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Si è deciso di avviare l'analisi del materiale epigrafico di Mediolanum con le stele funerarie, in ragione della loro consistenza quantitativa e significanza qualitativa, cui sono stati affiancati, per affinità di destinazione, i cippi terminali di recinti sepolcrali. Riprendendo, precisando e ampliando la classificazione operata dalla Soffredi de Camilli a metà Novecento1

, si è deciso di suddividere le stele mediolaniensi in tre gruppi, in base al coronamento: stele timpanate e pseudotimpanate, stele centinate e pseudocentinate, stele a sommità liscia.

1.1 Stele timpanate e pseudotimpanate

Si è scelta tale definizione per quelle stele sormontate da un timpano, sia esso libero (timpanate) o iscritto nel profilo rettangolare del monumento (pseudotimpanate). Sono stati inoltre considerati in questo gruppo quattro pezzi dallo spessore ridotto (st.22, st.25, st.30, st.31)2, per i quali occorre pensare a un supporto retrostante, in terra o muratura, e tre pezzi

dallo sviluppo prevalentemente orizzontale (st.10, st.14, st.28), che dovevano forse poggiare

1 Studi specifici sulle stele funerarie dell'area padana compaiono a partire dagli anni '50 del Novecento, quando viene compiuta una prima classificazione tipologica e cronologica delle stele di Aquileia, basata su aspetti non soltanto iconografici, ma anche epigrafici (SENA CHIESA 1953-1954). Nel 1954 la Soffredi, tentando un

quadro d'insieme della produzione stelare dell'Italia settentrionale, propone una distinzione delle stele condotta in base al coronamento (SOFFREDIDE CAMILLI 1954), distinzione che è stata, per ragioni di comodità, ripresa in questo elaborato, per quanto con talune modifiche, in primo luogo terminologiche: l'autrice parla infatti di stele rettangolari a timpano inserito o sormontante, ad arco inserito o sormontante, cui si è qui sostituita la definizione di pseudotimpanata o timpanata, pseudocentinata o centinata, oltre ad essere state considerate a parte le stele a sommità liscia, non fornite cioè di timpano o centina, apparentemente trascurate dalla Soffredi. Più complessa è la catalogazione operata dal Mansuelli, il quale distribuisce il materiale in cinque gruppi (MANSUELLI 1956): stele senza decorazione architettonica con una o più nicchie, stele riquadrate terminanti a centina o a spioventi, stele a tabernacolo, stele a pseudoedicola, stele ad archetti; si tratta di categorie che si è preferito non adottare, pur tenendole presenti, in quanto – considerata la buona uniformità delle stele mediolaniensi, quasi tutte terminanti a centina o spioventi – non avrebbero permesso una vera distinzione interna. All'opera del Mansuelli rimandano le classificazioni successive, le quali tuttavia tralasciano una visione d'insieme per concentrarsi su specifiche tipologie di stele (SENA CHIESA 1956,

SCARPELLINI 1987, PFLUG 1989) o sulla produzione di determinate aree (MANSUELLI 1967, TOCCHETTI POLLINI

1990, MERCANDO-PACI 1998). Un nuovo tentativo di classificazione, basato su criteri eminentemente

archeologici e forse eccessivo nel voler dare ragione di ogni variante, è stato portato avanti da FRUMUSA

1997-1998; si veda la nota 2 alla pagina successiva.

2 Si è deciso di collocare questi pezzi tra le stele e non tra le lastre in quanto caratterizzati da un evidente richiamo all'apparato pseudoarchitettonico delle stele pseudotimpanate; inoltre, al contrario di altri monumenti, che mostrano una simile impostazione, per quanto meno marcata, e che sono stati analizzati, a causa della loro orizzontalità, tra le lastre (la.07, la.38), questi mantengono un inconfutabile sviluppo verticale.

su una base oggi perduta.

Delle duecentonove stele mediolaniensi censite soltanto un centinaio mostrano un profilo ancora chiaramente definibile; di queste, ventisette sono classificabili come timpanate o pseudotimpanate. A queste si possono inoltre accostare sia undici stele mutile superiormente, ma in cui la presenza di pilastri laterali lascia intuire una terminazione architettonica, sia i timpani di quattro stele di cui non si è conservato lo specchio epigrafico, sia il frammento di una stele chiaramente pseudotimpanata, ma la cui iscrizione è ormai totalmente illeggibile1

. In totale, dunque, la tipologia monumentale oggetto d'analisi è rappresentata a Mediolanum da quarantatré pezzi, i quali costituiscono poco più di un terzo dell'intera produzione di stele.

1.1.1 Distribuzione topografica

Delle quarantatré stele identificate, venticinque sono pseudotimpanate e sei timpanate; per le altre, le cui condizioni sono purtroppo frammentarie, un confronto con analoghi esempi cisalpini2

rivela la possibilità di uno sviluppo sia timpanato sia pseudotimpanato.

Tale tipologia monumentale riscuote un notevole successo soprattutto nelle necropoli cittadine, cui possono essere ricondotti trentanove pezzi3. Dall'ager provengono una stele

mutila con ritratto del defunto entro nicchia affiancata da pilastri scanalati (st.32), ritrovata a Monza e verosimilmente prodotta in loco4 a imitazione dei monumenti cittadini, e due stele

1 La stele, di proprietà del Museo Archeologico di Milano (nr. inv. A 0.9.6590), si trova oggi affissa sulla parete nordoccidentale della Piazza d'Armi del Castello Sforzesco.

2 Come "campionario" delle stele di produzione cisalpina si è ricorsi a FRUMUSA 1997-1998. L'autore divide le stele in tre gruppi, a partire dalla classificazione del Mansuelli: stele architettoniche (tipi II e III), stele anarchitettoniche parallelepipede con nicchia a ritratto (tipo I), stele anarchitettoniche con specchio epigrafico corniciato (tipo IV); ogni gruppo prevede tre livelli di articolazione interna, identificati rispettivamente con una lettera maiuscola, un numero arabo e una lettera minuscola: così, ad esempio, la sigla IA1b identifica le stele anarchitettoniche a corpo parallelepipedo (IA), con più nicchie rettangolari (IA1) a registri sovrapposti (IA1b).

3 La maggior parte di questi pezzi sono stati trovati in reimpiego nelle mura e nelle porte della Milano medievale, che si può pensare che abbiano inglobato materiale proveniente dalle antiche necropoli cittadine – per le quali si rimanda al quadro bibliografico presentato nell'Introduzione – ormai in disuso. Meno problematica è la situazione di alcune epigrafi reimpiegate ab antiquo, nelle mura di età massimianea e nella necropoli tardoantica scavata all'Università Cattolica: per le prime sembrerebbe pressoché certa la provenienza dalle necropoli di I-II secolo d.C., che sarebbero state smantellate per ampliare il quartiere orientale di Mediolanum; per le seconde occorre ipotizzare un luogo di recupero topograficamente vicino a quello di reimpiego (ANTICO GALLINA 2001). Tre sono i pezzi la cui origine è al momento incerta: la stele di

Publius Atilius (st.08), entrata in possesso di quello che sarebbe poi diventato il Museo Archeologico di Milano alla fine del XIX secolo; la stele dei Comarii (st.11), per cui si rimanda alla nota 3 a p. 35; la stele dei Romanii conservata in villa Torno a Castano Primo (st.37), per cui si prosegua nella lettura di questo stesso paragrafo. Per quanto riguarda in particolar modo la stele di Publius Atilius, l'impiego del marmo di Musso ne fa un prodotto con ogni probabilità locale; la condizione frammentaria, l'assenza di elementi decorativi di pregio, la non compiutezza dell'iscrizione rendono d'altra parte inverosimile l'acquisto o l'acquisizione di tale pezzo per motivi collezionistici: esso pare piuttosto l'esito di un reimpiego edilizio – si vedano anche gli incavi quadrati ricavati nella parte bassa dello specchio – recuperato in data imprecisata, forse nel corso di scavi o lavori edilizi.

pseudotimpanate, l'una da Vimercate (st.26) e l'altra conservata a San Giuliano Milanese nell'abbazia di Viboldone (st.29), il cui alto livello qualitativo e la cui appartenenza a seviri1

sembrerebbero denunciare l'intervento di maestranze cittadine. Problematica è la collocazione di una stele opistografa conservata a Castano Primo nella raccolta di Palazzo Torno (st.37): l'analisi condotta dal Tocchetti Pollini sulla foggia e sull'esecuzione dei ritratti dei defunti2

parrebbe infatti indicarne una produzione mediolaniense, ma resta impossibile da definire – considerando le molteplici provenienze dei reperti conservati in tale collezione3

– se in origine la stele si trovasse in una necropoli cittadina o in una sepoltura prediale. Non aiuta in questo senso la presenza di ritratti, poiché stele a ritratti, peraltro di pressoché certa produzione locale, sono state trovate anche ad Angera e a Monza4

; più utile potrebbe essere la constatazione che ad oggi stele opistografe sono state rinvenute solo in città – dove più facilmente un osservatore avrebbe avuto l'occasione di vedere tutte le facce del monumento5

– ma neppure ciò escluderebbe che questo modello cittadino possa essere stato esportato verso l'ager. Il gentilizio dei defunti, Romanius, è pure di scarso aiuto, dal momento che esso ha un'unica attestazione cittadina6

e un suggestivo, ma incerto, parallelo nella vicina Gallarate7

; due sono le presenze comensi, sempre al femminile8, mentre una più larga fortuna è

testimoniata a Brixia, sebbene sia poco versosimile pensare, con il Tocchetti Pollini, «a un

1 I notabili cittadini, in altre parole, e tra loro soprattutto i seviri, per quanto residenti fuori Mediolanum, avrebbero deciso di adottare tipologie epigrafiche cittadine e, a tale scopo, si sarebbero serviti di maestranze cittadine, le sole in grado di assicurare quella qualità esecutiva che essi cercavano.

2 Il Tocchetti Pollini ritiene che l'attribuzione di questo pezzo all'officina di Mediolanum sia «assolutamente certa, non solo per la particolarità della decorazione su quattro lati, ma soprattutto per le caratteristiche stilistiche dei ritratti, che trovano un confronto preciso, nella resa dei singoli elementi, quali gli occhi e le labbra» in una stele anepigrafe ritrovata in via Verdi e oggi esposta nelle sale del Museo Archeologico di Milano (TOCCHETTI POLLINI 1990, p. 93).

3 Palazzo Torno, a Castano Primo (Milano), venne costruito nella prima metà del XX secolo con lo scopo non solo di servire da abitazione per il proprietario, ma anche di accoglierne le collezioni archeologiche e naturalistiche; tra i reperti qui alloggiati si trovano tanto epigrafi riferibili a Mediolanum – come, ad esempio, una lastra pertinente ad opera pubbica presentata più oltre (la.62) – quanto pezzi "d'importazione" antiquaria, come CIL V, 2948, una stele architettonica timpanata con ritratti dei defunti entro nicchie ad arco che il Mommsen riferisce a Patavium, e CIL VI, 23875, una lastrina funeraria di provenienza urbana. Devo al prof. Antonio Sartori, che ha avuto occasione di visionare la collezione nell'autunno 2011, le informazioni qui presentate.

4 Da Monza provengono due stele a ritratti (st.32, sin.77), analizzate da TOCCHETTI POLLINI 1990, pp. 81-82 per

la parte iconografica e da SARTORI 2002, pp. 35-36 per quanto riguarda il testo iscritto; l'orizzonte epigrafico di Angera ha invece conservato un'unica stele a ritratti, frammentaria e dunque anepigrafe, di cui dà notizia TOCCHETTI POLLINI 1983, pp. 155-156. Sulla ragione per cui, al di fuori dell'orizzonte epigrafico cittadino, le

stele a ritratti si trovano solamente in questi due centri, si veda il §7.2.2.

5 Mentre nell'ager un monumento di questo tipo si sarebbe trovato all'interno di un un terreno privato, verosimilmente a lato di una strada, dalla quale dunque i passanti avrebbero potuto vedere soltanto la faccia anteriore.

6 CIL V, 6080 (Romania Novellia).

7 Da Gallarate proviene un frammento di stele in granito (25x33x9,5 cm), particolarmente curata quanto a esecuzione, con iscrizione entro specchio ribassato e corniciato a listello, la quale può così essere trascritta: - - - - / sibi [et] / Roma[niae? - - -] / Prisca[e - - -] / - - - -.

gruppo della gens Romania trasferitosi da Brescia a Milano»1

. L'impossibilità di stabilire l'originaria collocazione di questo pezzo non costituisce tuttavia un ostacolo al procedere della nostra analisi: in ogni caso, che esso provenga dalla città o sia stato ritrovato nell'ager, l'esecuzione è di indubbia matrice cittadina; un'eventuale appartenenza all'ager, dunque, non farebbe che confermare ulteriormente il ricorso, per questo tipo monumentale, alle maestranze specializzate di Mediolanum città.

1.1.2 Tipologia e distribuzione cronologica

La datazione delle stele timpanate e pseudotimpanate di Mediolanum è stata condotta sulla base di diversi criteri: lo stile dei ritratti, quando presenti2

, e l'onomastica dei personaggi menzionati nel testo iscritto hanno fornito le prime e indispensabili coordinate cronologiche; le caratteristiche della scrittura hanno permesso di distinguere le iscrizioni di età augustea da quelle di età immediatamente successiva; è stata inoltre tenuta in considerazione, come parallelo, l'evoluzione cronologica delineata dal Mansuelli per le stele del Ravennate e poi ripresa dal Rebecchi3

, pur senza dimenticare che considerazioni valide per uno specifico orizzonte epigrafico possono non esserlo per un altro.

Età augustea (27 a.C. - 14 d.C.) st.09, st.28

Prima metà del I secolo d.C. st.06, st.07, st.20, st.21, st.34, st.35, st.39, st.41 Età giulio-claudia (14 - 68 d.C.) st.10, st.13, st.14, st.16, st.32 Età tiberiana (14 - 41 d.C.) st.02 Età claudia (41 - 54 d.C.) st.01, st.11, st.19 Età neroniana (54 - 68 d.C.) st.37 I secolo d.C. st.04, st.08, st.12, st.15, st.36 I-II secolo d.C. st.03, st.05, st.17, st.18, st.23, st.24, st.26, st.29, st.33, st.38

1 A tal proposito TOCCHETTI POLLINI 1990, pp. 92-93 afferma, in modo poco verosimile, che «ci troviamo di fronte a un gruppo della gens Romania trasferitosi da Brescia a Milano». Tale ipotesi può essere messa in discussione sia per l'idea stessa che tutti i Romanii di una determinata area possano discendere da un'unica famiglia, sia per la presenza, tra Mediolanum e Comum, di Romanii per così dire "autoctoni", per cui non si avverte la necessità di collegare tali personaggi a Brixia.

2 Ci si è adeguati, salvo nei casi di non coincidenza tra datazione stilistica e datazione epigrafica, a quanto proposto da TOCCHETTI POLLINI 1983 e TOCCHETTI POLLINI 1990.

3 Così in MANSUELLI 1967, p. 195 e REBECCHI 1972, pp. 193-206. Di opinione diversa – per cui i primi esempi

di stele anarchitettonica con cornice rilevata comparirebbero contemporaneamente alle stele caratterizzate da una struttura architettonica – è GABELMANN 1972, p. 71; sembrerebbe invece da scartare l'ipotesi del Rebecchi secondo cui le stele con timpano e acroteri a semicerchio deriverebbero dal profilo della cassa del sarcofago sormontata da un coperchio a spioventi con acroteri (REBECCHI 1997).

II secolo d.C. st.25, st.27? Fine II-III secolo d.C. st.30, st.31

III-IV secolo d.C. st.22

Tabella 3: La datazione delle stele timpanate e psuedotimpanate mediolaniensi.

All'età augustea risalgono due stele timpanate (st.09, st.28) che mostrano il ritratto del defunto entro una nicchia affiancata da pilastri e sostenente il timpano; l'iscrizione si svolge a campo aperto al di sotto della nicchia e mostra lettere geometrizzanti, prive di ombreggiatura e di apicature.

All'età tiberiana, più specificamente al 29 d.C., si data la stele del veterano Publius Tutilius (st.02)1

, il quale indica l'anno della propria morte mediante la menzione della coppia consolare; lo specchio è affiancato da pilastri scanalati, che dovevano verosimilmente poggiare su un podio anepigrafe e reggere un timpano, mentre non è possibile stabilire se la terminazione superiore fosse timpanata o pseudotimpanata. Una simile impostazione tettonica è presente su altre cinque stele (st.06, st.07, st.20, st.34, st.35), tutte da collocarsi entro la metà del I secolo d.C.

All'età claudia risalgono sia la stele di Lucius Albucius Albanus (st.01), caratterizzata da pilastri scanalati laterali, ritratto femminile2 entro nicchia affiancata da Attis piangenti e

specchio ribassato e corniciato a gola rovescia, sia la stele dei Vettii (st.19), pure incorniciata da pilastri scanalati, con ritratti entro nicchie arcuate e specchio soltanto ribassato. È poi particolarmente interessante la stele dei Comarii (st.11)3

: i ritratti sono disposti all'interno di due nicchie rettangolari sovrapposte, ai lati delle quali due pilastri a fusto liscio sorreggono la pseudotimpanatura; l'iscrizione si svolge a campo aperto. Su base stilistica si può con buona probabilità attribuire a quest'epoca anche il frammento di stele timpanata con acroterio a forma di leone (st.40).

Di sicura collocazione in età neroniana è la già citata stele opistografa conservata a Castano Primo (st.37), la cui esecuzione rivelerebbe la preferenza dell'epoca per una volumetria

1 CIL V, 5832; ILS 2338; CALDERINI 1946, nr. 28; SARTORI 1994a, p. 55, nr. P25; SARTORI 1995a; TODISCO 1999,

pp. 173-175.

2 Ritenuto tale dal Tocchetti Pollini in base alla presenza di un velo sul capo; la possibilità che si tratti di un ritratto maschile velato capite sarebbe invece vanificata dall'«estrema rarità di tale raffigurazione» (TOCCHETTI POLLINI 1990, p. 68).

3 Problematica risulta l'attribuzione topografica di questa stele: dopo aver fatto parte della collezione Mazenta, infatti, essa divenne di proprietà della famiglia Archinto, che ne indicò il luogo di ritrovamento nei propri possedimenti del Novarese; il Mommsen la accoglie comunque tra le epigrafi ritrovate a Milano, pur esprimendo dei dubbi: «havuta dal loco nel Novarese adnotant Archintii (ad Alc.), haud scio an errore» (CIL V, 5997). Dal punto di vista stilistico il Tocchetti Pollini non se la sente di avallare una produzione mediolaniense del pezzo, sebbene l'analisi onomastica deponga a favore di un ritrovamento mediolaniense- comense, ma nota allo stesso tempo come a Novara e nel Novarese siano del tutto assenti le stele con ritratti (TOCCHETTI POLLINI 1990, p. 98).

marcata e per un chiaroscuro fortemente accentuato. Sull'una faccia i ritratti si dispongono in due nicchie sovrapposte profilate da due pilastri scanalati, sull'altra un festone con bende chiude superiormente lo specchio, ai lati del quale vengono di nuovo ripetuti i pilastri scanalati; in entrambi i casi il testo si svolge a campo aperto, intersecandosi con l'apparato iconografico.

Si datano all'età giulio-claudia altre sei stele: tre, dall'indeterminabile terminazione superiore, caratterizzate da una nicchia rettangolare affiancata da pilastri scanalati e contenente i ritratti dei defunti, al di sotto della quale il testo si dispone in uno specchio ribassato e corniciato a gola rovescia (st.13, st.21, st.32); una dallo sviluppo orizzontale, con nicchia per i ritratti dei defunti, pilastri laterali con decorazione fitomorfa che reggono uno pseudotimpano profilato a gola rovescia e iscrizione sottostante a campo aperto (st.10); una timpanata con acroteri forse a palmetta, timpano e nicchia bordati da una cornice a gola rovescia e iscrizione a campo aperto (st.14); una, infine, pseudotimpanata, corniciata a gola rovescia per tutto il suo profilo, con timpano disegnato a solco, nicchia per i ritratti dei defunti e iscrizione sottostante a campo aperto (st.16).

In età giulio-claudia comincia poi la produzione di stele pseudotimpanate con Gorgoneion entro timpano e delfini acroteriali1, modello che avrà grande fortuna anche nel secolo

successivo. Questa produzione vede un "alleggerimento" della struttura architettonica delle stele a ritratti – peraltro già avviato su alcune delle stesse stele a ritratti (st.14, st.16) – con la scomparsa dei pilastri laterali, del timpano libero con acroteri e del ritratto entro nicchia; lo specchio è ora profilato da una semplice cornice, solitamente a gola rovescia, poi recuperata anche per evidenziare lo pseudotimpano, ai lati del quale i due triangoli di risulta rappresentano niente più che dei vuoti da riempire con iconografie non necessariamente acroteriali.

Gli sviluppi di questa tipologia si colgono in tre monumenti databili tra la fine del II secolo e l'inizio del III secolo d.C. Precedente al 185 d.C. è la stele del centurione [-] Aurelius

Licinianus (st.25), in servizio nella legio XV Macedonica prima che Settimio Severo le

conferisse ulteriori appellativi2

; in essa si hanno le prime attestazioni di una tendenza che si rivelerà poi vincente: l'altezza della stele va diminuendo, lo spessore si assottiglia, tanto che il monumento necessita la presenza di un supporto retrostante, e l'originario impianto architettonico si riduce a puro elemento disegnativo, dal momento che dello specchio e del timpano non rimane che un semplice profilo a solco. Lo stesso processo si vede su una stele

1 Si tratta in totale di quattordici stele. Si datano al I secolo d.C. le stele st.04, st.08, st.12 e st.15, mentre si collocano a cavallo tra I e II secolo d.C. le stele st.03, st.05, st.17, st.18, st.23, st.24, st.26, st.29, st.33, st.38. 2 RE XII, 2 (1925), coll. 1572-1586, s.v. legio.

pseudotimpanata ritrovata in condizione di reimpiego negli scavi dell'Università Cattolica (st.31), i cui titolari, ancora forniti di praenomen, pure abbreviano il proprio gentilizio, mentre si spinge ancora oltre la stele di Cetenio Leo (st.30), proveniente dallo stesso contesto archeologico e anch'essa datata tra la fine del II e gli inizi del III secolo d.C., il cui specchio non viene neppure corniciato, mentre la struttura della terminazione architettonica è data da un solco e dalla ribassatura dei pennacchi compresi tra timpano e acroteri.

Si discosta da questi esempi – forse perché antecedente e dunque da collocarsi nel II secolo d.C., per quanto restino alcune incertezze1

– la stele pseudotimpanata di Cardamio (st.29): la presenza della corniciatura a gola rovescia e della rosetta a rilievo all'interno del timpano mostrano infatti un'evoluzione dell'apparato architettonico in senso disegnativo non ancora compiuta, per quanto già avviata nel tracciato a solco degli pseudoacroteri; lo spessore notevole e il dente d'incastro inferiore rivelano inoltre la conservata autonomia del monumento, in grado di reggersi senza appoggi.

Tra III e IV secolo d.C., infine, è la stele di Aurelius Trifon a segnare l'estrema evoluzione di questa tipologia epigrafica (st.22): l'altezza non supera il metro, lo spessore è ridotto a pochi centimentri, lo specchio non viene corniciato e della primitiva architettura rimane, tracciato a solco, il triangolo del timpano affiancato dai due pseudoacroteri semicircolari.

Di incerta datazione è infine una stele che rappresenta un unicum a Mediolanum (st.36): di essa rimane soltanto il coronamento, che riproduce un tempietto tetrastilo con palmette acroteriali2. La forte componente architettonica farebbe propendere per una datazione al I

secolo d.C., mentre non è di grande aiuto la presenze della formula V(iv-) f(ecit) – unica linea superstite del testo iscritto – attestata a Milano, come si dirà oltre3

, fino al III-IV secolo d.C.

1.1.3 Materiale

Le stele timpanate e pseudotimpanate di Mediolanum mostrano una certa varietà nella scelta del materiale4,

sebbene possano rilevarsi talune tendenze generali.

1 Il testo interamente steso in capitale rustica e la presenza della formula biometrica sembrerebbero spingere

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