promuovere meccanismi virtuosi per l'open innovation, ma presentano anche il rischio di indebolire il morale e la motivazione in azienda se non vi si applicano dispositivi di bilanciamento.

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Indice

Abstract ... 2

Indice ... 3

Indice delle Figure ... 4

Introduzione ... 5 1. Metodo Spindox ... 7 1.1. Il metodo ... 8 1.2. Understand ... 10 1.3. Explore ... 12 1.4. Proof of Concept ... 14 1.5. Il ciclo iterativo ... 15 2. La Charrette ... 17

2.1. Uno strumento di innovazione partecipata ... 17

2.2. Perché la Charrette ... 18

2.3. Cos’è la Design Charrette ... 18

2.4. Casi d’uso della Charrette in Italia e nel mondo ... 20

2.5. Come si organizza una Charrette ... 23

2.6. Gli strumenti usati nella charrette ... 25

2.7. Come si struttura una charrette ... 28

2.8. Obbiettivi e risultati previsti ... 31

2.9. La Charrette secondo Spindox ... 32

3. Metodologia ... 34

3.1. Approccio e design della ricerca ... 34

3.2. Selezione dei dati e metodo di analisi ... 36

3.3. Interviste ... 37 3.4. Limitazioni ... 39 4. Analisi ... 41 4.1. Introduzione ... 41 4.2. Innovation as Transformation ... 42 4.3. Hackathon ... 43 4.4. Design Charrette ... 44

4.5. Spindox e l’Open Innovation ... 47

Conclusioni ... 48

Bibliografia ... 50

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Indice delle Figure

Figura 1. Il processo IaT © Spindox s.p.a. ... 8

Figura 2. Il Business Model di IaT © Spindox s.p.a. ... 8

Figura 3. La matrice per l’analisi AS-IS © Spindox s.p.a. ... 9

Figura 4. Il ciclo Understand-Explore-Proof of Concept © Spindox s.p.a. ... 10

Figura 5. Analisi AS-IS di IaT © Spindox s.p.a. ... 11

Figura 6. Business Use Cases © Spindox s.p.a. ... 12

Figura 7. Matrici per la classificazione dei BUC © Spindox s.p.a. ... 13

Figura 8. Roadmap dei BUC © Spindox s.p.a. ... 14

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Introduzione

Il Project Work consiste, nell’ambito del Master MAINS in Managament e Ingegneria dei Servizi della Scuola Superiore Sant’Anna, nella relazione finale che ogni candidato deve scrivere e difendere per poter concludere il proprio anno di studi. Nell’elaborato lo studente descrive quanto svolto e imparato nei quattro mesi di tirocinio presso una delle aziende partner. In generale, la relazione tratta di uno dei progetti seguiti nel periodo di lavoro alla luce delle nozioni teoriche che si sono acquisite frequentando i corsi universitari del primo semestre.

Il presente Project Work descrive quanto imparato durante il progetto “Innovation as Transformation” nell’ambito del processo di innovazione del portafoglio prodotti della direzione Consulting di Spindox S.p.A.. Per il progetto, infatti, si è deciso di adottare un approccio bottom-up in virtù del quale, conclusa una prima fase di ricerca e sviluppo portata avanti da un ristretto team di persone, si intende costruire un grande evento partecipativo aperto a tutti i consulenti Spindox secondo il modello della Design Charrette, dove mettere alla prova quanto ipotizzato e svilupparlo ulteriormente fino ad ottenere un prodotto pronto alla presentazione sul mercato di riferimento.

Poiché il progetto è ancora in corso e l’evento partecipativo non è ancora stato organizzato, l’autrice di questo Project Work ha deciso di investigare il processo di innovazione di Spindox e le sue caratteristiche di partecipazione dal basso prendendo spunto dagli studi condotti sul paradigma dell’Open Innovation durante la fase didattica del Master.

Lo studio, infatti, intende rispondere alla seguente Research Question:

In quale modo la predisposizione di un’azienda IT come Spindox a scegliere strategie di open innovation a discapito di approcci più tradizionali può essere influenzata dalla sua cultura organizzativa?

A questo fine, si è adottato un approccio induttivo di ricerca e metodologie di analisi qualitativa, nello specifico si è fatto uso del metodo del process tracing applicato ad una serie di interviste a soggetti privilegiati: analizzando le interviste alla luce di quanto discusso nei capitoli teorici si è tentato di ricostruire i processi decisionali e di innovazione di Spindox come azienda e come organizzazione.

Il lavoro è così strutturato:

1. Innovation as Transformation – Capitolo di descrizione del progetto oggetto del lavoro, dove si discute l’approccio di Spindox alla strategia di change management della Business

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Transformation. Innovation as Transformation si struttura come un processo in varie fasi: da un’analisi AS-IS, ad una proposta TO-BE, per concludersi con un proof of concept e una fase di exploitation. Il metodo si basa sull’utilizzo di tools Agile e di Design Thinking.

2. Design Charrette – Capitolo di revisione bibliografica dove si elencano alcuni case studies di eventi di charrette esemplificativi degli usi e delle potenzialità dello strumento reperiti in letteratura e dove si fornisce una breve descrizione di carattere manualistico della metodologia di realizzazione, della struttura organizzativa e dei tool di brainstorming utilizzati per la charrette.

3. Metodologia – In questo capitolo si discute il design della ricerca, la research question, gli obbiettivi perseguiti, i metodi di ricerca delle interviste a soggetti privilegiati e di process tracing utilizzati e i limiti intrinsechi nello studio.

4. Analisi – Capitolo di esposizione dell’analisi condotta sui dati raccolti, dove si ricostruisce il processo di innovazione di Spindox, si profila la cultura organizzativa dell’azienda e si identificano i possibili legami tra le due dimensioni.

A chiusura dei capitoli sono state formulate delle conclusioni che riassumono i risultati dell’analisi e offrono spunti di riflessione sul funzionamento di un’azienda con struttura piatta e orizzontale, la cultura aziendale che ne deriva e i possibili scenari di sfide e opportunità che si profilano nel futuro di Spindox.

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1. Metodo Spindox

Nel quadro di sviluppo e potenziamento della direzione Consulting, Spindox ha deciso di elaborare una nuova offerta consulenziale basata sull’approccio della Business Transformation per i propri clienti che intendono cogliere le opportunità di sviluppo offerte dalla Quarta Rivoluzione Industriale. L’offerta si concentra sul processo di Digital Transformation, ossia quel fenomeno di cambiamenti sistemici e non solo tecnologici, ma anche organizzativi e culturali, che investono le aziende che intraprendono un percorso di digitalizzazione dei loro processi di creazione di valore, o processi produttivi. Proprio perché l’avvento del digitale comporta una vera e propria trasformazione del business e non soltanto un “ammodernamento” di qualche linea produttiva, in Spindox viene chiamata “Innovation as Transformation”.

Per Spindox, Innovation as Transformation (d’ora in avanti, “IaT”) significa tradurre un’idea innovativa in nuovo valore per l’azienda cliente (d’ora in avanti, “cliente”). Le trasformazioni di successo si perseguono attraverso una strategia solida: IaT, infatti, comporta cambiamenti radicali in termini di business model, partner, delivery e mercato. Il cliente può perseguire l’innovazione attraverso un approccio multicanale.

L’innovazione può assumere tre forme differenti:

× Imitazione – copiare le buone pratiche dei competitor attraverso un processo di reverse engineering, è un metodo a basso costo;

× Trasformazione – collezionare le buone pratiche disponibili e migliorarle prima di applicarle; × Path Discovery – trovare nuovi percorsi autonomi di innovazione, questo approccio presenta il vantaggio di arrivare a possedere pratiche a cui i competitors non hanno accesso, ma al contempo comporta alti costi di sviluppo.

Il metodo IaT prevede l’applicazione di un processo iterativo circolare che integra gli elementi costitutivi del business model con le dimensioni del cambiamento, secondo l’approccio agile di analisi-design-release-feedback.

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1.1. Il metodo

In concreto, IaT si struttura come un approccio a matrice, dove da un lato vengono rappresentate le dimensioni del cambiamento, dall’altro il business model.

Il business model (da qui, “BM”) è concepito come un processo sequenziale in 4 fasi: partendo dal prodotto (costituito da skill, asset e tecnologia), si passa alle fasi di proposal (prodotti, servizi e brand), canali di consegna (opportunità, luoghi e canali) e segmentazione del mercato (clienti finali, bisogni e esperienza). Infine, BM viene analizzato nel suo intero nella stessa matrice secondo gli elementi costitutivi di partner, network e modelli di prezzi.

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Figura 1. Il processo IaT © Spindox s.p.a.

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Le quattro dimensioni del cambiamento, ovvero le lenti di analisi del BM sono Processo, Organizzazione, Informazione e Tecnologia.

Una volta messi in matrice tutti gli elementi, si ottiene una griglia di analisi che permette agevolmente di individuare i punti di forza e i punti di debolezza del cliente e di sviluppare soluzioni puntuali, ma con una prospettiva sistemica volta a migliorare l’intero BM.

Di fatto, i componenti del BM sono ordinati secondo processi ripetibili, eseguiti attraverso strutture organizzative apposite, abilitati dalle opportune tecnologie e informazioni. Il metodo consta, quindi, di un processo iterativo che intende fare sintesi tra la filosofia Agile e il Design Thinking. Le sue tre fasi principali sono understand, explore e proof of concept, le quali saranno descritte in dettaglio nei prossimi paragrafi. Le fasi sono sviluppate in sequenza e alla conclusione di ogni proof of concept segue un nuovo understand, in un ciclo di analisi-design-release-feedback continuo, volto a ottenere non solo un prodotto ottimale, ma continuamente perfettibile.

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A monte di tutto questo, però, è necessario portare il cliente a comprendere appieno la necessità del cambiamento. Secondo Spindox, infatti, l’innovazione serve tre obbiettivi: rispondere alle richieste dei clienti finali, rispondere alle richieste della proprietà e mantenere il vantaggio nei confronti dei concorrenti. Per fare questo, si procede con un’analisi AS-IS e la si confronta con gli obiettivi di crescita auspicati: la differenza tra le due determina il growth gap che il processo di IaT deve andare a colmare.

1.2. Understand

Le tre fasi cicliche del metodo, understand, explore e proof of concept sono a loro volta cicli autoconclusivi e iterativi. Nel caso specifico, understand è costituito da una fase di discovery e una di design.

In fase di discovery si individuano i vantaggi competitivi del cliente per ogni dimensione della matrice. Si segue una metodologia di assessment costituita da questionari, interviste e sessioni intensive di analisi, ottenendo come deliverables un business model canvas (d’ora in poi, “canvas”) e un’analisi AS-IS del cliente.

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Il processo di design, invece, utilizza un approccio di lateral thinking col fine di individuare nuove opportunità di miglioramento per l’azienda. Attraverso l’analisi del canvas si individuano i competitor del cliente, i trend emergenti nel settore, i nuovi bisogni dei clienti finali e la catena del valore sviluppata nel BM. A conclusione di queste analisi, si ottiene un nuovo canvas in ottica TO-BE, chiamato business model canvas target (da qui, “canvas target”), che delinea i livelli ottimali del cliente per:

× Capacità produzione × Capacità di proposta × Delivery model

× Target di mercato × Business model

A questo punto, seguendo il concetto di growth gap precedentemente discusso, si individuano le nicchie di miglioramento del BM e le si presenta al cliente. Il punto di forza di questo modello, infatti, è di avere un approccio modulare e selettivo, dove il miglioramento dei processi e del BM non passa per la rottamazione forzata di tutto l’AS-IS, ma per il re-design delle singole nicchie individuate come deboli in un’ottica di integrazione con i punti di forza pre-esistenti del cliente.

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A seconda della natura della nicchia presa in esame e delle necessità espresse dal cliente, si deciderà se adottare un approccio di innovazione per imitazione, trasformazione o path discovery.

1.3. Explore

Il ciclo di esplorazione è caratterizzato da una maggiore interazione e coinvolgimento del cliente e consiste nell’elaborazione dei possibili piani di azione per sviluppare le nicchie di miglioramento emerse in understand. Explore è suddiviso in tre fasi: co-design, enrichment e classify.

In fase di co-design si elabora una lista di business use case (da qui, “BUC”) sulle nicchie precedentemente definite. La metodologia utilizzata include presentazioni dal vivo dei risultati ottenuti in fase di understand e interviste al cliente con il fine di definire i bisogni e le aspettative.

I BUC sono scenari concreti che descrivono il percorso che porterà a raggiungere gli obiettivi definiti con il cliente. Si tratta di processi step-by-step, definiti in termini di impatto e costi potenziali, volti a chiudere il growth gap tra capacità attuali e potenziali. Caratteristica peculiare è che una o più dimensioni di cambiamento possono indifferentemente essere coinvolti in un singolo BUC a seconda delle caratteristiche che presenta e degli obiettivi che persegue.

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I BUC sono caratterizzati da una descrizione del BUC stesso e della sua value proposition, un’analisi AS-IS della nicchia che ricoprono e una descrizione dei benefici e dei rischi che presentano.

La fase di enrichment punta alla costruzione di un canvas TO-BE, una canvas value proposition e un riepilogo degli use case analizzati attraverso gli strumenti dell’analisi SWOT, della matrice di Abell e dell’analisi degli stakeholder. I metodi sfruttati sono lo sviluppo di use case digitali, la classificazione degli use case in base al potenziale di impatto, alla natura del business e ai cambiamenti organizzativi e l’assessment delle priorità di business attraverso un processo iterativo. I BUC, in ultima battuta, servono a definire le ragioni, la timeline e l’impatto della trasformazione attesa.

L’ultima fase del ciclo di explore consiste nella classificazione dei BUC perseguita attraverso la presentazione e discussione col cliente dei BUC stessi, a più riprese regolari nel tempo, fino al raggiungimento di un accordo condiviso tra Spindox e il cliente su aspettative e priorità. Alla fine di questo processo si ottiene una mappatura a due matrici dei BUC classificati secondo l’impatto atteso e la natura del business, della tecnologia e dei cambiamenti organizzativi.

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Ogni singolo BUC coinvolgerà una o più fasi del processo di BM e presenterà costi e benefici attesi specifici.

1.4. Proof of Concept

Come step conclusivo di IaT si trova il ciclo di creazione del proof of concept, che prevede le fasi di Roadmap e Deploy.

D’apprima si costruisce una roadmap dei BUC in ottica agile, in modo da poterla modificare in corso d’opera, sfruttando nuovi incontri di presentazione e discussione col cliente fino ad ottenere un nuovo accordo comune. In questo modo, i BUC diventano i

blocchi di costruzione della trasformazione, portando al BM nuovo valore aggiunto. Di converso, i BUC vengono definiti nel dettaglio in modo da aiutare il cliente a decidere dove e se investire risorse in innovazione.

È a questo punto che si entra nella fase di deploy, dove si sviluppa concretamente il BUC. Al cliente verrà presentato come deliverable un framework di implementazione del progetto per ogni singolo BUC, ogni framework verrà costruito sfruttando strumenti di project, change, risk e total quality management.

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Ogni BUC dovrà cogliere e descrivere con chiarezza il valore reale dell’investimento e come l’iniziativa porterà un suo sostanziale ritorno economico e finanziario.

Per chiarezza, il BUC verrà rappresentato da un documento che presenterà: un sommario esecutivo, i bisogni del business, una panoramica del progetto, una timeline di realizzazione, l’impatto previsto, un’analisi finanziaria con la specifica dei costi e del ROI.

1.5. Il ciclo iterativo

Come già menzionato in precedenza, il metodo di Spindox non è concepito come un progetto lineare dove ogni fase nasce, si sviluppa e si conclude in successione alle altre e dove alla fine di ogni processo il prodotto consegnato è concepito come completo e inamovibile. Ispirandosi all’approccio agile, il metodo considera ogni fase coesistente e in stretta relazione alle altre e ad ogni conclusione di un ciclo, o sotto-ciclo, si arriva ad una prima release a cui seguiranno successivi e continui miglioramenti.

In questo modo, per ogni singolo ciclo di IaT (understand-explore-proof of concept), sotto-ciclo (discovery-design, co-design-enrich-classify, roadmap-deploy), singola fase (metodologia-deliverable) e singoli BUC si implementa un processo circolare e iterativo di analisi-design-release-feedback, caratterizzato da un serrato rapporto dialettico e di negoziazione tra il fornitore di soluzioni Spindox e il cliente. La parte di feedback, in

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particolare, si manifesta come la più cruciale: è, infatti, importante che il cliente si senta in grado di manifestare liberamente aspettative e necessità, di mettere in evidenza quali richieste sono state esaudite e quali rimangono inascoltate e di illustrare quali nuovi bisogni e opportunità sono nel frattempo emerse e vanno integrate nel processo di IaT. Di fatto, tutto il processo di IaT si sviluppa in collaborazione costante con il cliente, il quale non deve configurarsi come fruitore passivo di un prodotto pre-confezionato, ma co-creatore di una soluzione fatta a misura delle sue necessità e potenzialità.

Da questo approccio si otterranno risultati positivi su diversi fronti: a ogni nuova release il prodotto sarà sempre più vicino alle aspettative e necessità del cliente, l’integrazione della soluzione con le infrastrutture pre-esistente presenterà meno difficoltà di realizzazione e, infine, sarà più facile superare le naturali resistenze organizzative al cambiamento, se la trasformazione verrà vissuta come un atto nato e co-sviluppato anche dall’interno (cioè dal cliente).

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2. La Charrette

2.1. Uno strumento di innovazione partecipata

Come anticipato nel precedente capitolo, quando IaT è stato concepito, si è deciso di sottoporlo preliminarmente alla prova di un momento di innovazione partecipativo e inclusivo, coinvolgendo tutti i dipendenti operanti nella direzione Consulting.

Dapprima si era immaginata la creazione di un evento finalizzato ad affinare la proposta consulenziale dell’azienda mutuando il modello dell’hackathon dal mondo dell’ICT. Al tempo tale proposta appariva la più naturale per Spindox, un’azienda ad alto contenuto tecnologico nata con l’obbiettivo di offrire soluzioni digitali e di system integration in ottica B2B.

A tal proposito, l’hackathon è definito in letteratura come un evento di breve durata -in genere uno o due giorni- dove programmatori ed altri addetti ai lavori nel campo dello sviluppo di software si dedicano in maniera collaborativa alla soluzione di una o più “sfide” informatiche. Gli hackathon favoriscono un approccio sperimentale e creativo, essendo in genere finalizzati all’integrazione delle tecnologie digitali in diversi campi, come la ricerca accademica, gli open data, lo sport, la musica, la moda e altri (Briscoe and Mulligan, 2014, p. 1).

Negli ultimi anni, il termine ‘hackathon’ ha goduto di una fama vasta e trasversale andando a toccare ambiti a volte molto distanti e distinti dall’ICT, partendo dall’ingegneria e arrivando all’amministrazione aziendale, le scienze sociali, il marketing, e non solo. Ad esempio, sono stati realizzati hackathon per sole donne, adolescenti o studenti universitari, hackathon per migliorare il sistema scolastico e per ottimizzare il servizio sanitario, per il sostegno ai veterani di guerra e per sostenere i soggetti autistici, hackathon di attivismo in favore di Occupy Wall Street, hackathon per la protezione dell’ambiente e per costruire strumenti per prevenire l’inquinamento delle acque e far fronte ad emergenze ambientali (Leckart, 2012, in Calco e Veeck, 2015, p. 35).

Il caso di studio a cui Spindox si sarebbe maggiormente potuta rifare è verosimilmente il “markathon” discusso da Calco e Veeck nel loro articolo del 2015. Qui le autrici illustrano il progetto da loro realizzato all’Università del Western Michigan in forma di evento di formazione universitaria per spingere gli studenti ad acquisire nuovi strumenti di ricerca e innovazione per il marketing (Ibidem, p. 34).

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In Spindox, invece, dopo un periodo di riflessione si è deciso di mettere in piedi un evento poche volte realizzato in Italia e ancor più raramente in ambito business: la Design Charrette.

2.2. Perché la Charrette

Come discusso nel precedente paragrafo, l’obbiettivo di Spindox di creare un evento trasformativo e innovativo si era dapprima orientato su un modello ispirato al format dell’hackathon, per poi invece orientarsi sull’approccio del dynamic planning.

Per dynamic planning si intende un approccio olistico alla pianificazione di un progetto che riduce al minimo il bisogno di rielaborazioni successive del prodotto e che coinvolge fin dalle prime fasi tutti gli attori che rappresentano degli interessi specifichi, per redigere in maniera efficiente e quasi immediata un piano di alta qualità e in forma definitiva (Lennertz, 2003, p. 1). Il metodo della Design Charrette rientra nella famiglia del dynamic planning (ivi).

Tutte queste caratteristiche, e in particolare l’aspetto collettivo e non competitivo della charrette, unito ad uno svolgimento intensivo e in tempistiche ristrette, senza però essere sottoposti ai ritmi altamente stressanti e competitivi dell’hackathon, hanno orientato la scelta di Spindox verso questo specifico metodo. Inoltre, l’esperienza diretta di alcuni membri del management di Spindox che hanno avuto partecipato ad alcuni eventi di charrette, ha permesso di apprezzare gli ottimi risultati che tale approccio è in grado di addurre al processo creativo.

In ultima battuta, per quanto esistano casi documentati di declinazioni degli hackathon in contesti dove non si realizzano vere e proprie azioni di ‘hacking’ o software development, si è deciso di optare per uno strumento che nascesse da un’esperienza che si discosta dal mondo dell’ICT e origina invece da quello dell’architettura e del design creativo (Smith, 2012, p. 2).

2.3. Cos’è la Design Charrette

Secondo The Charrette Handbook, il manuale di istruzioni redatto dal National Charrette Institute, la charrette è “un workshop di design e pianificazione collaborativo, della durata di più giorni, tenuto in situ e che coinvolge tutti gli stakeholder interessati dall’impatto del progetto” (Lennertz e Lutzenhiser, 2014, p. v).

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contingentati per sviluppare soluzioni creative a problemi complessi (School of Design, 2016, p.3).

La Design Charrette vanta radici antiche. La sua storia infatti nasce nel XIX secolo all’École des Beaux Arts di Parigi, dove gli studenti di architettura erano sottoposti ad un singolare metodo di consegna degli esami universitari. A fine semestre i supervisori dell’École passavano tra le strade di Parigi con dei carretti dove gli studenti dovevano depositare le tavole dei progetti da consegnare: spesso i tempi di lavoro erano talmente stretti che gli studenti “saltavano” sul carro con la matita in mano, cercando di aggiungere gli ultimi particolari ai disegni lungo il tragitto, poiché chiunque non fosse riuscito a depositare le carte sul carretto, sarebbe stato automaticamente bocciato (Lennertz, 2003, p. 1). Gli esami risultavano tanto complessi che spesso gli studenti rinunciavano a consegnare un disegno finito, ma si sforzavano di produrre il miglior lavoro creativo nel minor tempo possibile e di consegnarlo ancora in bozza, pur di avere una chance di essere esaminati dai professori (Smith, 2012, p. 2).

Questo processo di creazione frenetica è ciò che la Design Charrette, il cui nome si suppone derivi dal francese “le chariot” (ivi), cerca di replicare nei suoi eventi attraverso un mix di workshop con gli stakeholder, incontri aperti con il pubblico e un clima di costruttiva critica tra pari tipica del mondo creativo e architettonico (Lennertz e Lutzenhiser, 2014, p. 15).

Le caratteristiche principali della Charrette si riassumono in:

× Sessioni di lavoro compresse – gli eventi durano tra i 2 e i 7 giorni, suddivisi tra incontri collettivi e sessioni di design, con un ritmo che spinge verso un processo decisionale dai tempi molto stretti e dove lo spazio per negoziare è ridotto al minimo;

× Lavoro in gruppi cross-funzionali – il lavoro si alterna tra sessioni individuali, a piccoli gruppi e collettive; la presenza di individui che afferiscono a discipline molto diverse tra loro e, a volte, apparentemente solo tangenti al progetto stimola il processo creativo e un approccio obliquo al problema da affrontare;

× Lavoro collettivo e collaborativo – il contributo di ogni singolo partecipante è valorizzato, in quanto ogni possibile stakeholder coinvolto dal progetto e dai suoi possibili impatti viene cercato e coinvolto nel processo creativo e i suoi input vengono integrati nel prodotto finale; × Ciclo di feedback continui – ogni fase del progetto viene presentata, rivista, modificata e ri-presentata per ulteriori revisioni a tappe prestabilite. Ogni ciclo dura al massimo un giorno, in

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modo da individuare tempestivamente i nodi di possibile scontento e risolverli nel successivo ciclo di sviluppo (Lennertz, 2003, pp. 1 e 2).

Questo approccio fa inoltre in modo di mantenere il focus sul progetto sfruttando due diverse prospettive: da una parte non si deve mai perdere di vista l’approccio olistico e comprensivo, dall’altra si sviluppa una grande attenzioni per dettagli e minuzie, in modo da sviluppare un prodotto che non ha bisogno di ulteriori maggiori affinamenti in corso di realizzazione (Ibidem, p. 3).

2.4. Casi d’uso della Charrette in Italia e nel mondo

Essendo uno strumento di facilitazione del processo creativo nato nell’ambito del design e dell’architettura urbanistica, ancora oggi la Charrette viene utilizzata come processo inclusivo e partecipativo di progettazione e riqualificazione degli spazi pubblici, in questo senso molti sono gli esempi documentati in letteratura, alcuni di questi sviluppati in Italia. In questo paragrafo verrà presentata una breve carrellata compilativa di charrette riportate in letteratura per dare un’idea complessiva delle potenzialità reali della Design Charrette. I casi di studio sono riportati seguendo un criterio meramente cronologico.

Hagerstown Junior College, Maryland, USA (Parsons, 1987, pp. 13 e 14)

Nel 1986 l’Hagerstown Junior College (ora “Hagerstown Community College”) intraprese un processo di riforma dei servizi e dei percorsi formativi offerti attraverso un complesso processo di coinvolgimento di tutta la comunità che afferiva al college. Il culmine del progetto fu la realizzazione di una charrette per il re-design dei servizi offerti dal college dalla quale nacquero cinque strategie d’azione che andavano ad investire sul network socio-economico del territorio, sull’ampliamento dell’offerta formativa in ottica di ‘life-long learning’ e sui servizi di orientamento per gli studenti delle scuole secondarie. Nel complesso i risultati della Charrette vennero considerati positivi e ad alto impatto per l’Hagerstown Junior College.

Wanaka, Nuova Zelanda (Bond e Thompson, 2007, pp. 456-462)

Nei primi anni 2000 la nuova amministrazione comunale di Wanaka, una piccola località turistica nelle Alpi Meridionali neozelandesi, promosse la realizzazione di una charrette aperta all’intera cittadinanza sui futuri sviluppi infrastrutturali e urbanistici del luogo. L’obbiettivo principale della charrette era di affrontare le preoccupazioni della comunità locale in tema di sviluppo turistico e sfruttamento edilizio, di coinvolgere le persone del

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distretto che tenesse conto delle posizioni della società civile. Le reazioni della popolazione e la partecipazione all’evento furono soddisfacenti e la charrette portò alla stesura di un piano d’azione in linea con gli obbiettivi posti all’inizio del processo partecipativo.

Tapalpa, Messico (Valencia, Sandoval et al., 2010, pp.65-68)

La municipalità di Tapalpa, nello stato messicano di Jalisco, ha vissuto a cavallo dello scorso decennio un intensivo sviluppo urbano dovuto all’esplosione di un particolare turismo d’élite basato sul business delle seconde case di lusso. Di conseguenza, è andato manifestandosi uno stravolgimento della pianta urbana della cittadina, dell’habitat rurale e forestale che la circonda e un consumo di suolo e risorse naturali (soprattutto idriche) insostenibile.

Per invertire il trend e sviluppare un nuovo piano urbanistico si è intrapreso un percorso partecipativo attraverso una charrette aperta alla comunità locale. L’obbiettivo dell’iniziativa era di sviluppare un community plan che fosse condiviso, inclusivo e sostenibile dal punto di vista ambientale sul lungo periodo.

I risultati del progetto hanno pienamente soddisfatto le aspettative iniziali, arrivando a realizzare un piano di sviluppo di comunità sostenibile che includeva linee guida sulla densità abitativa ottimale, sullo sviluppo urbano integrante la costruzione di edifici con diversi fini di utilizzo a zone verdi e rurali, l’abolizione della realizzazione di strade private e di gated communities, raccomandazioni per il decoro di abitazioni e recinzioni, requisiti per le imprese edili di efficientamento e preservazione delle risorse idriche e strategie di conservazione della flora locale. Il documento è stato poi presentato all’amministrazione comunale di Tapalpa, la quale lo ha accolto nella sua interezza e si è impegnata a renderlo parte della legislazione locale in tema di regolamentazione urbanistica.

Quarto d’Altino, Italia (Baccichet 2011, pp. 9-11)

Nel caso italiano di Quarto d’Altino, l’uso della Charrette è servito a coinvolgere la comunità del paese nel processo di progettazione del Piano di Assetto Territoriale e soprattutto sullo sviluppo dei temi di preservazione dei ritrovati siti archeologici di epoca romana e del paesaggio agrario. Durante la realizzazione della charrette è stato prodotto un documento largamente condiviso dagli abitanti e dall’amministrazione di Quarto sotto forma di un patto di cittadinanza che mette in luce le tendenze di sviluppo del prossimo piano strutturale e propone nuovi progetti di sviluppo del territorio.

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Gräfenhainichen, Germania (Nanz e Fritsche, 2012)

A Gräfenhainichen, nel Land del Sachsen-Anhalt, nel 2003 si svolse una charrette volta a delineare gli sviluppi urbanistici della città attraverso la definizione di strategie di indirizzo del processo di ricostruzione e ristrutturazione di aree oggetto di riqualificazione. L’amministrazione comunale si è dichiarata pronta ad accogliere le proposte derivate dalla charrette quando ancora erano in fase di elaborazione. Grazie al progetto la città ha vinto un premio al concorso Stadtumbau Ost.

Marzahn Nord, Berlino, Germania (Nanz e Fritsche, 2012)

Durante il processo di riqualificazione del quartiere berlinese di Marzahn Nord si è utilizzata la Charrette per definire le opzioni di ristrutturazione di superfici e di destinazione d’uso delle aree soggette a interventi di demolizione. Purtroppo in questo caso il processo decisionale partecipativo non ha avuto una conclusione positiva a causa del movimento di protesta al piano di riqualificazione nato tra gli abitanti del quartiere e al conseguente basso tasso di partecipazione agli eventi.

Negril, Giamaica (Dhar e Khirfan, 2016, pp. 243-250)

Negril, il terzo sito turistico più importante della Giamaica, è un sito ecologico ad alto rischio di erosione costiera in perenne pericolo di perdere quasi un terzo del suo territorio a causa dell’innalzamento del livello dei mari. In questo contesto, la charrette è stata realizzata col fine di coinvolgere la popolazione della regione nel processo di analisi della situazione e di proposta di possibili misure contenimento e soluzione. La charrette in questo caso è servita più a costruire una visione complessiva del problema e delle possibili soluzioni e non a sviluppare un piano d’azione. Di conseguenza, a conclusione del processo è stato prodotto un documento di analisi con una serie di raccomandazioni di carattere consultivo.

Milano, Italia (School of Design, 2017)

Nell’ottobre di quest’anno è stata realizzata a Milano, su iniziativa di Fondazione Cariplo, Meet the Media Guru e Institute Without Boundaries, una charrette con funzione di visioning session riguardante il progetto di realizzazione del Digital Centre di Milano. Il Centro, realizzato all’interno di un progetto volto ad allineare Milano con gli obbiettivi di Europa 2020, servirà come polo di attrazione e innovazione tecnologica per la città e l’intero Paese e sarà diviso in quattro zone: Education, Showcase, Content e Research and

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La charrette era ispirata dalla sfida di immaginare gli spazi, le strutture organizzative e le infrastrutture necessarie a dare vita al Centro e chiedeva ai partecipanti il completamento di tre deliverables: un Program Planning Template, uno Space Planning Template e una Organizational Structure. L’esito della charrette è stato positivo e da essa è nata una serie di documenti che guideranno la realizzazione del Centro.

Come si può osservare da questa breve panoramica, la Design Charrette viene spesso applicata in ambito di progettazione architettonica e urbanistica, o di preservazione dell’ambiente. Questi casi di studio si discostano notevolmente dall’ambizione di Spindox di realizzare una charrette in ambito business e per facilitare il processo di innovazione aziendale. Indubbiamente, questo presenta da una parte degli aspetti di sfida e di criticità, ma dall’altro apre infinite porte per lo sviluppo dell’open innovation in aziende ad alto tasso di innovazione e, altresì, in ambito di avanguardia per la ricerca accademica nelle discipline del management e dell’economia.

2.5. Come si organizza una Charrette

I lavori preliminari ad una charrette si rivelano un processo estremamente lungo e complesso, dove nulla viene lasciato al caso. Spesso l’organizzazione di un singolo round di charrette della durata di pochi giorni dura interi mesi.

Il processo di preparazione della charrette si sviluppa in cinque fasi: Assessment del progetto e organizzazione

In questa prima fase si identificano le caratteristiche peculiari del progetto, tra cui i suoi principi guida, gli obbiettivi precisi e i metodi di misurazione della performance, la formulazione dell’analisi preliminare e la profilazione degli stakeholder da coinvolgere (Lennerts e Lutzenhiser, 2014, pp. 32-35). Si procede, inoltre, a svolgere un’analisi di complessità del progetto, a stabilire gli obbiettivi della charrette e i risultati attesi (in termini concreti di documentazione, progettazione, produzione), una roadmap e un ready plan del processo di organizzazione della charrette (ibidem, pp. 37-42).

Da ultimo, si procede a formulare la composizione del team di partecipanti, il programma e il budget dell’intero evento (Ibidem, 42-51).

La ricerca degli stakeholder e il loro coinvolgimento

In questa fase si realizza un’analisi approfondita dei possibili stakeholder da coinvolgere e dei possibili antagonisti del progetto, avendo cura di non alienarsi il favore dei primi e di evitare l’ostilità dei secondi, dimodoché il progetto non rischi di essere affondato dalle

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stesse persone che dovrebbero promuoverlo e contribuire alla sua realizzazione. In questa fase si va attivamente a ricercare i possibili stakeholder e ad identificare i candidati ideali a partecipare all’evento. Una volta entrati in contatto con essi, si cerca attivamente di generare il loro interessamento e coinvolgimento nel progetto attraverso un intenso scambio di informazioni. (Ibidem, pp. 54-57)

In ultimo, una seconda analisi degli stakeholder viene realizzata con lo scopo di aggiornare e integrare l’analisi preliminare e viene realizzata una serie di eventi informativi per preparare la comunità coinvolta degli argomenti che verranno trattati durante la charrette (Ibidem, p. 58).

Ricerca e analisi della base di dati

Durante la fase di contatto con gli stakeholder si costruisce in contemporanea la base di dati sulla quali i partecipanti andranno a lavorare durante la charrette. I dati sono raccolti con rigore scientifico da personale specializzato. La preparazione della charrette giunge così a un punto dove si hanno abbastanza informazioni da poter fare un assessment critico del progetto attraverso un’analisi SWOT – Strength, Weaknesses, Opportunities and Threats (Ibidem, pp.62 e 63).

Studio di fattibilità del progetto

In questa fase la squadra di organizzatori/facilitatori del progetto si assicura di essere adeguatamente preparata dal punto di vista delle informazioni tecniche e di specificità, in modo da essere in grado di rispondere a qualsiasi quesito o dubbio che possa emergere tra i partecipanti in fase di progettazione. Più il progetto ha natura tecnica e complessa, più lo sforzo di formazione, ricerca e studio sarà intenso e impegnativo. Alla conclusione di questa fase verrà creato e distribuito un documento di ricapitolazione di tutte le precedenti fasi di preparazione della charrette ad uso della squadra durante i lavori. Il documento si presenterà in una forma estremamente curata e dettagliata, in modo da servire al meglio il suo compito (ibidem, pp. 68 e 69).

Logistica

È questo il momento dove si definiscono le geografie e le necessità logistiche di tutti i luoghi dove si terrà la charrette. Spesso il luogo di lavoro della charrette, comunemente chiamato studio, e il luogo dove si tengono gli incontri pubblici con la popolazione sono due ambienti separati.

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Il primo avrà le caratteristiche di un ampio spazio composto alternativamente da spazi delimitati per i workshop dei sottogruppi, sale riunioni, aree comunali dove svolgere le presentazioni e le revisioni, postazioni di lavoro per disegnare o informatiche e aree di ristoro.

Il secondo sarà un’ampia sala assembleare dove diverse decine di persone possono partecipare alla presentazione dei lavori e partecipare ai round di feedback, idealmente si può immaginare un teatro, una sala conferenze o una palestra adibito a luogo di incontro (ibidem, pp. 72 e 73).

Si dovrà inoltre provvedere a fornire i partecipanti di cancelleria e strumenti di lavoro e abbondante cibo (ib., p. 74). A questo punto si procederà a formulare un piano coerente di conduzione delle riunioni e delle sessioni di lavoro, riassunti in un programma dettagliato e un sommario operativo (ib., pp. 75-76 e 81).

2.6. Gli strumenti usati nella charrette

Per facilitare il processo di creazione, ci si avvale di una serie di strumenti pre-strutturati e tratti da diversi metodi di brainstorming, discussione, design e progettazione. Tutti gli strumenti utilizzati dalla charrette, indipendentemente dalla metodologia di appartenenza, sono accumunati da un approccio estremamente pragmatico e concreto: l’utilizzo di supporti cartacei, pennarelli, strumenti di grafica computerizzata e rappresentazioni illustrate di tutti i processi di pensiero e progettazione sono considerati essenziali per la riuscita del processo (Smith, 2012, pp. 2 e 3).

2.6.1.Brainstorming

Brainstorming è considerato la parte più importante, nonché la base del processo creativo della charrette. Il team leader è la figura che guida il gruppo di lavoro nel processo di brainstorming, attraverso diverse tecniche:

The Flip – si tratta di un processo di pensiero ‘per contrarietà’, dove si parte immaginando tutte le barriere nelle quali potrebbe incorrere il progetto e il modo peggiore per affrontarle. Una volta conclusa questa prima fase, si fa un capovolgimento dei risultati e si va a immaginare l’esatto contrario di ogni singola ‘cattiva idea’. Lo scopo dell’esercizio è di assumere una diversa prospettiva e di generare nuovi concetti in maniera creativa. Far Out – in questo caso si sceglie un’idea cauta o conservativa e si cerca di espanderla fino agli estremi più improbabili e grotteschi. Nessuna idea, per quanto poco plausibile,

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viene scartata in questa fase, ma vengono tutte tenute in considerazione come possibili sviluppi creativi del progetto da confrontare con proposte viste come più realistiche. 100 Ideas – questo metodo di brainstorming intensivo e veloce consiste nello sforzarsi di produrre 100 diverse idee da presentare su uno spreadsheet in meno di cinquanta parole ognuna. Ogni idea deve essere accompagnata da una rappresentazione visiva, come un disegno o una fotografia.

Archetyping – è un metodo di astrazione profonda dove si spinge il gruppo ad allargare ed allontanare il più possibile la visuale dal progetto concreto e a cercare i significati più reconditi e immateriali del progetto stesso. Ridurre il progetto in archetipi aiuta a sviluppare soluzioni che permettono di indirizzare i bisogni alla base e non semplicemente iterazioni di convenzioni cristallizzate (School of Design, 2016, pp. 14 e 15).

Essenziale durante la charrette è il fattore tempo, ogni esercizio si svolge all’interno di intervalli delimitati in maniera rigida, dove allo scadere del cronometro non vi sono deroghe, ma il lavoro viene consegnato così come si presenta (Lennertz, 2003, p. 2). Importante, inoltre per la buona riuscita del brainstorming che si seguano alcune raccomandazioni:

× Mantenere un atteggiamento positivo, evitando di perdere tempo criticando od opponendosi alle idee che nascono dal brainstorming. È importante non scartare a priori anche l’idea apparentemente più improbabile in questa prima fase.

× Tenere traccia di tutte le idee che nascono durante il brainstorming. Utilizzare supporti visuali come cartelloni e flipchart con grandi scritte e frasi corte e accattivanti aiuta a mantenere una registrazione del processo creativo. Inoltre, questo approccio aiuta a smaltire eventuali code di attesa per parlare: nel caso ci sia il rischio di farsi scappare un’idea, basta scriverla sul cartellone prima ancora di dirla a voce.

× Durante il brainstorming è importante focalizzarsi sulla quantità delle idee proposte, piuttosto che sull’apparente qualità. Un maggiore volume di idee prodotte significa una maggiore possibilità di scelta nelle fasi successive del processo di creazione.

× Considerare le idee come elementi di combinazione e contaminazione e non come monadi a sé stanti. Un’idea apparentemente debole o monca può diventare vincente se integrata con altre.

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× Non complicare con troppi dettagli, la selezione e lo sviluppo delle idee più convincenti saranno realizzati in altre fasi del processo attraverso altri strumenti (School of Design, 2016, p. 15).

2.6.2.Creazione di personas

Per ‘personas’ si intende la creazione di profili di fantasia al fine di rappresentare differenti tipi di utenti finali, per un certo prodotto o servizio, stereotipati in segmenti demografici target. In questo strumento tipico dello user-centered design, ogni ‘persona’ assume attributi tipici del gruppo sociale di appartenenza. Le caratteristiche rappresentate sono di ambito sociale e demografico, come bisogni personali, abitudini, desideri e background culturale e socio-economico (School of Design, 2016, p. 16).

2.6.3.Timelining

La timeline è uno strumento di visualizzazione che serve a rappresentare lo svolgimento di eventi in ordine cronologico e in relazione l’uno con l’altro. Le timeline si costruiscono per porre le basi e intersecare processi causali con eventi, risultati e traguardi raggiunti nel corso del progetto. Nel caso della charrette, la timeline viene utilizzata per dimostrare come i vari elementi si connettono, intersecano e si svolgono nel tempo e tra di loro e per mantenere traccia di come si sviluppano. Inoltre servono a predisporre i tempi di implementazione e di impatto delle proposte da sviluppare (ivi).

2.6.4.Mapping

La creazione di mappe, anche concettuali, serve a costruire una rappresentazione grafica dei processi, delle idee e delle relazioni tra i vari elementi. Inoltre, dà la possibilità di inserire una maggiore quantità di informazioni e dati, compositi, di varia natura e su diversi livelli di analisi e di discorso. Durante il processo di creazione delle mappe il focus si sposta da uno sforzo di tipo linguistico a uno visivo, di impatto più immediato. Attraverso le mappe si riesce a cogliere al meglio i significati, il contesto e le relazioni attraverso la rappresentazione grafica delle diverse leve del design: chi, cosa, dove, quando, perché e come. Le mappe si possono anche utilizzare come strumento di storytelling, attraverso l’organizzazione di dati e informazioni da cui estrarre una conoscenza più profonda del progetto (ibidem, p. 17)

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L’analisi comparativa è intesa, in ambito charrette, come una tecnica per comprendere caratteristiche, proprietà, differenze relazionali e similitudini tra i diversi prodotti, servizi, sistemi e ambienti emersi e messi a confronto durante il processo creativo.

In casi particolari l’analisi comparativa può includere un framework in cui si determinano diversi gradi di compatibilità, comparabilità e uniformità tra gli elementi sviluppati e da integrare.

Attraverso questa metodologia si esplorano tutte le possibili configurazioni delle soluzioni di design proposte, al fine di trovare soluzioni ottimali per le complessità emerse durante il processo creativo. In questo modo si è in grado di selezionare e consolidare i design più indicati a costruire il nuovo formato, la nuova soluzione.

L’analisi aiuta a comprendere a quale categoria di design appartengono le soluzioni formulate:

× Genotipi – sono le soluzioni che costituiscono le fondamenta del progetto.

× Fenotipi – sono le soluzioni secondari, cioè i corollari nati ed evoluti dal fenotipo grazie alle circostanze uniche in cui si sviluppa il progetto.

È importante determinare questa distinzione al fine di avere completa consapevolezza del progetto e padronanza del processo di sviluppo e implementazione (ivi).

2.7. Come si struttura una charrette

La charrette si presenta come un evento intensivo di più giorni, fino ad una settimana, dove un gruppo di designer lavora intensivamente per produrre un progetto architettonico o un piano d’azione. Un preconcetto comune riguardante la charrette è che chi vi partecipa deve sacrificare molti giorni del suo tempo di seguito in favore dell’evento, in realtà la maggior parte delle persone coinvolte parteciperanno solo agli eventi di relazione sullo stato dei lavori per qualche sera, mentre saranno i designer a partecipare all’intero processo (Lennertz e Lutzenhiser, 2014, p. 83).

È importante distinguere tra tre diversi soggetti coinvolti nella charrette:

Il management – vi sono due modi per gestire la charrette: nel primo una sola persona è responsabile dell’intero progetto e processo e indossa il duplice ruolo di project manager e charrette manager; nel secondo caso, più usato in progetti più complessi e lunghi, il ruolo del project manager e quello dello charrette manager vengono ricoperti da due individui

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Il team di lavoro della charrette – il gruppo di designer che partecipano all’evento è in genere composto da consulenti specializzati in differenti discipline. I membri del team sono i veri e propri designer della charrette, quelli incaricati di occuparsi del design del progetto full time per tutta la durata dell’evento (Ibidem, p. 85)

Stakeholder – vengono divisi in primari, coloro che hanno un forte potere di influenza sul progetto, secondari, coloro che nutrono uno spiccato interesse economico o politico, e generali, cioè i membri della comunità, futuri utenti del progetto.

A questi soggetti si aggiungono azioni volte a coinvolgere i giovani della comunità, comunicare al pubblico l’andamento e gli scopi della charrette e assicurare una stretta e trasparente comunicazione interna tra tutti i membri del team charrette (ibidem, p. 86). A questo punto iniziano i lavori di progettazione veri e propri, divisi nelle varie fasi in cui la charrette è strutturata, come di seguito riportato.

Organizzazione, coinvolgimento, visione (Giorno 1)

Durante il primo giorno della charrette avviene la fase di start-up del team, dove gli sponsor della charrette incontrano il gruppo di lavoro e c’è un momento di aggiornamento e azzeramento collettivo tra chi ha lavorato al progetto dall’inizio e chi è nuovo. Dopo un sopraluogo dell’area da sviluppare, il team partecipa ad un incontro riservato con gli stakeholder primari in preparazione del primo grande incontro pubblico con la comunità. È a questo punto che i lavori di progettazione della charrette entrano nel vivo, sfruttando gli strumenti di brainstorming e di rappresentazione discussi nel paragrafo precedente (ibidem, pp. 89-96).

Sviluppo di concetti alternativi (Giorno 2-3)

Nella seconda giornata di lavori il gruppo è pronto a elaborare una serie di proposte, o concetti, alternativi basati sui risultati del primo incontro pubblico e sui dati messi a loro disposizione dagli studi preparatori condotti nei mesi antecedenti alla charrette (Lennertz e Lutzenhiser, 2014, p. 97). All’inizio di questa fase il gruppo si riunisce per sviluppare tre o quattro concept alternativi su cui costruire una serie di possibili piani di sviluppo da presentare ad un primo momento di verifica con gli stakeholder. In seguito vengono integrati ai concept i feedback degli stakeholders e la sera del terzo o del quarto giorno i risultati vengono presentati alla comunità in un incontro pubblico (Ibidem, pp. 98-101). Sintesi del piano prescelto (Giorno 3-4)

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Dopo il secondo incontro pubblico, all’incirca a metà della charrette, si determina quale concept tra quelli fin qui elaborati sarà sviluppato nel progetto finale. La mattina dopo il secondo incontro pubblico ci si riunisce per fare una sintesi del piano tenendo in considerazione i feedback e gli input emersi durante la serata, ma sempre mantenendo alto il livello di creatività: il risultato non deve essere un riassunto meccanicistico di quanto detto. In questa fase è importante coinvolgere gli stakeholder ogni qualvolta si arrivi di fronte ad una decisione che porta avanti un’idea preponderante e ne abbandona definitivamente l’alternativa. Inoltre, a questo punto si tiene spesso una ‘open house’, cioè un momento in cui i membri della comunità possono liberamente entrare nello studio dove si riunisce il gruppo della charrette e assistere ai lavori. In conclusione di questa fase un piano ‘preferito’ emerge ed è pronto per essere sviluppato (Ibidem, pp. 103-107).

Sviluppo del piano (Giorni 4-5)

Una volta definito il piano prescelto, si procede con lo sviluppo intensivo del progetto fino al dettaglio. Anche in questa fase il processo segue il ciclo tipico della charrette: incontro del team per portare avanti uno sviluppo creativo, ulteriore sviluppo del progetto nel dettaglio e successivo coinvolgimento intermedio degli stakeholder. Il focus principale del lavoro è sulla fattibilità del progetto e i suoi potenziali impatti e ricopre un ruolo essenziale per mettere in pratica l’approccio olistico della Design Charrette (Ibidem, pp. 109-112).

Produzione e presentazione (Ultima fase, Giorni 6-7)

Nell’ultimo giorno e mezzo della charrette il gruppo si prepara all’incontro pubblico finale: tutte le energie sono dedicate a preparare al meglio la presentazione conclusiva. È importante che il progetto abbia successo e venga accolto dalla comunità, in modo da favorire un supporto durativo in fase di implementazione. Gli stakeholder, in particolare gli stakeholder primari, vengono consultanti ancora una volta durante le ultime ore della charrette per assicurarsi che la presentazione sia in linea con le loro aspettative e ricevere un altro round di feedback. Il processo vero e proprio di produzione della presentazione è estremamente pragmatico, quasi meccanico: i documenti che spiegano il progetto vengono ultimati, così come le tavole, le illustrazioni e tutti gli altri supporti visivi che vanno a rappresentare il progetto nella sua interezza.

Una volta che il materiale è ultimato, viene presentato alla comunità durante l’incontro finale. È questo il vero e proprio momento cardine della charrette: in base alla capacità o

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la messa in atto del progetto, ma anche una sua eventuale conclusione positiva. È infatti essenziale per la riuscita del progetto che durante tutta la fase di realizzazione goda del supporto degli stakeholder e della comunità di persone che ne saranno utenti (Ibidem, pp. 113-117).

2.8. Obbiettivi e risultati previsti

L’intero progetto della charrette è volto, come fin qua discusso, allo sviluppo di un piano attraverso un processo di design ad alto contenuto creativo, sottoposto a continui cicli di feedback e con tempistiche serrate. A fine processo, il prodotto presentato si deve presentare come un progetto dettagliato, con tanto di piani di sviluppo, rappresentazioni del business model, analisi del business plan e descrizione organizzativa (School of Design, 2016, p. 8).

A questo fine, vengono stipulati una serie di deliverables da presentare sfruttando strumenti e template predefiniti:

Program planning template – La pianificazione del programma comprende una descrizione delle attività, una definizione degli utenti target, la rappresentazione dei canali di coinvolgimento, sensibilizzazione e divulgazione della cittadinanza, una mappa dei partner, l’analisi delle risorse chiave necessarie per l’implementazione del progetto, dei costi di struttura e del flusso di ricavi necessario per assicurarne la sostenibilità.

Space planning template – Il template per la pianificazione degli spazi ha funzione complementare al program planning template e incoraggia gli utilizzatori a visualizzare la conformazione e organizzazione degli spazi.

Organizational Structure – Permette ai partecipanti di immaginare modelli di management e implementazione del progetto proposto (Ivi).

Plan Adoption

Nella fase di adozione del piano il gruppo originario deputato al project management della charrette si preoccupa di espandere e cementificare il supporto della comunità di riferimento al progetto presentato. A tal fine, gli stakeholder continuano ad essere coinvolti assiduamente nelle fasi di testing, rifinitura e finalizzazione dei prodotti/deliverables realizzati durante la charrette. Per sua natura intrinseca, questa fase del progetto si rivela essere una tra le più delicate, dove il progetto non è ancora ultimato e mantenere un alto livello di approvazione è essenziale per evitare di subire battute di arresto e garantirne il successo (Lennertz e Lutzenisher, 2014, pp. 121 e 122)..

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Comunicare tempestivamente e assiduamente lo status dei lavori di implementazione agli stakeholder è uno delle attività principali di questa fase. Attraverso un attento lavoro di debriefing post-charrette e una campagna pubblica di comunicazione sull’andamento dei lavori ci si assicura di mantenere viva la relazione con tutti i soggetti interessati e partecipi del progetto (Ibidem, pp. 123-125).

È altresì importante portare avanti un continuo lavoro di miglioramento del progetto, adattandolo a qualsiasi nuovo fattore che emerga durante la fase di implementazione. Durante la sotto-fase di rifinitura del progetto, il gruppo di lavoro compie un ultimo round di testing e perfezionamento del piano. Questa attività non è solo volta ad assicurare la realizzabilità del progetto, ma anche a coinvolgere ancora una volta gli stakeholder. Per fare tutto questo, si seguono tre passi: esaminazione del documento e feedback, revisione del documento e rifinitura del prodotto (Ibidem, pp. 127-129).

Arrivati alla conclusione dell’intero progetto di charrette, come già accennato in precedenza, si realizza un ultimo round di incontri e feedback con la comunità e la chiusura formale dell’evento, il cosiddetto closeout, attraverso la creazione di un report che illustra il progetto, il processo seguito e il piano sviluppato. Ancora una volta, è importante che il documento sottolinei il ruolo degli stakeholder e il loro contributo al progetto e che, al contempo, sia in grado di mettere al corrente di quanto accaduto e realizzato chi non è stato partecipe (Ibidem, pp. 131-135).

Questa fase segnala la fine del coinvolgimento di alcuni degli attori principali dell’evento e l’assunzione di nuove responsabilità per chi è stato deputato a sovrintendere il suo processo di implementazione (Ivi).

2.9. La Charrette secondo Spindox

Così si conclude la disamina che questo capitolo tenta di offrire su cosa è la Design Charrette, come nasce, la sua storia e tradizione e il suo complesso processo di realizzazione. Chi scrive non ha ancora avuto il privilegio di assistere o partecipare ad una charrette di persona, ma ha cercato di informarsi al meglio attraverso fonti tratte dalla letteratura e non solo ed ha avuto l’opportunità di poter spendere diverse ore a discutere a fondo con persone che, invece, hanno vissuto questa esperienza direttamente. Di sicuro questa prospettiva esterna rappresenta un limite, in quanto la mera lettura di un articolo, di un manuale o la visione di un documentario lascia molto spazio a cattive interpretazioni o alla costruzione di opinioni lontane da quella che può essere la realtà della charrette. Al

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di astrarre un processo tanto pragmatico dalla sua realtà empirica e cercare di osservarlo da una prospettiva olistica, proprio come la charrette stessa incoraggia a fare.

Dopo aver speso queste pagine sulla charrette da una prospettiva accademica, nei prossimi capitoli implementeremo un approccio induttivo ad un metodo di process tracing e interviste informative per indagare qual è invece la visione di Spindox degli usi e delle potenzialità della Design Charrette e come progettano di sfruttarla in ambito business.

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3. Metodologia

3.1. Approccio e design della ricerca

Questo Project Work nasce dall’esperienza di tirocinio formativo dell’autrice nell’ambito del Master MAINS e da una serie di osservazioni su uno dei progetti di sviluppo della Delivery Consulting di Spindox a cui si è lavorato. Come già illustrato nei capitoli precedenti, infatti, nell’ambito degli sforzi aziendali volti ad ampliare e consolidare l’offerta consulenziale dell’azienda si è dapprima costruita una nuova proposta di consulenza strategica e conseguentemente si è deciso di adottare un approccio ‘open’ per sottoporlo al giudizio dei consulenti di Spindox.

Il lavoro di ricerca del Project Work ha origine da una serie di osservazioni di carattere sia empirico, sia teorico: da una parte lo studio durante la fase didattica del master del paradigma dell’Open Innovation, dall’altra l’osservazione dei processi di innovazione e sviluppo di proposte commerciali in Spindox. Di conseguenza, la research question di questo lavoro è così formulata:

In quale modo la predisposizione di un’azienda IT come Spindox a perseguire strategie di open innovation, rispetto ad approcci più tradizionali, può essere influenzata dalla sua cultura organizzativa?

Lo studio si conforma come una ricerca esplorativa di un singolo case study e segue un approccio induttivo: come si è potuto intuire dai capitoli precedenti, il project work non parte dall’intenzione di verificare o falsificare una teoria già presente in letteratura, ma, al contrario, mira ad osservare un processo empirico senza formulare ipotesi a priori e da cui trarre delle considerazioni di carattere generale. Tali osservazioni andranno eventualmente ad informare nuovi tentativi di teorizzazione: il processo seguito sarà quello di estrarre conoscenza da un corpus di informazioni non organizzate.

Il paradigma dell’Open Innovation proposto da Chesborough (2003) presenta l’opportunità per un lavoro di formulazione di una teoria volta a sostenere, descrivere e modellizzare tale paradigma. Come descrive Wither nel suo articolo (2017), paradigma e teoria non sono la stessa cosa: i paradigmi sono in genere usati per una serie di concetti o schemi/pattern all’interno di una disciplina scientifica, essi non sono teorie di per sé e spesso costituiscono i blocchi di partenza che servono ad informare una teoria; di converso, le teorie sono quella parte del paradigma che può essere validato o falsificato attraverso la ricerca scientifica. Se il paradigma è quell’insieme di blocchi che costituisce

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la realtà in cui viviamo, la teoria esiste per verificare i paradigmi ai quali appartiene (Wither, 2017).

Da questa riflessione appare evidente un gap nella disciplina: partire dal paradigma dell’Open Innovation e, attraverso un lavoro di sperimentazioni empiriche e ripetibili e di ipotesi verificabili, arrivare a costruire un impianto teorico, una vera e propria teoria dell’innovazione aperta. Questo Project Work aspira, nei limiti della sua natura, ad aprire un percorso di ricerca in questa direzione.

Per perseguire questo fine, l’obbiettivo di questo lavoro sarà di descrivere e analizzare il processo e le dinamiche che hanno portato le persone di Spindox a scegliere di implementare nel loro processo di innovazione le Design Charrette. Di conseguenza, si è adottato un approccio induttivo che si avvarrà come metodo di analisi del process tracing applicato ad una serie di interviste informative somministrate a soggetti chiave nello svolgimento del progetto.

Nonostante questo Project work si focalizzi su un solo case study, presenta lo stesso un ragionevole grado di generabilità e trasferibilità, in quanto situazioni analoghe possono presentarsi in altri ambiti che riguardano l’innovazione aziendale e il paradigma dell’Open Innovation. Spindox non è sicuramente l’unica azienda a perseguire pratiche partecipative nel proprio processo di innovazione e R&D, come al tempo stesso si può osservare che la Design Charrette da tempo ormai non è più relegata solo all’ambito del design architettonico e urbanistico: è ragionevole, per cui, pensare che le conclusioni tratte dall’analisi che segue potranno avere natura generalista ed essere riportate ad altri casi già osservati, o in quanto spunti per investigazioni non ancora realizzate.

La scelta di condurre un case study è dovuta alla natura del Project Work, poiché l’esperimento è circoscritto alla realtà aziendale di Spindox e ad una data fase del progetto di IaT: l’evento charrette al momento della stesura del project work non è ancora stato realizzato, ma si trova in fase di preparazione, per questo il lavoro si focalizzerà sull’indagine delle fasi di elaborazione di IaT, di inception della charrette e del suo ricevimento da parte degli attori chiave del progetto.

Si può, inoltre, intuire come questo tipo di pratiche possano avere impatti rilevanti nel campo dell’innovazione ad ampio raggio, se si riscontrassero successi notevoli nella loro applicazione, esse potrebbero diffondersi nel settore e diventare prassi consolidate nell’ambito per quei soggetti che vogliono approcciarsi all’Open Innovation.

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Infine, questo studio intende giungere ad una serie di risultati: investigare i processi che portano un’azienda a fare una scelta open e partecipativa in ambito di innovazione, come i soggetti coinvolti recepiscono l’iniziativa e come si realizza la parte di progettazione di tale iniziativa.

3.2. Selezione dei dati e metodo di analisi

Le interviste raccolte in questo lavoro sono state realizzate con cura per rispettare criteri di qualità della tipologia di interviste a informatori privilegiati. L’analisi contenutistica delle interviste permette di comprendere come il processo di Open Innovation nasce, si sviluppa e si realizza in Spindox. La ragione per cui si è deciso di concentrarsi solo sul materiale raccolto nelle interviste e non su un’altra base di dati è puramente opportunistica e trae spunto dalla natura orizzontale dell’organizzazione dell’azienda e l’approccio fluido ai processi di lavoro interni: non è infatti disponibile un vero e proprio paper trail del processo ed è quindi necessario affidarsi al racconto di prima mano dei soggetti direttamente coinvolti.

Questo lavoro si struttura come un’analisi contenutistica orizzontale (cross-sectional) delle interviste ai soggetti informati raccolte nella fase di ricerca sul campo, svoltasi nelle giornate del 28 e del 30 novembre 2018. Come accennato in precedenza, dato che lo studio segue un design induttivo, partendo dai dati per arrivare a conclusioni di carattere teorico, verrà implementato un metodo conosciuto come ‘process tracing’. Il process tracing è stato scelto come metodo di analisi per una serie di ragioni: per l’approccio induttivo seguito, per la natura dei dati raccolti e per gli obbiettivi di questo studio. Si andrà, infatti, ad investigare a ritroso, partendo dai racconti delle interviste, per ricostruire il processo di business e decisionale che ha portato alla scelta di rendere il progetto di innovazione aperto alla partecipazione dal basso, della charrette come metodo di partecipazione e quali aspettative sull’evento si sono costruite.

Per perseguire questi obbiettivi, l’analisi di questa tesi è stata operazionalizzata in diverse fasi, come descritto di seguito:

1. È stata formulata una Research Question 2. È stata individuata la base di dati da analizzare 3. Si è definito il design dello studio e la metodologia 4. Si sono definiti i requisiti per la raccolta delle interviste

Figura

Figura 2. Il Business Model di IaT © Spindox s.p.a.
Figura 3. La matrice per l’analisi AS-IS © Spindox s.p.a.
Figura 4. Il ciclo Understand-Explore-Proof of Concept © Spindox s.p.a.
Figura 5. Analisi AS-IS di IaT © Spindox s.p.a.
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