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STRATEGIE E PERFORMANCE AZIENDAL

66 3.1 Strategia dell’impresa e società

La differente prospettiva teorica che, riformulando il concetto di valore, ha progressivamente ampliato e ridefinito la stessa natura dell’impresa, porta in primo piano la valenza sociale dell’organizzazione e, pertanto, la funzione che l’impresa assolve nel più ampio sistema sociale di cui è parte. “Un’impresa, per le funzioni che è chiamata a svolgere, per le risorse che attinge dall’ambiente, per l’impatto che può esercitare sul clima sociale della comunità e, più in generale, sulla qualità della vita, non può essere più vista come un’iniziativa imprenditoriale rivolta soltanto alle finalità economiche dell’investitore proprietario.”82

L’azienda, al pari di qualsiasi altro soggetto che opera nella società, contribuisce a determinarne o frenarne la crescita economica e sociale e segue le linee di evoluzione del più vasto sistema sociale.

Pertanto, quando un’azienda decide di comportarsi in maniera responsabile, significa che ha fatto propria l’idea della CSR, arrivando a valorizzarla al punto di farla diventare l’anello di congiunzione tra diverse realtà: le istituzioni, la politica e la legislazione; la società e l’ambiente; il contesto economico; la stessa azienda. E’ ormai evidente che l’impresa, la politica e la legislazione, la salute, la cultura, i diritti umani e l’ambiente non rappresentano più ambiti distaccati, ma ognuno di essi diventa un soggetto, un interlocutore funzionale al raggiungimento degli obiettivi di ciascuno.

Sembra a questo punto chiaro che il futuro delle aziende dipenderà sempre di più dalle scelte che saranno in grado di implementare: diventerà inevitabile collegare il profitto e la redditività ad altri driver importanti come la tutela dell’ambiente, lo sviluppo del capitale intellettuale e dei comportamenti etici; la cosiddetta “coscienza” dell’impresa deve diventare una risorsa immateriale del bilancio.

Adottando politiche socialmente responsabili, l’azienda vincolerà, cioè, la propria competitività sempre più alla capacità di rispondere ai nuovi criteri di scelta di interlocutori e clienti consapevoli. Inoltre una condotta responsabile può generare benefici in diversi ambiti a partire dal clima aziendale nel quale viene favorita la

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motivazione, il dialogo e il coinvolgimento del personale con ricadute sulla produttività. Inoltre, un’impresa attenta alle esigenze del territorio e che contribuisce con iniziative concrete alla qualità della vita, viene percepita positivamente, rende migliore la sua reputazione e contribuisce alla fidelizzazione della clientela, accrescendo anche la propria autorevolezza.

“L’imprenditorialità costituisce un fondamentale polo dialettico della vita e del tessuto sociale ed economico … La collettività esprime infatti in modo sempre più deciso bisogni e attese che incidono sulla crescita del sistema aziendale, sulla concezione stessa di sviluppo e sulla sua sostenibilità intesa come crescita che avviene mantenendo in equilibrio le condizioni di sviluppo economico, di equità sociale e di rispetto dell’ambiente; in altri termini realizzando il cosiddetto equilibrio delle tre “E”: ecologia, equità, economia”83

Occorrerebbe, perciò, da parte delle imprese assumere una crescente consapevolezza dei processi economici, sociali e politici che si manifestano nella società in modo che ne possano tener conto nell’elaborazione delle proprie strategie: cioè, le questioni sociali e politiche non dovrebbero essere considerate estranee rispetto all’attività di business, bensì elementi fondamentali del proprio scenario strategico ed operativo.

Gli studiosi Michael Porter e Mark Kramer nel 2007 sulla rivista “Harvard Business Review” hanno pubblicato un importante contributo che apporta una nuova visione del rapporto tra il business e la società basato sull’idea innovativa della “integrazione socialedell’impresa”.

In sostanza, gli autori affermano che nessun’azienda è un’entità a sé stante: il suo successo è influenzato dai servizi di supporto e dalle infrastrutture che la circondano. “Le grandi imprese di successo hanno bisogno di una società sana. L’istruzione, l’assistenza sanitaria e le pari opportunità sono essenziali per una forza lavoro produttiva. Le condizioni lavorative e la sicurezza dei prodotti non solo attraggono clienti, ma riducono i costi interni dovuti agli incidenti. L’utilizzo efficiente di suolo, acqua, energia e altre risorse naturali accresce la produttività delle imprese. Il buongoverno, il principio di legalità e i diritti di proprietà sono essenziali ai fini dell’efficienza e dell’innovazione. Severi standard legislativi proteggono dallo

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sfruttamento non solo i consumatori, ma anche le aziende competitive. In defi-nitiva, una società sana dà luogo a una domanda crescente di business, man mano che un maggior numero di bisogni viene soddisfatto e che le aspirazioni crescono. Qualunque impresa persegua i propri fini a spese della società in cui opera scoprirà che il successo di cui gode è illusorio e, in fin dei conti, temporaneo. Allo stesso tempo, una società sana ha bisogno di imprese di successo. Nessuna iniziativa sociale può eguagliare il settore del business quando si tratta di creare i posti di lavoro, la ricchezza e l’innovazione che migliorano progressivamente lo standard di vita.”84

Pertanto, da una prospettiva strategica, la Corporate Social Responsibility può diventare la fonte di un forte progresso sociale: un’impresa, nella logica che gli anglosassoni chiamano win-win (che prevede che in una situazione di competizione fra parti avverse conviene darsi delle regole e rispettarle), ottimizza i processi di produzione, evolvendo insieme agli altri attori della catena del valore e, quindi, si dimostra competitiva quando lo è in maniera coerente rispetto alle dinamiche del territorio del quale è parte.

Gli stessi Porter e Kramer nel 2011 elaboravano il concetto di Shared Value che esplora il legame tra sistema economico e società. Tale approccio si fonda sul presupposto che, alla luce della crisi economico finanziaria, le imprese devono creare “valore condiviso”, ovvero valore economico in modalità tale da generare contemporaneamente valore per l’azienda ma anche per la società, rispondendo a un tempo alle necessità dell’azienda e alle esigenze di tipo sociale.85

D’altra parte, la creazione di valore condiviso è anche funzionale alla profittabilità e alla posizione competitiva dell’azienda dato che, nel creare valore sociale, sfrutta le risorse e l’expertise specifico dell’azienda e quindi crea al tempo stesso valore economico. Quindi, le esigenze sociali da soddisfare dovrebbero divenire parte della proposizione dei valori dell’impresa e la decisione dell’azione sociale da intraprendere, e che deve arrecare beneficio sia all’impresa che alla società, dovrebbe essere formulata in base ad un processo decisionale che impieghi gli stessi strumenti a cui l’impresa abitualmente ricorre per la formulazione della strategia competitiva.

“Le azioni sociali intraprese dall’impresa sono tratte dalla sua agenda sociale, che è il piano delle opportunità sociali, costruito sulla base di strumenti di formulazione

84Porter M. E., Kramer M.R., (2007). 85 Porter M.E.,Kramer M.R. (2011) .

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strategica, che contiene iniziative sociali non generiche, ma che ottimizzano contestualmente progresso sociale e performance d’impresa. Ne consegue che la responsabilizzazione dell’impresa su questioni sociali trova ragione economica proprio nell’interdipendenza tra impresa e società.”86

Nel creare valore condiviso il ruolo dell’impresa rimane quello di un istituto economico che, radicandosi profondamente nel territorio, investe in benessere sociale e si aspetta di accrescere i profitti in un arco temporale di lungo respiro.

Nell’ottica di tale approccio si parla, pertanto, di espansione del valore economico e sociale: per raggiungere il profitto, che rimane obiettivo dell’impresa, questa deve, cioè, realizzare il progresso sociale.

Sciarelli (2005) sostiene che “per l’impresa la responsabilità sociale non può essere considerata un fatto nuovo perché il raggiungimento di scopi è già implicito nella finalità economica di creazione e diffusione del valore. Quello che è nuovo è senz’altro l’allargamento di questa responsabilità sociale sul piano più propriamente comunitario e, quindi, una diversa proporzione secondo cui il valore creato tende ad essere distribuito tra gli stakeholder primari e secondari. Maggiore attenzione ai bisogni della comunità e crescita del senso morale nell’organizzazione non possono che concorrere ad esaltare il ruolo sociale che l’impresa ha comunque sempre rivestito.”87

Si deve riconoscere, a tal proposito, che, negli ultimi tempi, è aumentata in modo significativo la sensibilità delle aziende verso le problematiche etiche e sociali: la consapevolezza di esser parte di una comunità, l’importanza di meritare la fiducia del consumatore, l’attenzione alla qualità del prodotto, la salute e la sicurezza delle condizioni di lavoro, la tutela del patrimonio artistico e ambientale hanno concorso a valorizzare il concetto di responsabilità sociale e a ricercare un modello di mercato che possa essere, allo stesso tempo, più equo ed efficace.

La CSR è, pertanto, da considerarsi quale opportunità e punto di partenza per costruire interazioni collaborative e partnership tra soggetti pubblici e privati secondo i principi di sussidiarietà e co-responsabilità.

86 Gallinaro S. (2012).

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E, quindi, accanto alla definizione dei valori guida aziendali, sta diventando centrale e necessario il processo di pianificazione strategica. I presupposti per l’elaborazione di una strategia efficiente dovrebbe essere l’analisi dell’ambiente esterno ed interno all’azienda (risorse tangibili, intangibili, competenze e routine organizzative).

La pianificazione aziendale è, perciò, il processo attraverso il quale viene formalizzata la strategia, il piano operativo che definisce gli obiettivi e le azioni idonee a conseguirli. L’interpretazione dell’impresa in chiave multistakeholder, come abbiamo già sottolineato, necessita di una produzione di risultati che siano economici, ma anche sociali e competitivi per rispondere alle attese dei vari portatori d’interesse.

Porter e Kramer (2007, 2011), affrontando la questione, basano il loro punto di vista sulla totale integrazione tra strategia imprenditoriale e strategia sociale e arrivano a dire che la manifestazione della responsabilità può essere direttamente connessa e funzionale all’aumento dell’efficienza e dell’efficacia.

I motivi che spingono le aziende ad impegnarsi nella CSR spesso, però, pongono l’accento sulla tensione tra business e società, invece che sulla loro interdipendenza: occorre, invece, cercare i punti di intersezione per costruire una CSR strategica e non puramente reattiva. Secondo Porter (2007), bisogna iniziare a pensare in termini di integrazione sociale dell’impresa.

L’impresa dovrebbe, infatti, partire dal reale contesto socio-ambientale in cui opera e dalle pressioni che su di essa esercitano i diversi stakeholder: le responsabilità, le scelte sociali devono conseguire ad effettive relazioni fiduciarie verso una pluralità di portatori d’interesse.

In un modello di governance allargata la Corporate Social Responsibility diventa una modalità per trasformare le richieste della società civile in asset del proprio business e cioè in strategie, prodotti e relazioni oltre che in credibilità e reputazione.

La CSR come gestione strategica dell’impresa in chiave multistakeholder dovrebbe essere innanzitutto un processo volontario di autoregolamentazione che, attraverso i valori e la missione aziendale, possa darsi degli obiettivi che prevedono di contemperare gli interessi degli azionisti con quelli degli altri interlocutori dell’azienda.

Questa relazionalità inclusiva di tutti gli interessi coinvolti, valida per tutte le organizzazioni e comportante l’adozione del principio di responsabilità come guida per le scelte e le azioni sta diventando condizione essenziale e necessaria per

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l’organizzazione; d’altra parte, l’incapacità di prevedere e identificare le richieste anche implicite dei vari portatori di interesse può comportare significative ripercussioni sulla reputazione dell’impresa e sulle sue potenzialità di sviluppo.

L’azienda, nell’ottica di membro di una comunità, dovrebbe diventare responsabile anche delle conseguenze sociali del suo comportamento: non è, infatti, sufficiente agire per raggiungere il proprio scopo sociale se questa azione non è accompagnata dalla capacità di “rispondere” anche rispetto a come viene perseguito lo scopo.

E’ chiaro che occorre la disponibilità ad essere “accountable”, a dare, cioè, conto in maniera trasparente, completa e veritiera di cosa si sta facendo per rispettare gli impegni presi con i portatori d’interesse.

Questa consapevolezza non è solo un nuovo approccio della teoria dell’impresa, ma una scelta e una pratica che l’impresa può adottare e concretizzare con numerosi strumenti. Ne conseguiranno strategie volte a policy organizzative che devono comprendere la comunicazione e la rendicontazione dei prodotti e dei risultati aziendali nella prospettiva di aumentare il valore (come credibilità e reputazione) dell’azienda con il consolidamento positivo delle relazioni in un’ottica di vantaggio reciproco.

Negli ultimi anni sempre più spesso le aziende adottano nella loro gestione lo stakeholder management che consiste nel gestire le scelte aziendali tenendo conto delle richieste reali e/o potenziali degli stakeholder.

Fondamentale diventa, pertanto, ascoltare le diverse aspettative e tenerne conto nell’implementazione del business aziendale per modellare e migliorare continuamente il profilo dell’impresa: in tal modo la CSR “risulta essere non un elemento addizionale, ma il cuore stesso della gestione strategica di ogni organizzazione. … Emergono chiaramente quelli che dovrebbero essere considerati i tratti distintivi di un sistema di gestione ai fini della responsabilità sociale dell’impresa: un sistema gestionale che considera le relazioni dell’impresa con tutti i suoi stakeholder in un’ottica di bilanciamento equo delle loro aspettative legittime; finalizzato a minimizzare i rischi etici e massimizzare la fiducia degli stakeholder stessi e la reputazione dell’impresa”.88

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Comunque, ciò che caratterizza l’approccio alla CSR è l’integrazione delle tematiche di responsabilità sociale nelle linee strategiche e di crescita tanto nelle grandi imprese multinazionali quanto nelle medie, fino alle piccole o piccolissime imprese.

Seguendo la prospettiva Triple Bottom Line, il mondo delle imprese che volontariamente decide di assumere comportamenti socialmente responsabili, dovrà legare gli obiettivi dell’economia e del profitto ad una crescita sociale equa e compatibile, rispettosa della collettività e dell’ambiente.

E’, infatti, sempre all’interno del concetto di sviluppo sostenibile che va ricondotta la responsabilità sociale d’impresa: in altri termini, la crescita delle imprese e dell’intero sistema economico deve basarsi su condizioni di equilibrio sociale, economico e ambientale.

Il problema è, pertanto, ridefinire le logiche di fondo di un nuovo e più articolato sistema di pianificazione e di controllo che fornisca “una prospettiva utile da cui guardare a un sistema di gestione ai fini della responsabilità sociale in un approccio top- down, vale a dire d’insieme dei diversi sistemi di gestione (Qualità, Ambiente, Sicurezza, ecc.) con la sovrapposizione del bilanciamento degli interessi e delle aspettative degli stakeholder”(Baldin, 2005).

Il 10 giugno 2009, in occasione dell’annuale conferenza europea sulla CSR, il Presidente della Commissione europea Barroso dichiarava “a new culture of ethics and responsibility is essential not just to restore the brand image of particolar enterprises but to restore people’s faith in the market economy itself. People still want markets, but they want markets with a conscience”.

73 3.2 Gli strumenti per una gestione responsabile: dal Codice Etico al Bilancio Sociale.

La responsabilità sociale implica, come detto, un nuovo ruolo dell’impresa nella società e un nuovo approccio strategico, basato su una visione relazionale dell’azienda con i suoi stakeholder. Ogni organizzazione è ormai parte di un sistema, di un network da cui trae le ragioni e le risorse per la propria esistenza e il proprio sviluppo e ciò è valido anche per la realtà politico-istituzionale, per la Pubblica Amministrazione e per il Terzo Settore.

“L’esperienza dei bilanci partecipati, le nuove forme di accountability e di coinvolgimento dei cittadini ( dai Forum per la realizzazione delle Agende 21 locali, ai bilanci sociali, ambientali o di sostenibilità applicati agli enti pubblici, ai Tavoli per la pianificazione strategica territoriale, ai differenti modelli concertativi), costituiscono indicazioni chiare della centralità delle relazioni come nuovo asset strategico per il successo e la sopravvivenza duratura delle organizzazioni” (Perrini, Tencati, 2008). A tal fine la responsabilità sociale non può essere semplicemente intesa come elemento aggiuntivo nelle politiche aziendali, né come pura filantropia e non deve neanche essere considerata ambito residuale dell’attività d’impresa quanto piuttosto riconnessa alla diffusione di una crescente sensibilità sociale nella collettività.

Le relazioni con i propri stakeholder improntate a fiducia, collaborazione, trasparenza e correttezza diventano funzionali alla sostenibilità dell’intero network organizzativo e necessarie per affrontare le mutate condizioni dei mercati.

Negli ultimi tempi ci si sta rendendo conto, insomma, che l’obiettivo finale di un’impresa deve essere quello di creare valore all’interno di una rete di rapporti con i diversi portatori d’interesse; tale valore, però, deve discendere da processi, comportamenti, pratiche che assicurino sostenibilità e che, quindi, creano valore sostenibile.

L’impresa sostenibile deve essere orientata certamente al perseguimento di risultati economici, senza perdere, però, di vista il contesto ambientale e sociale in cui opera, tenendo in considerazione le aspettative dei portatori d’interesse da cui dipende e che

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influenza con la propria attività; deve, inoltre,tutelare e, possibilmente, accrescere il valore dei capitali che gestisce (sociale, ambientale ed economico).

I vertici aziendali devono, in altri termini, integrare la responsabilità sociale nella funzione obiettivo dell’impresa e, a tal fine, Vittorio Coda (2005, in Sacconi, a cura di, p.185) ritiene utile tracciare una sorta di processo di crescita culturale per il management che intenda muoversi in questa direzione. I passaggi essenziali di tale processo consistono nel portarsi da una prospettiva statica ad una dinamica coinvolgendo i dipendenti e sollecitandone la collaborazione, prendendo in considerazione il “valore cliente” e la sua soddisfazione e considerando entrambi questi aspetti le basi per la creazione di valore azionario durevole.

“Fare della triangolazione valore per i clienti – valorizzazione dei dipendenti – valore azionario il fulcro di una funzione obiettivo suscettibile di aprirsi progressivamente, integrando ulteriori responsabilità nel sistema del valore allargato, man mano che l’inventiva imprenditoriale trova vie e modi per fare della responsabilità sociale ed ambientale una fonte di vantaggio competitivo, così come auspicato nel Libro Verde della Commissione Europea del luglio 2001” (Coda 2005, p. 186).

Il Management System deve, pertanto, essere in grado di prospettare un modello di gestione capace di includere dei tratti distintivi ai fini della CSR.

I modelli di gestione si sono sviluppati nella seconda metà del ‘900, ma a quel tempo avevano come scopo la conformità dei prodotti a particolari requisiti; solo in seguito hanno perseguito come obiettivo la soddisfazione dei clienti attraverso modelli organizzativi quali le Iso 9000, norme codificate nel 1987 dall’Organizzazione Internazionale di Standardizzazione di Londra con l’intento di creare un Sistema Qualità di valenza generale.

“ Oggi, a causa di un generale miglioramento delle conoscenze e della competizione, i consumatori sono molto preparati ed esigenti. Le modalità di interazione con i clienti degli impiegati amministrativi, dei venditori, del personale di contatto e di servizio influisce sulla reputazione aziendale e sui risultati finanziari. I dipendenti devono conoscere bene il sistema di prodotto e servizio e devono avere ben chiare le decisioni che possono prendere nel trattare con un cliente. Per competere tanto a livello locale quanto in un business globale, le aziende devono fornire un prodotto o un servizio di

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qualità. Se non riescono ad adeguarsi agli standard, la loro capacità commerciale con i rivenditori, i distributori e i clienti finali sarà limitata.”89

Nel 1994 le norme ISO sono state revisionate, pubblicate e recepite dal Comitato Europeo di Normazione (CEN) con la denominazione EN ISO 9000 che è finalizzata verso la Qualità totale. L’ISO 9000 è diventata un riferimento internazionale per la “gestione della qualità” nei rapporti business to business, che mira all’ottemperamento dei requisiti di qualità del cliente, dei requisiti di legge, della soddisfazione del cliente e del miglioramento continuo delle prestazioni aziendali rispetto a questi obiettivi. L’ISO 9000:2000 è diventato il riferimento per la certificazione della qualità in quasi 100 Paesi, tra cui Austria, Svizzera, Norvegia, Australia, Giappone e può essere applicato ai più svariati settori, come quello dell’elettronica, della stampa, dell’assistenza legale, finanziaria ecc.

Col passare degli anni i sistemi gestionali si sono evoluti e si sono orientati a soddisfare gli interessi di altri gruppi di stakeholder.

Le norme della serie ISO 14000, ad esempio, forniscono alle organizzazioni strumenti per tenere sotto controllo il loro impatto ambientale ed indicano le modalità per migliorare le prestazioni, gestire le attività e perseguire obiettivi volontariamente determinati.

Caratteristica dei requisiti ISO 14000 è, appunto, la loro natura volontaria: non esiste alcuna norma di legge che obblighi al loro utilizzo. La direzione dell’impresa può decidere autonomamente di applicare i requisiti ISO 14000 per cercare maggiore efficienza nei processi produttivi, per venire incontro a richieste della comunità civile, semplicemente per l’assunzione di comportamenti responsabili.

Il gruppo di norme ISO 14000 propone tre tipologie di strumenti per la sua attuazione: LCA (Life Cycle Assessment), EPE (Environmental Performance Evaluation) e Environmental Labelling.

Nel 1999 il British Standards Institution divulgaava la normativa OHSAS che indica Occupational Health and Safety Assessment series e che gestisce la sicurezza e la salute

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