• Non ci sono risultati.

Uno dei più influenti report degli ultimi anni (Stieglitz et al., 2009) ha sostenuto con decisione che, attualmente, l’umanità ha la necessità di individuare quanto distanti siano gli obiettivi di sostenibilità fissati. Tuttavia, nonostante la domanda crescente da parte politica ed il diffuso consenso scientifico, fino ad oggi è molto limitata l’esperienza di indicatori che collegano la qualità ambientale con livelli obiettivo creati nella prospettiva di uno sviluppo sostenibile (Sustainable Reference Values, SRVs).

La valutazione della sostenibilità ambientale, nel contesto articolato di una struttura complessa, richiede strumenti efficaci, indicatori

significativi, dotati di capacità di sintesi e semplicità di utilizzo, oltre che

di efficacia rappresentativa degli aspetti in esame.

La comunicazione, infatti, è la principale funzione degli indicatori: essi dovrebbero essere la sorgente informativa sul problema oggetto di studio.

Gli indicatori ambientali, in particolare, forniscono informazioni sui fattori che influenzano la qualità dell’ambiente e la possibilità di sviluppo sostenibile (EEA, 1999), indicando, per esempio, il grado di fragilità (predisposizione a essere danneggiato) o di elasticità (capacità di recupero) degli elementi costituenti di un determinato territorio (Diamond, 2005). L’utilità degli indicatori ambientali risiede nella capacità di fornire dati di sintesi che consentono di effettuare l’analisi dello stato di un ambiente, di guidare i processi decisionali in campo politico, economico e sociale verso forme di sfruttamento più sostenibile del territorio e di monitorare le risposte a tali decisioni.

Per la valutazione dei possibili impatti di attività, processi o prodotti sono stati sperimentati Sistemi di Gestione Ambientale o analisi di tipo LCA.

La metodologia LCA (Life Cycle Assessment, o Analisi del Ciclo di Vita), molto utilizzata per la valutazione degli impatti ambientali, è caratterizzata da un approccio “dalla culla alla tomba”, in un processo a ciclo aperto.

Si tratta di un procedimento oggettivo di valutazione e quantificazione dei carichi energetici ed ambientali e degli impatti potenziali associati ad

un prodotto/processo/attività lungo l’intero ciclo di vita,

dall’acquisizione delle materie prime al fine vita.

La valutazione, includendo l’intero ciclo di vita del processo o attività, riguarda l’estrazione ed il trattamento delle materie prime, la fabbricazione, le emissioni prodotte nell’ambiente (“immissioni” nell’aria, nell’acqua e nel suolo), il trasporto, la distribuzione, l’uso, il riuso, il riciclo e lo smaltimento finale.

In alcuni studi, sulla base di analisi LCA, sono state valutate le performance ambientali di una struttura universitaria, formulando differenti opzioni di gestione dei rifiuti per plastica e carta, incluso il riciclo, l’incenerimento e lo smaltimento in discarica(Lukman et al. 2009). Gli schemi concettuali più comunemente usati in ambito internazionale sono il modello Pressioni, Stato, Risposte (PSR), proposto da Anthony Friend negli anni '70 e successivamente sviluppato dall'OCSE ed il modello Determinanti, Pressioni, Stato, Impatto, Risposte (DPSIR), sviluppato dall'EEA (Agenzia Europea per l’Ambiente), caratterizzati entrambi da relazioni di causalità.

Il modello PSR permette di evidenziare le relazioni tra il sistema ambientale e le attività antropiche, nonché di esprimere i rapporti tra società ed ecosistema. Esso si basa su indicatori divisi in tre categorie:

24

− Indicatori di pressione, che descrivono gli effetti delle diverse attività dell’uomo sull’ambiente;

− Indicatori di stato, che misurano le condizioni delle risorse ambientali;

− Indicatori di risposta, che valutano le politiche e gli interventi posti in atto per il raggiungimento di obiettivi di protezione ambientale.

Figura 3.1 Rappresentazione schematica del modello PSR (ISPRA, 2016)

Nel 2004 l’Agenzia Europea per l’Ambiente ha identificato un set di base di 37 indicatori, appartenenti a dieci aree tematiche, a supporto della definizione delle priorità politiche europee, basato su nove criteri di selezione ed approvato dalle nazioni membro della EEA.

Questo lavoro, regolarmente aggiornato, è strutturato intorno ad un quadro di riferimento concettuale, noto come modello di valutazione DPSIR.

Il modello DPSIR (Determinanti – Pressioni – Stato – Impatti – Risposte), sviluppato dall’Agenzia Europea dell’Ambiente, mette in relazione di causa–effetto le pressioni esercitate sulla matrice ambientale, lo stato della matrice stessa, gli impatti su di essa e le risposte attuate o da attuare in futuro. Esso permette di rappresentare l’insieme degli elementi e delle relazioni che caratterizzano un qualsiasi tema o fenomeno ambientale, mettendolo in connessione con l’insieme delle politiche esercitate verso di esso.

In particolare, la metodologia DPSIR si basa sulla circolarità delle relazioni e delle influenze tra le attività umane, le condizioni ambientali e le misure di riposta alle criticità individuate: le attività antropiche (D) generano fattori di pressione (P), responsabili di una determinata condizione ambientale (S) con conseguenze sull’uomo e sugli ecosistemi (I), arginabili mediante adeguate contromisure (R).

Il modello DPSIR rappresenta, quindi, un’evoluzione del modello PSR: dagli indicatori di pressione vengono scorporate le Forze motrici o Determinanti, cioè i comportamenti e le attività antropiche che determinano le pressioni sull’ambiente (trasporti, industria, agricoltura) e vengono inoltre distinti Stato (qualità dell’ambiente) ed Impatti (alterazioni prodotte dalle azioni antropiche negli ecosistemi e nella salute pubblica). La struttura dello schema è costituita da moduli o sottosistemi DPSIR, legati tra loro da una catena di relazioni, essenzialmente di tipo causale.

Figura 3.2 Rappresentazione schematica del modello DPSIR

(AmbienteInforma, SNPA, 2016)

D – Determinanti o Forze determinanti – Attività e comportamenti umani derivanti da bisogni individuali, sociali, economici; stili di vita, processi economici, produttivi e di consumo da cui originano pressioni sull’ambiente.

P – Pressioni – Pressioni esercitate sull’ambiente in funzione delle determinanti, cioè delle attività e dei comportamenti umani come ad es. emissioni atmosferiche, rumore, campi elettromagnetici, produzione di rifiuti, scarichi industriali.

S – Stati – Qualità e caratteri dell’ambiente e delle risorse ambientali che possono essere messi in discussione dalle pressioni, qualità considerate

26

come valori (fisici, chimici, biologici, naturalistici, testimoniali, economici) che occorre tutelare e difendere.

I – Impatti – Cambiamenti significativi dello stato dell’ambiente che si manifestano come alterazioni negli ecosistemi, nella loro capacità di sostenere la vita, la salute umana, le performance sociali ed economiche. R – Risposte – Azioni di governo messe in atto per fronteggiare le pressioni; oggetto della risposta può essere un determinante, una pressione, uno stato, un impatto, ma anche una risposta pregressa da correggere; le risposte possono assumere la forma di obiettivi, di programmi, di piani di finanziamento, di interventi.

Questa metodologia permette un collegamento logico tra gli elementi e i sistemi che compongono l’ambiente. All’interno di questo modello si collocano le informazioni necessarie per la conoscenza ambientale. Il trasferimento delle informazioni deve avvenire attraverso chiavi di accesso alla complessità della realtà, messaggi leggibili e razionali, efficienti per le amministrazioni, chiari e comprensibili per la pubblica opinione: questi strumenti di comunicazione sono gli indicatori ambientali.