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Lo spopolamento dell’area nel tardo medioevo e il ripopolamento in epoca moderna.

Nel documento La flora dell'iglesiente (Sardegna SW) (pagine 166-171)

PRECARIETÀ DELL’INSEDIAMENTO RURALE, I VILLAGGI SCOMPARSI

Si riportano di seguito tre estratti da un saggio sullo spopolamento, in particolare di alcune aree del meridione italiano, nel corso del XIV secolo di KLAPISCH-ZUBER

(1973).

“Le regioni periferiche della Sardegna – Nurra, Gallura, Sarrabus, Sulcis e

Iglesiente – hanno più di 160 villaggi intorno al 1350, ma nel secolo XVI non ne sopravvivono se non una dozzina, mentre il Campidano di Cagliari cade da 125 villaggi al principio del secolo XIV a una quarantina nel Cinquecento, e la regione di Sassari e l’Anglona da un centinaio a una trentina.”

“Wilhelm Abel e altri studiosi tedeschi hanno distinto chiaramente vari tipi di

villaggi abbandonati (Wüstungen). La forma più estrema di abbandono, Totalwüstungen avviene quando sono insieme abbandonati villaggio e terreno. Più spesso si trovano forme intermedie: abbandoni temporanei rilevati dopo un assenza più o meno prolungata; abbandoni parziali, che lasciano sussistere un residuo di abitato (piccolo villaggio o fattoria isolata), il quale può diventare il nucleo di un nuovo abitato o scomparire a sua volta...” E ancora: “...mi limiterò soltanto a menzionare le spiegazioni “catastrofiche”, che ci appaiono come la tendenza più naturale nel cronista impressionato o nello studioso locale. E’ troppo facile mostrare la limitata portata di tante spiegazioni anedottiche, che hanno valore soltanto se ci si attiene a una sola data e a un unico avvenimento: se il terreno è buono e non esiste un altra ragione di carattere più generale, cause come la distruzione, la peste, un’epidemia, un’inondazione, una frana o un terremoto raramente impediscono la ricostruzione di un villaggio. Più che la distruzione stessa, allo storico importa la reazione della comunità a quella distruzione: fuga seguita da un immediato ritorno sulle rovine, dispersione sulle terre circostanti o in località vicine, emigrazione in massa in un altro territorio, raggruppamento sullo stesso sito, ma in un luogo un po’ discosto. Se la distruzione risulta definitiva, è anche isolata? Quale vicenda storica anteriore della comunità l’ha preparata? Quale processo l’ha confermata?”.

“Non meno impressionante il declino della popolazione sarda: l’isola passa dai 3 o

400.000 abitanti del primo Trecento a 160.000 nel 1845, al tempo del primo censimento. Lo spopolamento dei villaggi era cominciato già prima del 1350, come in Calabria e in Sicilia, ma si aggravò in seguito, e la documentazione in nostro possesso ci consente di seguirne lo svolgimento. Le guerre aragonesi fanno scomparire 26 villaggi nel Logudoro; le province di Nora, di Sulcis e di Quirra sono completamente spopolate. Le province meno montagnose, che vivevano di un’agricoltura meno diversificata, basata sui mercati urbani, come il Campidano di Cagliari, il Sassarese, l’Anglona, l’Arborea o la Marmilla, sono le più colpite. Per spiegare gli abbandoni delle zone più fertili è invocata la guerra e la cattiva congiuntura, “lo mal ainament qui y es”, fin dal 1358. L’esportazione è ridotta, i consumi urbani diminuiscono: ritroviamo i fattori di una crisi agraria paragonabile a quella che colpisce Agrigento”.

Di seguito si riporta un elenco di villaggi scomparsi, tra il XIV ed il XVI secolo, in particolare nel XIV secolo. Di alcuni non si conosce con precisione dove erano ubicati, ma solamente la curatoria di appartenenza. A causa di ciò è possibile che alcuni dei villaggi che vengono elencati si trovassero in realtà fuori dall’area di studio

considerata. Vengono inclusi nell’elenco anche 2 centri abitati che sono stati temporaneamente spopolati.

Si descrivono più dettagliatamente le vicissitudini di Antas, esemplificative delle cause che hanno portato all’abbandono della maggior parte dei molti villaggi della Sardegna che sono scomparsi tra il XIV ed il XVI secolo.

Queste corrispondono alle motivazioni elencate nei brani del saggio sopra riportati, e sono riconducibili soprattutto alle guerre tra Aragona ed Arborea, che hanno portato ad un clima di insicurezza e violenza, alla devastazione delle campagne più fertili ed ad un diminuito controllo dell’ordine pubblico, che in alcune zone (soprattutto nel Campidano) ha significato libertà di razzia da parte di bande di barbaricini. A questi avvenimenti nefasti, in grado di portare da soli all’abbandono degli insediamenti isolati e dei centri più piccoli, con conseguente contrazione delle superfici coltivate ed aumento del rischio di carestie, si sono sommati gli effetti della peste nera, che nel 1348 ha flagellato anche la Sardegna.

Seguirono secoli caratterizzati da crisi demografica, carestie ed epidemie ricorrenti, incursioni dei pirati barbareschi che rendevano impraticabili le aree costiere. La politica seguita in questi secoli da parte dei governanti spagnoli non è stata certamente la più solerte e lungimirante nel contrastare questi mali. Segni di una ripresa demografica si sono avuti solamente nel XVIII secolo, come testimoniato dal ripopolamento di alcuni centri precedentemente abbandonati.

Antas

Antico villaggio del Giudicato di Cagliari compreso nella curatoria del Sigerro e situato a sud-est di Iglesias, sulla strada per Fluminimaggiore. Dopo la caduta del Giudicato, nel 1257 entrò a far parte dei territori assegnati ai Della Gherardesca che ne perdettero il controllo nel 1298 per la guerra fatta dai figli del Conte Ugolino al Comune di Pisa. Dopo la conquista aragonese, nel 1327 fu concesso in feudo a Doudo Soldani. I suoi discendenti non seppero conservarne il controllo durante le guerre tra Aragona ed Arborea e il villaggio, già semi-spopolato a causa della peste del 1348, scomparve completamente.

Antesumade

Curatoria del Sigerro, nel 1340 aveva una popolazione di 160 abitanti. Abbandonato nel XIV secolo.

Astia

Curatoria del Sigerro, sulle colline ad est di Villamassargia. Nel 1320 aveva una popolazione di 292 abitanti. Abbandonato nel XIV secolo.

Bangargia

Curatoria del Sigerro, a pochi Km da Iglesias. Nel 1320 aveva una popolazione di 108 abitanti. Abbandonato nel secolo XIV.

Baratuli

Curatoria del Sigerro. Nel 1320 aveva una popolazione di 256 abitanti. Abbandonato nel secolo XIV.

Cannadonica

Curatoria del Sigerro, sorgeva poco distante da Iglesias. Dati sulla popolazione non conosciuti. Abbandonato nel XVI secolo.

Casas

Curatoria del Sigerro. Nel 1323 aveva circa 160 abitanti. abbandonato nel XIV secolo.

Donisellu

Curatoria del Sigerro. Villaggio situato a pochi Km da Gonnesa. Nel 1323 aveva circa 24 abitanti. Abbandonato nel XIV secolo.

Fluminimaggiore

Curatoria del Sigerro. Abbandonato nel XIV e ripopolato nel XVIII secolo.

Flumini Piccinnu

Curatoria del Sigerro. Dati sulla popolazione non conosciuti. Abbandonato nel XIV secolo.

Frongia

Curatoria del Sigerro a nord del castello di Gioiosaguardia. Nel 1320 aveva una popolazione di circa 92 abitanti. Abbandonato nel XIV secolo.

Gessa

Curatoria del Sigerro, a pochi Km dall’attuale abitato di Buggerru. Dati sulla popolazione non conosciuti. Abbandonato nel XIV secolo.

Gindili

Curatoria del Sigerro. Nel 1320 aveva una popolazione di 596 abitanti. Abbandonato nel XIV secolo.

Giu

Curatoria del Sigerro, a pochi Km da Villamassargia. Dati sulla popolazione non conosciuti. Abbandonato nel XIV secolo.

Gonnesa

Curatoria del Sols. Abbandonato nel XIV e ripopolato nel XVIII secolo.

Jacha

Giudicato di Bonorzuli. Nel 1388 aveva una popolazione di 5 abitanti. Abbandonato nel XIV secolo.

Leni

Curatoria di Gippi, a pochi Km da Villacidro. Nel 1320 aveva una popolazione di circa 244 abitanti. Abbandonato nel secolo XV.

Margani

Curatoria del Sigerro, poco distante da Villamassargia. Nel 1323 aveva una popolazione di circa 48 abitanti. Abbandonato nel secolo XV.

Pau Jossu

Curatoria di Gippi poco distante dall’attuale Villamassargia. Nel 1359 aveva una popolazione di circa 40 abitanti. Abbandonato nel XIV secolo.

Curatoria di Gippi poco distante da Villamassargia nel 1359 aveva una popolazione di circa 52 abitanti. Abbandonato nel XIV secolo.

Sebatzus Jossu e Sebatzus Susu

Curatoria del Sigerro. Nel 1320 questi due villaggi avevano una popolazione di circa 192 abitanti. Abbandonati nel XIV secolo.

Serru

Curatoria di Monreale, a poca distanza da Gonnosfanadiga. Dati sulla popolazione non conosciuti. Gli abitanti abbandonarono il villaggio e si trasferirono a Gonnosfanadiga nel XVI secolo.

Urso

Curatoria del Sigerro, a poca distanza da Musei. Nel 1320 aveva una popolazione di circa 24 abitanti. Abbandonato nel XIV secolo.

Xeidi

Curatoria del Sigerro. Nel 1323 aveva circa 48 abitanti. Abbandonato nel XIV secolo.

ALCUNE CONSIDERAZIONI SULLA “PICCOLA ETÀ GLACIALE” (SECOLI XIV-XIX)

E’ difficile valutare quale può essere stata l’influenza dei cambiamenti climatici verificatisi al termine del periodo caldo medioevale sullo spopolamento del territorio Iglesiente. E’ da rilevare come il fenomeno del calo demografico, verificatosi nel XIV secolo, non riguarda solamente l’Iglesiente e neanche solamente la Sardegna, ma è un fenomeno Europeo. Le motivazioni di carattere storico che giustificano il calo demografico verificatosi al termine del Medioevo sono sicuramente nella maggior parte dei casi sufficienti a giustificare l’abbondono di numerosi centri abitati e territori in tale periodo. Per quanto riguarda la Sardegna e l’Iglesiente più in particolare gli eventi che hanno innescato questo fenomeno sono noti: le guerre tra Aragona e Arborea, l’arrivo della peste nera ed in seguito la pessima amministrazione da parte della corona Aragonese e dei suoi feudatari, in particolare l’assenteismo nella gestione delle campagne, un conservatorismo ottuso e la mancanza di investimenti per migliorare il sistema produttivo, unitamente alla recrudescenza delle scorrerie dei pirati barbareschi e alla malaria che rendevano impraticabili le aree pianeggianti e costiere. Questi sono fenomeni più che sufficienti per giustificare una crisi demografica che è durata sino al XIX secolo, tuttavia sarebbe interessante sapere quali effetti possono aver avuto, su un’agricoltura di sussistenza quale era quella sarda, i bruschi cambiamenti climatici che si verificarono a partire dalla metà del XIV sino alla metà del XIX secolo e che sono noti come “piccola era glaciale”.

Questa si è manifestata infatti non, o non solo, come un brusco abbassamento delle temperature che ha comportato l’abbondono di aree precedentemente coltivate nel Nord Europa e sulle Alpi e l’abbandono nelle stesse aree di alcune colture, quali la vite, precedentemente diffusa sino all’Inghilterra centrale. Forse più importanti, e deleterie per l’agricoltura di sussistenza allora diffusa in Europa, sono stati le brusche oscillazioni climatiche che si sono sostituite al clima caldo e relativamente stabile precedente. Tali oscillazioni si sono manifestate come un susseguirsi di periodi anomalmente freddi, siccità, eventi meteorici estremi per intensità e dimensione (FAGAN, 2000). La messe di dati scientifici che confermano l’importanza planetaria

del fenomeno, basate in particolare su analisi di tipo dendrocronologico e di carotaggi di ghacciai, non fa che confermare le testimonianze dei contemporanei a questo proposito. Quale siano state le cause scatenanti di questo brusco cambiamento climatico è ancora da chiarirsi. Attirano l’attenzione dei climatologi alcune correlazioni tra i periodi di maggior raffreddamento e la minore attività del sole nel senso di assenza o poca presenza di macchie solari, ma allo stato attuale delle conoscenze non è possibile stabilire se questa può essere stata l’unica causa (FAGAN, 2000). Per quanto riguarda l’Europa, causa diretta di queste oscillazioni

climatiche è stata la variazione della NAO (Oscillazione Nord Atlantica), che determina il tipo di clima sull’Europa, soprattutto in inverno. Un alto indice NAO segnala bassa pressione attorno all’Islanda e alta pressione al largo delle Azzorre, una situazione che genera persistenti venti occidentali. Questi venti portano caldo sulla superficie dell’Atlantico verso il cuore dell’Europa, accompagnato da potenti temporali. Gli stessi ventoi mantengono moderate le temperature invernali, cosa vantaggiosa per gli agricoltori del Nord Europa e che produce condizioni asciutte nell’Europa meridionale. Un basso indice NAO, viceversa, porta gradienti barici inferiori, venti occidentali più deboli e temperature molto più fredde sul continente. L’aria fredda da Nord e da Est affluisce dal Polo Nord e dalla Siberia e la neve copre l’Europa. Le variazioni invernali della NAO sono responsabili di circa metà delle variazioni delle temperature invernali nell’Europa settentrionale ed esercitano anche un considerevole influsso sulle precipitazioni estive. Un alto indice NAO porta più pioggia in estate. L’altalena della NAO oscilla incessantemente, secondo cicli che possono durare sette anni, decenni o meno, e sono causate dalle complesse dinamiche atmosfera-oceano nell’Atlantico Settentrionale, in cui rientrano le anomalie di temperatura sulla superficie del mare, la forza della Corrente del Golfo, la struttura dell’onda atmosferica e la distribuzione del ghiaccio delle maree e degli iceberg (FAGAN, 2000). Il bacino del Mediterraneo presenta dal punto di vista climatico delle

dinamiche complesse la cui interazione con il clima dell’Europa temperata è difficilmente valutabile. Anche nel Mediterraneo però, in particolare nel bacino occidentale e soprattutto in territori con esposizione occidentale come l’Iglesiente, le perturbazioni che portano acqua nel periodo invernale sono quelle di provenienza occidentale, mentre le perturbazioni da E e NE portano tempo più freddo e secco. Purtroppo non si sono trovati studi segli effetti della Piccola età glaciale sull’Europa Mediterranea e sulle correlazioni tra la NAO e il clima nel Mediterraneo occidentale, ma ad ogni modo è indubitabile come la NAO e i cambiamenti repentini di clima sull’Europa media e settentrionale debbano aver influenzato pesantemente anche il clima dell’Europa mediterranea, nella quale più che le variazioni di temperatura sono importanti le variazioni nelle precipitazioni, in quantità e distribuzione, nel periodo autunno-primaverile. In un agricoltura primitiva come quella che veniva praticata in Sardegna, con margini di sussistenza minimi e basata soprattutto sulla cerealicoltura, cicli siccitosi di alcuni anni potevano essere disastrosi, e spingere senz’altro all’abbandono di aree marginali con suoli meno profondi, più ricchi in scheletro e più difficili da irrigare. Questo, dopo la fine delle guerre tra Aragona e Arborea e la grande peste, può essere stato uno dei fattori che ha contribuito a rendere difficoltoso il reinsediamento in aree precedentemente abitate e suggerito di limitare gli insediamenti presso le terre più fertili. L’approfondimento di questo affacinante tema non è ambizione del presente lavoro, richiedendo conoscenze, tecniche e tempi che oltrepassano abbondantemente le possibilità di chi scrive; si esprime nondimeno la speranza di poter leggere in futuro degli studi di carattere storico e climatologico sull’argomento.

F

ITOTOPONIMI DELL

’I

GLESIENTE

In Sardegna lo studio dei fitotoponimi è recente e, ad eccezione dei recenti lavori sul Sulcis (BACCHETTA et al., 2000d; BACCHETTA, 2000), limitato all’analisi di piccole

aree o di elementi specifici del paesaggio. Le uniche altre ricerche esistenti sono, infatti, quelle sul Monte Albo (CAMARDA, 1984), sui nuraghi dell’Isola (CAMARDA,

1989), e sulla Giara di Gesturi (MOSSA et al., 1989). Tutti gli altri lavori pubblicati ad

oggi si limitano a riportare i nomi vernacolari delle entità vegetali utilizzati nelle distinte aree della Sardegna.

Nel documento La flora dell'iglesiente (Sardegna SW) (pagine 166-171)