“Il cinese non è così disponibile ad impegnarsi per il futuro.” (Dott. Augusto Paolo
Scaglione)
In Asia, in generale, non accade quanto avviene in Europa ed in Italia in particolare, dove un dipendente generalmente svolge l’intera vita della sua attività lavorativa nella medesima azienda. Ad Hong Kong, ad esempio, il bonus viene pagato a febbraio, e già dai giorni successivi manager e personale locale cominciano ad inviare lettere di dimissione, in quanto attratti da pacchetti sempre più ricchi. “Non ci sono alternative: per trattenere
lavoratori e dirigenti qualificati e specializzati all’interno della propria azienda, l’unica soluzione risulta quella di offrire loro retribuzioni costantemente maggiori.” (Dott.
Massimiliano Toti) L’unica strategia vincente risulta il denaro, ovvero benefit, bonus, ma non solo.
Vi sono poi altre strategie generalmente attuate da un’impresa al fine di ridurre l’elevato tasso di turnover. Una tra le più diffuse, in particolare con riferimento al reclutamento di manodopera, consiste nella cosiddetta “leva geografica”, ovvero nella creazione di un ambiente di lavoro ad hoc per un determinato nucleo di individui già coesi. Nello specifico, molte aziende individuano un villaggio a nord della Cina, in zone particolarmente rurali, reclutando i suoi abitanti come forza lavoro all’interno della fabbrica. In tal senso, creano uno stabilimento nelle più industrializzate regioni a sud del Paese, all’interno del quale mogli e mariti lavorano. In assenza di strutture adeguate per ospitare figli ed anziani all’interno dell’area industriale selezionata, vengono realizzate scuole e centri ricreativi per accogliere gli stessi. Si edificano case per le famiglie dell’intero gruppo, giungendo dunque alla formazione di un vero e proprio microcosmo all’interno del quale l’intero nucleo si sente a suo agio. Gli abitanti del villaggio, nella maggior parte dei casi, non sentiranno quindi la necessità di abbandonare la nuova realtà alla ricerca di posizioni lavorative più remunerate, e anche in presenza di tale desiderio, risulterà difficile per loro realizzarlo.
Tale strategia può essere attuata senza particolari complicazioni anche da imprese di piccole o medie dimensioni, pur adottando alcuni accorgimenti. Per le PMI l’investimento risulta infatti maggiormente complicato, in quanto l’imprenditore deve essere in grado di seguire il processo dettagliatamente sin dalle origini, prestando particolare attenzione al
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layout del progetto, individuando la più adatta localizzazione per l’attività, gli operai e le famiglie, sia in termini di efficienza che di costi.
Suddetta modalità viene utilizzata ormai da diversi anni, soprattutto da imprese di medie e grandi dimensioni. Per le piccole, si riscontrano ancora numerose problematiche.
Altra strategia potrebbe essere infine quella di riuscire a creare un senso di appartenenza all’azienda, una cultura corporate nella quale il cinese si riconosca, alla quale si affezioni. Obiettivo raggiungibile ad esempio attraverso training one-to-one, missioni in Italia oppure attraverso corsi di specializzazione.
La necessità di management espatriato 5.11
Sulla base di quanto affermato nei paragrafi precedenti è possibile affermare che la via più ovvia per una PMI, sia per ragioni di dimensione che per limiti di risorse interne, in particolare finanziarie, risulta essere quella di ricorrere al reclutamento di personale locale, affidando a dipendenti e responsabili cinesi tutti gli incarichi di gestione e controllo dell’attività.
In base a quanto emerso dalla totalità delle interviste condotte, ricorrere al mercato del lavoro locale per ricoprire posizioni di alto profilo è uno degli errori più gravi che può commettere una PMI italiana in territorio cinese. Lasciare esclusivamente sotto il dominio di un partner o un manager cinesi, poco conosciuti, l’insieme di decisioni strategiche, produttive e operative e di responsabilità che l’imprenditore italiano in primis avrebbe dovuto controllare, è segnale di una profonda mancanza di interesse da parte di quest’ultimo nei confronti dell’attività estera.
L’imprenditore italiano, controllando solo a distanza tale attività e limitandosi spesso ad un paio di visite annue in territorio cinese, garantisce ampia discrezionalità ai propri dirigenti locali, che spesso autonomamente compiono scelte radicali per conto dell’azienda, quali il cambiamento di assetti societari della stessa, mutamenti produttivi e molto altro.
Sono particolarmente numerose le PMI italiane che, a causa di errori simili, hanno registrato perdite produttive e fallimenti. Una nota azienda di occhialeria del Bellunese, ad esempio, all’inizio del suo processo di internazionalizzazione nel Paese asiatico, ha preso la decisone di affidare ad un partner locale la gestione delle sue attività. A distanza di un anno, osservando l’andamento delle vendite che non sembrava decollare, venne presa la
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decisione dalla casa madre di intraprendere una visita di controllo in territorio cinese. Il partner cinese, nel corso dell’anno, aveva affinato le tecniche e le conoscenze specifiche per la costruzione di un occhiale di qualità ed aveva aperto un proprio stabilimento nella stessa area, producendo occhiali che venivano poi offerti al mercato cinese, con gran fatturato.
Questo e molti sono i casi di PMI che, in mancanza di una presenza italiana costante in loco, non sono riuscite ad internazionalizzarsi con successo.
Risulta perciò particolarmente importante per una PMI italiana in Cina, in particolare nella delicata fase di startup, affidarsi ad un proprio manager esperto e preparato, disposto ad assumere la qualifica di “espatriato”, che si trovi costantemente in loco, a monitorare giorno dopo giorno che l’andamento dell’attività si svolga conformemente al piano stabilito. Sebbene il suo costo risulti consistentemente superiore a quello di un dirigente cinese (anche il triplo o il quadruplo), i motivi validi per ricorrere a personale proveniente dalla casa madre sono svariati. Il manager espatriato risulta infatti più fedele ed affine mentalmente e culturalmente all’azienda, in grado di comunicare più rapidamente e chiaramente con la stessa, di comprenderne la mission ed il metodo di lavoro.
Un manager italiano per la gestione di un’attività in Cina non rappresenta un limite. “Vi
è un’ottima convivenza tra italiani e cinesi, l’importante è che si utilizzi un buon galateo e si porti rispetto alla controparte.” (Dott. Augusto Paolo Scaglione)
5.11.1 Qualità di un manager espatriato
Indipendentemente dal tipo di investimento estero adottato e dalla struttura del personale individuata, per un manager straniero è fondamentale conoscere le regole base di una corretta collaborazione e convivenza con partner e personale locale, ed aver ben chiaro il concetto di rispetto secondo la cultura cinese.
Per quanto riguarda la rete esterna, nel caso di JV con un partner cinese, esperto del mercato domestico, sarà poi lo stesso a fornire gli adeguati canali di fornitura e distributivi, e le giuste conoscenze utili al fine di muoversi agevolmente all’interno del Paese, in cambio di tecnologia e know-how produttivo messi a disposizione dall’imprenditore italiano.
Altra caratteristica fondamentale del manager espatriato è quella di possedere una mentalità aperta, globale. Secondo quanto riscontrato dagli intervistati, ciò che spesso manca alle PMI italiane è una infatti una mentalità più internazionale, “globalized”, che
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permetta loro di non farsi prendere da panico ingiustificato causato dalla sensazione di una profonda diversità culturale. L’espatriato ideale dovrebbe possedere una mentalità aperta, accogliere gli usi e costumi cinesi senza cercare di interpretarli o abbatterli e trovare un punto di incontro con il personale locale, facendo accettare loro piccole modifiche alle consolidate consuetudini, senza introdurre cambiamenti drastici. Spesso un tale comportamento agevola di molto la buona riuscita di attività in territorio asiatico.
Necessarie sono poi alcune caratteristiche fondamentali per un espatriato qualificato, tra le quali abilità linguistica (la conoscenza dell’inglese è necessaria, quella del cinese desiderabile), un’attitudine al dialogo quotidiano, un’evidente capacità di comprensione, di integrazione al contesto lavorativo locale e di connessione con la rete esterna, con fornitori, ambasciate, banche, in particolare per settori come food & beverage, fashion & luxory.
Un manager straniero deve poi essere consapevole che nella pratica alcune caratteristiche peculiari della cultura cinese hanno con il tempo, soprattutto in ambito lavorativo, lasciato spazio a nuovi e più “occidentali” atteggiamenti e stili di pensiero. Nella pratica, ad esempio, la collettività cinese ha perso col tempo la sua connotazione in ambito puramente lavorativo. L’evoluzione politica in Cina dalla rivoluzione di Mao del 1957 si è sviluppata infatti in modo oligarchico, e questo ne ha influenzato profondamente anche la cultura. A differenza della società nipponica, in cui il lavoro di squadra rappresenta spesso una necessità che deve tener presente ciascuna impresa nell’internazionalizzarsi e reclutare personale in Giappone, il collettivismo cinese è ad oggi soprattutto collettivismo di bandiera. Il popolo cinese risulta particolarmente coeso e fiero della “sua terra” e delle sue origini, ed un manager espatriato che si relaziona e gestisce personale locale deve risultare particolarmente attento a tale aspetto. Cina in mandarino significa “la mia terra”, il mio mondo. Per i cinesi la Cina rappresenta il mondo. Simbolicamente, la parola “Cina” corrisponde ad un quadrato, una sorta di “terra protetta” quindi da quattro mura. Questo concetto è particolarmente indicativo del loro modo di vedere il globo e la vita. Il cinese che è nel suo paese, nel suo territorio, è portato quindi a difenderlo per cultura, forte dell’aiuto dei suoi connazionali nel farlo. In ambito lavorativo, poi, spesso logiche economiche e di successo individuale stravolgono questa vecchia tradizione.
In conclusione, sulla base di quanto affrontato in questo paragrafo e nei capitoli precedenti, è possibile affermare che, sebbene profonda sia la diversità culturale tra Italia e Cina, disporre di management espatriato qualificato ed esperto di mercati internazionali può ridurre notevolmente le difficoltà causate da una tale distanza. Secondo la casistica,
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sono numerosi gli espatriati che lavorano in Cina, sono integrati e a loro agio. “Ormai la
Cina non è più quella di quindici anni fa. Essa è un Paese che spaventa per chi non lo conosce, ma spesso nasconde piacevoli sorprese. Disporre di manager espatriati esperti, curiosi e caratterizzati da un’elevata capacità di adattamento riduce notevolmente le difficoltà legate ad aspetti culturali diversi e problematici.” (Dott. Massimiliano Toti)