• Non ci sono risultati.

La storia irlandese e la scoperta della conquista »

nei tre tomi di cui si componeva l’Histoire de la conquête, thierry seguiva le gesta e i destini di due popoli in lotta, i sassoni e i normanni. l’indagine prendeva le mosse dai prodromi della battaglia di Hastings per poi soffermarsi analiticamente sulle conseguenze politico-sociali della vittoria, ottenuta dalle milizie al servizio di Guillaume, duca di normandia, che aveva guadagnato ai normanni quella preminenza sociale e politica che solo con la prima rivoluzione inglese avrebbe vacil- lato. teatro del «grande dramma» messo in scena da thierry erano l’isola di Bretagna (cioè l’inghilterra), la francia e l’irlanda, che i normanni di enrico ii avevano conquistato nel 1171, brandendo in una mano le armi e nell’altra la bolla papale di adriano iv, che li autorizzava a sot- tomettere l’Hibernia e la popolazione irlandese indigena di razza celtica, «gli irlandesi di razza pura».

l’attenzione di thierry finiva per appuntarsi non tanto sui norman- ni, né sui sassoni, né tantomeno su quelle popolazioni «négligées», che l’autore aveva cercato di sottrarre all’oblio, richiamandone di volta in volta, «avec chaleur, avec sympathie», il coraggio, le vittorie parziali e le durature sconfitte «come se mi fossi ritenuto io stesso per senti- mento nell’obbligo di riparare ad una non meritata ingiustizia»59. vera protagonista del suo capolavoro era, infatti, la conquista in tutte le sue drammatiche implicazioni umane, sociali e politiche. l’introduzione stessa al volume chiariva già dalle prime pagine il senso dell’indagine: il caso particolare della conquista normanna doveva servire ad illuminare il

problema generale della conquista, che agli occhi dell’autore assumeva le caratteristiche di fatto politico e sociale fondante. thierry ricordava ai suoi lettori che «quasi tutti i popoli dell’europa hanno, nella loro esistenza attuale, qualche cosa che deriva dalle conquiste del medio evo»60. segnalava quindi «l’interesse storico più generale di quanto non sembrino comportare i limiti di tempo e di luogo in cui [il tema] è cir- coscritto». la piramide sociale in ordini e classi, ben visibile negli stati moderni, era la secolare sedimentazione, il riflesso e la trasformazione dei conflitti di razza in lotta di classi, che aveva interessato tutti i popoli d’europa e che il lento lavorio del tempo aveva solo in parte scalfito61. la scelta di indagare proprio la conquista normanna era motivata dal fatto (così scriveva l’autore), che essa era stata l’ultima conquista territoriale avvenuta nella parte occidentale dell’europa. la conquista norman- na presentava quindi il vantaggio di potere essere indagata attraverso documenti e fonti più numerose, recenti ed attendibili rispetto a quelle relative alle grandi ondate di conquiste che nel v secolo d.c avevano smembrato l’impero romano.

sebbene montlosier o Boulanvilliers, per fare solo i nomi più noti, avessero sulla nozione di conquista costruito le proprie tesi, l’importanza della traccia da essa lasciata sugli stati europei era stata trascurata. a giu- dizio di thierry, gli storici condizionati dalle impressioni del presente, avevano faticato a scavare sotto la superficie dell’uniformità linguistica, della similarità di tradizioni e di costumi dagli stati faticosamente costru- ite. sfuggita a un’indagine storiografica dettagliata, la conquista restava un mistero ancora da svelare, le sue concrete modalità di attuazione rappresentavano un problema da spiegare. cosa significava davvero subire una conquista, con quali mezzi essa si manteneva, facendo ricorso a quali strumenti i vincitori si garantivano il dominio, a che prezzo e con quali sofferenze gli sconfitti conducevano la loro resistenza? era a queste domande che thierry intendeva rispondere. attento ai problemi di metodo, egli diffidava i lettori dal confondere storia politica e storia sociale: le date, che segnavano la fine di una conquista con l’ascesa al trono di un nuovo re, cancellavano o tralasciavano il fatto, di straordi- naria importanza, che la conquista non era mai un’azione repentina, essa portava con sé lotte lunghe ed estenuanti e raramente poteva dirsi com- piuta. l’esempio della «resurrezione della nazione greca» a cui thierry faceva riferimento – nel 1825 e i moti indipendentisti greci sono gli unici a cui arride il successo (anche grazie agli aiuti francesi) – prova- vano una volta di più, quanto ci si sbagliasse a considerare la storia dei

60 Ibidem, p. v.

61 B. massin, Lutte des classes, lutte des races, «autrement», série sciences en société, 1, Des

re coincidente con quella dei popoli: «il rimpianto patriottico soprav- vive ancora a lungo dopo che la speranza di sollevare l’antica patria è svanita»62 e i vinti non di rado davano prova di avere grandi risorse e notevole inventiva nell’individuare forme di resistenza ai vincitori.

che la conquista dovesse assumere la dignità di oggetto storiogra- fico e che la storia europea moderna, per essere compresa, andasse ad essa ricondotta era stata una ‘scoperta’ che thierry dichiarava d’aver compiuto leggendo la History of England di Hume. era stata la lettura del filosofo scozzese a far maturare in lui la convinzione che la storia andasse spiegata a partire dalla violenza e dai mali che seguivano, come ombre, la conquista; quella stessa lettura lo aveva convinto del fatto che le enormi spoliazioni e le sofferenze prolungate che alla conquista si accompagnavano restavano parte del patrimonio delle nazioni e ne chiarivano in larga misura gli sviluppi. intravisto al principio del 1817 tra le pagine della History of England, il grande problema della conquista sarebbe rimasto ancora per diverso tempo un problema da decifrare fin quando, inseguendolo nella storia inglese, thierry non si era imbattuto nella storia irlandese e grazie a questa ne era venuto a capo:

man mano che gli eventi particolari di questa storia si sviluppavano davanti ai miei occhi, una luce imprevista veniva a illuminare il gran problema alla cui soluzione tutte le mie ricerche tendevano: il problema della conquista nel corso del medio evo e dei suoi esiti sociali63.

era stato per il tramite dell’incontro con la vicenda irlandese che thierry aveva, per così dire, fissato il canone con il quale avrebbe costruito la sua propria storia. come avrebbe poi scritto nella prefa- zione ai Dix ans d’études historiques, il problema attorno a quale si stava cimentando si era per la prima volta illuminato incrociando i destini del popolo vinto d’irlanda:

il grande e triste spettacolo di cui l’infelice irlanda è da settecento anni teatro, fece apparire innanzi a me, in una forma in qualche modo drammatica, quel- lo che in maniera confusa intravedevo al fondo della storia delle monarchie europee64.

l’irlanda gli era apparsa allora, nel 1817, come «un vivente commen- tario che poneva la realtà a fronte delle mie congetture, e mi indicava la strada che dovevo seguire»65. all’incontro con la storia irlandese,

62 thierry, Histoire de la conquête de l’Angleterre par les Normands, i, p. vi. 63 thierry, Histoire de mes idées et de mes travaux historiques, pp. xi-xii. 64 Ibidem, p. xii.

momento fondamentale del suo percorso intellettuale, sarebbe seguito lo

studio di quella stessa storia irlandese, che avrebbe consentito a thierry

di toccare con mano i disastri che fino a quel momento aveva solo ipo- tizzato poter derivare dalla conquista:

l’impronta della conquista è, in effetti, marcata a ogni pagina degli annali del popolo irlandese; tutte le conseguenze di questo fatto originario, così difficili da riconoscere e da seguire nelle altre storie, si presentano in questa con una nitidezza ed un rilievo che balzano agli occhi66.

nella storia irlandese thierry distingueva con una chiarezza altrove assente gli elementi e le categorie con le quali costruire la sua inter- pretazione nazionale della storia di francia: l’‘antipatia’ fra le razze e il motivo della convivenza ostile e forzata delle due nazioni su di uno stesso territorio.

È là [in irlanda] che si mostra nel suo aspetto meno controverso e in forma per così dire palpabile ciò che altrove si può soltanto intuire: la lunga persistenza di due nazioni nemiche sul medesimo suolo, e la varietà delle lotte politiche, sociali, religiose derivanti, come da un fondo inesauribile, da tale originaria ostilità; l’antipatia delle razze sopravvive a tutte le rivoluzioni di costumi, di leggi, di linguaggio e si perpetua attraverso i secoli, in maniera sorda qualche volta, più spesso esplosiva, e che se ad intervalli cede alla simpatia che fa nasce- re la prossimità delle abitazioni e l’amore istntivo del paese, si risveglia in modo improvviso per separare di nuovo gli uomini in due campi nemici67.

in questa estesa ed emblematica citazione ritornano alcuni dei ter- mini chiave della storiografia di thierry, l’espressione «antipatia delle razze» e il motivo delle «due nazioni», impiegati nel cruciale 1820, immediatamente dopo la virata in senso ultraconservatore della monar- chia restaurata, per dare ragione di un problema radicalmente differente e inerente alla storia attuale di francia che svela le ragioni politiche e recondite del fascino esercitato dalla storia irlandese su thierry. Grazie a quegli elementi thierry avrebbe pensato in maniera nuova la genesi della francia moderna.