2. stazione /stat'tsjone/ - secolo XIV, Deche di Tito Livio volgarizzato (area fiorentina), nel senso di ‘luogo di fermata, di sosta’
I sostantivi stagione e stazione, pur essendo semanticamente molto distanti, hanno la stessa origine: il latino STATIŌNE(M) ‘lo stare fermo, sosta, fermata’, derivato di STĀRE
‘stare’. Come servigio, anche il toscano stagione /sta'ʒone/ è considerato dipendente da uno sviluppo fonetico settentrionale. Dalla terminazione -TIONE si ha il morfema settentrionale -sion /zjon/ (poi -son /zon/). In Toscana /zj/ evolve nella sibilante palatale sonora /ʒ/, rappresentata graficamente con <gi>. Per influsso della grafia sulla pronuncia si è successivamente avuta la realizzazione con affricata prepalatale sonora /ʤ/ da parte delle varietà non toscane, che non conoscevano il suono /ʒ/. Perciò da
STATIŌNE(M), attraverso il settentrionale stasion, si ha prima il toscano /sta'ʒone/, reso
con la grafia <stagione>, e poi l’italiano /sta'ʤone/; la vocale tonica Ō evolve regolarmente in o chiusa. Altro esito popolare del latino STATIŌNE(M) è l’arcaico stazzone ‘abitazione, dimora’, con la trasformazione del nesso -TJ- in posizione
intervocalica nell’affricata alveolare sorda intensa: la voce è documentata prima del 1292 in Bono Giamboni, Volgarizzamento delle storie contra i pagani di Paolo Orosio. L’esito dotto stazione significava in origine ‘fermata, sosta’ e ‘luogo di fermata, di sosta’: stazione di posta era in passato un luogo attrezzato per il riposo e il cambio dei cavalli. Oggi questo significato rimane vivo nella terminologia liturgica per indicare le quattordici immagini che rappresentano gli episodi della passione di Cristo, davanti alle quali i fedeli sostano in preghiera durante la Via Crucis. Soltanto nell’Ottocento, per calco dell’inglese station, stazione passa a designare il complesso degli impianti per la sosta dei treni e di altri mezzi di trasporto e per le operazioni relative al traffico dei viaggiatori e delle merci.
SYMPHŌNIA(M)
1 zampogna /dzam'poɲɲa/ o /tsam'poɲɲa/ - ante 1321, Dante, Commedia, nella forma sampogna
2 sinfonia /sinfo'nia/ - ante 1321, Dante, Commedia
Il greco symphōnía ‘fusione di suoni, accordo, armonia, concerto’ e anche ‘strumento musicale’, formato da sýn ‘insieme’ e un derivato di phōnḗ ‘suono’, entra in latino come
SYMPHŌNĬA, da cui l’esito dotto sinfonia, che ricalca l’accentazione greca. Dante usa il
vocabolo nel Paradiso (XXI 59) con riferimento al dolce canto delle anime beate: dì perché si tace in questa rota / la dolce sinfonia di paradiso. L’esito popolare zampogna (anticamente anche sampogna) presuppone una forma del latino parlato con l’accento sulla -O-. Si tratta quindi di un caso di allotropia in cui la parola popolare riflette l’accento latino e quella dotta l’accento greco. Dante, sempre nel Paradiso (XX 24), inserisce i termini semanticamene affini cetra e sampogna, indicanti strumenti musicali polifonici, all’interno di una doppia similitudine in cui il mormorio dell’Aquila che comincia a salire per il collo e si trasforma in suono uscendo dal becco in forma di parole è paragonato sia al suono della cetra che acquista la sua modulazione al collo dello strumento là dove il suonatore fa scorrere le dita sia al fiato del suonatore che penetra nella zampogna trasformandosi in suoni modulati attraverso i fori ora aperti ora chiusi (sì com’al pertugio / de la sampogna vento che penètra). Sul versante fonetico zampogna presenta il rafforzamento della s- iniziale (come accade per esempio anche in zolfo < SŬLPHUR e in zufolare < latino volgare *SUFILĀRE per il classico SIBILĀRE), l’abbassamento della vocale protonica davanti a nasale e il normale passaggio del nesso -NJ- alla nasale palatale /ɲɲ/.
VAGĪNA(M)
1. guaina /gwa'ina/ o più comunemente /'gwaina/ - metà secolo XIII, Ruggieri Apugliere, Rime (area senese), nel senso di ‘fodero’
2. vagina /va'ʤina/ - secolo XIII, Brunetto Latini, Orazione di Cicerone per Marco Marcello (area fiorentina), nel senso di ‘fodero’
Il latino VAGĪNA(M) ‘involucro, fodero’ evolve per tradizione ininterrotta in guaina, mentre per via dotta diventa vagina. La voce popolare ha come accezione primaria quella di ‘fodero per spade, pugnali o altre armi da taglio’, che si ritrova nei derivati sguainare ‘estrarre dal fodero’ e ringuainare ‘riporre nel fodero’. Da questo significato iniziale si sviluppano quelli estensivi di ‘custodia, rivestimento’ (la guaina isolante dei cavi elettrici) e ‘indumento intimo femminile di tessuto elastico per modellare il corpo’ (si veda il derivato inguainare ‘fasciare strettamente il corpo’, detto di un indumento molto aderente). Dal punto di vista fonetico l’esito popolare mostra il trattamento di V- iniziale riservato a w- di origine germanica, con passaggio a /gw/ per cosiddetta germanizzazione secondaria (come in VĂDUM > guado), la palatalizzazione dell’occlusiva velare sonora davanti a vocale palatale (-GI- /gi/ > /ʤi/) e il conseguente assorbimento dell’affricata prepalatale sonora da parte della Ī seguente (come in
SAGĬTTAM > saetta, MAGĬSTRUM > maestro). La pronuncia etimologicamente corretta /gwa'ina/, che ricalca l’accentazione piana della base latina, è oggi sentita come ricercata e affettata; la pronuncia più diffusa è ['gwai̯ na], con anticipazione della sillaba tonica per la tendenza a far risalire l’accento verso l’inizio della parola in voci non molto comuni. Anche la voce dotta vagina ha in origine il significato di ‘fodero’, largamente attestato nella lingua antica e letteraria: corse la mano / sovra la spada, e dalla gran vagina / traendo la venìa (Vincenzo Monti, traduzione dell’Iliade, Libro I 259-261). Dante usa la parola in senso traslato per indicare il rivestimento della pelle che racchiude le membra come un fodero: Apollo, sfidato nel canto dal satiro Marsia, lo vinse e per punirlo della sua tracotanza lo trasse fuori dalla pelle: Marsia traesti / de la vagina de le membra sue (Paradiso, I 20-21); l’immagine realistica dello scorticamento perde nei versi danteschi il suo carattere truculento e richiama quella di una spada estratta dal fodero. Bisogna aspettare alcuni secoli per avere la prima attestazione di vagina come tecnicismo dell’anatomia: il termine compare nelle lettere che Giacinto Cestoni inviò ad Antonio Vallisneri dal 1697 al 1718 e che sono raccolte nell’Epistolario ad Antonio Vallisneri, edito a cura di Silvestro Baglioni nel 1940.
VERECŬNDIA(M)
1. vergogna /ver'goɲɲa/ - ultimo quarto secolo XII, Proverbia que dicuntur super natura