modo significativo ad una condizione di sovrappeso/obesi- tà (BMI > 85° percentile) all’età di 6-7 anni. Si è concluso dunque che i bambini con un BMI elevato a quell’età ave- vano un rischio aumentato di presentare dispnea e iperreat- tività bronchiale all’età di 8 anni 8. tuttavia, nell’editoriale
che accompagna lo studio è stato nuovamente enfatizzato come la dispnea nei bambini sovrappeso non possa essere considerata asma nella totalità dei casi 9.
Il fallimento nel dimostrare correlazioni significative tra BMI e wheezing, tra BMI e prescrizione di corticosteroidi inala- tori e tra BMI e dispnea potrebbe supportare l’ipotesi che la dispnea fosse primariamente causata da fattori diversi dall’asma 8 9.
Un altro studio di follow-up a lungo termine post-bronchioliti non ha rilevato alcun incremento del rischio di iperreattività bronchiale, valutata mediante test da sforzo, nei bambini so- vrappeso 10. Inoltre, in due precedenti studi non si è osserva-
to alcun incremento di prevalenza di iperreattività bronchia- le nei bambini con alto BMI. In una larga coorte di bambini israeliani, i soggetti obesi presentavano più frequentemente wheezing e diagnosi di asma da parte del medico e utilizza- vano di più farmaci inalatori rispetto ai bambini non obesi. tuttavia, l’iperreattività bronchiale si è dimostrata significa- tivamente maggiore nei bambini non obesi rispetto a quelli obesi. I risultati ottenuti nello studio CAM hanno associato più alti valori di BMI con più bassi parametri di funzionalità polmonare ma non con iperreattività bronchiale 11.
tutti questi elementi portano a considerare che i pazienti asmatici obesi possono presentare difficoltà nel recupero della normale funzione polmonare e che questo possa deter- minare una limitazione nella loro partecipazione ad attività fisiche e sportive in genere.
La dispnea durante l’esercizio in pazienti obesi non dovreb- be quindi essere sempre considerata come una manifestazio- ne di EIB, ma dovrebbe essere posta in diagnosi differenzia- le con altre cause di EID, tra le quali la normale fisiologica limitazione nell’esercizio, la disfunzione delle corde vocali, la laringomalacia indotta dall’esercizio fisico e la sindrome da iperventilazione 1-3. La diminuzione dell’esercizio fisico,
elemento comune nei bambini obesi con uno stile di vita sedentario, è uno delle cause più frequenti di EID, particolar- mente nei bambini in età scolare che non soffrono d’asma, sebbene per alcuni di essi venga fatta spesso erroneamente diagnosi d’asma.
Le persone sovrappeso tendono maggiormente a sviluppa- re EID in quanto le loro caratteristiche fisiche determinano un’alterazione della responsività bronchiale e dei meccani- smi polmonari. L’obesità inoltre influenza la percezione dei sintomi dell’asma e ne modifica la gravità attraverso elemen- ti di comorbidità associati come il reflusso gastro-esofageo, le apnee notturne ostruttive del sonno e la sindrome ipoven- tilatoria tipica dell’obesità 12.
I dati epidemiologici ricavati da Glazebrook et al. hanno mostrato che la maggior parte dei bambini con asma grave sono obesi e sono molto meno attivi rispetto ai bambini ap- partenenti al gruppo di controllo 13.
Sebbene l’obesità non sembri essere di per sé un fattore di rischio per ostruzione bronchiale, i pazienti obesi han- no un rischio aumentato di sviluppare dispnea, e spesso i
bambini obesi asmatici richiedono un maggior utilizzo di broncodilatatori 14. Quindi, l’obesità e l’asma sono spesso
considerate dai bambini e dai loro genitori come un impedi- mento all’attività fisica che viene quindi ridotta, e questo può essere correlato alle difficoltà organizzative, a una scorretta valutazione dei sintomi, alle convinzioni della famiglia e a comportamenti inappropriati. La scuola potrebbe essere par- zialmente responsabile di questo dal momento che spesso non incoraggia i bambini a partecipare all’attività fisica. Gli insegnanti inoltre non sono messi a conoscenza delle carat- teristiche dei farmaci per l’asma e di cosa questi bambini abbiano bisogno prima di affrontare uno sforzo fisico per prevenire un attacco acuto 15.
Inoltre i benefici che si ottengono dall’attività sportiva non sono solamente fisici: essa migliora la salute mentale, incre- mentando la stima di sé stessi, le capacità sociali el’immagi- ne corporea 16. Questo potrebbe essere particolarmente ri-
levante per i pazienti asmatici e sovrappeso che potrebbero essere limitati da entrambe queste due condizioni nella pra- tica dell’attività fisica. È stato bene dimostrato che l’eccesso di peso corporeo è associato ad una perdita della qualità di vita nei bambini con asma 17. Al contrario, la perdita di
peso associata ad una ridotta ostruzione delle vie respira- torie migliora il PEF nei pazienti obesi con asma. È stato rilevato inoltre un miglioramento nei meccanismi polmonari e un miglior controllo del broncospasmo 18.
In conclusione, l’attività fisica dovrebbe diventare parte inte- grante delle strategie terapeutiche dell’asma e dell’obesità, qualora siano presenti insieme o separatamente. Il bronco- spasmo vero, indotto dall’attività fisica, dovrebbe essere ri- conosciuto con strumenti diagnostici specifici e diventare un segno di scarso controllo terapeutico, non un pretesto per diminuire l’esercizio fisico, soprattutto nei bambini asmatici e obesi.
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Artrite Cronica Giovanile: novità terapeutiche
A. Plebani, M. Cattalini
Clinica Pediatrica, Università degli Studi di Brescia
Secondo la più recente definizione ILAR (International Lea- gue of Associations for Rheumatology) l’Artrite Idiopatica Giovanile (AIG) si definisce come qualsiasi forma di “artrite ad eziologia ignota che esordisce sotto i 16 anni di vita e dura più di sei settimane, una volta escluse tutte la altre for- me note di artrite”. Dalla definizione si evince come spesso il compito più arduo per il pediatra reumatologo sia proprio la diagnosi iniziale di AIG, dato che in alcuni casi la diagnosi differenziale puó essere molto ampia.
L’AIG è una delle malattie croniche piú frequenti dell’etá pediatrica, con una prevalenza stimata di 1:1000. La ma- lattia, sebbene tipica dell’etá pediatrica, può persistere fino all’etá adulta con un consistente carico di morbiditá a lungo termine, tra cui disabilitá permanenti, secondarie all’attivitá infiammatoria persistente, ma anche agli effetti collaterali di terapie croniche. Questa malattia inoltre si può presentare con molteplici manifestazioni cliniche. Sempre secondo la piú recente classificazione ILAR esistono 6 diverse categorie di AIG: artrite ad esordio sistemico, artrite oligoarticolare persistente ed estesa, artrite poliarticolare FR+ e FR-, artrite psoriasica, artrite con entesite, artrite indifferenziata. ogni forma presenta caratteristiche cliniche specifiche che richie- dono differenti strategie terapeutiche.
numerose caratteristiche della malattia hanno reso difficile l’esecuzione di studi clinici che potessero stabilire in manie- ra inequivocabile il corretto approccio terapeutico all’AIG. Una di queste difficoltà è appunto l’eterogeneitá clinica dell’AIG; a questa si aggiungono alcune peculiaritá dell’etá pediatrica: 1. la necessitá di adeguate modalitá di sommi- nistrazione dei farmaci per ottenere una buona compliance;
2. la numerositá relativamente esigua della popolazione di bambini con AIG; 3. la difficoltá, dal punto di vista etico di condurre uno studio che preveda la somminstrazione di pla- cebo; 5. la mancanza di chiari criteri di attivitá di malattia ed una definizione condivisa di remissione. Proprio per tutta questa serie di difficoltá fino a circa 15 anni or-sono gli unici approcci terapeutici all’AIG erano mutuati dal trattamento dell’adulto, con posologia adeguata al peso e basata su osservazioni aneddotiche sulla reale efficacia. Alcuni eventi hanno peró radicalente mutato l’approccio scientifico alla terapia dell’AIG:
- La messa in atto da parte dell’FDA nel 1999 di una di- sposizione, ratificata anche successivamente dall’EMEA, a favore della pediatria che consente alle ditte farmaceu- tiche di prolungare il periodi di brevetto di una molecola se vengono effettuate sperimentazioni anche sulla popo- lazione pediatrica, che ha dato grande impulso alle ditte farmaceutiche per lo sviluppo di terapie pediatriche - La crezione di network pediatrici, principalmente i
PRCSG (Pediatric Rheumatology Collaborative Study Group) e PRInto (Pediatric Rheumatology INternational Trials Organization), che hanno permesso la conduzione di studi multicentrici, con conseguente reclutamento di grandi casistiche di bambini con AIG
- L’elaborazione di strumenti standardizzati e validati per la verifica della reale efficacia dei farmaci
- Lo sviluppo di un disegno di studio, il “withdrawal study design” che riduce il periodo di somministrazione di pla- cebo, rendendo piú facilmente approcciabili dal punto di vista etico studi farmacologici.
tali progressi si sono verificati in contemporanea con lo svi- luppo di una nuova tipologia di farmaci, i cosiddetti farmaci biologici. L’impatto di tali terapie è stato così profondo che
Venerdì 12 aprile 2013 • 09,30-11,00
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