• Non ci sono risultati.

65

Anche per il punteggio totale della DAS, M.111,1 (Ds 16,13), la media del nostro campione non si discosta significativamente da quella normativa della popolazione di riferimento.

Per quanto riguarda l’analisi delle differenze tra sottogruppi, si sono riscontrate differenze nei punteggi medi del carico assistenziale, ed in particolare una differenza statisticamente significativa nella sottoscala burden emotivo della CBI, dove si sono riscontrati punteggi mediamente maggiori nei genitori dei bambini con PCI (

z =

66

Per quanto riguarda le correlazioni, è stata riscontrata una correlazione negativa tra la sottoscala Bambino Difficile (DC) e la sottoscala Invischiamento del FACES IV (

r

s = – 0.66; p < 0.05). Una ulteriore correlazione negativa si riscontra sempre nella sottoscala Bambino Difficile (DC) e la sottoscala Flessibilità del FACES IV (

r

s = – 0.69; p < 0.05).

Per quanto concerne la sottoscala Percezione del ruolo genitoriale (PD) è presente una correlazione positiva con la sottoscala Invischiamento del FACES IV (

r

s = 0.69; p < 0.05) (tab. 2)

67

Numerose correlazioni sono emerse tra la sottoscala Soddisfazione del FACES IV e le diverse sottoscale della DAS: con valori di

r

s= 0.70 e p < 0.05 per la sottoscala Soddisfazione diadica e valori di

r

s= 0.71 e p < 0.05 sia per la sottoscala Coesione diadica che per il punteggio totale.

Sempre per quanto riguarda la sottoscala Soddisfazione del FACES IV è emersa un’ulteriore correlazione con la sottoscala della DAS Espressione Emotiva con valori di

r

s= 0.72 e p < 0.05.

Infine, è presente una correlazione negativa tra la sottoscala del FACES IV Invischiamento e l’età dei bambini (

r

s= -0.76 e p <0.01).

Tabella 2. Correlazioni tra sottoscale

PSI PD PSI P_CDI PSI DC PS RD FACES Co. FACES Fle. FACES Dis. FACES Inv. FACES Rig. FACES Caot. FACES Com. FACES Sod. PSI PD 1 PSI P_CDI .006 1 PSI DC -.255 .673* 1 PS RD .851 * .119 -.016 1 FACES Co. .385 -.511 -.416 .195 1 FACES Fle. .433 -.249 -.694* .273 .531 1 FACES Dis. -.264 -.284 -.080 -.270 .416 .207 1 FACES Inv. .686 * -.272 -.662* .467 .672* .665* .031 1 FACES Rig. .064 .093 -.144 -.177 .141 -.139 .316 .345 1 FACES Caot. -.034 .025 .062 .425 .006 .090 .275 -.025 -.207 1 FACES Com. -.390 -.358 -.015 -.488 .422 .040 .169 -.111 -.129 -.194 1 FACES Sod. -.299 -.123 -.049 -.559 .413 .158 .089 -.031 -.067 -.664* .696* 1

68

Sempre in relazione all’età dei bambini emerge un’ulteriore correlazione positiva con la sottoscala del PSI Bambino Difficile (DC) con valori di

r

s = 0.85 e p < 0.01 e con la sottoscala Interazione Genitore Figlio (P-CDI) del PSI con valori di

r

s = 0.62 e p < 0.05.

 Discussione

Sebbene la numerosità del campione non consenta di trarre conclusioni definitive, alcune ipotesi significative possono essere avanzate nell'ottica di ulteriori approfondimenti. Dall'analisi delle tipologie familiari possiamo osservare come nel nostro campione non vi siano famiglie che esibiscono caratteristiche di funzionamento estremo, in particolare sul piano della coesione. Molto spesso le famiglie che affrontano la malattia e l’handicap in età evolutiva sono descritte in letteratura come famiglie invischiate, in cui è presente un’eccessiva vicinanza emotiva che induce il sistema alla chiusura e all’irrigidimento dei confini (Patterson,1983; Walsh, 2006). In questi casi la famiglia adopera tutte le proprie risorse per il mantenimento di quello stato di omeostasi che, seppur disfunzionale, viene vissuto come l’unico possibile. Mediante l’utilizzo del questionario FACES IV, non è in realtà emersa una significativa presenza di famiglie invischiate, ma piuttosto di famiglie nel complesso bilanciate. Tuttavia, come vedremo di seguito, la variabile invischiamento gioca un ruolo significativo nelle correlazioni con altri indici, quali il distress genitoriale.

Per quanto riguarda i punteggi medi del carico assistenziale, nella nostra ricerca non emergono dati significativamente al di sopra del cutoff (>36) indicato come segno di

69

potenziale burn-out. Un elemento che merita, però, di essere menzionato è la differenza di genere riguardo il ruolo di caregiver. Anche in questo caso, come ampiamente documentato in letteratura (Gray, 2003; Rovatti, Ianes, 2010), sono le donne, in qualità di madri, figlie o compagne a prendersi cura del proprio congiunto o figlio. Durante il nostro lavoro, buona parte dei padri si è rifiutato di prendere parte alla ricerca, avvalorando l’ipotesi secondo la quale la percezione dello stato di malattia e quindi il suo vissuto, risente ampiamente delle differenze tra uomo e donna. Ancora una volta l’uomo mostra un maggiore distacco emotivo ed una maggiore dedizione ad impegni extrafamiliari e lavorativi piuttosto che alla gestione della malattia (Grey, 2003; Dugan, 2006). Questo però non sembra comportare, nel nostro campione, forti ripercussioni all’interno del rapporto di coppia. Infatti, dai punteggi totali della DAS il nostro campione non presenta livelli al di sotto della norma, mostrando quindi una buona gestione dei rapporti coniugali, che non sembrano quindi significativamente influenzati dalla presenza della patologia cronica.

Anche i punteggi medi del PSI mostrano un basso livello di stress, ad eccezione di due caregiver che invece superano il cutoff stabilito dalla forma breve del test. La presenza di livelli bilanciati di coesione all’interno del sistema familiare e i punteggi medi di relazione diadica al di sotto della norma sono dei risultati che, come già dimostrato in letteratura (Sorrentino, 2006), possono configurarsi in quelle famiglie che a seguito di una diagnosi di malattia cronica riescono a strutturarsi ed adattarsi secondo nuove norme, divenendo quindi più forti e più coese, trovando pertanto giovamento dal modo in cui hanno reagito (Sorrentino, 2006). Una ulteriore ipotesi potrebbe avvalorare i nostri dati. Come già dimostrato in letteratura, le

70

credenze familiari e la presenza di reti di supporto sono fattori in grado di mitigare i rapporti all’interno del sistema familiare influenzando inoltre i livelli di stress (Kwok, Winnie, 2010; Schwarzer & Schulz, 2002). Anche se nel presente lavoro queste variabili non sono state valutate, possono comunque essere prese in considerazione, visti i risultati del nostro campione e rappresentare un nuovo punto di partenza per un approfondimento della suddetta indagine.

In riferimento al carico assistenziale, dai risultati della nostra ricerca possiamo osservare la presenza di una maggiore compromissione famigliare nel sottogruppo con PCI. Come già noto, la gravità e le implicazioni della patologia giocano un ruolo importante nella gestione ed adattamento alla malattia. Nel nostro campione il dato più evidente risulta essere il carico emotivo di queste famiglie. Molteplici sono le ipotesi a conferma di questo dato (Grispino, 2007; Pavone, 2009), ma rimanendo coerenti ai risultati della nostra ricerca, e sottolineando che la suddetta scala valuta i sentimenti del caregiver verso il paziente, che possono essere indotti da comportamenti imprevisti, bizzarri e atipici, nel nostro caso l’eccessivo carico emotivo può essere spiegato alla luce delle difficoltà relazionali tra madre e figlio. Tale ipotesi è confermata dalla presenza di una correlazione negativa tra il FACES IV, nello specifico la sottoscala Invischiamento, e la sottoscala Bambino Difficile del PSI. Anche in questo caso, è possibile ipotizzare che la presenza di un bambino difficile può far aumentare le difficoltà già presenti all’interno del sistema, influenzando la comunicazione e la gestione degli affetti, comportando in questo modo una minore vicinanza emotiva, un maggiore distacco tra i membri e una minore flessibilità. Anche in letteratura si riscontrano dati a favore di questa ipotesi. Già Patterson nel 1980 aveva scoperto che, in alcune madri, occuparsi costantemente

71

dei bambini induce ad una crescente condizione di disforia. E' stato inoltre evidenziato che le madri di bambini difficili trovano sollievo quando sono impegnate in un lavoro esterno (Novak, 1999), e questo a causa delle incomprensioni e frustrazioni generate dalle difficoltà relazionali con il proprio figlio (Rovatti, Ianes, 2010).

Come appena menzionato, le difficoltà legate al comportamento del bambino possono influenzare la flessibilità del sistema familiare. Come emerge infatti dalla presente ricerca, all’aumentare delle difficoltà del bambino, minori sono le capacità di adattamento e flessibilità del sistema.

Ricordiamo che quando parliamo di flessibilità si fa riferimento alla capacità della famiglia di modificare e riorganizzare i proprio confini ed i propri ruoli, attuando delle modifiche anche sul piano relazionale per il superamento degli ostacoli evolutivi e degli eventi di vita (Olson, 2011). Per tale motivo potremmo ipotizzare che la presenza di un bambino difficile aumenti le difficoltà del sistema nell’attribuzione di ruoli flessibili e dinamici causando, inoltre, un irrigidimento dei confini del sistema stesso. Fenomeno, quest’ultimo, possibilmente spiegato alla luce dei sentimenti di paura e vergogna, rinforzati da forme di stigma sociale (Yvonne, Winnie, 2010).

Un ulteriore dato interessante è la presenza di una correlazione positiva tra la sottoscala Distress Genitoriale del PSI e Invischiamento del FACES IV. E’ presumibile, a tal proposito, che anche livelli troppo elevati di vicinanza tra i membri si associno ad un maggiore distress genitoriale. Tale dato è anch'esso in linea con alcuni studi presenti in letteratura, dove si è spesso dimostrato che in casi di malattia

72

cronica le famiglie tendono a chiudersi sempre di più, esacerbando in un’eccessiva vicinanza emotiva (Zanobini, Usai, 2004).

Sempre per quanto concerne la sottoscala Invischiamento, dai risultati dalla nostra ricerca emerge una correlazione negativa con l’età del bambino. Questo dato potrebbe essere spiegato alla luce delle maggiori autonomie acquisite dal bambino con l’avanzare dell’età. La maggiore autonomia del figlio, la ridistribuzione dei ruoli all’interno del sistema potrebbe in qualche modo mitigare gli eccessivi livelli di vicinanza emotiva sia nei confronti del bambino, sia tra tutti i membri del sistema. Ancora, vediamo come l’età del bambino è in grado di diminuire la relazione disfunzionale tra genitore e figlio influenzando, altresì, la percezione e gestione delle obbiettive difficoltà del bambino. Dopo il primo impatto con la diagnosi ed il successivo periodo di riaggiustamento, all’aumentare dell’età del figlio le famiglie sembrano ritrovare un certo equilibrio o tendere verso di esso. Probabilmente l’accettazione della malattia e la condivisione quotidiana con essa, consentono alla famiglia di assumere una posizione meno rigida, ristabilendo così i ruoli e i confini del sistema modificando, inoltre, i rapporti sia all’interno che con l’esterno.

Per quanto concerne la valutazione della relazione diadica, non sembra esserci insoddisfazione per la qualità del rapporto di coppia nel campione in esame. Come già menzionato, la disabilità crea una situazione critica, che può diventare persistente e distruttiva quando i genitori non riescono ad adeguarsi alle nuove domande poste dalla situazione. Ma, come sottolineano Zanobini, Manetti e Usai (2004) alcuni nuclei familiari, invece, focalizzano la loro attenzione sui possibili processi di salute dando vita alla costruzione di una nuova identità. In questo caso la disabilità rappresenta un evento importante, ma non tutte le risorse saranno investite su que0sto

73

evento e comunque non tutte le sfere della vita verranno condizionate da questa situazione. Il vivere la malattia come parte integrante della vita, evitando di ruotare solo intorno ad essa, è quindi un’ipotesi in grado di spiegare i nostri risultati. Inoltre, è presumibile che tale dato sia influenzato dell’eventuale presenza di reti di supporto valide, sia dalla variabile età del figlio che, come abbiamo visto, risulta inversamente proporzionale alle difficoltà del sistema. I bambini del nostro campione non sono infatti molto piccoli ed è presumibile che le famiglie esaminate abbiano già alle spalle anni di adattamento.

C

onclusioni

Le complesse dinamiche che si instaurano all’interno di una famiglia colpita dalla malattia cronica richiedono ancora un lungo percorso di indagini approfondite. Lo scopo del nostro lavoro era di esaminare il contributo di alcune delle variabili in gioco nella percezione e gestione di uno stato di malattia cronica in età evolutiva, nonché osservare il funzionamento familiare, il rapporto diadico, e vedere se e in che modo questi aspetti differiscono rispetto alla norma.

Innanzitutto possiamo vedere come la gravità della malattia sia un fattore in grado di influenzare l’impatto sulla famiglia. Si è inoltre visto che le due variabili identificate dal modello circonflesso di Olson (2011), Coesione e Flessibilità, si rivelano estremamente importanti nel processo di adattamento del sistema familiare, mostrando correlazioni significative in particolare con il di stress genitoriale.

Un ulteriore aspetto importante, nel caso della malattia cronica in età evolutiva, risulta essere l’età del bambino. L’acquisizione di una maggiore autonomia del figlio

74

e la stabilità della malattia sono tutti elementi che possono favorire processi di adattamento. Abbiamo infatti osservato come a bambini di età maggiore corrisponde una migliore percezione del genitore rispetto al proprio ruolo, alle capacità relazionali tra genitore e figlio, e minori livelli di stress genitoriale.

Tra le prospettive future è auspicabile un ampliamento dell’indagine, aumentando la numerosità del campione, al fine di poter attribuire una maggiore validità ai nostri dati. Inoltre, interessante potrebbe rivelarsi una dettagliata valutazione del supporto sociale, e in che modo esso possa influenzare i rapporti familiari e la gestione della malattia. A ciò si potrebbe associare una ulteriore valutazione del livello socio- economico per osservare eventuali differenze nelle gestione delle risorse e nella presenza di reti di supporto. Infine, crediamo che la valutazione dell’eventuale presenza di altri figli all’interno del sistema, tenendo in considerazione l’età di questi ultimi, possa fornire informazioni interessanti riguardanti la gestione familiare, l’attribuzione di ruoli e l’eventuale presenza di ulteriori bisogni di queste famiglie.

75

Bibliografia

- Akamatsu, T. J., Laing K. A. (1992). Family Heart Psychology.: Introduction and Overview, In T. J. Akamatsu, M. A. Parris Stephens, S. E. Hobfoll, J. H. Crowther (eds.), Family Health Psychology, Hemisphere, Washington DC.

- Baiocco, R., Cacioppo, M., Laghi, F., Tafà, M. (2013). Factorial and Costruct Validity of FACES IV Among Italian Adolescents. Journal of Child and Family Studies, Vol. 22, pp. 962 – 970.

- Benedetto, L., Ingrassia, M. (2013). Parent Perceived control and stress in families of children with Attention – Deficit/Hyperactive Disorder. Life Span and Disability XVI, Vol. 1, pp. 39 – 55.

- Boss, P. (1980). Normative Family Stress; Family Boundary Changes Across the Life – Span. Family Relation, n. 29, pp. 445 – 450.

- Carli, L., Cavanna, D., Zavattini, G. C. (2009). Psicologia delle relazioni di coppia. Bologna: il Mulino.

- Carlson, R. (2003). Foundation of Physiological Psychology. Boston: Pearson Education Company (ed. It., Fondamenti di Psicologia Fisiologica. Padova: PICCIN, 2007, [5ed.]).

76

- Censis (1999). La mente rubata. Milano: Franco Angeli.

- D’Onofrio, B. M., Benjamin, B. L. (2010). Biosocial Influence on the Family: A Decade Review. Jounrnal of Marriage and Family,Vol.72, pp. 762 – 782.

- Farrell, M. P., Barnes, G. M. (1993). Family Systems and Social Support: A Test of the Effects of Cohesion and Adaptability on the Functioning of Parents and Adolescents. Journal of Marriage and the Family, Vol.55, pp. 119 – 132.

- Filippello, P. (2008). Valutazione e trattamento dei Disturbi del Comportamento Interventi Cognitivo – Comportamentali in ambito scolastico e familiare. Padova: Piccin Nuova Libreria.

- Filippello, P. (2011). I Disturbi dell’Apprendimento Strategie di assessment e di intervento. Padova: Piccin Nuova Libreria.

- Friedman A., Mann L., Nota L. (2002). Scelte e decisioni Scolastico- Professionali. Processi e Procedure di Analisi ed Intervento. Firenze: Giunti.

- Gray D. E. , (2003). Gender and coping: the parent of children whit higt functioning autism. Social Science & Medicine 56 (2003) 631-642.

- Grispino F., (2007). Incognita di una nascita. Aspettative, sorpresa e stress dei genitori di figli disabili. Trento: UNI Service.

77

- Kazak, A. (1989). Family of chronically ill children: A systems and social ecological model of adaptation and challenger. Journal of Consulting and Clinical Psychology, 57, pp. 25 – 30.

- Lavee, Y., McCubbin, H. I., Olson, D. H. (1987). The Effect of Stressful Life Events and Transition on Family Functioning and Well – being . Jounrnal of Marriage and Family, Vol. 49, pp. 857 – 873.

- Lavee, Y., Olson, D. H. (1991). Family Types and Response to Stress. Jounrnal of Marriage and Family, Vol. 53, pp. 786 – 798.

- Lyman, C., Wynne, M. D., Cleveland G. et. al. (1992). Illness, Family Theory, and Family Therapy: I. Conceptual Issues. Family Process, Vol. 31, pp. 3 – 18.

- Lyons, R. F., Mickelson, K. D., Sullivan, M. J. L., et. al., (1998). Coping as a Communal Process. Journal of Social and Personal Relationships, Vol.15, pp. 579 – 605.

- Loriedo, C., Di Nuovo, S., Visani, E. (2013). FACES IV : Italian Reliability and Validity. Life Innovation, Inc., pp. 1 – 16.

- Mazzoni, S., Tafà, M. (2007). L’intersoggettività nella famiglia. Milano: FrancoAngeli.

78

- Mazzucchi, A. (2006). La Riabilitazoine Neuropsicologica Premesse teoriche e Applicazioni Cliniche. Milano: Masson, 2ed.

- McCubbin, H. I. (1979). Integrating Coping Behsvior in Family Stress Theory. Jounrnal of Marriage and Family,pp. 237 – 244.

- McGoldrick, M., & Carter, B. (1999). The Family Life Cyrcle. In B. Carter & M. McGoldrick. The expanded family life cycle. (pp. 375 – 396). Boston: Allyn & Bacon.

- Militerni, R. (2006). Neuropsichiatria Infantile. Napoli: Idelson – Gnocchi, 4ed.

- Moroni L., Colangelo, M., Galli, M., et. al., (2007). “Vorrei regalargli la mia vita”: Risultati di un progetto di supporto psicologico ai caregiver di pazienti in riabilitazione neuromotoria. Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia Vol.7, pp. 5 – 17.

- Muratori, F., Picchi, L., Bruni, G., et. al., (2008). Manuale di psicoterapia breve per i disturbi emozionali nei bambini. Roma: Giovanni Fioriti Editore.

- Olson, D. H. (2011). FACES IV and the Circumplex Model: Validation Study. Jurnal of Marital & Family Terapy, Vol. 3, 1, pp. 64 – 80.

79

- Olson, D. H. (2000). Circumplex Model of marital and family system. Journal of Family Therapy, Vol. 22, pp. 144 – 167.

- Olsson1, M. B., & Hwang, C. P. (2001). Depression in mothers and fathers of children with

intellectual disability. Journal of Intellectual Disability Research, Vol. 45, pp. 535 – 543.

- Olsson1, M. B., & Hwang, C. P. (2002). Sense of Coherence in parents of children whit different developmental disabilities. Journal of Intellectual Disability Research, Vol. 46, pp. 548 – 559.

- Novak G. (1996). Developmental psychoogy: dynamical sistem and behavior analysis. Gear street. Context Press. (ed it. Psicologia dello Sviluppo. Sistemi dinamici e analisi comportamentale. Milano: Luciana Dambra 1999).

- Patterson , J. (2002). Integrating family resilience and family stress theory. Journal of Marriage and the Family, pp. 202 – 237.

- Peek, C. J., Macaran, A. B., Coleman, E. (2009). Primary Care for Patient Complexity, Not Only Disease. Family Sistem & Heart, Vol. 27, pp. 287 – 302.

- Penn, P. M. S. W. (1983). Coalition and Binding Interactions in Family Whith Chronic Illnes. Family System Medicine, Vol. 1, pp. 16 – 25.

80

- Rolland, J. S. (1987). Family Sistem and Chronic Illness: A Typological Model. Jounrnal of Psychotherapy and the Family, Vol. 3, pp. 143 – 168.

- Rolland, J. S. M. D.(1987). Chronic Illness and the Life Cycle: A Conceptual Framework. . Family System Medicine, Vol. 26, pp.203 – 221.

- Rolland, J. S. M. D.(1987). Family Illness Paradigms: Evolution and Significance. Family System Medicine, Vol.5, pp. 482 – 502.

- Scabini, E., Iafrate, R. (2003). Psicologia dei legami familiari. Bologna: il Mulino.

- Sorrentino, A.M. (2006) Figli disabili La famiglia di fronte all’handicap . Raffaello Cortina Editore.

- Tramonti, F., Tongiorgi, A. (2013). Famiglia e malattia Una prospettiva relazionale in psicologia della salute. Roma: Carrocci editore.

- Valtolina, G. G. (2007). L’altro fratello. Relazione fraterna e disabilità. Milano: FrancoAngeli.

- Yvonne M., Kwok T.Y., Winnie W.S., (2010). Internalization of stigma for parents of children whit autism spectrum disorder in Hong Kong. Social Science & Medicine, Vol. 70, pp. 2045-2051.

81

- Walker, A. J. (1985). Reconceptualizing Family Stress. Jounrnal of Marriage and Family, pp. 827 – 835.

- Walsh, F. (1996). The concept of family resilience: Crisis and challenge. Family Process, 35, pp. 261 – 281.

- Walsh, F. (2002). A family resilience framework: Innovative practice application. Family Relation, Vol. 51, pp. 130 – 137.

Documenti correlati