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Storia del soccorso extra-ospedaliero

Con l’avvento del Cristianesimo36

si ha una svolta nella storia dell’uomo, “ama il prossimo tuo come te stesso37”, dice la

Bibbia, aiutare il prossimo è il fine del buon cristiano. Colui che soffre non è solo il malato nel corpo ma anche il vecchio abbandonato, il povero, il pellegrino. Assisterlo è un’opera di misericordia da cui il credente non può esimersi.

Comincia a svilupparsi una cultura del "Soccorso" che resta ancora lontana dall’ambito sanitario e che non si basa su reali capacità organizzative ed assistenziali, ma sul senso di solidarietà tra cittadini e bisognosi.

Il concetto di “soccorso”, nell’accezione generale del termine, si sviluppa solo negli ultimi secoli. Sicuramente il termine “soccorso” è molto lontano dall’ambito della medicina che ci si accosta solo in ambito militare, dove morti e feriti, indistintamente, venivano sgomberati dai campi di battaglia e portati negli ospedali, prassi in uso già negli ospedali militari dell’Impero Romano.

Nel XIII secolo l’Arciconfraternita della Misericordia 38

di

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La religione rivelata da Gesù Cristo.

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Vangelo di Matteo; Mt 22,34-40.

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Le Confraternite sono Associazioni Cristiane fondate con lo scopo di aggregare i fedeli, esercitare opere di carità e di pietà ed incrementare il culto. Se ne fa menzione nel quindicesimo canone del concilio di Nantes nell’ anno 895; in Europa già nel quarto secolo; in Francia nell’ottavo secolo ed in Italia nel nono secolo. Ebbero grande sviluppo tra il quattordicesimo e diciottesimo secolo. In Toscana è presente la Misericordia già nel Medioevo; nel 1244 nasce la Misericordia di Firenze, la più antica d’Italia. (fonte www.confraternite.it 10/10/2017).

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Firenze utilizzava la zana39, specie di gerla dentro la quale si metteva l’infortunato e veniva poi trasportato a spalla. Successivamente troviamo il cataletto, costituito da due pertiche da sollevare a braccia, dentro cui veniva adagiato il malato.

Nel 1400 Isabella di Spagna40 istituì per il suo esercito delle formazioni sanitarie mobile chiamate “ambulancias”.

In origine il termine “ambulanza” era usato in ambito militare e indicava una formazione di personale sanitario, al seguito del proprio esercito, che interveniva a fine battaglia, caricando i feriti rimasti a terra su grandi carri trainati da cavalli per portarli negli ospedali. Dalle testimonianze che sono arrivate fino a noi sappiamo che proprio il viaggio, spesso molto lungo, fosse causa di grandissime sofferenze e anche della morte dei feriti. Le strade dissestate facevano riaprire ferite e complicavano le fratture, durante tutto il percorso non c’era nessun tipo di assistenza, inoltre l’assenza di attenzione all’igiene causava pericolose infezioni.

Nel 1792 il barone Dominique Jean Larrey 41 , chirurgo dell’esercito di Napoleone Bonaparte ideò “l’ambulanza volante”.

Il barone capì che il soccorso dei feriti in battaglia implicava tempi molto lunghi e questo causava un tasso di mortalità elevato, cercò quindi il modo di abbreviare i tempi di

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Cesta di forma leggermente ovale, poco profonda e fatta di sottili stecche d’ontano o d’altro legno intrecciate (fonte Treccani).

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Isabella, regina cattolica di Castiglia (1451 - 1504).

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Baudéan, Pirenei, 1766 – Lione 1842. È considerato il creatore della moderna chirurgia di guerra.

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ospedalizzazione. La sua ambulanza poteva trasportare due feriti, sdraiati supini fianco a fianco, su lettini, antenati delle più moderne barelle.

L’invenzione del barone di Larrey migliorò decisamente la percentuale di sopravvivenza dei feriti, sappiamo infatti che dal 1792 alla battaglia di Waterloo42 nel 1815, i soldati francesi morti furono circa due milioni e mezzo, di questi, solo 150.000 caddero sui campi di battaglia, tutti gli altri perirono negli ospedali da campo a seguito di infezioni o di stenti.

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Battaglia di Waterloo (18 giugno 1815).

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Foto da www.teknemedia.net (ottobre, 13, 2017) - museo storico del Castello di Miramare.

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Florence Nightingale44, considerata la madre della moderna professione infermieristica, sottolineò l’importanza di un efficace trasporto di un ferito con questa frase: “un trasporto soddisfacente di ammalati e feriti è il primo requisito per salvare la vita”.

Nel diciannovesimo secolo lo sviluppo delle ambulanze è ancora legato alle esigenze militari.

In Italia, durante la terza Guerra d’Indipendenza, nel 1866, cominciarono a diffondersi i carri ambulanza (carro armato appositamente modificato per poter trasportare i feriti sui campi di battaglia) grazie al medico Agostino Bertani45.

Con l’avvento delle automobili cambia il concetto di “distanza” e presto, anch’esse vengono utilizzate per il trasporto di feriti.

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Firenze, 15 maggio 1823 - Londra 13 agosto 1910. È generalmente considerata la fondatrice dell’assistenza ai malati nel senso moderno della parola.

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Patriota italiano (Milano 1812 - Roma 1886); si laureò in medicina e chirurgia all’università di Pavia. Fondò (1842) la Gazzetta Medica. Allo scoppio della rivolta delle Cinque Giornate si prodigò a favore dei patrioti e si lanciò nella politica, entrando in rapporto col Mazzini. Dopo l’armistizio Salasco, fu alla difesa di Roma (1849) direttore dei servizi sanitari, e, caduta Roma, passò a Genova, ove si distinse nell’epidemia colerica del 1854, mentre continuava la sua attività politica come mazziniano. Nella guerra del 1859, fu medico dei Cacciatori delle Alpi; tra gli organizzatori della spedizione dei Mille, si oppose all’annessione delle Due Sicilie prima della liberazione di Roma; raggiunse Garibaldi a Napoli ove coprì la carica di segretario generale, che lasciò poi al Crispi. Capo dell’estrema sinistra alla Camera, lottò sempre contro il governo. Nel 1866 seguì ancora Garibaldi nel Trentino, e, dopo la guerra, prese parte alla fondazione del giornale “La Riforma”, che caldeggiava riforme sociali. Avverso alla spedizione romana di Garibaldi (1867), non tralasciò però di prestarvi la sua opera come medico. Quando la sinistra salì al potere, rimase all’opposizione, contrario al "trasformismo" di Depretis. (vocabolario Treccani).

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La Seconda Guerra Mondiale accelera la diffusione di questi nuovi mezzi di trasporto, comprese le ambulanze, che migliorano ulteriormente le condizioni del trasporto dei feriti.

All’inizio degli anni ‘60 il livello assistenziale erogato dalle ambulanze era pressoché nullo, erano ancora viste principalmente come mezzi di trasporto, si cercava di ospedalizzare il più velocemente possibile i feriti ma non c’era assistenza.

Prima che esistesse il numero unico per le emergenze il servizio era "gestito" totalmente dalle Associazioni di Volontariato distribuite a macchia di leopardo su tutto il territorio.

La gestione del soccorso extra-ospedaliero nell’Italia degli anni ‘60 viene descritta perfettamente nell’articolo giornalistico pubblicato sul periodico Quattroruote nel marzo del 1965:

Al numero di telefono ufficiale del Comitato della Croce Rossa, il 22.275 in Via Po a Frosinone c’è un asilo infantile. Non è la prima sorpresa, attraverso un complesso giro, ci viene infine dato per buono il 20.702. Dall’altro capo del filo risponde il padre del dott. Lunghi, vicepresidente del Comitato, che come presidente ha un patrizio, il marchese Bisleti.

Riferiamo testualmente: la Croce Rossa dispone di

un’ambulanza vecchia di sei-sette anni; se qualcuno chiama l’asilo, gli danno il numero di mio figlio, che a sua volta telefona al segretario, il signor Alberto Bragaglia, al 20.897. È

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quest’ultimo che provvede ad avvertire, in caso di richiesta, l’autista, un pensionato che ha il telefono in casa e se esce fa sempre sapere dove è diretto. Il servizio procede così.

Da questa descrizione si evince tutta l’approssimazione che caratterizzava il servizio che non garantiva un’assistenza continuativa ed omogenea.

Il soccorso extra-ospedaliero è strettamente legato al progresso della medicina.

La svolta avviene negli Stati uniti proprio nella metà degli anni ‘60. Uno studio pubblicato dal Consiglio nazionale di Ricerca dell’Accademia Nazionale delle Scienze ha portato alla luce le carenze del sistema di trasporto sanitario extra-ospedaliero e soprattutto il consistente numero di vittime causato da questa gestione. Venne istituito l’Emergency Medical Service (EMS)46

, che assunse come simbolo la “star of life”, simbolo dell’emergenza.

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Star of life47

Nasce così in Nord America nel 1968 il 911, numero unico telefonico del soccorso.

Si creano le nuove professioni del soccorso: gli Emergency Medical Technicians, i Paramedici, e gli Emergency Medical Dispachers, i nostri operatori tecnici di C.O. 118. Con queste

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Simbolo internazionale di soccorso. Affondando nella lontana mitologia greca, ricordiamo che Asclepio appartiene a quella schiera di semidei (era il figlio di Apollo) che furono annientati dall’invidia e dall’ira di Giove. Nel nostro caso, il buon Asclepio si fece una discreta fama quale dispensatore di cure tanto che nel tempo la sua figura fu divinizzata. Si credeva fosse sufficiente dormire nei templi a lui dedicati, tra i quali il principale era quello di Epidauro nel Peloponneso, per ottenere delle guarigioni durante il sonno. Il dio, infatti, appariva in sogno e consigliava rimedi e cure. I Romani, che lo ribattezzarono Esculapio, ne adottarono il culto in occasione di un’epidemia nel 293 a.C. Esculapio era solitamente rappresentato in piedi, avvolto da un largo mantello e con un bastone in mano. Alla fine del bastone, stava arrotolato un serpente. Anche la tradizione ebraica riporta un simbolo simile: nella Bibbia, in Numeri 21:9 Mosè impugna un bastone con un serpente di rame sulla punta; esso aveva il potere di guarire chiunque, morso da un serpente velenoso, lo guardasse. È stato quindi naturale che, nei secoli successivi, il bastone ed il serpente diventassero simboli della medicina, si pensi anche al Caduceo, ovvero al bastone alato con due serpi attorcigliate ad esso, utilizzato in Italia quale simbolo dei farmacisti e negli Stati Uniti dai corpi sanitari militari. (da www.volontari.org / ottobre, 20, 2017).

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nuove figure professionali il soccorso sanitario fa un grande passo in avanti, l’emergenza extra-ospedaliera è riconosciuta come parte attiva e imprescindibile nella cura del paziente.

I 911 dispatchers non sono solo responsabili di ricevere chiamate di emergenza in arrivo ma devono anche dare priorità alle chiamate sulla natura dell’emergenza, fornire istruzioni su interventi medici di emergenza e inviare il personale di emergenza appropriato. Come se questo non fosse sufficiente, sono anche responsabili dell’aiutare i chiamanti a restare il più possibile tranquilli per fornire le informazioni.

Gestire situazioni di emergenza vuol dire anche fare la differenza tra la vita e la morte.

I compiti generali di lavoro di un dispatcher 911 includono:

 Interrogare i chiamanti per determinare la loro posizione e la natura dell’emergenza

 Ricezione di chiamate telefoniche in arrivo per quanto riguarda i servizi antincendio, di polizia e di emergenza medica

 Gestione delle risorse disponibili in situazioni di emergenza e maxi-emergenza

 Registrazione dei dettagli di tutte le chiamate, le missioni e le relative comunicazioni

 Recupero e inserimento di dati da reti di teletype e sistemi di dati computerizzati

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 Contattare e gestire le unità a disposizione sul territorio Questa rivoluzionaria gestione centralizzata, come abbiamo visto, in Italia arriva molto dopo con l’attivazione del numero unico 118.

È a questo punto che nasce anche da noi una nuova figura professionale, l’operatore tecnico del soccorso d’urgenza, in grado di comprendere sia le problematiche di carattere sanitario, sia di utilizzare sistemi informatici complessi, gestendo il tutto con tempistiche rigide e molto brevi.

Non c’è più il rischio di vedere arrivare più mezzi di soccorso per lo stesso evento. Tutti i mezzi di soccorso sono collegati via radio e/o telefono ad una C.O. 118 e rispondono direttamente a lei che ha sempre presente la situazione dei mezzi a disposizione. In questo modo viene inviato il mezzo più idoneo e più vicino all’evento. L’operatore, in caso di necessità, può mettersi in contratto con gli ospedali dell’area di sua competenza per gestire al meglio il servizio ed offrire all’utente una risposta il più completa possibile.

Nonostante il numero 118 sia attivo a livello nazionale ogni centrale operativa, inizialmente con competenza provinciale, ha delle proprie peculiarità date da leggi regionali, quindi, alcuni protocolli di gestione e/o intervento sono differenti.

39 Bologna Soccorso

Ripercorrendo la storia del “soccorso” fino alla nascita del numero unico 118 in Italia, non posso non citare la nascita di “Bologna Soccorso”.

L’attacco terroristico al treno Italicus, del 4 agosto 1974 mise più che mai in evidenza l’assoluta inadeguatezza del servizio extra- ospedaliero.

Il treno si fermò a San Benedetto Val di Sambro, in Emilia Romagna, ma i soccorsi arrivarono dalla Toscana.

A questo macroscopico errore seguirono anni di polemiche e di tentativi per centralizzare le chiamate di soccorso nel territorio bolognese. La prima volta che questo accade siamo già nell’aprile del 1978 quando per il deragliamento di un treno a Murazze di Vado (con 48 morti e 117 feriti) intervennero i mezzi del CePis48.

Sono i primi anni ‘80 quando nel territorio di Bologna si inizia ad affermare, non senza difficoltà e pregiudizi, il nuovo concetto di “soccorso”, inteso non unicamente come momento di trasporto, ma come l’insieme di diversi provvedimenti terapeutici e di

48 L’Amministrazione degli Ospedali di Bologna propose la nascita di un

Centro di Pronto Intervento Sanitario (Cepis), presso il nuovo Ospedale Maggiore. Il servizio si occupò inizialmente soprattutto del trasporto dei pazienti da un ospedale all’altro. Dal 1980 si chiamò "Bologna Soccorso" e al Maggiore funzionò la Centrale Operativa Unica per il Soccorso e il Trasporto. La copertura del servizio si estese a tutto il territorio provinciale e coinvolse tutte le realtà bolognesi del soccorso, dalle pubbliche Assistenze alla Croce Rossa. (vocabolario Treccani).

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osservazione, in grado di sostenere e mantenere l’equilibrio le funzioni vitali del paziente sino all’arrivo in ospedale.

Alle 10.25 del 2 agosto 1980, alla stazione di Bologna, un folle gesto terroristico provoca 85 morti e 291 feriti. L’ormai consolidata abitudine a lavorare insieme, fa sì che tutte le ambulanze, gli ospedali e gli enti di soccorso si rapportino con la centrale operativa. (il CePis).

Nasce così “Bologna Soccorso”.

Dobbiamo arrivare al 1 giugno 1990, in occasione dei campionati mondiali di calcio, per vedere attivato a Bologna, prima città in Italia, il 118 come numero telefonico unico di soccorso sanitario. Due anni dopo, il 27 marzo 1992, l’allora Presidente della Repubblica Francesco Cossiga firmò il decreto di istituzione delle centrali operative di allarme sanitario 118, riproponendo per intero il modello organizzativo sperimentato proprio a Bologna.

Passaggio dalla C.O. 118 di Lucca alla C.O.A.T.

Martedì 7 luglio 2014 la Giunta della Regione Toscana ha dato il via libera alla Centrale Unica del 118, con sede in Versilia.

La riorganizzazione delle centrali operative del 118, come previsto dalla normativa, prevedeva una graduale riduzione del numero delle centrali operative, da dodici a sei, per arrivare, entro il 2016, a tre centrali operative per tutta la Regione Toscana.

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Questo percorso non rispondeva ad una logica di risparmio, ma piuttosto ad un grande investimento per migliorare la qualità del servizio, la salute e la sicurezza dei cittadini toscani.

Nella fase di transizione, che si è conclusa alla fine del 2014, la riorganizzazione prevedeva due centrali operative per ogni area vasta: per l’area vasta Nord-Ovest sono Livorno e Viareggio; per l’area vasta del centro sono Pistoia e Firenze e per l’area vasta Sud-Est Siena ed Arezzo.

Nella fase transitoria, gli accorpamenti confermati sono: Area Vasta Nord-Ovest, la Centrale operativa 118 di Pisa è stata trasferita a quella di Livorno; quelle di Massa Carrara e Lucca sono state trasferite a Viareggio. Area Vasta Centro, la centrale operativa di Prato è già stata trasferita a Firenze dal febbraio 2014; quella di Empoli si è trasferita a Pistoia. Area Vasta Sud- est, la centrale operativa di Grosseto è stata trasferita a Siena. Le 6 centrali svolgono compiti misti, sia di emergenza-urgenza che di trasporto sanitario ordinario.

Nel passaggio successivo, quello definitivo, 3 centrali svolgeranno compiti di emergenza-urgenza, altre 3 compiti di trasporto sanitario ordinario.

Il piano di riorganizzazione definisce i requisiti di base, strutturali e tecnologici, delle 6 centrali operative previste dalla fase transitoria e fissa la dotazione organica minima.

L’assessore alla sanità Luigi Marroni illustrerà i dettagli e i tempi della riorganizzazione.

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della Versilia, al piano terra, accanto al blocco operatorio, accessibile da una porta blindata, con le finestre che si affacciano sulla piazzola per elisoccorso.

Nata nel giugno 2015, operativa il 01 dicembre 2015 con l’accorpamento tra la C.O. 118 di Versilia e quella di Massa Carrara, ed ha visto completarsi il suo iter di costituzione il 19 gennaio 2016 con l’accorpamento anche della C.O. di Lucca. La scelta del nome “Alta Toscana” è stata fatta per sottolineare che si tratta di una nuova realtà e non di una centrale che ne accorpa altre due, tenendo conto del fatto che questo nome accomuna sicuramente tutto il territorio di competenza.

È costata complessivamente 523.438,43 €, di cui circa l’85%, pari a 447.429,48 e finanziati direttamente dalla Regione Toscana.

Ha come competenza le provincie di Lucca e Massa Carrara. La Provincia di Lucca ha 380.237 abitanti, una superficie di 1.772,81 Kmq, suddivisa in 35 comuni.

La Provincia di Massa Carrara ha 197.722 abitanti, una superficie di 1.157 Kmq, suddivisa in 17 comuni.

Unica centrale in Toscana, in relazione al territorio di sua competenza, a dover potenzialmente gestire richieste di soccorso in montagna e in mare, d’intesa con il Soccorso Alpino e Speleologico Toscano e le Capitanerie di Porto; in più ha un flusso turistico di 4.730.775 presenze l’anno.

43 Storia del 112

In Europa l’uso del numero unico dell’emergenza 112 era già raccomandato dal CEPT49, ma la decisione di istituire un numero unico per tutto il vecchio continente risale al 29 luglio 1991 ed ora è in uso in quasi tutti i suoi Paesi.

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Conferenza europea delle amministrazioni delle Poste e delle Telecomunicazioni (in francese, conférence européenne des administrations des postes et des télécomunications), nata il 26 giugno 1959 in Francia per assolvere a compiti di coordinamento, uniformando norme procedurali e tecniche ed organizzazione in ambito europeo riguardo agli standard di telecomunicazione e ai servizi postali.

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L’EENA50

ha il compito di promuovere la conoscenza del 112. Nel 2004 l’UE decide che entro il 2008 il 112 doveva essere attivo in tutta l’Europa.

L’Italia è stata oggetto di procedimenti, con relativi sanzioni, per il non adeguamento al 112.

Nel 2008 solo il 22% della popolazione europea sapeva del largo utilizzo del 112. Allo scopo di aumentare la consapevolezza sul 112, nel 2009 la Commissione europea, il Parlamento europeo ed il Consiglio dell’UE hanno firmato una risoluzione che istituì l’11 febbraio la “Giornata europea del 112”.

Nel 2009 l’Italia aveva adottato il numero unico in via sperimentale in alcune zone del paese: il NUE venne integrato nelle province di Biella, Brindisi, Modena, Pistoia, Rimini e Salerno.

Le chiamate vengono instradate, divise in parti uguali (al 50%) tra le centrali operative dei carabinieri e della Polizia di Stato. Nel 2013 già il 27% dei cittadini europei conosceva l’uso del 112; in Italia solo il 5%.

Il 112 è attivo in tutti gli stati membri dell’UE con alcune particolarità: in Austria le chiamate vengono dirottate al numero 133 della polizia e in Italia il 112 è in funzione solo in alcune zone del paese.

Anche l’Italia avrà il NUE 112 (disegno di legge sotto il governo Renzi nel 2015). Per accorpare i servizi forniti oggi da 112, 113,

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115 e 118 sono stati stanziati 58 milioni di euro fino al 2024. Ma come funzionerà il 112 da noi? Saranno istituiti centri regionali di coordinamento sul modello di quello in sperimentazione nella Regione Lombardia, a cura dell’Azienda Regionale Emergenza e Urgenza (AREU).

Quando un utente chiama il NUE, l’operatore localizza la chiamata, identifica la problematica e, se necessario, attiva una teleconferenza per la traduzione multilingue, per poi smistarla all’ente competente (Carabinieri, Polizia di Stato, Vigili del Fuoco, soccorso sanitario).

14 febbraio 2017 – Attivo nella provincia di Genova il NUE 112; entro la primavera del 2018 è prevista l’attivazione del servizio in tutta la Regione Liguria.

Dopo la Lombardia e la città di Roma Capitale, la Liguria è tra le prime realtà italiane ad avviare il servizio condiviso a livello europeo.

Tra i vantaggi riscontrati dall’introduzione del NUE 112 c’è l’abbattimento del numero delle chiamate inappropriate (oltre il 50%) grazie ai filtri ed al corretto smistamento delle richieste pervenute.

L’Italia ha deciso di adeguarsi alle direttive europee istituendo dapprima un numero unico di emergenza in alcune province della regione Lombardia: l’Azienda Regionale Emergenza Urgenza (AREU) della Lombardia è stata individuata come l’ente incaricato di garantire l’operatività del NUE 112, finalizzato a

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ricevere le chiamate indirizzate ai numeri d’emergenza.

Il 21 giugno 2010 il NUE 112 è stato attivato, in via sperimentale, nella provincia lombarda di Varese con la

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